Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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59.
UNIONE A CRISTO

La gloria di Dio è il fine ultimo della vita, il fine assoluto; il secondo fine, ossia il fine prossimo, è la nostra santificazione. In ultima analisi, tutto si riduce sempre con una maggiore intensità e perfezione: vivere il mistero di Gesù Cristo.
Abbiamo una formula di preghiera che è tanto bella e viene recitata durante la Messa. Dopo la consacrazione e prima del Pater il sacerdote scopre il calice; poi, fatta la genuflessione, prende l'ostia consacrata tra le dita e con essa fa tre segni di croce sopra il calice e poi due segni di croce sopra l'altare. Nel fare queste cerimonie dice le parole. «Per ipsum, et cum ipso, et in ipso est tibi Deo Patri omnipotenti, in unitate Spiritus Sancti, omnis honor et gloria». Per ipsum, cioè: per Cristo; cum ipso, cioè: con Cristo; et in ipso, cioè: in Cristo; e quindi la gloria al Padre, allo Spirito Santo e alla santissima Trinità: «Omnis honor et gloria». L'onore e la gloria di Dio è il fine supremo della vita e dell'eternità felice.
Che cosa vogliono dire queste parole, che sono la formula utile affinché noi possiamo veramente arrivare alla gloria di Dio, cioè alla salvezza eterna? Tutto quindi a che cosa si riduce? Per la santificazione, per vivere il mistero di Gesù Cristo in noi: per ipsum, cioè per Lui, Gesù Cristo; cum ipso, cioè con Cristo, et in ipso e cioè in Cristo, ecco, diamo gloria a Dio e a noi il merito grande.
Anzitutto si dice: per ipsum, cioè tutto deve passare per Gesù Cristo, e tutto così arriva al Padre. Tutto ciò che dobbiamo e vogliamo fare di bene se vogliamo che abbia merito, occorre che lo facciamo passare attraverso Gesù Cristo perché arrivi al Padre.
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Allora bisogna dire che noi se facciamo tutto per mezzo di Gesù Cristo e attraverso Gesù Cristo, ecco che cosa avviene, che il Padre Celeste riceve tutto quello che passa attraverso Gesù Cristo. Se le nostre cose non passano attraverso Gesù Cristo le nostre opere sono vuote. Se non si va a Gesù Cristo e quindi attraverso Lui al Padre, anche se subissimo il martirio non avremmo merito; ma se invece tutto offriamo a Gesù Cristo e per Lui al Padre, ecco che tutto ha un grande valore. Così noi dobbiamo pregare con la Chiesa. Gli oremus terminano con le parole: «Per eumdem Dominum nostrum Jesum Christum», cioè le nostre preghiere partono da Gesù Cristo per andare al Padre, e noi le facciamo passare di lì. È indispensabile che tutte le opere della giornata si offrano a Gesù Cristo perché le presenti al Padre. Allora il merito è immenso. Bisogna che riflettiamo: senza questa intenzione che cosa avviene? un disorientamento. Quindi sono da compiangere coloro che non si incentrano bene in questa vita di unione con Gesù Cristo. Offrire tutto a Dio per mezzo di Gesù Cristo, come la Chiesa offre a Dio tutte le preghiere per Cristo: «Te igitur, clementissime Pater, per Jesum Christum Filium tuum Dominum nostrum».
Secondo: Cum ipso, cioè operare con Gesù Cristo. Con Gesù Cristo la levata, la Messa, la colazione, la meditazione, l'apostolato, l'ufficio, la ricreazione, il nutrimento e il riposo. Che cosa vuol dire con Cristo? Fare le cose come le faceva Gesù Cristo: come dormiva, come mangiava, come lavorava, come pregava, eccetera. Che cosa è in pratica e più in concreto con Cristo? Significa che l'intenzione sia retta, quindi un'opera che non si facesse con intenzione retta non avrebbe merito. Vuol dire ancora che l'azione sia buona, cominciando dal lavarsi e proseguendo in tutte le azioni della giornata. Dobbiamo fare opere buone, perché le opere cattive non possono salire al Padre Celeste. Poi che le cose siano fatte bene.
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Oh, sì: se si ha da fare la comunione, farla bene; se si ha da fare l'apostolato, si faccia bene; se si deve fare la ricreazione, si faccia bene. Sempre cum ipso, con Gesù Cristo! Allora operando così, con Gesù Cristo che abita nell'anima, queste opere hanno un valore incomparabile, un valore assolutamente incomparabile. Vedete che nella Messa il sacerdote versa il vino nel calice e poi versa una, due o tre gocce di acqua, che viene ad essere mescolata con il vino. Quando vien fatta la consacrazione, l'acqua che di per sé è niente, unita al vino si trasforma con esso nel Sangue di Gesù Cristo. Vi può essere un'azione semplice, come una gentilezza verso una persona; ma quale valore assume se è fatta con Cristo! Perciò se l'azione è buona, se si fa bene e con l'intenzione retta, ha un valore incomparabile. Però sempre con l'unione a Gesù Cristo; e l'unione con Gesù Cristo come è espressa nella preghiera del libro che avete da leggere: l'orazione, il lavoro, la ricreazione, la refezione, il riposo... Tutto deve essere portato a Cristo affinché tutto sia compiuto con Lui. Quindi dare massima importanza alla giornata, perché arrivati alla sera si abbia un cumulo incomparabile di grazie, di meriti, non sfugga nessun minuto, niente sia inutile, tutto ordinato, offerto attraverso Gesù Cristo e fatto con Gesù Cristo.
Poi: Et in ipso. Questo è il passo più sublime, cioè operare in Cristo. L'anima in grazia è unita a Gesù Cristo; l'anima in grazia ha la vita che è la vita stessa di Gesù Cristo. Allora l'anima nostra, il nostro essere, è del tutto unito a Gesù Cristo. Quando si dice in Gesù Cristo, nel Cristo totale, si intende Gesù Cristo più noi. Gesù Cristo non è intero, totale, se non ci siamo anche noi assieme: perché Lui è il capo, ma se le membra non ci sono... Se però le membra sono unite al capo si forma un Cristo solo. Per cui sant'Agostino dice: «Il cristiano che è in grazia non solo è di Gesù Cristo, ma è Cristo lui stesso». Questo si può studiare adagio adagio nella frase in Cristo, ma è il fondamento della teologia della perfezione.
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Allora quando si fa una cosa è il Cristo che è in noi e che opera; Lui il capo e noi le membra facciamo una cosa sola; quindi l'opera ha un valore che tocca l'infinito, voglio dire che va ai confini dell'infinito, perché una cosa nostra non può essere mai infinita, ma va ai confini dell'infinito. Le anime che operano così, che ricchezza acquistano, che ricchezza! Se mediterete questo, poco per volta vi metterete su una strada di massimi meriti, quindi di vera santificazione. Perché tutto si opera, tutto si spende, la vita, il respiro e l'azione stessa che fa in noi il sangue, il sonno e il riposo, tutto può essere offerto a Dio. Quali meriti nella vita! Santificarsi, santificarsi: ecco ciò a cui noi dobbiamo pensare.
Quindi: «per ipsum, cum ipso, et in ipso», poi: «est... omnis honor et gloria». Est, cioè: c'è l'onore. Perché la preghiera non dice: venga l'onore, vada l'onore; ma è il sacrificio fatto lì, il quale sacrificio essendo da una parte il sangue e dall'altra parte il pane, come si deve spiegare giuridicamente, allora ecco il sacrificio è lì: quindi «est tibi Deo Patri... omnis honor et gloria»: dà la gloria al Padre. Bisogna che facciamo ancora l'altro passo: quando facciamo un'azione, supponiamo, una preghiera, oppure a tavola, e tutto si fa «per ipsum, cum ipso, et in ipso», non è il mangiare in sé che dà gloria a Dio, ma è l'azione buona. E l'azione è buona sia che si tratti di mangiare, di ricrearsi, dell'ufficio, del lavoro, eccetera; è quella determinata azione che oggettivamente dà gloria a Dio e fa merito per noi.
Poi: «Omnis honor et gloria»: tutta la gloria deve andare a Dio. Tutto deve andare a Dio, quindi diciamo: «Tibi Deo Patri omnipotenti... omnis honor et gloria». Allora tutte le nostre azioni salgono al cielo per mezzo di Gesù Cristo, con Gesù Cristo, e in Gesù Cristo. La più piccola azione, come quella di lavarsi la faccia, acquista un valore, in certo modo, infinito e glorifica immensamente Iddio.
Entrare in questi princìpi di fede, perché ci sono le «investigabiles divitiae» (Ef 3,8), si acquistano delle ricchezze del cielo che non possiamo comprendere, ma le troveremo tutte se si ha fede e se si opera con fede.
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Allora abbiamo da conchiudere con quella preghiera: «In unitate Spiritus Sancti, omnis honor et gloria», tutto ad onore e gloria della Santissima Trinità. Questa formula di preghiera: «Per ipsum, cum ipso, et in ipso, est tibi Deo Patri omnipotenti, in unitate Spiritus Sancti, omnis honor et gloria», comprende tutta l'ascetica e tutta la mistica che si possa sviluppare, e comprende anche la teologia della redenzione.
Allora, avanti con grande fiducia! E... cosa volevo dire? Che noi non stimiamo abbastanza noi stessi, quel che possiamo fare, quel che possiamo meritare, quale è la gloria e la felicità che ci prepariamo per l'eternità: le ricchezze inestimabili. Sono sei mesi che faccio la meditazione su questi pensieri, perché non si arriva mai a esaurire l'argomento.
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