Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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20.
STATO PRIVILEGIATO

Ogni giorno nella Messa ricordo le Annunziatine e ringrazio il Signore per tutte le particolari elargizioni di grazie che ha fatto loro, perché lo stato delle Annunziatine è veramente uno stato di privilegio, di grazia di Dio. Il Signore, infatti, chiama le Annunziatine a vivere unicamente per Lui, per l'eternità e a lavorare per la salvezza delle anime. Così esse hanno due grazie: quella di una santificazione maggiore e, in cielo, avranno una corona d'anime da loro aiutate, da loro salvate, da loro illuminate, da loro confortate, da loro portate a Dio. Ecco, una vita che si rassomiglia a quella di Maria, una vita spesa per Dio, in ordine sempre alla salvezza e alla santificazione, e una vita spesa per le anime, per il prossimo.
Il Signore quando destina un'anima allo stato particolare di consacrazione a Lui e di apostolato, prepara quest'anima dal momento della creazione. Dal momento della creazione, il Signore infonde maggiori qualità, maggiore intelligenza, maggiori tendenze sempre più forti al bene; infonde poi nel battesimo uno spirito di fede più profondo. Quando eravamo bambini appena nati non sapevamo che cosa fosse meglio per noi, non ci pensavamo; ma il Signore ci ha amato dall'eternità e ci ha amato particolarmente nella creazione, nel battesimo e nei sacramenti successivi. Nel battesimo ha incluso un'inclinazione alla fede, un'inclinazione più forte alla speranza cristiana, all'amore di Dio; ha infuso maggiore grazia, perché il Signore come non fa due facce perfettamente uguali (non ci sono due facce di persone perfettamente uguali, in qualche cosa si distinguono sempre), così non vi sono due anime perfettamente uguali.
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Vi è una schiera d'anime chiamate alla vita comune, alla vita cristiana, e vi è una schiera minore chiamata alla consacrazione, a vivere per Dio, per Dio solo senza divisioni, e, nello stesso tempo, chiamate a collaborare alla salvezza delle anime. Si dice spesso, ad esempio, che la castità importi mortificazioni. Il cuore può essere un po' troppo depresso e alcuni credono che sia un cuore sterile e isolato. No, la castità è pienamente feconda e cioè non si ama una persona soltanto, non si crea una famiglia. Vi sono persone che nell'apostolato producono schiere d'anime a cui comunicano la vita eterna in tante maniere: per mezzo dell'istruzione cristiana dei catechismi, per mezzo della formazione cristiana, per mezzo della preghiera, dei sacrifici. Sì, è una scelta fatta non per un piccolo gruppo di anime, ma per avere, secondo il corpo mistico della Chiesa, una quantità di anime. Allora si diventa madri di tante anime. È una maternità nuova, superiore, immensamente superiore a quella naturale. Primo perché è spirituale; poi perché arriva a una quantità di anime molto più numerose, in generale.
Gesù ha dato la vita per le anime e coloro che vogliono imitare Gesù devono sacrificarsi anch'esse per le anime. Allora c'è la rassomiglianza con Gesù: fate il mio cuore simile al vostro. Quindi è uno stato di privilegio. Se noi pensiamo a questo cerchiamo di comprenderlo sempre maggiormente. Perché è uno stato di privilegio? È stato di privilegio perché si tratta di una vita pienamente consacrata al Signore.
Ecco, le Annunziatine sono chiamate a fare i tre voti. Che cosa dobbiamo dare a Dio? Dobbiamo dare a Dio tutto quello che Lui desidera, dobbiamo dargli quello che abbiamo. Ora che cosa abbiamo? Noi possiamo avere i beni esterni che sono il corpo, la salute, gli averi, le sostanze, il denaro, ciò che si possiede, una casa, una villa, o semplicemente un'abitazione comune. Si consacra tutto e si dà a Dio, se ne fa Dio padrone, noi poi ne abbiamo solo l'uso, perché è tutto di Dio. Quella casa, quella camera dove abito è sacra.
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Così tutto quello che si usa per vivere, il denaro, il vestito, le spese per l'abitazione, per la vita ordinaria; si usa di cose che sono di Dio. E allora ecco che noi ci troviamo come nella casa di Dio. Dio è il padrone di tutto e noi usiamo quel che Dio ha preparato, quel che Dio ci ha dato. Abbiamo offerto al Signore quello che Egli ci ha dato e ne usiamo. Prima possedevamo; dopo usiamo. Dopo il voto di povertà usiamo quello che è di Dio. Si possiede ancora civilmente? Sicuro; ma in realtà si è fatto padrone Dio, per cui si tratta di un altro dominio, che è superiore a quello che si intende quando si parla in senso ordinario di possedere una casa, una macchina o del denaro; sì, civilmente per quel che riguarda, ad esempio, la terra, resta di nostra proprietà; ma questa proprietà la diamo al Signore e poi noi ne usiamo. Come? Se Dio è padrone, noi domandiamo quasi il permesso a Dio come se gli dicessimo: questo che è tuo posso usarlo così? È gradito a Te ch'io adoperi ciò in questa maniera o in quell'altra? Per far quest'opera, oppure per aiutare qualcuno della famiglia, o per donare alla Chiesa, o per conservare la vita, o per il vestito, per l'abitazione, per il cibo? Fare come Gesù che andava con la scodellina a ricevere la minestra dalla Madonna e se ne cibava. La Madonna era come l'amministratrice della casa.
Questo ci mette in una condizione che è chiarita dalla parola che disse il Papa quando vide la casa di san Bernardo, piena di religiosi: «Siamo stati a vedere non degli uomini, ma degli angeli». Vivono all'ordine di Dio, secondo il suo volere e come sono dotati di una spiritualità superiore.
Così, oltre che per i beni materiali, possiamo dare a Dio il corpo, consacrarlo a Lui. Il Signore ha infuso in noi delle energie, ha donato la salute, ha voluto che noi potessimo operare il bene con il corpo, perché, ad esempio, per pregare ci vuole il corpo e l'anima. Finché il corpo è unito all'anima, può fare il bene. Una volta che si è morti, c'è la separazione del corpo e dell'anima, non si fanno più meriti e quel che è fatto è fatto; è terminata la vita, la vita di meriti, così come non si possono più fare peccati.
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Il Signore ci ha dato un corpo, che si può adoperare nelle fatiche ordinarie.
Molte, e sono quelle che seguono la vita comune, semplicemente cristiana, si sposano ed ecco che l'unione produce il suo frutto, il frutto dell'amore tra due persone, il bambino. Quello è restringere l'uso del corpo; è farlo servire a un fine limitato, ristretto; ma chi adopera le sue forze per le anime e chi forma attorno a sé una schiera di anime che benefica, che illumina, che aiuta, che consola, che indirizza al bene, compie una missione più alta. Non si tratta dei corpi, si tratta di anime, della parte eletta dell'uomo, sì, della parte eletta dell'uomo; e si può arrivare ad avere una quantità di anime. Coloro che si dedicano alle opere caritative degli ospedali, le madri degli orfani, le madri dei lebbrosi, le madri dei poveri vecchi; sì, sono proprio delle madri, le madri dei poveri in generale, le madri degli ignoranti, dei bambini; sono le forze consacrate e consumate nella carità.
Tutti moriamo. Un giorno l'anima si separerà dal corpo perché il corpo ha finito le sue fatiche, o è esausto e non può contenere l'anima. Tutti consumiamo le energie; ma chi le consuma nel piacere, nella soddisfazione, chi le consuma nelle vanità, chi soltanto in cose materiali; e chi consuma il suo corpo donandolo a Dio, impegnando tutte le forze per la propria santificazione. Costui anzitutto è un figlio di Dio più caro a Dio; è come il figlio che, alzando gli occhi al cielo, può doppiamente chiamare il Signore Padre, perché Dio è veramente nostro padre e poi perché costui ha eletto Dio volontariamente per padre suo. Allora ecco la consolazione! Per questo il Papa ha detto che la consacrazione a Dio vale assai più che il dedicarsi, supponiamo, all'Azione Cattolica. Perché ci si dà a Dio, cioè Dio diviene padrone di tutto il nostro essere, e tutto quello che si fa, tutta la fatica che impieghiamo nelle nostre attività va direttamente a Dio. Il corpo è di Dio: sono di Dio gli occhi, sono di Dio la lingua, il tatto, l'udito.
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Tutto viene da Dio; tutto quel che si fa procede da una cosa che è di Dio e quindi c'è sempre il doppio merito per la vita eterna. Quindi un uso santissimo delle energie che si possiedono. Essere di Dio, come dice san Paolo: «Io vorrei che tutti fossero come sono io» (1Cor 7,8). Egli era tutto consacrato a Dio.
La consacrazione comporta ancora il voto di obbedienza. L'obbedienza è quella virtù che ci rende più perfettamente di Dio. Ma vi è un'obbedienza comune e vi è l'obbedienza dell'anima consacrata a Dio, in modo tale che coloro che obbediscono a Dio hanno sempre il doppio merito, che non è fare il bene solo per volontà propria, o perché si aderisce a Dio per i santi comandamenti, cioè quando si unisce la nostra volontà alla volontà di Dio. L'obbedienza importa il dono delle nostre libertà, delle nostre volontà al Signore, il più grande dono, magnifico dono. Questo vuol dire che dopo aver dato i beni esterni col voto di povertà, i beni corporali col voto di castità, si danno ancora i beni spirituali col voto di obbedienza.
Uno potrà dire che tutti sono obbligati a obbedire a Dio. Sì; ma nel servire Dio ci possono essere tanti modi. Il buon cristiano, colei che è veramente buona figliola e che osserva la vita cristiana, vive secondo i comandamenti. Ma nella vita di consacrazione a Dio si vive secondo i consigli; è come un amore più grande e l'obbedienza viene a raddoppiare i meriti. Perché? Perché supponiamo che tu vai alla Messa e obbedisci al comandamento della Chiesa di udir la Messa tutte le domeniche; oppure tu obbedisci ai tuoi superiori di ufficio; supponiamo che una sia maestra, obbedisce ai superiori scolastici. Questa è obbedienza e produce un merito se uno è semplicemente cristiano; ma se l'obbedienza procede anche dal voto, se è stata approvata da chi guida quell'obbedienza, c'è il doppio merito perché si obbedisce a Dio più perfettamente attraverso il superiore o una superiora. Così anche la sottomissione a chi rappresenta Dio dà la sicurezza che quello che si compie dopo piace a Dio doppiamente.
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Quindi ecco un progresso maggiore nella santità e nello stesso tempo un atto che ci lega sempre più al Signore, per cui l'anima diviene totalmente di Dio. La persona, anima e corpo, viene ad essere totalmente di Dio.
Adesso dovremmo spiegare come si osserva la castità, l'obbedienza e la povertà nelle condizioni delle Annunziatine, ma intanto vediamo in generale. È uno stato superiore in sé. L'altra superiorità le viene perché è apostolato. Vi sono vari apostolati ma noi possiamo compiere un apostolato individuale, particolare; per esempio, una persona, senza essere legata in un Istituto Secolare, può offrire le sue sofferenze per le missioni, per i peccatori, per le intenzioni del Papa. Però se essa è in un Istituto Secolare, questo lo fa come apostolato approvato e allora non solamente è lei a scegliere questo bene, quest'opera di zelo da fare, ma quest'opera di zelo, essendo approvata, ancora aumenta di merito e, di più, si è sicuri che l'apostolato che si sceglie piace a Dio.
Gli apostolati sono tanti. Ma in generale: è più meritorio il lavoro individuale o il lavoro di apostolato in un Istituto? È molto più meritorio quando il lavoro di apostolato è fatto e regolato in un Istituto. Le Annunziatine possono fare quell'apostolato che vogliono, che sentono, secondo le circostanze, le attitudini, secondo le loro inclinazioni. Però anche tale apostolato è regolato. Si dice infatti, nel corso di esercizi, quale sarà l'apostolato scelto, ed essendo regolato dai superiori, il merito è molto maggiore e si ha la sicurezza di camminare nella volontà del Signore. Le opere di apostolato possono riguardare il corpo o possono riguardare lo spirito, l'anima. Le opere sociali, in generale, tendono di più alle cose che riguardano il corpo; così le opere caritative materiali, cioè aiutare gli infermi, aiutare gli orfani, aiutare i poveri. Oppure si tratta particolarmente di opere che vanno direttamente all'anima, come il dare istruzione religiosa, il condurre le anime ai sacramenti, aiutare la gioventù, aiutare i fanciulli perché crescano buoni, aiutare nell'Azione Cattolica.
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Dopo che si è fatto il voto, è doppio il merito e si giova di più alle anime. Il diffondere la stampa cattolica e religiosa, è direttamente istruzione. Allora ecco il gran merito, perché si lavora sulle anime. Così può essere il custodire la gioventù, perché non si abbandoni ai disordini. Vivere in una vita modesta, in una vita in cui si hanno tutti i riguardi per l'osservanza di quella delicatezza che è necessaria nella vita cristiana e dare il buon esempio, può essere un apostolato d'esempio; così l'apostolato della preghiera, così l'apostolato della sofferenza, sono apostolati che vanno direttamente alle anime. Ecco la superiorità di questi apostolati, ecco la missione!
C'è da scegliere se si vuole operare per la vita presente, cooperare per la vita eterna; se si vuole andare in Paradiso da soli, oppure con una corona di anime da noi aiutate, illuminate, custodite. Quando si pensa solo a noi, ecco che siamo solo noi che viviamo e che operiamo; quando noi pensiamo ad altri, facciamo il bene agli altri. Supponiamo che convertiamo un peccatore; nello stesso tempo che facciamo il bene ad altri, facciamo anche un altro merito per noi. Non si lavora mai per gli altri senza che noi guadagniamo per il Paradiso. C'è un egoismo che restringe il cuore ed è quando pensiamo solo a noi e lasciamo che gli altri pensino a se stessi. Non è giusto; è come dire: anima sua borsa sua. Invece c'è un cuore più largo quando noi vogliamo acquistare molti meriti facendo del bene agli altri. Allora il cuore si dilata, raddoppiamo i meriti per noi. La bellezza dell'apostolato! È un egoismo più alto, un egoismo più santo operare per gli altri al fine di aumentare i meriti.
Adesso si faranno le riflessioni e ciascuna penserà alle grazie grandi che ha ricevuto dal Signore, se ha un cuore nobile, disposto a spendersi, sovraspendersi per il prossimo, per l'apostolato; disposto a consacrare totalmente le energie e i giorni della vita al Signore.
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