Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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35.
IL PARADISO

Domani ci sarà la chiusura, perciò oggi è l'ultimo giorno degli esercizi. Innanzitutto fare i propositi, riassumendo i pensieri e quelle ispirazioni che ci ha dato il Signore in questi giorni santi che abbiamo trascorso insieme; poi pregare per avere la perseveranza. Da oggi a un altro corso di esercizi passerà all'incirca un anno, un anno di spiritualità. Così come uno procede negli studi quando è giovane, va avanti di anno in anno finché arriva alla meta, alla laurea, al diploma, secondo gli studi fatti, così andiamo avanti nella spiritualità, nella virtù, nella perfezione, di anno in anno, finché arriveremo alla meta in Paradiso.
La verità della vita eterna beata è la verità più consolante della religione nostra; mentre, al contrario, la verità più dura è l'esistenza dell'inferno. La realtà del Paradiso è una realtà di fede, una verità che dobbiamo credere in modo assoluto e della quale Gesù ci ha parlato più frequentemente nel santo Vangelo: «Ibunt justi in vitam aeternam»: i giusti andranno alla vita eterna (Mt 25,46). In quel giorno fortunato ci saranno tutti i giusti, le anime elette, precedute da Gesù, il quale porterà il segno della redenzione, la gloriosa sua croce, e s'intonerà l'inno alla Santissima Trinità. Gesù, Maria, gli Apostoli, e poi tutti i Padri, i Confessori, i Vergini, i buoni in sostanza, tutti si troveranno all'ingresso di quella eterna felicità, in quella città nuova, la Gerusalemme celeste fabbricata da Dio, per Dio e per tutti i suoi figli fedeli.
Che cos'è il Paradiso? È il premio per chi ha fatto il bene, è il premio e nello stesso tempo la mercede. Chi lavora nella settimana, al sabato va a prendere la sua paga, oppure va alla fine del mese a prendere il suo stipendio.
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Sì, arriva il giorno in cui tutto il bene sarà ripagato, tutto sarà ripagato, tutto sarà ricompensato. Il Paradiso è la corona della giustizia. Dio, infinitamente fedele, ha promesso un premio stragrande, cioè un premio che è veramente sproporzionato ai meriti. «Avrete una misura abbondante, una misura colma, una misura pigiata, una misura traboccante» (Lc 6,38). Gesù ha adoperato questi quattro aggettivi per farci comprendere quale sarà la felicità del cielo. Una misura piena, perché tutto il nostro essere sarà già soddisfatto nei desideri e nelle sue facoltà, non mancherà nulla. Una misura, la quale sarà pigiata. Quando si vuole far stare più roba in un sacco la si pigia. Cioè una misura, la quale è data da Dio, è data secondo la sua bontà che è infinita. Il Signore darà di più di quel che avremo meritato. Non darà più castigo di quello che i cattivi hanno meritato; ma darà più premio ai giusti che hanno invece fatto il bene. E Gesù Cristo ci premierà coi suoi meriti, perché saremo noi la sua vittoria, il suo trofeo. Misura, la quale è colma, è misura traboccante, cioè che riversa da ogni parte. Chi è stato apostolo ed ha salvato delle anime, se le troverà vicino a sé. «Gaudium meum et corona mea» diceva san Paolo ai suoi fedeli; cioè sarete la mia gioia in Paradiso, il mio gaudio, la mia corona (Filip 4,1). Dio è fedelissimo e giustissimo, infinitamente giusto e infinitamente fedele.
Che cos'è il Paradiso? Il Paradiso è il luogo dove si radunerà il meglio dell'umanità, il meglio degli uomini. Come l'inferno è il fuoco della Geenna, dove si bruciano i rifiuti, così il Paradiso è la raccolta, l'abitazione di tutto ciò che vi è di più bello, innanzitutto Dio. Nella casa del Padre vi sono tanti posti preparati, i posti che Gesù Cristo ha disposto per ognuno di noi. Di che cosa disporrà? Di un luogo, un premio e quel premio ci aspetta, è là, e non può essere occupato da nessuno. Lo abbiamo già là preparato da Gesù Cristo stesso che ha detto: «Vado a prepararvi il posto» (Gv 14,2). Basta essere fedeli.
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Lassù c'è Dio, l'abitazione di Dio, Gesù Cristo, la sua SS. Madre, la Vergine delle vergini, Maria la nostra madre, la nostra maestra, la nostra regina; gli Apostoli, tutti gli apostoli che hanno lavorato a fondare la Chiesa, diciamo così, e tutti gli apostoli che si sono succeduti nei tempi, e che hanno continuato a lavorare per portare le anime al cielo. Lassù il meglio dell'umanità: i martiri che hanno professato la loro fede e il loro amore a Dio e l'hanno testimoniato col sangue; numero stragrande, martiri di tutti i secoli, non escluso il tempo presente. E vi saranno i religiosi, i vescovi, i confessori, i papi, tutte le anime consacrate a Dio: il meglio dell'umanità. Quelle anime che vivevano di ideali santi e che hanno sulla terra operato il bene, ora nascostamente, ora in opere pubbliche, e si sono santificate. Solo in Italia ci sono centocinquantamila suore. Pensare che il meglio dell'umanità si radunerà lassù; tutti i vergini, e i membri degli Istituti Secolari. Lassù ci saranno i santi tutti, gli uomini retti, quelli che hanno amato il prossimo e hanno fatto opere buone di carità; quelli che furono docili alle autorità, docili all'obbedienza; quelli che hanno santificato il santo nome di Dio, che hanno osservato i voti, le promesse del battesimo; quelli che son vissuti in castità, che hanno rispettato il prossimo nella fama e nella roba, negli averi e nella persona; quelli che sono stati santi nell'interno prima, e santi nell'esterno. Lassù i bambini morti dopo il battesimo. Che schiera! Lassù i vergini col loro abito particolare e col canto loro riservato. Tutto ciò che ha di eletto l'umanità, sarà raccolto lassù. Nessun peccato entra là dentro, e nessun peccatore può entrare se non si è convertito.
Bisogna che noi pensiamo spesso al Paradiso. Sopra di noi sta il cielo che sembra avvolgere la terra; quel cielo azzurro ci ricorda il Paradiso. Quando di notte il cielo appare stellato, pensare: ecco sono tutte stelle lassù; non le stelle che possono scoprirsi col cannocchiale, ma le stelle celesti, il firmamento dei santi. Perciò noi abbiamo da ricordare che il Paradiso è qualche cosa che non è possibile immaginare, di cui non è possibile avere un'idea esatta.
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San Paolo fu elevato fino al terzo cielo in una visione beatifica, e quando ritornò in sé, e fu interrogato dai fedeli sulla visione avuta del Paradiso, egli rispose: «Quel che occhio mai non vide, né orecchio mai udì, né cuore umano ha potuto gustare, questo Dio ha preparato a coloro che lo amano» (1Cor 2,9). Sì, sono poca cosa le consolazioni che si hanno sulla terra e non hanno paragone con quelle che Dio ha preparato di là, ai suoi figli fedeli.
È da notare anche che chi si fa santo ha un premio; ma chi si santifica esercitando anche l'apostolato ha due premi. Colui che fa il bene e nello stesso tempo insegna il bene, ha un premio duplicato.
Tutto l'essere sarà soddisfatto, perché la nostra mente sarà fissa in Dio. Ci sarà la visione beatifica. Adesso crediamo a Gesù nell'ostia santa, allora lo vedremo com'è: «Videbimus eum sicuti est» (1Gv 3,2), perché il Signore allora effonderà una luce particolare che non abbiamo sulla terra. Qui crediamo, là vedremo. Qui crediamo al mistero della Santissima Trinità e qualche volta noi avremmo il desiderio di capirne qualche cosa; lassù ci sarà quel lume di gloria per cui vedremo il mistero come esso è. Così tutte le altre verità della fede. Il premio della fede sarà la visione di Dio e di tutto quello che Dio ci mostrerà. La nostra mente, per quante cose voglia conoscere, tutte le conoscerà, sarà pienamente soddisfatta in proporzione ai meriti.
Si possederà Dio. Quel Gesù che avete nel cuore adesso dopo la comunione, il Dio della felicità, il Dio che ci ha creato, il Dio che ci assiste e regge il mondo, lassù lo vedremo e lo possederemo. Altro che le ricchezze che ci lasciano in morte, le quali sono destinate a rimanere ad altri! I meriti, ognuno se li porta appresso; la grande ricchezza è il merito; perché il Paradiso è una mercede, come ho detto, e questa mercede è in proporzione dei meriti. Sì, ogni opera buona merita un premio.
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Il Signore pagherà tutto quel che sarà fatto secondo la sua santa volontà, come un signore quando ordina un lavoro oppure una merce. Se il lavoro è fatto e la merce viene consegnata, un signore buono paga; così il Signore paga tutto quello che è fatto secondo l'ordine che ci ha lasciato, cioè secondo i comandamenti. Non lascerà nessuna cosa senza premio; neppure un bicchiere d'acqua dato a un povero per amor di Dio sarà senza premio; neppure un desiderio buono. Quanti desideri buoni si hanno e non si possono realizzare! Si vorrebbe salvare tutto il mondo, ma com'è scarsa la nostra attività, com'è ristretta. I1 Signore, però, vede anche i nostri desideri. Si vorrebbe liberare ogni anima del purgatorio e vuotarlo. Il desiderio è santo e il Signore premia anche i desideri, i pensieri santi, e gli atti di fede che si son fatti nell'interno. Godremo Dio, un gaudio pieno di cui sulla terra non si ha nessun paragone, perché è la stessa felicità di Dio. Non una felicità per Dio; no, la stessa beatitudine di Dio la godremo nella misura in cui saremo capaci. Quando si è fatta la comunione, si ha proprio Dio nel cuore, la vita eterna in noi; ma lassù avremo proprio la felicità di Dio. E come ora possediamo Dio dopo la comunione, così avremo il gaudio di Dio quando saremo lassù, la stessa felicità.
In Paradiso vi è un'uguaglianza fra tutti i santi, fra tutti i beati? No, il premio è secondo i meriti. Vi è chi muore dopo il battesimo: è salvo, va in cielo. Si è così sicuri che sia salvo il bambino che ha ricevuto il battesimo e non è ancora giunto all'uso di ragione e quindi non ha peccato; anche se non lo si può mettere sugli altari per onorarlo, i familiari possono pregarlo. I bambini che sono passati da questa vita all'altra dopo il battesimo e prima di aver raggiunto l'uso di ragione, possono essere invocati perché assistano i vivi, i membri viventi della famiglia. Poi vi sono i grandi apostoli che hanno consumato la vita per Gesù Cristo. Pensate a san Paolo che ha percorso il mondo e ha cercato di raggiungere tutti i popoli che allora si conoscevano. E dove non ha potuto arrivare con la persona, è arrivato col desiderio.
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Tutti i popoli nel suo cuore, perché per tutti desiderava la salvezza. Ciascuno riceverà il premio secondo le sue fatiche.
Non stancatevi di fare il bene, mai. Alle volte ci sembra di far troppo. Vi sono persone che lasciano sfuggire tante occasioni di bene, e vi sono persone che sono molto attente e delicate per prendere tutte le occasioni per guadagnare merito. Vedete quanto pregano, vedete quanti atti di virtù, di umiltà, di dolcezza, quanta fedeltà nel loro dovere, quanta attività nell'apostolato; vedete, in sostanza, quanto è industriosa la loro vita. Nulla va perduto, nulla cade a terra. Vi è un occhio che tutto vede: è l'occhio di Dio; vi è una mano che tutto scrive: è la mano di Dio, che tutto nota nel libro della vita che ci sarà aperto al giudizio; vi è un orecchio che tutto sente, sente anche i battiti del cuore: è l'udito di Dio. Quindi un occhio che tutto vede, una mano che tutto nota, un udito che tutto sente: niente viene dimenticato.
Ho detto già che vi sono dei martiri, diciamo, quotidiani. Anime che soffrono, che si sono offerte vittime, che hanno accettato in silenzio tutte le loro croci, tutte le loro lotte interne o esterne. Il mondo non può conoscere quello che passa in quelle anime; il mondo è cieco e corre dietro a cose vane e non afferra quello che è sostanzioso, quello che vale. Povero mondo! Ma quelli che hanno lo spirito di Dio percepiscono il valore del merito e si impegnano, si immolano; non rifiutano la croce, e magari la critica, la mormorazione. Essi accompagnano il Maestro Gesù sia nella vita privata, 30 anni di esercizio di virtù domestica, sia nella vita pubblica, cioè nell'apostolato, sull'esempio dei tre anni di predicazione di Gesù. Accompagnano anche Gesù nella vita dolorosa e cioè nell'ultima settimana della sua vita terrena, e ancora nel silenzio della tomba. Accompagnano anche Gesù nella sua vita eucaristica: anime che vivono la giornata eucaristica, la cominciano al mattino con la comunione e la Messa e sentono di portare Gesù nel loro cuore, in mezzo alle occupazioni, in mezzo alla confusione delle persone con cui devono trattare. Sì, sono pissidi che portano Gesù.
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La pisside o il raggio contengono l'ostia santa e queste anime sono come tabernacoli, pissidi, raggi; il loro cuore è così, e lo sentono; poiché se anche si consumano le specie eucaristiche rimane Gesù; rimane la Santissima Trinità. «Templum Dei estis»: siete la Chiesa di Dio (1Cor 3,16).
Ineguaglianza di merito e ineguaglianza di gloria, tuttavia ciò che in cielo consola e rende felici tutte le anime è che il loro gaudio non avrà fine, è eterno. Vi è l'eternità dolorosa dell'inferno e vi è l'eternità felice, gioiosa del Paradiso. Nessuna tentazione di là, nessun pericolo di poter andar via, di commettere peccato. Si è confermati in grazia e in gloria. Allora, alzare spesso lo sguardo al cielo.
Pregando per parecchi anni, quasi tutti i giorni, con un sacerdote, mi accorsi che quando apriva il breviario si arrestava un poco, sempre guardava il cielo, indirizzava le sue intenzioni, perché la sua preghiera andava lassù: «Dirigatur oratio mea sicut incensum in conspectu tuo»: a te levo la prece come incenso (Sal 140,2). Iniziava la preghiera per la gloria della Santissima Trinità. Ora quel sacerdote è molto vecchio e la sua preghiera abituale, che ho sentito anche poco tempo fa è: «Gloria Patri et Filio et Spiritui Sancto». Sempre la nostra preghiera sia diretta alla gloria di Dio e alla nostra felicità, perché noi glorificheremo Dio e Dio glorificherà noi, e per mezzo della nostra gloria lo glorificheremo in eterno, cantando con gli Angeli: Sanctus, sanctus, sanctus. Oh! quei beati cori angelici ci aspettano, ci aspettano i Santi in Paradiso!
Cosa occorre allora? Ho già detto: fede profonda, sempre più profonda. Secondo: fedeltà nell'osservanza dei comandamenti e dei consigli evangelici. Terzo: amore a Dio, aumentare sempre la grazia di Dio in noi. Quarto: santificare il corpo stesso, perché avrà da risorgere ed essere compagno nella gloria dell'anima; santificarlo per mezzo dell'apostolato e per mezzo della mortificazione. Non dare al corpo tutto ciò che chiede, dargli quello che è giusto: il giusto riposo, il giusto nutrimento; ma non dargli quello che è proibito, perché non deve comandare all'anima.
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Il corpo deve essere trattato, dice san Francesco di Sales, come un buon figliolo, ma un figliolo che si fa star buono e a cui non si dà tutto quel che pretende. E santificare il corpo anche con l'apostolato, che è fatica. Ma quella lingua che parla per Dio, quelle mani che operano per Dio, quei passi che si fanno per Dio e per le anime, Dio li conta; tutto sarà ricompensato, e saremo sempre col Signore felici in eterno. Coraggio, nessuno si fermi. San Paolo lo attestava: «Cursum consummavi, fidem servavi»: ho fatto tutto il mio cammino, tutto ciò che voleva da me il Signore, ora la corona di giustizia che ho meritato, la corona che il Signore darà a me e a tutti coloro che lo amano e lo servono bene (2Tim 4,7).
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