Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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31.
ISTRUZIONE SULLO STATUTO

Fra le opere di apostolato che potete introdurre, forse, se vi trovate in una posizione conveniente, vi è la Messa dialogata. Qualche volta è chiamata Messa liturgica, ma la Messa è sempre liturgica, sia cantata, sia letta, sia per i vivi, sia per i defunti. Il nome proprio è Messa dialogata e, quanto più si entra nello spirito della Messa medesima, tanto più il merito nostro è grande, perché c'è una partecipazione più viva, più diretta al sacrificio che si compie sull'altare. Quando si va a Messa, pensare che Maria è andata al calvario accompagnando Gesù che portava la croce e, allora, accompagnamoci anche noi con le pie donne e con Maria, accompagnamoci con Gesù che porta la croce e poi assistiamo alla sua crocifissione, alla sua agonia, alla sua morte. Così ci raccogliamo meglio.
Oggi parliamo dello Statuto o regolamento generale dell'Istituto san Gabriele Arcangelo e Maria SS. Annunziata. Che cos'è lo Statuto? Uno Statuto è un complesso di norme generali per vivere secondo quello che è il pensiero della Chiesa circa gli Istituti Secolari, secondo cioè quanto il Papa Pio XII aveva dichiarato e detto nella «Provida Mater Ecclesia». Lo Statuto comprende molti articoli, ma vi sono gli articoli generali e gli articoli particolari. Intanto quest'oggi si farà la distribuzione delle copie dello Statuto a chi ha già fatto i due anni di noviziato, e alla fine degli esercizi si darà lo Statuto per chi è nel noviziato o entrerà nel noviziato, così che possiamo fare le cose sempre più regolari. Lo Statuto, ho detto, ha delle norme generali e delle norme più particolari. Le norme generali sono contenute nei primi articoli.
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Il primo è quello che stabilisce il fine principale dell'Istituto, cioè la gloria di Dio e la nostra santificazione e che poi è spiegato meglio nel secondo articolo.
Che cosa si intende per consacrazione a Dio? Ricordiamo quello che è stato detto stamattina: vi è la via dei comandamenti per arrivare alla salvezza eterna. Perciò Gesù aveva detto a quel giovane ricco: «Osserva i comandamenti». E gli ricordò quali erano i comandamenti, ma siccome il giovane insistette e aggiunse che li aveva osservati fin dalla giovinezza, Gesù lo guardò con compiacenza, con affetto e aggiunse: «Se vuoi essere perfetto, lascia tutto, vieni e seguimi». Così vi sono due specie di seguaci di Gesù. Vi sono quelli che si accontentano dell'osservanza dei comandamenti, i quali sono veri precetti, e se si manca si può commettere peccato grave o veniale secondo il caso. Ma vi è un altro ceto di persone, cioè vi sono coloro che vogliono arrivare a maggior santità, che vogliono raggiungere un posto più eminente in Paradiso, e sono le persone che si consacrano a Dio mediante la professione dei voti di povertà, castità, obbedienza. La povertà intesa così come viene spiegata negli articoli successivi e come verrà anche spiegata in qualche altra istruzione; la castità, la quale deve essere perfetta, cioè che non vi siano mancanze né interne né esterne e che si professi il celibato. Vi saranno anche ammissioni di membri che staranno, per così dire a fianco, cioè quelli che conserveranno la castità coniugale, ma saranno in un grado inferiore al vostro. La consacrazione comprende anche l'obbedienza: obbedienza alle regole dell'Istituto e obbedienza ai legittimi superiori, così come dice lo stesso Statuto.
La consacrazione. Per spiegarmi mi servirò di un paragone. Vi è la pianta e vi sono i frutti della pianta; la pianta ha radici, tronco e rami, ma poi vi sono i frutti. I cristiani semplici danno al Signore i frutti, cioè adempiono i loro doveri: doveri di un padre, doveri di una madre, di un figlio, di una figlia; il dovere di un maestro se uno è maestro, il dovere di un operaio se uno è operaio, ecc.
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Ma si tengono la libertà, tengono per se stessi la mente, il cuore, le forze, la salute e danno al Signore le opere, cioè i frutti. Invece la persona che si consacra a Dio dà anche la pianta, non solo i frutti, cioè dà la mente, il cuore, la volontà in maniera che, dopo, tutto è di Dio, tutto è del Signore. Cioè si mette a disposizione di Dio anche nelle cose più belle, dona tutta la libertà, tutta la volontà, tutto il cuore, tutto il corpo, tutta la salute, tutto il tempo. È tuo, puoi disporne come vuoi.
Come si farà? Ad esempio, per l'obbedienza, nel corso degli esercizi si dirà come si vorrà occupare la giornata, quali saranno le cose che si vorranno fare, quale sarà l'apostolato che si eserciterà. Allora a una persona viene approvato l'apostolato, l'orario, le occupazioni, gli uffici, il lavoro. In tal modo la volontà è messa nelle mani di Dio tramite il superiore dell'Istituto che approva. Vi sarà poi il rendiconto economico, il quale conferma che si dipende. Quindi la donazione al Signore è molto più santa per chi si consacra a Dio coi voti, è molto più profonda. Non si dà a Dio soltanto il frutto, cioè le opere, ma si danno al Signore anche le parti della pianta, cioè noi stessi. L'anima consacrata a Dio opera in obbedienza, invece il cristiano opera in autonomia. Dare la nostra libertà al Signore è molto più profondo, molto più meritorio, perché è dare tutto. Quindi, dando anche la pianta, ogni consacrato dà tutto al Signore, acquista il massimo dei meriti possibile sulla terra. Naturalmente bisogna esercitare bene questi impegni, questi voti emessi.
Poi c'è il fine, che è sempre la gloria di Dio e la nostra santificazione, cioè diventare sempre più perfetti per avere un posto più elevato in Paradiso.
Il secondo impegno, che è contenuto nel numero tre, è l'apostolato. Per tradurre la vita in apostolato, dedicarsi a quella forma che è possibile. Gli apostolati che sono più consigliati e voluti sono quelli enumerati nello Statuto.
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Il fine speciale consiste nell'esercitare nel mondo l'apostolato, cooperando alle attività particolari della Famiglia Paolina; notando bene che voi stesse quando avrete emesso i voti apparterrete alla Famiglia Paolina, in un grado diverso, in quanto non c'è abito e vita comune in senso stretto ma sarete veramente membri della Famiglia Paolina.
Quali sono gli apostolati? Per esempio, la collaborazione alla redazione o alla stampa in generale, o all'apostolato delle vocazioni, agli apostolati che riguardano la Liturgia, le opere parrocchiali, le opere benefiche, eccetera. Tutti gli apostolati, particolarmente quelli propri della Pia Società San Paolo. Questo lo vedremo più avanti un po' più ampiamente.
Una domanda viene spontanea: ma questo Statuto, questi Istituti sono approvati dalla Chiesa? Vi è un'approvazione generale per gli Istituti che si fondano, quando questi sono secondo lo spirito della «Provida Mater Ecclesia»: ma l'approvazione che determina che un Istituto è veramente conformato alla Santa Chiesa e che, quindi, è gradito ad essa, per cui si è sicuri che coloro che vi entrano sono sulla via della santità, è l'approvazione particolare che viene data agli Istituti che sono riconosciuti degni. Ora questi nostri tre Istituti: Maria SS. Annunziata, san Gabriele Arcangelo, Gesù Sacerdote, hanno l'approvazione esplicita, chiara, diretta della Chiesa? Sì. Hanno l'approvazione della Chiesa, e coloro che emettono la professione sono veri membri religiosi, pur vivendo nel mondo, portando il loro abito secolare e facendo quell'apostolato che dalle circostanze di luogo e di tempo è richiesto, tanto più poi se è un apostolato della Famiglia Paolina. Così che i membri degli Istituti sono veri religiosi, approvati dalla Santa Sede. È il massimo.
Cosa vuol dire allora approvazione? Vuol dire che le regole, anzi, ogni articolo delle regole è approvato, cioè è riconosciuto buono, santo e capace di condurre alla santità. Approvazione vuole dire che la somma autorità della Chiesa, che è il Papa, riconosce lo spirito, lo benedice ed esorta ad entrare nell'Istituto.
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Poi l'approvazione significa che chi osserva bene quelle regole può farsi santo, è in uno stato di perfezione e, di più, che l'Istituto è conforme ai bisogni dei tempi attuali. Così che c'è la garanzia massima che lo spirito piace alla Chiesa. Non è più un dire: questo è raccomandato dal sacerdote tale, questo è stato detto dal confessore, questa è una pratica che hanno anche altri, questo se va bene o no lo sentirò dal mio direttore. Sono pareri. Invece quando l'approvazione viene dalla Chiesa, dalla massima autorità, allora vi è la garanzia assoluta che si cammina bene e vi è la sicurezza. Non è un consiglio dato da una persona buona, fosse pure un sacerdote; ma è la Santa Sede che si pronuncia, e: «Chi ascolta voi ascolta me», disse Gesù. Se vale questo, vale particolarmente quando è il Papa che si pronuncia. «Confirma fratres»: conferma i fratelli, disse Gesù a san Pietro (Lc 22,32). Questo vale per tutti i Papi che si succederanno sulla cattedra di san Pietro. Garanzia, tranquillità! Seguire questo spirito non è più lo spirito particolare, è lo spirito paolino che risulta dagli articoli dello Statuto. Quando lo avrete in mano potrete leggerlo, fatevi anche la meditazione. Avete la garanzia di essere sulla via della santità, nello stato di perfezione.
Terzo: osservanza. L'osservanza si spiegherà ancora più avanti, particolarmente per quanto riguarda i voti. Ma ora devo notare in modo speciale tre punti, che riguardano le tre pratiche di pietà. Nell'articolo 57 leggerete che, essendo la pietà il fondamento di tutta la vita di perfezione, sorgente di virtù, e utilissima a tutto, i membri dell'Istituto cercheranno di alimentare in loro stessi il più possibile questo spirito di pietà, incessantemente, per tutta la vita. Quali sono le pratiche di pietà? Per ogni giorno possibilmente la santa Messa e la comunione. Non potendo, qualche volta si supplirà con la comunione spirituale. Si avrà cura di riservare per la comunione un congruo spazio di tempo per prepararsi e per fare il ringraziamento. Altra pratica di pietà: la meditazione, possibilmente di mezz'ora; quando non è possibile, anche meno, specialmente al principio, quando ci si deve abituare a meditare.
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Terzo: preghiera del mattino e della sera. Quarto: visita eucaristica, possibilmente giornaliera, che comprende lettura spirituale, esame di coscienza e recita del rosario. Se ciò fosse impossibile, si dovranno fare ugualmente le tre pratiche, magari in casa. Ci si può mettere davanti al Crocifisso, possibilmente isolati e si cercherà di mettersi alla presenza di Dio.
Tra le pratiche di pietà insisterei su tre. Per prima la meditazione quotidiana, che potrà essere più o meno lunga. La meditazione non è difficile. Si può leggere un libro, per esempio «L'apparecchio alla morte», «La pratica di amare Gesù Cristo»; particolarmente raccomando la lettura del Vangelo, delle Lettere degli Apostoli e in generale della Sacra Scrittura. Amare tanto la lettura della Bibbia, amare tanto il libro divino. Quando i Vangeli sono ben commentati, quella lettura serve anche per trascorrere santamente la giornata.
Seconda pratica è l'esame di coscienza. Chi vuol progredire deve tener sempre presente ciò che gli manca ancora per essere santo, quello che può aggiungere; per questo bisogna esaminare noi stessi. Ci manca ancora qualche cosa nella mente perché i pensieri siano santi; qualche cosa manca ancora nel cuore perché i sentimenti siano santi manca ancora qualche cosa nelle parole o nelle opere perché parole e opere siano sante. Ecco l'esame di coscienza. Poi, che cosa potrei aggiungere? Supponiamo la vigilanza sulla mia lingua, sui miei occhi, sulla mia condotta quotidiana, perché non trasgredisca i miei doveri secondo lo stato in cui mi trovo. Vigilanza sulla pietà perché sia fatta bene; vigilanza per evitare le colpe veniali, anche le mancanze contro la perfezione. Vigilanza! E allora con questi buoni propositi la giornata trascorrerà più santamente.
In terzo luogo, visita al SS. Sacramento quando si può fare, ed è molto meglio, in chiesa. Quando proprio questo è impedito, perché, supponiamo, uno lavora fino a tarda ora, quando già le chiese sono chiuse, si può fare privatamente in casa, recitando anche il rosario.
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Papa Giovanni XXIII disse in un discorso che egli recitava il rosario intiero ogni giorno. Molte volte si sentono persone che si scusano dicendo che non hanno tempo. Neppure per la terza parte? Facendo uno sforzo, non si arriverà più avanti? Forse abbiamo più lavoro del Papa? Certamente ne abbiamo di meno. Allora cerchiamo di essere generosi; con la generosità possiamo dire che si vive in fervore. Naturalmente bisogna farsi un orario nella giornata, un po' di regola, perché le opere, le occupazioni, si succedano bene e si possa fare tutto. Non viviamo così, con disordine, quel che capita capita; ma stabiliamo un po' il nostro modo di vivere, il nostro modo di trascorrere la giornata. Non è sempre possibile fare un orario preciso; per qualche cosa potrà essere preciso perché la Messa è alle ore 7, l'ora di ufficio è alle nove; ma molte altre occupazioni si possono anticipare o posticipare, avendo però una norma in generale. Così è più facile santificarsi ed è più facile fare tutto ciò che è necessario fare nella giornata.
Ringraziare il Signore per il gran dono che vi ha fatto della vocazione allo stato di perfezione. E un privilegio. È già un segno che vi vuole più vicine a sé in Paradiso, più vicine a sé in un gaudio più profondo, in una visione di Dio più profonda, in un possesso più intimo. Qualche volta si dice: Purché mi salvi! Quando si dice così, magari si rischia di non salvarsi. Invece noi diciamo: voglio farmi santo, presto santo, grande santo; voglio farmi il massimo dei meriti. Vi sono persone che vivono nella tiepidezza e dicono: purché mi salvi, anche se devo fare un po' di Purgatorio, tanto si esce di lì. Questo è il programma dei pigroni. Non bisogna rassegnarsi al Purgatorio; bisogna chiedere al Signore la grazia di vivere fervorosamente, e dopo che l'anima sarà spirata, che venga subito ammessa ai gaudi eterni per amare perdutamente il nostro Dio per l'eternità. Nessun programma da pigri, ma programma da anime generose.
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