Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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33.
GIUDIZIO - CONFESSIONE - DIREZIONE

Due sono i compiti: la propria santificazione, il proprio perfezionamento nella consacrazione a Dio, e l'apostolato per le anime. Perciò l'esame di coscienza anzitutto riguarda le nostre virtù, l'osservanza dei comandamenti, dei consigli evangelici. In secondo luogo riguarda l'apostolato che ci siamo scelti come compito, nelle circostanze della vita in cui ognuno si trova. Il giudizio di Dio riguarderà questi due punti: la santificazione propria, i propri doveri, i doveri personali, individuali, e il bene che facciamo al prossimo, che può essere bene materiale, ma soprattutto il bene che riguarda la salvezza eterna, il messaggio della salvezza.
Così vi sono due giudizi: il giudizio particolare e il giudizio universale. Il giudizio particolare riguarda la nostra vita individuale e fissa la nostra destinazione eterna. Poi vi è il giudizio universale che riguarda le relazioni con gli altri, cioè le relazioni di carità, le relazioni di apostolato, le relazioni di ufficio. Per un insegnante, supponiamo saranno le relazioni con il suo ufficio, cioè con i suoi alunni, i doveri di apostolato, i doveri sociali. Quindi ci sono due giudizi: uno avviene subito dopo la morte, nella medesima stanza, diciamo così, nel medesimo luogo dove la nostra anima uscirà dal corpo. E come avviene? Si può descrivere per parti: la comparsa davanti al giudice, l'esame che viene fatto, le scuse che si possono portare per discolparsi, infine può venir data la sentenza. Il giudizio si è considerato così nelle sue parti, ma per voi che siete avanti nell'istruzione religiosa e non avete bisogno di queste descrizioni particolari, il giudizio è una illuminazione, una luce che Gesù Cristo darà sull'anima.
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L'anima vedrà se è degna del paradiso, del purgatorio o dell'inferno, quindi si può dire che la sentenza la fa l'anima. Sì, siamo noi, Dio è quasi passivo, come quando uno fa una bella fotografia. Riuscirà una bella persona o una brutta persona con questa macchina? La macchina è passiva, tutto dipende da come la persona si rifletterà. Ognuna vedrà in sé il bene fatto, il male fatto, quello che manca ancora per una purificazione totale o se si è del tutto purificati tanto da poter andare direttamente in paradiso. Il giudizio ce lo facciamo noi vivendo. Il Signore dando quella luce, ci mostrerà che cosa abbiamo meritato o demeritato, e se abbiamo meritato tanto oppure poco. Naturalmente si considereranno tutte le grazie ricevute, perché da esse dipendono gli obblighi. Se una ha la vocazione, ne deriva l'obbligo di seguirla o di viverla; se non si ha la vocazione, non si ha neppure l'obbligo di seguirla e viverla. Se una è destinata alla famiglia, avrà i doveri di famiglia, e se una è destinata a consacrarsi a Dio, avrà i doveri della consacrazione. Quindi col giudizio si ha un'illuminazione sulle grazie e sugli impegni che l'anima aveva. Inoltre se ha corrisposto alla sua vocazione, se ha compiuto le opere conformi alla vocazione e al suo genere di vita.
Nel giudizio universale invece non si presenterà un' anima singola, ma si presenteranno tutti. Il giudizio sarà fatto in relazione alla carità, e cioè in relazione ai doveri, agli obblighi verso gli altri, compresi i doveri di apostolato. La sentenza quale sarà? Sarà tutta ispirata alla carità e alle opere di carità. «Ebbi fame e mi deste da mangiare; ebbi sete e mi deste da bere; fui pellegrino e mi albergaste; ero nudo e mi rivestiste; infermo e mi visitaste; carcerato e veniste a trovarmi... Ogni volta che voi avete fatto queste cose a uno dei più piccoli di questi miei fratelli l'avete fatto a me... Quindi venite, benedetti nel regno del Padre mio» (Cfr. Mt 25,34 e ss.). La sentenza è sulla carità esercitata o non esercitata. Quindi il Signore dirà, d'altra parte, ai dannati: «Andate lontano da me, voi maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per gli angeli suoi.
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Perché ebbi fame e non mi deste da mangiare, ebbi sete e non mi deste da bere; fui pellegrino e non mi albergaste; nudo e non mi rivestiste; infermo o carcerato e non mi visitaste. Allora questi gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato, o assetato, o pellegrino, o nudo, o infermo, o carcerato, e non t'abbiamo assistito? Ma egli risponderà loro: In verità vi dico: qualunque cosa non avete fatto a uno di questi più piccoli, non l'avete fatta a me» (Mt 25,41-45).
Perciò nel primo giudizio sono giudicate le opere personali, nel secondo giudizio le opere che riguardano la carità. Nel primo giudizio saremo giudicati sul primo comandamento: amerai il Signore Dio tuo con tutta la mente, con tutto il cuore, con tutta la volontà: cioè i doveri personali. Nel secondo giudizio saremo giudicati sul secondo comandamento: amerai il prossimo tuo come te stesso. E si farà il resoconto se veramente si è amato il prossimo per amore di Dio, come noi stessi e, quindi, le relazioni con gli altri. Chi avrà dato buon esempio avrà il premio; chi avrà pregato per gli altri, chi avrà esercitato l'apostolato della preghiera, avrà il premio; avrà il premio chi avrà lavorato per l'Azione Cattolica, chi avrà fatto scuola, chi avrà compiuto opere di carità anche corporali, chi avrà esercitato il ministero sacerdotale, chi avrà fatto l'apostolato come fanno le buone Annunziatine e i buoni Gabrielini. Chi invece avesse dato scandalo, avesse avuto invidie, gelosie, chi avesse recato danno al prossimo derubandolo, magari trattandolo male, commettendo ingiustizie, calunniando, negando quello che il prossimo aveva bisogno di ricevere, avrà il castigo. Vi sono opere che sono di carità, e vi sono opere che si devono compiere per giustizia. Per giustizia, per esempio, si devono pagare i debiti, si deve portare rispetto agli altri, il rispetto sulla fama, mai calunniare, mai dir male, mai invidiare, mai desiderare del male. Vi sono obblighi, quindi, che si possono ridurre ai doveri di carità, e obblighi, invece, che si possono ridurre ai doveri di giustizia.
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Ecco i due giudizi che ci attendono. Bisogna subito dire che saremo giudicati secondo verità, e bisogna anche dire che l'esito del giudizio dipende dalla nostra vita, che siamo noi che ce lo prepariamo. La sentenza è preparata e sottoscritta da noi e viene eseguita immediatamente. Chi è degno del Paradiso, perché è del tutto purificato, entra immediatamente in Paradiso; chi al contrario è degno dell'inferno, entra immediatamente nell'inferno. Perciò Gesù disse di Giuda: «Per lui sarebbe stato meglio se non fosse nato» (Mt 2,26).
I giudizi di Dio sono secondo verità, ma i giudizi degli uomini? E il giudizio che facciamo di noi stessi? Ecco i due punti. Molte volte noi temiamo le maldicenze degli altri, le calunnie, le critiche e i giudizi contrari. Meritano proprio questi giudizi di essere temuti? I giudizi del mondo! Gesù Cristo come fu giudicato? Egli fu giudicato degno della peggior morte, della crocifissione, e perché fosse più ignominiosa l'esecuzione, venne posto tra due ladroni, uno a destra e uno a sinistra, e lui in mezzo come il peggiore dei malfattori. Dobbiamo temere molto il giudizio degli uomini? I martiri hanno temuto i giudizi degli uomini? No. Hanno preferito la morte piuttosto che rinnegare la fede; e quindi i tiranni che li hanno martirizzati hanno ricevuto la loro sentenza, quella che è vera, quella che è data da Dio. I martiri invece hanno ricevuto pure la loro sentenza da Dio, cioè l'ingresso immediato in Paradiso, perché subire il martirio per amore di Dio merita il perdono totale e quindi l'immediato ingresso in cielo.
Contro le anime pie, contro chi vuol fare del bene, vi sono tanti giudizi del mondo. Temiamo i giudizi di Dio, non quelli del mondo. Operare con rettitudine innanzi a Dio; operare con rettitudine di coscienza, sia che il nostro operato venga giudicato bene, sia che venga giudicato male o deriso. Non importa il giudizio fatto da coloro che non hanno lo spirito del Signore.
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Vi sono anche alcuni giudizi degli uomini che dobbiamo tenere in considerazione. Se uno ci fa una correzione, se ci fa un richiamo, se ci fa osservare che quello che facciamo non è giusto, quello che diciamo non è vero, specialmente quando i richiami ci vengono dai superiori, bisogna che ci arrendiamo, perché sono giudizi che vengono fatti da chi rappresenta il Signore. Se il confessore ti dice che non devi più metterti in quell'occasione, che questo è necessario, bisogna ascoltarlo. E se invece il confessore o il superiore ti dice che questa è la tua vocazione, questo è un giudizio che viene fatto dopo che si è cercato di conoscere il volere di Dio, si è pensato, pregato e si è come ottenuto un consiglio; allora non possiamo dubitare della vocazione, della volontà di Dio. Quindi vi sono giudizi a cui bisogna certamente acconsentire, come nel caso in cui venga detto a una persona di non leggere quel libro, di non andare a quegli spettacoli, di non seguire quella moda, di non stare a udire certe trasmissioni di radio o televisione. Sono ammonimenti, sono giudizi che ci avvertono di ciò che costituisce per noi un pericolo. Giudizi contro il Papa, contro l'Azione Cattolica, contro i vari apostolati se ne sentono tanti.
Una volta che noi ci siamo accertati del volere di Dio, camminiamo alla divina presenza. Dio solo è colui che ci giudica, Dio solo è colui che ci premia. Si dice di qualcuno che muore senza neppure avere una sepoltura un po' degna, ma aveva fatto tanto del bene. Il giudizio di Dio sarà uguale al giudizio degli uomini? Una volta c'è stata una sepoltura interminabile, tanta era la folla di gente; ma il sacerdote che accompagnava la salma al cimitero camminava col capo chino ed era mesto, pensando in cuor suo come quell'anima si sarebbe trovata al giudizio di Dio. Quante volte venendo via dal letto di ammalati abbiamo nel cuore un peso, pensando a come se la caverà, come se la sarà cavata al giudizio di Dio quell'anima. Guardare i giudizi di Dio.
Poi un altro insegnamento: non giudicare. Chi vi ha costituiti giudici degli altri? Non giudicate e non sarete giudicati, non condannate e non sarete condannati.
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Vi sono persone che sono così facili a giudicare sia gli inferiori sia gli uguali, sia i superiori. Chi vi ha costituiti giudici? Il Signore dice: «A me la vendetta» (Rom 12,19), cioè la punizione. Questo è ufficio di Gesù Cristo, avendo il Padre celeste assegnato al Figlio suo l'incarico di giudicare. Ogni giudizio, sì. Non giudichiamo perché, se non abbiamo l'obbligo in quanto superiori, il nostro giudizio verrà poi giudicato da Dio se è giusto o no, se spettava o non spettava a noi. Non giudicare!
Inoltre, giudicatevi, cioè giudicate voi stessi e non sarete giudicati. Ciò vuol dire che se noi condanniamo una nostra azione non buona, se ne siamo pentiti e l'accusiamo, e quindi giudichiamo e riconosciamo di aver fatto male, non saremo giudicati, e cioè avremo il perdono e quella mancanza non sarà riportata al giudizio di Dio, perché è già perdonata. Perciò è necessario essere molto attenti nell'esame di coscienza, affinché al giudizio di Dio non ci siano ricordate mancanze a cui non abbiamo dato molto peso, o delle quali ci siamo scusati con facilità. Quelle scuse che a volte noi portiamo per lasciare un bene, o per commettere un'azione, o per prenderci una certa libertà al giudizio saranno considerate buone? Non cadiamo negli scrupoli. Gli scrupoli sono una malattia, mentre la delicatezza di coscienza è una grande virtù. Non scrupoli, ma delicatezza di coscienza. Non condannate per non venire condannati, e se vi giudicate, non sarete giudicati.
Perciò, ecco, in questi giorni la vostra confessione sia ben fatta, alla luce di Dio. Negli esercizi c'è sempre una luce maggiore. Alla luce di Dio possiamo entrare nel segreto, nell'intimo della nostra coscienza, considerare comandamento per comandamento. Il primo comandamento ci impegna a pregare, il secondo ci impegna a rispettare il nome di Dio e a osservare i voti, il quinto comandamento riguarda la carità, il sesto la delicatezza, eccetera. Esaminarci. Tutto quello che noi riusciamo a togliere, non sarà riportato al giudizio di Dio.
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E se abbiamo tanta cura per la pulizia del corpo, e si fa bene, quanta più cura dobbiamo avere per rendere la nostra anima bella davanti a Dio! Nel corso degli esercizi vi è la possibilità di fare la confessione generale, o la confessione particolare, o la confessione ordinaria.
La confessione generale è necessaria? Qualche volta può essere necessaria, qualche volta è consigliabile e qualche volta può essere anche dannosa. Per un'anima scrupolosa può essere dannosa; per chi invece da molto tempo non è tranquilla di coscienza, la confessione generale è forse necessaria; per chi invece non è tranquilla forse da un mese o da due, può fare una confessione un po' particolare, cioè di sei mesi, di un anno. Ed è tanto bene che chi ha l'abitudine di fare ogni anno gli esercizi, alla fine di essi faccia la confessione annuale, così ogni anno si mette a posto con Dio e non ci sono responsabilità da portare davanti al Signore nel giudizio.
Il confessore, generalmente, è bene che sia sempre lo stesso. È naturale che in una circostanza particolare, non avendo il vostro confessore ordinario, si ricorra a un altro confessore; ma in generale bisogna scegliere il confessore e seguirlo costantemente. San Francesco di Sales diceva di sceglierlo bene; un altro santo diceva di sceglierlo fra mille. Molte persone domandano se c'è bisogno del direttore spirituale. Rispondo che chi avesse un confessore in cui ha tutta la confidenza, del quale ha stima e a cui può accedere abbastanza frequentemente, conviene che lo stesso confessore sia anche direttore spirituale. Può darsi invece che per circostanze di tempo e di luogo i due uffici non possano essere uniti in una medesima persona.
La direzione spirituale può bastare ogni sei mesi per le persone già mature e avviate per una via di perfezionamento; mentre la confessione, generalmente, si fa ogni settimana. È consigliabile la direzione spirituale per lettera? In generale è poco consigliabile; vi sono però dei casi in cui è lecita e buona.
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Secondo le circostanze, ma ci vuole la massima prudenza, perché si può anche rischiare che una lettera venga perduta; d'altra parte, ogni parola può avere la sua importanza e può portare una luce, ma può anche portare un inganno. Sì, è necessaria la massima prudenza. Quando poi si è scelto un confessore che sia anche direttore spirituale, che cosa si deve fare? Prima di tutto essere molto schietti, aprirsi bene. Poi pregare perché il Signore illumini il direttore spirituale e il confessore a guidarci bene. Non cambiare con leggerezza, non avere più direttori spirituali, così pure a volte è sconsigliabile cambiare il confessore. In quanto poi alla direzione spirituale è necessario che si assecondi, che si ubbidisca, perché se non si ubbidisce è inutile chiedere consiglio, anzi è un inganno.
È proprio sempre necessario il direttore spirituale? È molto consigliabile, ma non si può dire che sia assolutamente necessario. Quando poi una persona si trova in un ambiente meno favorevole, allora preghi il Signore, perché può essere che non trovi la persona adatta per il suo caso. Il Signore provvederà anche direttamente illuminando l'anima e guidandola. Poi vi sono dei casi in cui il direttore spirituale è veramente necessario, diventa allora un consigliere. Soprattutto per la vocazione è necessario il consiglio del confessore o del direttore spirituale; meglio se viene dalla medesima persona, quando la persona ci conosce bene. Poi vi sono dei momenti in cui l'anima può trovarsi in difficoltà particolari di oscurità, momenti in cui l'anima viene condotta da Dio verso la perfezione passando per la notte oscura dei sensi o dello spirito. In questi momenti, la parola di un sacerdote, di un direttore spirituale illuminato, pio, è tanto importante. Poi vi sono anche altri casi in cui si devono prendere decisioni che non riguardano soltanto la vita presente, ma la vita eterna: un ufficio, un incarico, un certo modo di vivere, eccetera. Vi sono dei momenti in cui noi abbiamo bisogno di essere illuminati e guidati.
Dunque c'è il giudizio di Dio, quello degli uomini e quello che facciamo da noi stessi.
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Che il giudizio degli uomini sia considerato per quel che vale, a seconda se è un superiore o se è una persona che non ha responsabilità per noi. Il giudizio riguardo a noi sia fatto davanti a Dio. Per le molte cose poi in cui non sappiamo giudicarci c'è il confessore, oppure può esserci la luce che ci manda il Signore, o un'ispirazione interna che il Signore ci comunica nel tempo opportuno.
Io temo i giudizi di Dio. Fu giudicato san Giovanni Crisostomo, vescovo quanto mai zelante, il quale aveva rilevato certi disordini per cui si era tirato addosso l'odio e la persecuzione. I giudici pensarono quale pena infliggere al vescovo perché aveva parlato chiaro rinfacciando, a chi lo meritava, il peccato. Uno proponeva di mandarlo in carcere, l'altro proponeva di mandarlo in esilio, un altro proponeva addirittura di metterlo a morte. Il giudice taceva, ma quando fu interrogato sulla pena da dare al santo disse: «C'è una pena sola che affliggerebbe quest'uomo, perché anche se lo mandate in esilio, predicherà, se voi lo mandate a morte, sarà un martire e sarà glorificato dalla Chiesa. L'unica pena che lo farebbe soffrire e piangere è quella di fargli commettere un peccato, perché lui non teme che il peccato». Non temere altro che il peccato! Mai il peccato!
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