Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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47.
SANTITÀ DI OGNUNA

Avrete pensato ai disegni di Dio che vi ha invitate a partecipare a questo corso di esercizi spirituali, alle benedizioni che il Signore ha preparato ad ognuna di voi. Ricevere con cuore semplice e accompagnato da tanta fede la grazia del Signore di questi giorni, come docili figlie di Dio, Padre Celeste.
Ora, così di passaggio, avrete notato, e questo anche insensibilmente, che siete più numerose voi di coloro che appartengono all'Istituto dei Gabrielini. Allora la donna non deve operare sull'uomo? Certamente la donna non ha la forza del ragionamento e la forza fisica dell'uomo; ma ha la forza del cuore, la forza che viene dall'intimo e specialmente dalla preghiera. Eva ha rovinato Adamo, ma Maria ha accompagnato nella redenzione il Figlio di Dio incarnato in Lei. Ella ha trovato grazia presso il Signore, è Mediatrice della grazia, Regina degli Apostoli. Ecco la donna forte, di cui fa l'elogio la Sacra Scrittura. Non vi è prezzo così alto che meriti la donna forte, non vi è prezzo sufficiente, per ciò che può influire. Mi veniva in mente questa mattina quello che si è operato qualche volta nella Chiesa, e cioè gli istituti femminili che hanno suscitato gli istituti maschili. Il potere di un'anima che è in Dio, e una donna la quale vive in Gesù Cristo, di Cristo Gesù! «Mulierem fortem quis inveniet?» (Prov 31,10): la donna perfetta chi sa trovarla?
Ora veniamo alla meditazione. E, come premessa, questo: la vecchiaia è la quantità di anni che uno già ha vissuto. La vecchiaia, però non si computa tanto dal numero degli anni, quanto dalla saggezza.
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Vi sono persone che non hanno mai esercitato la virtù della prudenza e persone le quali, come le vergini prudenti, hanno acquistato la virtù della prudenza. Erano dieci le vergini, ma cinque erano prudenti e cinque stolte. Perché non basta consacrarsi a Dio, ma occorre consacrarsi nel numero delle cinque prudenti; non per far numero, non per avere quasi una soddisfazione: mi trovo in uno stato di perfezionamento, in uno stato più elevato... No, siate vergini prudenti!
Voi volete raggiungere la santità: le belle e santissime meditazioni che avete udito, le santissime preghiere che avete fatto in questo tempo! Volendo raggiungere la santità, averne un concetto esatto: come si può alimentarla, crescerla, portarla a maturità. La santità in che cosa viene a consistere? La santità è lo sviluppo della grazia battesimale, cioè di quella grazia che noi abbiamo ricevuto al fonte battesimale. Là ci è stata comunicata una vita soprannaturale, una vita di grazia, una vita che è la vita di Gesù Cristo in noi, la vita dello Spirito Santo e, se vogliamo dire, la vita trinitaria nell'anima che si sviluppa.
Quel bambino che è nato, è figlio dei suoi genitori; è nato, e ognuno dice qual è il papà, qual è la mamma. Ma è necessario nascere una seconda volta, disse Gesù. Allora in che modo? In acqua e Spirito Santo (Cfr. Gv 3, 3 e ss.). Il bambino portato alla parrocchia, ecco, rinasce, cioè nasce una seconda volta: la vita della grazia, la vita divina, è l'inizio di questa vita. Quel bambino nato viene alimentato dalla mamma e va crescendo di statura e poi arriva a un certo punto, comincia ad avere l'uso di ragione, eccetera; cresce e va avanti negli anni: 10, 15, 20, arriva si può dire alla maggiore età e allo sviluppo fisico naturale. E quella vita spirituale, quella vita di grazia che è in quell'anima, in quel bambino, si è sviluppata? Quel bambino è figlio dei suoi genitori, ma per il battesimo si è formato in lui un organismo spirituale, un'altra vita, un altro essere. Prima era solo figlio di suo padre e di sua madre; adesso è anche figlio di Dio. E come figlio di Dio ha la grazia, la vita divina, e in lui c'è l'infusione di fede, speranza, carità; e così pure ha l'inizio delle quattro virtù cardinali.
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Se il bambino muore dopo il battesimo e prima dell' uso di ragione, va salvo in Paradiso, perché ha la vita di grazia. Ma se il bambino, giunto all'uso di ragione, fa atti di fede, atti di speranza, atti di carità, studia il catechismo, impara le orazioni, va in chiesa, e riceve i primi sacramenti: la confessione, la comunione, la confermazione o cresima; se partecipa alle funzioni e vive da buon figliolo, se vive da buona figliola, ecco si sviluppa la vita spirituale, cresce. Era un seme piccolo, nascosto in quell'anima, ma era spirituale quel seme, la vita divina, la vita di grazia. Quel seme messo nel terreno, sebbene piccolo, si sviluppa e un giorno mette fuori un filo, sembra un'erba ma poi cresce e un giorno diviene un ramoscello, poi diviene una pianta; poi la pianta si sviluppa, allarga i suoi rami e poi ecco le foglie, e poi ecco i fiori, e poi ecco i frutti. Sono frutti spirituali, cioè l'esercizio delle virtù e la vita spirituale che va crescendo in un'anima fino al momento in cui si chiude la vita terrena. Ecco, questa è la santità: lo sviluppo del seme e della grazia del battesimo nell'anima, fino a uno sviluppo tale che può arrivare ad essere una santa Teresa, una santa Gemma Galgani, una santa Caterina da Siena, e tanti altri santi. Allora sarà conchiusa la vita; solamente i frutti pieni, eterni, di gaudio e di bene alle anime. Questa è la santità, lo sviluppo della santità.
Se per disgrazia, un giorno, un'anima cade in peccato grave, viene privata di questa vita soprannaturale, che però, può riacquistare per mezzo della confessione o anche per mezzo della contrizione perfetta, che, in certi casi, basterà; in ogni modo, con la contrizione perfetta si ha la remissione; rimane tuttavia l'obbligo di confessarsi quando sarà possibile, se si tratta di peccati gravi.
Ecco: a che punto è arrivato lo sviluppo della vostra vita spirituale? Ognuno conta i suoi anni, ognuno sa la sua statura, ognuno sa il grado della sua salute. E riguardo all'anima?
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Che sviluppo c'è? Come sta la sanità spirituale? Che attività, robustezza, che frutti già ci sono? Questo è il grande problema, per questo siete agli esercizi: per crescere, crescere in Cristo, che vuol dire crescere in grazia. Anime che arrivano a grande santità. Mi sembra che tutte siate venute per raggiungere la santità, pure con diversi progetti, con diversi pensieri; in fondo in fondo avete pensato che non basta andare al mare, ai monti, per irrobustire il fisico, ma per irrobustire lo spirito siete venute qui. E chi vi ha condotte?
Adesso ad ognuna di voi sicuramente si presenta la domanda: come faccio a crescere? La pianta per crescere ha bisogno che nel terreno vi siano i succhi, gli alimenti, e che vi sia l'acqua, l'umidità, per cui le radici possano assorbire gli elementi costitutivi per la crescita di quella pianta. Due elementi, particolarmente, formano, nutrono, sviluppano la santità. E sono: primo, sacramenti e funzioni liturgiche; secondo, l'acquisto dei meriti. I sacramenti il primo luogo. Quali sono questi sacramenti? Particolarmente la confessione e la comunione, questi sono i due alimenti.
Primo: la confessione per purificarci da ciò che c'è di male in noi, per tenere a freno le passioni che sono in noi, quando queste passioni si sviluppano e pretendono; la lotta cioè della parte interiore contro lo spirito e dello spirito contro la carne. Per questo abbiamo il sacramento della confessione frequentato e frequentato bene, in cui le parti essenziali sono il dolore e il proposito con l'assoluzione. Purificazione dal male: tanto più se fosse dal peccato grave, ma anche dalle venialità; e purificazione dalle conseguenze che sono venute in noi per causa delle debolezze, dei peccati antecedenti e per cancellare anche la pena dovuta ai peccati per mezzo di un fervore vivo nell'accostarci alla confessione e un proposito di emendazione. L'assoluzione allora trova un cuore ben disposto.
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Questo è lavoro di perfezionamento: l'esame di coscienza ogni giorno, specialmente nella visita; poi al mattino: «Mi confesso a Dio onnipotente», quando comincia la Messa, ci umiliamo per cancellare tutto ciò che nel giorno antecedente ci fosse stato di manchevole; e poi i propositi, perciò: «prego Dio onnipotente», eccetera. Ma specialmente la confessione; confessione spirituale col sacerdote, ai piedi dell'altare; confessione di nostra spontaneità negli esami di coscienza: «Signore, perdonami... se qualche bene oggi ho compiuto, accettalo, e prima, perdonami il male che ho commesso». La confessione sacramentale è molto diversa dalle confessioni spirituali, perché interviene Gesù Cristo stesso. E allora la purificazione; l'ambizione di non dover fare un giorno il purgatorio; purificazione qua, totale. Vorreste tardare ad arrivare a contemplare questo Dio, dopo che l'anima vostra sarà uscita dal corpo? No, vorrete subito arrivare all'abbraccio con Gesù, eterno amore.
Secondo: l'alimento della nostra vita spirituale è soprattutto il corpo di nostro Signore Gesù Cristo, cioè la sua umanità, il corpo, il sangue e l'anima, e la sua divinità. Quindi fate la comunione frequente. L'anima ha il suo alimento: «il mio corpo è veramente pane, è veramente cibo; il mio sangue è veramente bevanda» (Gv 6,55). Ecco. «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna» (Gv 6,54).
Qualche volta vi sono delle persone che si lasciano vincere un po' dalla pigrizia. Al mattino potrebbero andare alla comunione, scuotere un po' il sonno: non neghiamo al corpo il riposo di cui ha bisogno, ma si vada a riposo la sera per tempo. Oh! partire al mattino ben nutriti con Gesù Cristo. La mia giornata è con Gesù; Lui in me; con Lui c'è il Padre e lo Spirito Santo. «Chi mi ama, ecco, veniamo a lui», dice Gesù: veniamo io, il Padre e lo Spirito Santo. (Cfr. Gv 14,23). E tu sei un tabernacolo che porti Gesù in te stessa nelle varie azioni e occupazioni della giornata: Gesù con te, e tu con Lui. La giornata è passata in serenità, perché si alimenta la fede, la speranza e la carità, che sono le virtù fondamentali.
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Non cerchiamo tante cose accidentali; l'essenziale, quel che costituisce la santità è lì: fede sempre più viva, speranza sempre più ferma, mediante «le opere che io debbo e voglio praticare»; e carità, amore di Dio, amore del prossimo. Lì la sostanza. Le altre cose sono ornamento, ma qui è la sostanza, è il risultato della vita spirituale che è nell'anima.
Quindi, primo mezzo e primo alimento per sviluppare la grazia, la vita spirituale, la vita battesimale, sono i sacramenti.
Secondo mezzo è il merito. Che cosa è il merito? È fare un'opera buona con retta intenzione, quindi indirizzata a Dio, e che può essere anche minima, o può essere un'opera buona più vistosa. Cioè acquistare meriti. Quando l'anima vive in grazia di Dio, ogni opera buona che fa con retta intenzione, le acquista un merito. Cosa vuol dire merito? Meritare è aumento di grazia e di gloria. A quell'opera buona corrisponde il merito di aumento di grazia che è in noi e di gloria eterna per il cielo. Questo è il merito. Come, al contrario, un'anima che fosse in grazia che è in noi e di gloria eterna per il cielo. Questo è il merito. Come, al contrario, un'anima che fosse in grazia e commettesse un peccataccio, meriterebbe l'Inferno. Il merito è il legame fra l'opera e il risultato, ossia le conseguenze. Chi opera il bene merita un aumento di grazia e di gloria; chi commettesse un peccato grave, toglierebbe la vita spirituale da sé, l'anima morirebbe. Si chiama peccato mortale, perché nell'anima muore la vita soprannaturale.
Cos'è merito? Il merito si estende a tutte le ventiquattro ore del giorno, se noi facciamo le opere che dobbiamo fare nelle ventiquattro ore del giorno. Il riposo offerto a Dio è merito; offerto a Dio nella misura giusta. Il cibo, il sollievo preso in adempimento del volere di Dio, nella misura giusta, è un merito offerto al Signore. Non eccedere, ma dare quel che è giusto al corpo e negargli quello che il corpo esige ingiustamente. Ma poi ci sono le occupazioni della giornata. E c'è la Comunione, c'è la, meditazione ci sono le opere del proprio ufficio, del lavoro quotidiano che avete.
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Non sono solo le preghiere, ma c'è anche quello che riguarda la pulizia, il trattare con le persone, il compiere i doveri di famiglia, i doveri sociali. È tutto un ambiente di merito, anche se riposi, e riposi come prendi il cibo: per il servizio di Dio, come ci esprimiamo nella preghiera: «Date, Signore, la vostra santa benedizione... per mantenerci nel vostro servizio». Voi fate bene ad aggiungere spiritualmente: «e mantenerci nell'apostolato», perché il vostro lavoro è duplice: voi fate una vita di santificazione individuale e fate una vita di apostolato, di zelo per le anime. Alla cura della vostra anima aggiungete la cura delle anime a cui potete arrivare e secondo i doveri che avete.
Ecco, ogni azione minima, anche se tu dai un bicchiere di acqua fresca a uno che te lo chiede, quello è il merito. Ma è solo un bicchiere d'acqua! No, è il cuore che conta: l'hai fatto per amor di Dio, per amore del fratello. Alle volte anche la cura che abbiamo di noi stessi, quando non è eccessiva, quando non c'entra l'ambizione, può essere merito.
Ora perché il merito sviluppi maggiormente la vita di grazia e il diritto a una maggior gloria eterna in cielo (tutto sarà premiato di ciò che è buono), ci sono due mezzi, i quali servono ad aumentare i meriti. Il primo è di fare le cose con amore, con intenzione retta. Quando lo si fa proprio per amore di Dio. Quando tratti bene una sorella, un'amica, anche se ripugna di carattere, ma lo fai proprio per amore di Dio, allora ti fai un merito grande, c'è la purezza d'intenzione: solo per il Signore. E quante volte noi dobbiamo cedere: vorrei far questo, ma devo accontentare quello, ma devo rispettare quell'altro, ma devo andare per tempo, ma devo ritardare... Quando ti adatti, ti conformi a ciò che è più utile per il bene del prossimo, per accontentarlo, è più conveniente, è più meritorio davanti a Dio. Retta intenzione: tutto per amor di Dio.
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Anche Maria andava nell'orto a coltivare gli ortaggi, andava a raccogliere la frutta a suo tempo, puliva la casa al mattino, faceva il pane come si usava là, e cioè al mattino macinava con delle pietre un po' di grano, e poi con la farina faceva il pane per la giornata. Maria dava il latte e il panino a Gesù; là c'era una vita ordinaria, ma santissima: tutto fatto per Dio, anche la minima cosa.
Non pensare a tanti sistemi, metodi, spiritualità: la spiritualità è l'amor di Dio. Non discutiamo di tante cose; andiamo alla santità direttamente, che consiste in questa crescita di amor di Dio e quindi di grazia e di gloria in Paradiso. Quanto è stata mal intesa, mal capita santa Gemma Galgani per tanti anni! Poveretta! Ma che gloria! Quanto presto fu canonizzata! Cosa faceva di più? Sapeva scopare, preparava la tavola nella famiglia in cui era ricoverata, perché non stava più nella propria famiglia ed era stata rifiutata dal convento; non l'avevano voluta accettare perché ritenuta non degna. È l'amore di Dio in eterno! Che cosa sono tutte le esteriorità e metodi e speculazioni che vorremmo fare per arrivare a maggior santità? Basta la retta intenzione, agire per amore del Signore.
Poi per aumentare il merito c'è una cosa che forse sembra un po' difficile a capirsi. Cioè, anche solo se tu ti lavi la faccia bene perché devi presentarti a Gesù, e pensi: il mio corpo tra poco sarà la pisside, perché ci metterò Gesù, e allora devo presentarmi a Gesù degnamente, più che in scuola quando vado alle lezioni del professore di università; oppure più che quando vado all'ufficio o altrove. Ecco, considerare il corpo sempre in modo soprannaturale, il corpo che contiene Gesù. La pisside si tiene sempre monda. Allora sia mondo il cuore, mondo il corpo stesso, vergine e semplice. Se c'è bisogno di purificarlo, si purifica.
Ognuna di voi ha già un capitale di grazia, di meriti, perché avete fatto una buona vita. Ci sarà stata un giorno anche qualche debolezza, ma si è rimediato, tanto più in questi giorni. Rimane sempre il capitale di merito che vi è nell'anima vostra, da quando la mammina vi ha detto la prima volta: chiama Maria, da' un bacio a Gesù, guarda il tabernacolo, là c'è Gesù.
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Quest'opera buona che si fa adesso moltiplica i meriti di prima. Facciamo un paragone per capirci: tu avevi cento di grazia e di merito prima, fai un'opera buona che merita due, supponiamo; allora cento moltiplicato due, acquisti duecento; ne fai un' altra, avrai duecento moltiplicato di nuovo per due, quattrocento. Quando c'è un capitale di grazia, si moltiplica, c'è l'operazione matematica. Dobbiamo ricorrere a questi esempi per spiegarci. Se tu invece di cento di grazia, ne avevi centomila, già ti eri fatto molti meriti; adesso fai la medesima opera buona, come spiegare a una sorella, a un' amica, la regola che il professore aveva spiegato in classe, oppure alla conferenza universitaria; se avevi già centomila, adesso fai questa opera buona, moltiplica per due e avrai duecentomila; e se fai un'altra opera buona, duecentomila moltiplicato per due, fa quattrocentomila. Supponiamo invece che un'anima abbia già cento milioni di grazia, di merito, presso Dio. Pensiamo a dei santi, pensiamo, se si vuole, alla più santa, Maria Santissima. Avevi cento milioni; se fai quell'opera buona, dopo avrai duecento milioni; se fai un'altra opera buona avrai quattrocento milioni. È la moltiplicazione del capitale preesistente in un'anima. Quale santità potrete raggiungere!
Oh, se portaste via questi due princìpi dagli esercizi! E cioè, primo: far le cose con retta intenzione, per amor di Dio; secondo: il capitale che già esisteva di grazia in voi, può venire moltiplicato. Non perdiamo tempo: quelle persone che fan sempre lo stesso, senza iniziative, sempre trascinandosi nella loro pietà... Ci vuole la vivacità dello spirito, intraprendenza: quello significa volere, fare. Correggere quella espressione che si sente qualche volta: Tanto, ho sempre gli stessi difetti! Fa' in un altro modo: non più insistere su quei difetti che continui sempre a ripetere tutte le settimane. Prendi la via accanto, non combatterli direttamente: usa l'amor di Dio! Voler moltiplicare i meriti! E questi difetti indirettamente, a poco a poco, si correggeranno, si vinceranno da sé.
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Questo vuol dire: aggirare l'ostacolo. Questa è stata l'astuzia di santa Teresa, ma è l'astuzia di molti santi, perché molti difetti non si riesce a correggerli direttamente; sembrano diventare una montagna. Invece poi si vincono da sé, scompaiono da sé, la montagna sembra che si sia abbassata o che non ci sia più, se si ama il Signore.
Ora la conclusione. Fu domandato al Papa in che cosa consistesse la santità. Benedetto XV allora rispose: la santità non consiste nel far miracoli, o nell'aver visioni, oppure nel parlare lingue ignote, essere lodati, ammirati o per doti esterne o per le virtù particolari, intime; no. La santità consiste solo nella conformità al volere di Dio. È tutto lì: fare quello che vuole il Signore. Ma come si mostra, come capisco io che faccio il volere di Dio? Come me ne rendo conto? E il Papa spiegò che si dimostra nell'esatto e continuo compimento dei doveri del proprio stato.
Questa conformità al volere di Dio la puoi costatare con chiarezza e sicurezza se esattamente e continuamente compi i doveri del tuo stato. Se sei consacrata a Dio, compi i doveri di stato esattamente perfino nel mandare i resoconti; e continuamente, senza saltare i mesi, per fare un esempio. Quello dimostra che fai il tuo dovere di stato; sei consacrata a Dio e vivi la tua povertà, castità e obbedienza. Oh, nell'esatto e continuo compimento dei doveri consiste la santità.
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