Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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36.
L'OBBEDIENZA

Questa mattina dobbiamo trattenerci sopra l'obbedienza. L'obbedienza può essere considerata come virtù, come voto e come spirito di obbedienza. Come virtù: in tutte le cose ci può essere l'obbedienza; come spirito, ancora più ampiamente, perché comprende la docilità; e come voto, invece, essa è un mezzo per acquistare la virtù. Col voto si ha il merito di tutto quel che vien fatto in spirito e in obbedienza. In quanto alla mancanza del voto, poi, è rarissimo che, per l'obbedienza, si manchi, si pecchi.
Bisogna distinguere subito l'obbedienza: a chi? L'obbedienza può essere: obbedienza civile, nel caso di un insegnante che faccia scuola; ci può essere l'obbedienza religiosa, che è quella che riguarda l'Istituto, perché chi fa la Professione è religioso; ci può essere invece, l'obbedienza semplicemente cristiana, che è quella, supponiamo, di un figlio verso i suoi genitori. Può esserci l'obbedienza in tante cose, quindi. Obbedienza al confessore, obbedienza ai genitori, obbedienza ai superiori dell'Azione Cattolica, quando uno ne è membro; obbedienza in un istituto, supponiamo, quando uno è in pensione, o fa parte dell'Istituto; obbedienza alle leggi civili; obbedienza anche alle leggi stradali; obbedienza, poi, negli impieghi; oppure se uno è in una fabbrica, al capo della fabbrica; se uno è in un impiego, al capo ufficio. E così l'obbedienza può essere vastissima, si può dire che abbraccia tutta la vita.
Prima ho parlato dell'obbedienza al confessore. Vi sono dei casi in cui bisogna davvero obbedire, e vi sono molti casi invece in cui è solo un consiglio. Facciamo un esempio. Se il confessore ti dice di fuggire una determinata occasione, causa di peccato, di evitare quella persona, bisogna che tu fugga quell'occasione.
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Allora si è tenuti all'obbedienza. Un altro caso che non vi riguarda, ma serve a spiegare, è questo: Se uno avesse rubato e gli venisse detto di restituire, deve obbedire; se non obbedisce, non è assolto, non è perdonato il suo peccato: «Non remittitur peccatum nisi restituatur ablatum», dice un principio di morale. Poi l'obbedienza al confessore o al direttore spirituale, può estendersi anche, in certi casi almeno quando si tratta di decidere la propria vocazione, quando vien detta una parola che è definitiva. Tuttavia non è proibito, anzi può essere saggio, che una persona ancora titubante, dopo la parola del confessore, del direttore spirituale, voglia consultare un altro sacerdote. L'obbedienza al confessore può anche estendersi di più. Qualche persona è arrivata a fare il voto di obbedienza al confessore. Questo sia rarissimo, perché può implicare questioni e difficoltà, per cui è meglio semplicemente obbedire e non impegnarsi con il voto. Tanto più se uno si impegnasse in una cosa che non è neppure lecita, come quella di fare il voto di non cambiare confessore. Questo non si deve fare.
Obbedienza ai genitori in quello che spetta ad essi. I genitori possono disporre dei loro figlioli; non possono disporre del loro avvenire in generale, ma nelle cose ordinarie, nei lavori di casa e in quello che riguarda il buon andamento familiare. Obbedire ai genitori e ai tutori in mancanza dei genitori. Lo scolaro deve obbedienza alla maestra.
Quando si appartiene all'Azione Cattolica, si deve prendere l'indirizzo che viene dato. O si è membri, oppure non lo si è. Se non ci si sente di assecondare l'indirizzo che viene dato, è meglio dimettersi, altrimenti i superiori non possono disporre, dare ordini, per esempio, per ciò che riguarda l'argomento principale che si deve trattare nell'anno. Tuttavia non si può determinare con facilità fin dove si estende l'obbedienza in tale campo; è sempre assai difficile stabilire dei limiti, dei confini.
Poi l'obbedienza alle autorità civili. Vi sono delle cose in cui bisogna assolutamente obbedire.
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Se vien disposto qualche cosa di ordine pubblico, di vantaggio pubblico, vi entra anche la coscienza. Ad esempio, oggi si parla spesso di leggi stradali, di codice stradale; se si passa sopra con noncuranza a ogni ordine che vien dato, si mette a rischio la propria vita e quella degli altri. E quindi vi sono disposizioni che obbligano in coscienza. Così vi sono disposizioni che riguardano i tributi. La Scrittura dice: «Date a Cesare quel che spetta a Cesare, date a Dio quel che spetta a Dio» (Mt 22,21). A chi si deve dare il tributo, date il tributo. Si potrà dire qualche volta che si sembra esagerati. Vi sono leggi che obbligano in coscienza e altre che non obbligano proprio in coscienza; ma per queste ultime bisogna essere poi disposti a subire la pena, se non si eseguiscono.
Poi l'obbedienza negli uffici, negli impieghi. Siccome si è pagati, si è obbligati a fare, per giustizia, si deve obbedire. E cioè fare quello che è ordinato, occupando il tempo, eseguendo i lavori assegnati, perché si ha una giusta retribuzione.
Quanto poi all'obbedienza religiosa come membri dell'Istituto, che cosa bisogna dire? Tutte le volte che si opera secondo l'Istituto, le Costituzioni, secondo quanto è stabilito nello Statuto, si acquista sempre il merito dell' obbedienza. E quando ci sarebbe peccato a disobbedire? Quando il superiore comandasse in virtù di santa obbedienza, il che è rarissimo. Allora si sarebbe tenuti a obbedire proprio sotto pena di peccato, in forza del voto: negli altri casi la disobbedienza non costituisce peccato contro il voto. Perciò non so quante volte potrebbe accadere che si pecchi contro il voto per aver disobbedito. Noi però non stiamo troppo a distinguere tra voto e virtù, e quindi obbligo stretto e obbligo non stretto; siamo generosi. Il Figlio di Dio si è incarnato, è nato dalla Vergine, «erat subditus illis»: obbediva a Maria, obbediva a Giuseppe, ecco. Obbedì a Maria fino ai trent'anni.
Avviene molte volte nel mondo che i giovani, le giovani, arrivati a una certa età pretendono la piena indipendenza.
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E la virtù? Certo i genitori non possono né opporsi quanto alla vocazione, né imporla. Qui vi è il diritto naturale di ogni figliolo, di ogni figliola, ad essere liberi nella scelta dello stato. Tuttavia occorre prudenza. Se l'opposizione dei genitori fosse decisa, ostinata, si può sempre dire a una figliola: «Parti da casa per seguire la tua strada». Vi sono però le leggi civili, quindi occorre osservare sempre la virtù della prudenza. E aspettare che abbia compiuto i 21 anni, ad esempio.
Quanto invece all'obbedienza in generale, Gesù ha obbedito sempre: «Quae placita sunt ei facio semper», io faccio sempre ciò che piace al Padre celeste (Gv 8,29). Quando però si trattò della sua vocazione, Gesù a dodici anni restò nel Tempio e lasciò che partissero i suoi genitori. Aveva fatto così per obbedienza al Padre. Egli doveva un giorno predicare, Maestro dell'umanità; doveva prima dare un saggio. «Non sapevate che io mi devo occupare delle cose che riguardano il Padre mio?» (Lc 2,49). Essi non capirono.
I genitori molte volte non capiscono. Spesso i genitori sono dei pessimi consiglieri riguardo alla vocazione, com'è scritto nella «Teologia della perfezione». Per dare consiglio bisogna innanzitutto che uno capisca bene la materia in cui consiglia. Ma i genitori capiscono i problemi del matrimonio, non quelli della vocazione religiosa, né del sacerdozio, né dello stato religioso, né degli Istituti Secolari. Quindi non possono consigliarci nel caso che si debba decidere. In secondo luogo per dar consiglio, bisogna essere disinteressati; ma quando è che i genitori sono proprio disinteressati? O per l'ambizione, o per necessità di famiglia, o per il guadagno o altre ragioni, è difficile che siano del tutto disinteressati; bisognerebbe che fossero molto santi. E poi, in terzo luogo, bisogna che amino davvero, che amino soprannaturalmente. E cioè desiderare che il proprio figliolo, la propria figliola, compia il volere di Dio per andare in Paradiso, che faccia ciò che vuol Dio da lei, da lui.
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I genitori dovrebbero cioè guardare prima di tutto al bene spirituale, al bene eterno, soprannaturale, dei propri figli. Non tanto spesso si trovano i genitori così cristiani da ragionare in tale maniera. Allora è necessario che si vada da un consigliere che sappia, che sia disinteressato e che veramente cerchi il bene eterno della persona a cui consiglia una cosa o un'altra, una strada o l'altra.
Gesù obbedì, quando ritornò a Nazaret; aveva già dato un saggio della sua vocazione, e là cresceva in sapienza, in età e grazia. «Erat subditus illis»: obbediva a Maria e a Giuseppe. San Giuseppe fu molte volte maestro di Gesù, nell'insegnargli il lavoro, come piallare, come usare il martello, come segare. Giuseppe invitava Gesù a cominciare la preghiera, ad andare al sabato alla sinagoga, o partire per Gerusalemme per i grandi pellegrinaggi. Giuseppe comandava, Gesù obbediva, ecco. Ma era il Figlio di Dio, non sapeva determinarsi? Oh, sì, che lo sapeva, era di certo infinitamente più sapiente di Giuseppe. Giuseppe poteva molte volte sbagliare anche il comando, ma Gesù obbediva, e obbediva sempre e in tutto, si capisce, meno in quello che fosse stato peccato. Questo però non avveniva, perché Giuseppe comandava con coscienza. Giuseppe si trovò alle volte anche in gravi difficoltà; e tuttavia sempre chinava il capo e rispondeva alle ispirazioni e al volere di Dio, in tutto.
Quando poi a trent'anni venne il momento di esplicare la sua vocazione e di entrare nella vita pubblica, Gesù partì da casa; e nonostante la madre fosse sola, perché san Giuseppe era già passato all'eternità, la lasciò. Allora la madre si mise a seguire Gesù, ad ascoltare la predicazione e a metterla in pratica. Ed era una esemplare uditrice.
Dice uno scrittore che siccome il Vangelo è un Vangelo di perfezione, gli uditori potevano guardare Maria come operava, come ascoltava la parola di Dio e avere un esempio di come la parola di Dio, la parola di Gesù, doveva essere messa in pratica.
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Così nella passione Gesù obbedì e disse: «Sia fatta la tua volontà, non la mia»; morì nel momento preciso che il Padre aveva stabilito.
Anche Maria fu obbediente. Si trovò in un momento difficile. Sì. Ella fu preservata dal peccato originale; avendo acquistato l'uso di ragione molto presto si era già consacrata a Dio, con il voto di castità, di verginità. Ma quando l'Angelo le propose di accettare quel che Dio voleva e cioè che fosse la madre del Salvatore, si trovò in un'incertezza: il voto di verginità e la proposta di diventar la Madre del Salvatore. E allora volle una spiegazione. Dio seppe bene conciliare una cosa con l'altra: Maria sarà vergine e madre insieme. Privilegio unico al mondo: la verginità più perfetta e la maternità più alta. Ma questo è eccezionale, come è eccezionale che uno sia santificato prima della nascita, o che sia preservato dal peccato originale come fu Maria, l'Immacolata.
Come dev'essere l'obbedienza nostra? Sapendo che facendo il voto di obbedienza non fate altro che aumentare i vostri meriti, è tanto facile, non fate altro che i vostri doveri, perché dei comandi in virtù di santa obbedienza forse non ne riceverete mai nessuno. Io ne ho dato uno solo in tanti anni. Oh, allora avete solo da guadagnare, da arricchire; perché se l'obbedienza senza voto è d'argento, la medesima obbedienza col voto diviene oro: ecco la diversità. È sempre obbedienza, ma raccoglie due meriti. Supponete che abbiate presentato il regolamento di vita, ad esempio, con l'orario in cui andate a Messa. Fate un merito perché andate alla Messa, e fate un altro merito perché fate l'obbedienza andando alla Messa alle sette, supponiamo, come avevate proposto e come era stato approvato. Il cristiano semplice fa solo un merito ancorché vada a Messa, magari come una di voi. Sempre per voi importa il doppio merito: è come vivere due volte, guadagnare i meriti doppi; come se invece di dieci anni, uno ne vivesse venti. Dunque, essere santamente industriose, essere come le vergini prudenti: E non si trovi duro il far approvare un orario di vita, perché c'è tutto il vantaggio.
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Del resto ci sono tanti sacerdoti che non sono membri di Istituti Secolari, i quali proprio per guadagnare il doppio merito si sottopongono all'obbedienza volontariamente, facendo approvare il proprio orario e poi facendo approvare le disposizioni che riguardano anche le amministrazioni, al fine di guadagnare dappertutto il doppio merito.
Che grazia aver conosciuto gli Istituti Secolari! È una grazia grande per la vostra vita, unica nella vostra vita. Riconoscenza al Signore. Riconoscenza anche al Papa che ha elevato la vita religiosa a questo punto: vita consacrata anche vivendo la vita in famiglia, fuori della vita comune, in abito ordinario; e moltiplicare i meriti, pure vivendo nella propria famiglia, pur esercitando il vostro apostolato, tutto il vostro apostolato. Appunto perché l'avete detto in questi giorni, l'avete sottoposto all'approvazione, quell'apostolato guadagnerà il doppio merito.
Come dev'essere l'obbedienza? L'obbedienza deve essere interna ed esterna. L'obbedienza interna, cioè con la mente, acconsentire col pensiero, non giudicare, non condannare. «Non giudicate e non sarete giudicati» (Lc 6,37). L'obbedienza semplice, volenterosa, interiore, soprannaturale. E poi obbedienza esterna: mettere l'impegno perché le cose riescano bene. Se una cosa è disposta e la si accetta con buona volontà, ci si mette l'impegno e riuscirà meglio. Le cose fatte solo per timore, o perché si è veduti, o per il pericolo di una osservazione, di una sgridata, guadagnano poco. Ma quando sono obbedienze accettate volentieri, con la sottomissione della volontà e del cuore, e ci si impegna perché le cose riescano bene, allora ad ogni istante aumentiamo i meriti, perché noi operiamo tutto il giorno. Sottoponendo all'approvazione l'orario, allora anche il riposo è fatto in obbedienza, anche il cibo lo si prende in obbedienza. Perciò questo merito si estende a tutto.
Guardare sempre a Gesù obbedientissimo, a Maria obbedientissima, a Giuseppe obbedientissimo, a san Paolo obbedientissimo.
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San Paolo aveva deciso di andare a predicare in Bitinia e aveva fatto molta strada e si era preparato con la preghiera, col sacrificio. Ma lo Spirito di Gesù non lo permise. Obbedienza anche nel lasciare il bene che il Signore non voleva che in quel momento facesse. E allora poi il Signore in premio della sua obbedienza lo avvertì di notte per dirgli dove invece doveva andare. «Oltrepassata la Nisia, scese a Troade. Durante la notte ebbe una visione: gli apparve un Macedone che lo pregava dicendo: Vieni in Macedonia, aiutaci» (At 16,6-9). Allora san Paolo capì bene quale era l'ordine di Dio, lo eseguì e il bene che ne derivò fu grande; molte persone si convertirono per la sua predicazione.
Oh, se avete sempre fatto la volontà divina, ogni vostra opera sarà pagata bene al tribunale di Dio! L'obbedienza sia fatta come dice la preghiera del Padre nostro: «Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra»; che vuol dire: che io faccia la volontà di Dio bene, come la fanno bene gli Angeli del Paradiso, con ogni impegno. Consideriamo che il Signore ha messo questa domanda al centro del Padre nostro, perché l'obbedienza deve essere come il centro, la guida della nostra vita. Persone che giudicano, condannano, si scelgono il loro ufficio, i lavori, i compiti, anche il modo di farli sotto il pretesto di avere una personalità! La personalità nostra, se vogliamo che sia sublime, è il Cristo; personalità in Cristo: prima cristiana, poi religiosa; Gesù Cristo aveva la sua piena personalità, ma sempre ha fatto la volontà del Padre celeste: «Faccio sempre quello che a lui piace» (Gv 8,29). E questa è la più alta personalità: la conformità nostra al volere di Dio, la conformità nostra a Gesù Cristo stesso: «Conformes fieri imaginis Filii sui», dice san Paolo (Rom 8,29).
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