Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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69. «RENDETE A DIO QUELLO CHE È DI DIO»
(Domenica XXII dopo Pentecoste)

Meditazione alla Comunità delle Pie Discepole del Divin Maestro.
Roma, Via A. Severo 56, 7 novembre 19651

Lettura del santo Vangelo secondo Matteo, capo XXII.
I farisei si radunarono e si accordarono per ottenere da Gesù delle dichiarazioni compromettenti. Gli mandarono alcuni discepoli con degli Erodiani a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio con franchezza senza guardare in faccia a nessuno perché non segui l'opinione pubblica. Sentiamo il tuo parere: È lecito o no pagare il tributo a Cesare?». Ma Gesù, conosciuta la loro malizia, disse: «Ipocriti, perché mi tendete un tranello? Mostratemi la moneta che vi serve a pagare le tasse». E gliene presentarono una. «Di chi è questa immagine e l'iscrizione?». Risposero: «Di Cesare». Allora, concluse Gesù: «Date a Cesare quel che è di Cesare e date a Dio quello che è di Dio»2.
Il che significa che abbiamo i nostri doveri umani come membri della società e, d'altra parte, figli di Dio. E quindi si deve dare a Dio quello che è di Dio in quanto siamo suoi figli; e poi quello che è necessario dare, contribuire alla vita sociale, anche quello si deve compiere.
E quello che si deve capire è il dono di noi a Dio. Risulta in modo particolare dalla lettura dell'Epistola di san Paolo ai Filippesi.
Fratelli, sono sicuro che il Signore Gesù continuerà ad agire nelle vostre anime fino al suo ritorno finale. È giusto che io nutra per tutti voi questo sentimento perché porto nel mio cuore voi che partecipate del mio gaudio, e sia in prigionia come nella difesa e propagazione del Vangelo (perché scriveva dal carcere di Roma). Dio può testimoniare che io amo voi tutti con lo stesso cuore di Gesù Cristo. E questo io domando, che la vostra carità sia sempre più intelligente e delicata nella scelta di ciò che egli vuole, così quando ritornerà Gesù Cristo per giudicarci, vi troverà puri e irreprensibili se la vostra vita, per sua grazia, sarà piena di opere buone a gloria e a lode di Dio3.
Quindi, sia il Vangelo e sia l'Epistola, servono a meditare il grande obbligo che noi abbiamo verso Dio, quello che noi dobbiamo dare a Dio; e poi, quello che, siccome si vive in società, si vive nel mondo, bisogna dare al mondo quello che è necessario per la vita sociale, sì. Ora, partendo da questo principio: dare a Dio quel che spetta a Dio e dare a Cesare - cioè alla società, al governo - dare al governo quello che è dovere, è dovere cominciando dal voto che si dà per le elezioni, i contributi economici, ecc.
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Pensando a questo: dare al Signore quel che spetta al Signore. Al Signore spetta tutto. Anche quando facciamo qualche cosa per la vita sociale, dobbiamo farlo in ordine a Dio, sì, sì. Se Gesù ha mandato Pietro a pagare l'imposta e ha voluto che Pietro pagasse per lui e per Gesù stesso1, è così; ma tutto questo è in ordine a Dio. Compiere quel che è il volere di Dio. Oh! Anche quando facciamo qualche cosa in ordine alla vita sociale, sempre però il fine che dobbiamo avere nel fare - come quando si pagano i debiti - ecco: in ordine a Dio; compiere il dovere che riguarda la giustizia verso il prossimo e verso la società. Questo, sempre in ordine a Dio, come merito (...).
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Il dono di noi stessi dev'esser tutto, perché tutto ci ha dato Dio e non dobbiamo fare altro che darlo a Dio. Se abbiam la vita, ce l'ha data il Signore quando ha creato la nostra anima. La nostra nascita. E allora a Dio il nostro essere: tutta la mente dev'essere in ordine a Dio, non di stranezze, pensieri inutili; tutto il nostro cuore in ordine a Dio, non delle cose umane e non convenienti; e così la volontà che dev'esser tutta in Dio. Il Signore ci ha dato la volontà per fare la sua volontà. E ci ha dato la lingua, e bisogna usare la lingua per il Signore, servire il Signore; e ci ha dato gli occhi perché ce ne serviamo per il Signore, per le cose che dobbiamo fare; e così l'udito, e così il gusto, e così l'odorato, e così il tatto. Proprio l'essere nostro che ci ha dato il Signore. Poi noi l'abbiamo consacrato, questo essere, anima e corpo: nel battesimo, fatti cristiani. E allora, i compiti della vita cristiana perché abbiamo, per mezzo dei padrini, fatto i propositi di vivere secondo la fede, secondo i comandamenti di Dio e secondo il Vangelo.
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E poi nella vita religiosa, quando ci siamo consacrati; perché tutto dobbiamo esser consacrati, la natura e la vita di grazia, [vita] spirituale. Ma poi abbiamo voluto fare il dono più solenne, particolare, per non servire niente al mondo e alla carne e ai nostri gusti e alla nostra volontà. Tutto dev'essere [donato] a Dio. Se il Signore ci concede il riposo e il nutrimento e il sollievo e tutto quel che abbiamo, anche quello va fatto, ordinato a Dio; tutto, in maniera che noi viviamo veramente, allora, come è vissuto Gesù Cristo. Tutto ha fatto quel che ha voluto il Padre; e tutto quel che dobbiamo fare noi, in ordine e quel che vuole il Padre. E quindi ci siamo impegnati a dare tutto il nostro essere a Dio, darlo in una maniera più perfetta che non la vita cristiana. Quindi, non amore e preoccupazioni terrene, ma direttamente servire il Signore; non attraverso persone, come deve fare il figlio verso il padre, come il marito verso la moglie, la moglie verso il marito. Sono passaggi attraverso le creature per andare a Dio. Ma noi dobbiamo fare il dono perfetto, diretto al Signore. Quindi, e per la natura, la nascita; e per il battesimo, fatti cristiani; e per la Professione, donato tutto l'essere a Dio; bisogna viverlo e viverlo nell'osservanza dei santi voti per potere avere la libertà di trattare con Dio; e non delle cose umane, inutili. Ma tutto l'essere [a Dio].
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Il Decreto della vita religiosa è stato solennemente approvato e, fra tutti i Decreti, quello che è stato più accordato è stato proprio quello. Su 2325 votanti, solo quattro hanno avuto obiezioni: non placet, su 2325; tutti 2321, accordo.
Oh! Quanto ai voti, c'era una tendenza, da qualche tempo, ad allargare. E quel che riguarda il voto di osservare la povertà, e una larghezza! E poi la pigrizia. E bisogna lavorare per entrare nel voto della povertà. Secondo, quello che riguarda la castità, e si era così allargato... Perché? Perché non c'era più il senso della castità: tutto vedere, tutto sentire e leggere; affezioni sentimentali tra le religiose stesse o altre sentimentalità. Qualche volta si va proprio al di là della misura. E poi l'obbedienza. L'obbedienza del Vangelo, quella che ha praticato Gesù Cristo fino alla morte di croce1. Questa obbedienza. "E ci aggiustiamo, guardiamo di fare il bene". E si guarda il bene; il bene è quello che dispone la Congregazione; quello che si è fatto, l'impegno col voto: vivere secondo le Costituzioni. E quindi l'obbedienza è riportata al suo posto. E questo che adesso si adatta al voto bisognerà meditarlo in particolare, sui punti che riguardano i voti e la vita comune.
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E poi c'è un numero apposito: fare le opere dell'Istituto. E le opere dell'Istituto per voi è l'Adorazione eucaristica, e quello che riguarda il servizio liturgico, il servizio sacerdotale. Le opere. E non si pensi che si debba aggiornare quello che... e da noi non è d'aggiornarsi perché siamo già aggiornati; oggi siamo nati, oggi. E certo vi sono altri Istituti i quali hanno bisogno di aggiornarsi. Vi erano i religiosi militari per difendere il santo sepolcro a Gerusalemme, la liberazione dai Maomettani, ecc. Ma oggi i religiosi militari devono cambiare ufficio, cambiare ministero, apostolato. Per noi tutto è già a posto.
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Oh! Allora, bisogna che diamo tutto al Signore, non soltanto come uomini, come, cioè, creature o come cristiani, ma come religiosi. È il "totale" che si deve dare a Dio. Quante vie inutili, chiacchiere inutili, pensieri vani, occuparsi di tante cose, relazioni, ecc. Concentrarsi tutto. Che non ci sia un filo che non sia dato a Dio. Che sia tutto dato a Dio, tutto dato a Dio; cioè tutto il nostro essere, il corpo; e tutto il nostro essere, l'anima. E anima e corpo uniti formano la persona, la persona che è totalmente donata a Dio. Sentirsi veramente di Dio, ed essere; questo è una grazia, perché poi, se noi manteniamo quello che abbiamo promesso coi santi voti, allora non c'è altro che andare in paradiso, perché niente è di noi stessi o del mondo. Siamo totalmente di Dio. E se questo fosse perfetto, questo dono, perfetto, e l'uso perfetto di tutto, corpo e anima, i sensi e le facoltà interiori, la volontà, la mente, il cuore, allora non c'è più niente da purificare. È tutto già di Dio.
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Ma, e quando facciamo delle cose che non sono secondo la donazione che abbiamo fatto a Dio, allora sicuro che ci vuole ancora il purgatorio, perché non si è purgati ancora. E se invece tutto, veramente, l'essere è di Dio, allora non c'è più bisogno di purgarsi perché ci siamo già purgati qua: purgata la lingua, purgato il cuore, i sentimenti, la volontà; che vuol dire che siamo realmente, totalmente di Dio. Andiamo a dirlo a Gesù: son tutto tuo. Ma che siamo veramente, totalmente, noi, come dono a Dio. È stata una grande grazia avere la vocazione, e quanto più di felicità eterna, di gloria, nell'ingresso in cielo.
Date a Dio quel che è di Dio e date alla Congregazione quello che si deve dare alla Congregazione, e si dia alla società in cui viviamo, quello che è dovere di dare. Che si comprenda bene la vita religiosa. Fanno la Professione, alle volte, non [con] tutta conoscenza e coscienza; ma l'avevano in principio. Ma poi dopo conservarla e perfezionarla (...). Sì, date a Dio quel che è di Dio.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro 132/a (= cassetta 199/b). Voce incisa: "Domenica XXII dopo Pentecoste: meditazione del PM". Per la datazione, cf PM: «Il Decreto della vita religiosa è stato approvato». - dAS 7 novembre 1965 (domenica): «Celebra [il PM] verso le 5 e tiene la meditazione alle PD".

2 Mt 22,15-21.

3 Cf Fil 1,6-11.

1 Cf Mt 17,24-27.

1 Cf Fil 2,8.