Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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26. ABITARE CON LO SPIRITO IN CIELO
(Ascensione del Signore)

Meditazione alla Comunità delle Pie Discepole del Divin Maestro.
Roma, Via A. Severo 56, 27 maggio 19651

Dopo la morte di Gesù Cristo in croce, dopo la risurrezione di Gesù Cristo da morte, ora l'Ascensione di Gesù Cristo al cielo. E così la nostra vita: primo, morire; poi saremo risuscitati, alla fine del mondo; e poi saliremo con Gesù in cielo. Così da Gesù Cristo è completata la redenzione, e così viene applicata a noi la redenzione.
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Ora siamo all'Ascensione. Dopo che Gesù Cristo era ancora rimasto in mezzo agli Apostoli, comparendo frequentemente a loro e ad altri per confermare la sua risurrezione, ecco si arriva al momento in cui Gesù lascia gli Apostoli e sale al cielo. Nelle sue apparizioni Gesù aveva parlato con loro del regno di Dio e di quello che gli Apostoli dovevano fare, e cioè, andare nel mondo intiero a predicare1. E poi Gesù Cristo diede il potere, a Pietro, di governare tutta la Chiesa: «Pasci i miei agnelli e pasci le mie pecorelle»2.
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Ora i nostri pensieri devono essere rivolti al cielo. La vita di Gesù Cristo è stata poco di più di 33 anni; la vita nostra può essere brevissima e può essere un po' più prolungata. Bambini battezzati e subito, o prima dell'uso di ragione, morti e passati subito all'eterna felicità; e poi la vita nostra può essere più lunga. E deve essere una prova, e nel corso della prova, questo: fede e speranza e carità. Le altre virtù cardinali, religiose, morali, queste altre virtù, dipendono dalla fede, speranza e carità. Se abbiamo una grande fede, avremo una visione più profonda di Dio in cielo; e se noi seguiamo Gesù nei suoi esempi e appoggiandoci ai suoi meriti, speranza, allora il possesso di Dio; e se poi noi abbiamo, sulla terra, amato il Signore e il prossimo, le anime, ecco allora, il gaudio eterno. Ma il gaudio eterno è in proporzione della visione di Dio. E quanto sarà profonda la visione di Dio, quanto conosceremo allora di Dio? In misura che è stata la nostra fede sulla terra. Alla fede corrisponde la visione di Dio; alla speranza corrisponde il possesso di Dio; e all'amore di Dio e all'amore al prossimo, il gaudio di Dio. Là non vi sarà più né la fede né la speranza, ma ci sarà la carità eterna e questa carità rende il gaudio all'anima in proporzione in cui l'anima ebbe la profondità della visione di Dio e il possesso di Dio. Quindi noi dobbiamo curarci di queste tre virtù teologali (si chiamano teologali, cioè riguardano Dio).
Dopo vi è quella in mezzo, la virtù della religione; tra le virtù teologali e le virtù cardinali, sta la virtù della religione, che abbraccia tutti i cristiani. Ma nel senso nostro, come consacrati a Dio, questa virtù della religione è molto più approfondita che non la semplice virtù religiosa del semplice cristiano.
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E in che cosa consiste la vita religiosa? E ho sentito anche degli errori, a questo riguardo. Hanno detto. "La vita religiosa è la vita di carità, carità sempre più perfetta". Ma la vita religiosa, nella sua essenza, è la consacrazione a Dio fatta nella Professione; consacrazione: rimettendo a Dio i beni, e quindi, la povertà; e i piaceri della terra, e quindi, rinunzia alla carne; e alla nostra volontà, con l'obbedienza. E si arriva alla perfezione mediante l'osservanza di questi tre voti, se sono veramente osservati. Allora la carità, l'unione con Dio è più perfetta. Siamo in tempi in cui ci sono tante cose che vengono fuori da persone che non hanno del tutto penetrato quello che è la teologia e il Vangelo. Quindi stiamo sempre legati bene e dipendenti dalla Chiesa, dal Vangelo.
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Oh! an Luca ha scritto il suo Vangelo. Egli era medico di san Paolo. San Luca non aveva conosciuto Gesù, per quanto sappiamo. Ma san Luca, sentendo la predicazione degli Apostoli, e sentendo san Paolo e gli altri Apostoli, allora descrisse la vita di Gesù Cristo secondo il terzo Vangelo, secundum Lucam. Ma dopo che ha scritto il Vangelo, ecco san Luca comincia gli Atti degli Apostoli dicendo: «Nel primo libro parlai (il primo libro è il Vangelo), o Teofilo...». Lui si rivolge a chi? [A] Teofilo. Non si sa bene se sia il nome proprio o se sia chiamato così il cristiano. Teofilo vuol dire l'"amatore di Dio".
«Nel primo libro parlai, o Teofilo, di tutto quello che Gesù fece ed insegnò, fino al giorno in cui ascese al cielo, dopo aver dato, per mezzo dello Spirito Santo, i suoi ordini agli Apostoli che aveva eletti»1.
E anche allora gli Apostoli non avevano ancora capito bene la loro missione e quindi pensavano ancora ad un mondo umano, cioè a un governo umano. Ma Gesù di nuovo li rimise:
«Non sta a voi sapere i tempi e i momenti che il Padre si è riservati in suo potere. Con la venuta dello Spirito Santo riceverete tale potenza da essermi testimoni, non solo in Gerusalemme, ma nella Giudea, nella Samaria e fino all'estremità della terra. Detto questo, mentre essi lo guardavano, si levò in alto, finché una nube lo tolse ai loro occhi. Mentre saliva al cielo seguito dai loro sguardi, due personaggi in bianche vesti, si presentarono loro dicendo: Uomini di Galilea, perché fissate con meraviglia il cielo? Questo Gesù che, tolto a voi, è asceso al cielo, ritornerà nel mondo nel modo in cui è salito al cielo»2. Cioè quando verrà a giudicare i vivi e i morti tutti insieme, tutta l'umanità. Questo è il fatto narrato dagli Atti degli Apostoli.
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Ma il Vangelo è ricavato da san Marco1, e cioè, quando Gesù apparve ai discepoli, e come Gesù diede l'ordine di predicare, e poi gli Apostoli andarono a predicare nel mondo intiero, dividendosi il mondo. E Gesù confermava con i miracoli la loro predicazione.
In quel tempo: Gesù apparve agli Undici mentre erano a tavola e li rimproverò della loro incredulità e durezza di cuore per non aver creduto a quelli che l'avevano visto risuscitato.
Bisogna che noi riconosciamo questo: Gesù appariva, Gesù si mostrava che era veramente risorto e ancora non credevano. Ma anche noi non abbiamo molta fede. E abbiamo già ricevuto, nel battesimo, la fede, ma non abbiamo molto cresciuto, non sempre cresciuto nella nostra fede. E, prima, istruirsi, ma poi piegare la nostra testa: "Io credo in Dio Padre, ecc.".
Allora Gesù disse loro: «Andate per tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato, sarà salvo; chi poi non avrà creduto, sarà condannato. Questi i miracoli che accompagneranno coloro che avranno creduto: in nome mio scacceranno i demoni, parleranno nuove lingue, maneggeranno i serpenti e, se avran bevuto qualche veleno, non farà loro male; imporranno le mani agli infermi ed essi guariranno». E il Signore Gesù, dopo aver loro parlato, ascese al cielo e siede alla destra di Dio. E quelli - cioè gli Apostoli - andarono a predicare da per tutto, con la cooperazione del Signore, il quale confermava le loro parole con molti miracoli.
E Gesù ha assicurato che avranno miracoli per confermare la predicazione: «se avranno bevuto qualche veleno non farà loro male». E così la vipera ha morso, morsicato san Paolo e non ebbe alcun male, nessuna conseguenza2; «se avran bevuto qualche veleno...», per ricordare uno dei fatti.
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Oh, allora adesso noi ricordiamo bene questo, ciò che c'è nell'Oremus, e cioè, credere all'Ascensione di Gesù Cristo, che è lassù in cielo, siede alla destra del Padre, mentre che noi ci rallegriamo che Gesù arriva alla sua gloria, alla destra del Padre (...). L'Oremus dice: «di vivere, noi, sempre con la mente in cielo», cioè ricordare continuamente il cielo. Il pensiero del cielo ci deve incoraggiare sempre, e tutto quello che facciamo lo facciamo per arrivare in cielo, e vogliamo fare la vita buona per avere la vita eterna felice. Noi siamo ancor tanto umani e tante volte consideriamo cose con ragionamenti umani. Ma noi bisogna sempre che consideriamo che tutto quel che ci accade attorno, e in noi, tutto: per essere occasione di meriti, e santificare tutto, le 24 ore della giornata, nella maniera che è possibile. Allora vivere col cuore in cielo: «di vivere sempre con la mente in cielo», dice l'Oremus. Ci dobbiamo umiliare che siamo tanto facili a guardar solamente quel che è sulla terra, e consideriamo alle volte tutte le cose sotto un aspetto umano o deficiente; ma se noi abbiamo vera fede dobbiamo ricordare la risurrezione della carne e la vita eterna.
Noi, pensiamo spesso al paradiso? Noi ci facciamo coraggio nelle varie difficoltà o mali, o fatiche, o mortificazioni, o generosità nel corrispondere alle grazie? E la nostra consacrazione della mente, della volontà, del cuore? Ecco, sempre che sia dominante il pensiero del paradiso.
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La vita religiosa è una purificazione continua: il distacco dalle cose della terra, la mortificazione della carne e l'ossequio della nostra volontà a Dio in maniera che tutto noi facciamo secondo Dio, il suo volere. Allora c'è già la purificazione. E non solo ci distacchiamo dalle cose umane, ma ci attacchiamo alle cose di Dio: «Voi che avete lasciato tutto e mi avete seguito, riceverete il centuplo»1. Cioè la vostra vita sarà arricchita di molte grazie, e poi il paradiso.
Allora, che ci spiritualizziamo, in due modi: purificazione di quel che è male (...) e, nello stesso tempo, spiritualizzazione, cioè, santificazione. C'è sempre da combattere per distaccarci da tutte quelle che sono le cose della terra, anche dalla volontà, e dalle soddisfazioni umane. Purificazione. Tutta la vita religiosa è una purificazione da una parte, e dall'altra parte, è la santificazione più alta, il possesso di Dio. Diventiamo ricchi perché abbiamo Dio. Quell'anima che si lamentava che era tanto misera, scoraggiata, e Gesù rispose: "Ma, quando possiedi me, possiedi tutto". Ma si vorrebbe allora, da qualcheduno, che fosse già felice sulla terra. Oh! E come si vorrebbe essere già felici? «Chi vuol venire dietro di me, rinneghi se stesso e prenda la croce e mi segua»2. E si segua Gesù fin sul calvario, fino al momento in cui: inclinato capite, emisit spiritum3. E poi lo si segue, Gesù, in cielo. Lui è alla destra del Padre e gli eletti tutti attorno alla Santissima Trinità, a Gesù Cristo glorioso, vincitore della morte. Egli ha portato a noi la vita.
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Quindi adesso, il pensiero della giornata: guardare il cielo. Gli Apostoli videro Gesù salire e stavano lì come stupiti e incerti e anche addolorati, che guardavano ancora il cielo di dove Gesù è scomparso avvolto dalla nube. Che guardiamo, sì, il cielo! Allora gli Apostoli non avevano ancora la conoscenza di tutto e non avevano ancor quella fede. Ma adesso noi... «Che cosa state a guardare in alto?» - dissero i due angeli agli Apostoli -. «Ritornerà». E Gesù ritornerà a premiare chi l'avrà seguito. E quanto più lo imitiamo, tanto più noi ci avviciniamo a lui in cielo, perché la gloria è proporzionata a quello che noi sulla terra seguiamo e imitiamo Gesù. Qui c'è da fare meditazione, da fare i propositi.
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E benediciamo il Signore che ci ha dato la vocazione coi voti, con la consacrazione a Dio e con l'impegno della santificazione. Spiritualizzarsi. Non guardiamo nessuno dei beni sulla terra, e guardiamo invece il bene infinito che è Dio, il cielo. Perciò l'Oremus oggi: stiamo col pensiero vivendo con la mente in cielo. Che siamo tanto fragili a dimenticare le cose spirituali!
Che il Signore ci dia la grazia di illuminazione. Ma che noi ci sforziamo anche di pensare di più al cielo, al premio, al gaudio eterno.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro 127/a (= cassetta 182/a). Voce incisa: "Domenica dell'Ascensione: meditazione del PM". In PM, nessun accenno cronologico. - dAS, 27 maggio 1965: «m.s. Celebra [il PM] verso le ore 5,15» (cf dAS in c9).

1 Cf Mt 28,19.

2 Cf Gv 21,15.16.17.

1 Cf At 1,1-2.

2 Cf At 1,7-11.

1 Mc 16,14-20.

2 Cf At 28,3-5.

1 Mt 19,19 e par.

2 Mt 16,24 e par.

3 Gv 19,30.