Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

Effettua una ricerca

Ricerca Avanzata

25. «VA' PRIMA A RICONCILIARTI CON IL TUO FRATELLO»
(Domenica V dopo Pentecoste)

Meditazione alla Comunità delle Pie Discepole del Divin Maestro.
Roma, Via A. Severo 56, 21 giugno 19641

In questa domenica, secondo lo spirito della Epistola e secondo il Vangelo, chiediamo al Signore la vera carità verso il prossimo.
Dice il Vangelo - è ancora dal discorso della montagna, di Gesù, capitolo V, san Matteo -:
Se la vostra coscienza non sarà più delicata di quella degli Scribi e dei Farisei, non entrerete nel regno dei cieli. Udiste come fu detto agli antichi: Non uccidere, e chiungue avrà ucciso sarà condannato in giudizio; ma io vi dico: chiunque si adira col suo fratello sarà condannato in giudizio. E colui che insulta il suo fratello sarà condannato in Sinedrio. Chi gli avrà detto: pazzo, sarà condannato al fuoco dell'inferno. Se tu dunque stai per fare la tua offerta all'altare ed ivi ricordi che il tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia la tua offerta dinanzi all'altare e va' prima a riconciliarti col tuo fratello, poi ritorna a fare la tua offerta2.
Abbiamo da chiedere al Signore la grazia di praticare il V comandamento, il quale si esprime così: «Non uccidere». E l'uccidere è poi l'estremo; ma prima dell'uccidere, generalmente, c'è l'odio, l'invidia, la vendetta, le ire, le risse, la mutilazione, il danneggiar la salute, l'esporsi al pericolo di morte, il desiderar la morte, gli stravizi, le ubriacatezze, ecc.; tutte queste cose devono essere evitate.
Ma Gesù insiste sull'intimo, e cioè, non soltanto una manifestazione esteriore, ma che anche l'intimo nostro dev'esser conforme a carità: carità di pensieri: pensare in bene; carità di parole: parlare in bene; carità di cuore: desiderare il bene e pregare per tutti. Il bene. E carità di opere nell'esterno. Quindi una carità completa. E anche se qualcheduno ci avesse offeso: «Rimetti, Signore, a noi i nostri peccati, i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori»3, cioè quelli che hanno offeso noi.
205
Quindi, se vogliamo un completo perdono dei nostri peccati e l'assoluzione anche del purgatorio meritato, ecco anche noi non dobbiamo avere alcun pensiero contro il prossimo, tanto meno lo spirito di vendetta, tanto meno l'invidia, e tanto meno le manifestazioni esterne; e sono conseguenze, esplicazioni esterne: il mancare di rispetto, il negare i segni comuni di bontà, i segni comuni di salutare, di rispondere bene. E così, tutto quello che dimostra che vogliamo bene, farlo con spirito soprannaturale, per vari motivi, perché ciò che facciamo al prossimo è fatto a Gesù Cristo stesso. E: «Quello che avrete fatto o negato al fratello, quello che avete fatto contro il fratello, che avete negato al fratello, l'avete fatto contro di me»1, dirà al giudizio universale.
Il giudizio universale è specialmente per la carità e per le relazioni con gli uomini, come sarebbe stata la nostra vita in riguardo al prossimo nella società, nella convivenza. Anche nella vita religiosa, certe preferenze, certe dimostrazioni di rancori, e allora come facciamo a ottenere il perdono pieno dei nostri debiti se noi conserviamo dei rancori o dei pensieri contrari? "Ma colui è cattivo". Non sappiamo noi se sia cattivo dentro o no, in ogni modo c'è sempre l'immagine di Dio: «Facciamo l'uomo ad immagine e somiglianza nostra»2, ha detto Dio creandoci, creando l'uomo.
206
Ma quello che subito non capiamo, così, a prima vista, è quello che chiude il Vangelo: «Se tu stai per far la tua offerta all'altare (e quando portavano le offerte all'altare, gli Ebrei portavano i raccolti, un po' del loro raccolto, le decime che offrivano all'altare, cioè al Signore) e lì, mentre che stai per far la tua offerta, ti ricordi che il tuo fratello ha qualche cosa contro di te...». Cioè che tu hai fatto qualche torto: «contro di te», quindi lui è dispiaciuto del maltrattamento e quindi il prossimo è disgustato. Cosa bisogna dire? «Lascia la tua offerta dinanzi all'altare (supponiamo il grano, le olive, le altre offerte che servivano all'altare e al mantenimento del culto e dei sacerdoti), deponi lì, la offerta, dinanzi all'altare e va' prima a riconciliarti col tuo fratello». Cioè mostra benevolenza, domandagli perdono se lo hai offeso, poi ritorna a fare la tua offerta. Questo ci sembrerebbe, a prima vista, un poco quasi forte, quasi esagerato. Tutt'altro che esagerato! Il Signore vuole che, in primo luogo, amiamo il fratello, amiamo coloro che abbiamo, forse, offeso e che domandiamo scusa e che ci mettiamo in regola col fratello. Il Signore vuol prima che abbiamo rispetto al fratello, prima di dargli l'offerta a lui; prima l'amore al fratello che l'amore a lui stesso, perché non si può amare Dio quando non si ama l'immagine di Dio che è il prossimo. E perciò, nell'Atto di carità, in primo luogo, dobbiamo sempre ricordare che: amore al fratello e, quindi, dall'amore al fratello [si] passa all'amore a Dio. E se non amiamo colui che conosciamo e che vediamo, come possiamo amare Iddio che non si vede?1. Amando il fratello, usando carità al fratello abbiamo il segno che amiamo Dio. Perché se anche ci avesse offeso lui, se anche noi fossimo stati offesi, perdonare come vogliamo esser perdonati da Dio. E prima, che noi facciam l'atto di carità, poi (...). Dio ci perdona i nostri debiti: «Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori»2. Vade prius reconciliari fratri tuo3. Prima. Si direbbe che il Signore, in primo luogo: dobbiamo amare il prossimo perché è l'immagine di Dio. È davvero così. Quello, l'insegnamento del Vangelo, la conclusione del Vangelo. E come si può dire l'Atto di carità: «Vi amo con tutto il cuore sopra ogni cosa, voi bene infinito, eterna felicità - se non c'è insieme - e per amor vostro amo il prossimo [mio] come me stesso»? Non si amano i peccati del fratello, ma si ama l'immagine di Dio, se anche fossimo stati noi odiati, offesi.
207
E perciò la carità interiore, in primo luogo, come spiega bene il Vangelo. Primo luogo, di pensieri, la carità: pensare in bene, giudicare in bene, interpretare in bene e poi pensare soprannaturalmente il fratello. Gesù Cristo morì sulla croce per i peccatori, cioè per quelli che avevano offeso Dio, offeso lui, Gesù Cristo, quegli stessi che han gridato crucifigatur1 e quegli stessi che lo hanno inchiodato: «Padre, perdona loro perché non sanno quel che si facciano»2. E noi quando facciamo dei peccati interni non sappiamo ciò che ci facciamo, altrimenti non offenderemmo Dio, né il prossimo.
Questo interiore! Perché, quando c'è il pensare in bene è l'inizio della carità, l'inizio, perché si procede sempre dai pensieri, in primo luogo, sia nella carità e sia nell'offesa della carità. Quindi la cura della carità interiore.
E secondo, la carità del cuore, e cioè, il desiderio di bene. E non portare offese al prossimo: l'ira, l'invidia, il dispetto, la malevolenza, ma il desiderio del bene, della salvezza di tutti, il desiderio che tutti siano santi, il desiderio che tutti amino il Signore, che lodino il Signore. E pensare a tutti quelli che si trovano fuori strada, anche quelli che son contro Dio e negano Dio, magari. Pregare per tutti, desiderare il bene a tutti, a tutti. Cuore largo! Quando si fa la comunione, portare nel nostro cuore i bisogni di tutti gli uomini e specialmente degli uomini con cui abbiam già più relazioni, tanto più con quelli dell'Istituto, sì. E la Messa viene offerta sempre per tutti: pro nostra et totius mundi salute3: per la nostra salvezza e per la salvezza di tutti. Pro mundi salute. Quindi un cuore largo, come Gesù Cristo ha offerto la sua vita, è morto sulla croce per tutti. Noi dobbiamo avere il cuore di Gesù e il desiderio che tutti raggiungano la grazia, che vivano in grazia e che raggiungano il paradiso.
Perciò è vero che la carità poi si mostra nelle opere e nelle parole, ma l'attenzione, in primo luogo, va sopra l'interiore, cioè i pensieri, i desideri, i sentimenti interiori nostri. Che abbiamo un cuore come il cuore di Gesù! E non sarà gradita l'offerta al Signore, la preghiera, se prima non perdoniamo a chi ci ha dispiaciuto.
Oh, e poi che ci raggiungiamo tutti in paradiso in felicità, a cantare eternamente le lodi di Dio, la sua gloria (...).
208
Un buon esame di coscienza qui sopra giova molto. Ma più che vogliamo troppo indagare se c'è stato del male, sforzarsi di mettere il bene, cioè, la carità. Facendo atti di carità verso Dio e verso il prossimo, ecco, ci allontaniamo dal peccato, dal peccato contro la carità, e quando, invece, pratichiam la carità, ecco, se ci pentiamo del male fatto, la nostra carità sarà positiva, pratica, interiore.
Il V comandamento chiude qui, ordina di aver cura della salute e voler bene a tutti, il perdonare anche ai nemici e di riparare il male corporale e spirituale fatto al prossimo. Se avessimo offeso, riparare il male, specialmente se ci fossero stati cattivi esempi che avessero portato scandalo agli altri.
Che arriviamo al giudizio di Dio già purificati, sì, in maniera tale che il nostro interno e il nostro esterno siano conformati alla carità di Gesù. Basta pensare al Vangelo: come Gesù, nel suo ministero, per la salvezza di tutti; e come perdonava ai suoi avversari; e faceva del bene a tutti, anche a quelli che erano suoi avversari, pregando, egli, per chi l'aveva crocifisso1 e che aveva gridato: crucifige2. E noi rispondiamo in carità: Signore, salva, salva tutti. Che tutti amiamo e che ci amiamo in Dio, per Dio, in Gesù Cristo, come egli ama.
La comunione sia ben preparata in carità verso Dio, verso il prossimo, l'interno particolarmente. La carità.
Sia lodato Gesù Cristo.
209

1 Nastro 120/a (= cassetta 159/b.2). Per la datazione, in PM nessun accenno. Una voce incisa dice: «Domenica V dopo Pentecoste. Meditazione del PM». - dAS, 21/6/1964 (domenica): «Celebra [il PM] verso le ore 5: tiene meditazione alle PD e dopo va all'Istituto Regina Apostolorum (cf nostra nota in c215).

2 Mt 5,20-24.

3 Mt 6,12.

1 Cf Mt 25,45.

2 Cf Gn 1,26.

1 Cf 1Gv 4,20.

2 Mt 6,12.

3 Mt 5,24.

1 Mt 27,23.

2 Lc 23,34.

3 Missale Romanum, Ordo Missae, Offerimus tibi...

1 Cf Lc 23,34.

2 Gv 19,15.