Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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XIV
ATTENDE TIBI1

Questa mattina siete già state in chiesa più a lungo, allora la meditazione sarà breve.
Una cosa sola da dire: «Attende tibi». Domandare la grazia di badare a noi stessi, di riflettere su noi stessi, il che significa: conoscere noi negli esami di coscienza. Significa applicarsi ai nostri doveri con diligenza. Significa non stare a vedere quello che succede, chi fa più bene, chi fa meno bene, ma vedere di fare bene noi. Significa poi questo: concentrarsi e vigilare sulla nostra vita interna, sui pensieri, sui sentimenti, su quello che facciamo, su quello che diciamo, su quello che non diciamo. «Attende tibi et lectioni; hoc enim faciens, et teipsum salvum facies et eos qui te audiunt»2. Sono le parole con cui S. Paolo ammoniva il suo discepolo Timoteo: Bada a te stesso. Age quod agis3. Ecco, questo attendere a noi stessi è di prima e fondamentale importanza. Perché ci siamo fatti religiosi? Per farci santi, non per vedere che cosa fanno gli altri, ma per guadagnare noi, per noi un bel paradiso. Significa questo: che il pensare e riflettere sugli altri è una grande perdita di tempo. Si capisce, quando una non ha l’incarico, perché se fosse superiora, guardare le sorelle è cosa doverosa, non è perdere tempo, è attendere al suo ufficio. Ma se non abbiamo incarico di altri, allora attendiamo a noi stessi, badiamo a noi stessi. E anche se una persona, una superiora, ad esempio, avesse l’incarico, come lo ha, di guardare le altre, le altre sono quel piccolo gruppo di persone che stanno con lei, non le altre case, non gli affari degli altri, non se fanno bene o non fanno bene.
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Fare bene le nostre cose. Le nostre cose! Quando compariremo davanti al tribunale di Dio, il Signore ci chiederà conto di noi e delle nostre cose, non ci chiederà conto di quello che avranno fatto le sorelle. Quando compariranno le sorelle, giudicherà le sorelle. «Qui iudicat me, Dominus est: Chi mi giudica è il Signore»4.
Avete anche un po’ l’abitudine di chiamarvi consorelle e invece siete sorelle. Consorelle sono quelle delle Compagnie delle Umiliate5, le iscritte all’Unione di S. Anna. Chiamatevi sorelle tra di voi. I secolari stessi vi chiamano sorelle, invece di consorelle. Consorelle vorrebbe dire simili alle suore, sono le altre; invece voi siete suore, non simili alle suore.
«Attende tibi» in primo luogo che cosa significa? Significa avere veramente l’impegno di santificarci e di corrispondere a tutta la nostra vocazione, di perfezionarci ogni giorno, di compiere il nostro apostolato con impegno, di vivere la vita interiore in pienezza. Qualcuna può arrivare fino a questo punto: in chiesa mettersi in un luogo da poter osservare tutto quello che capita e fanno le sorelle. Mi piace poco quello stare in fondo se si fa con questa intenzione. A volte si fa con tutt’altro spirito: spirito di umiltà, come il pubblicano che si è messo al fondo del tempio, perché non osava avvicinarsi di più all’altare e così, col capo chino, si picchiava il petto: «Signore, siate misericordioso con me che sono peccatore»6. Allora va bene, non è vero? Non era per guardare gli altri che faceva questo il pubblicano, ma per domandare, più umiliato, il perdono dei suoi peccati.
Vi sono suore che pensano a se stesse, riflettono sui pensieri che hanno, sulle fantasie e sui sentimenti che hanno nell’interno, sulle tendenze, sui movimenti, i desideri e riflettono sopra le cose che fanno. Si impegnano a dire bene le preghiere, si impegnano a far bene la meditazione, a far bene la Comunione, a entrare in intimità con Gesù nella Visita. E se nella giornata fanno qualche cosa sono attente che niente sfugga che sia imperfetto, che sia di disgusto a Dio, ma compiono il loro
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apostolato con diligenza. Vedete che tanto riflettono e badano a quel che fanno, che la loro vita è un cammino, è un progresso, è una benedizione continua che ricevono da Dio. L’anima loro è in comunicazione con Dio. Non dico che non abbiano mai distrazioni, questo non è possibile, ma abitualmente e per quanto possono, tendono ad entrare in comunicazione con Dio, sentire Gesù vicino, sentire Maria vicino e lavorare quindi con Gesù, con la sua grazia, con la sua benedizione e lavorare per far piacere a Gesù. Sentono Maria e vogliono che ogni istante sia per guadagnare una gemma nuova per la corona del paradiso. Ecco, badano a se stesse.
Le notizie che non le riguardano, non le interessano. Se c’è una cosa che le tenga lontano da Dio, che le distragga, non la vogliono. La lettura è riservata a quelle cose che fanno loro del bene e poco s’intrigano degli affari degli altri, perché hanno abbastanza da fare per se stesse. E tutti ne abbiamo da fare abbastanza per noi stessi e non esauriamo mai il nostro compito, il nostro lavoro spirituale, mai. Quando c’è superficialità, quando non si bada più a noi stessi, la vita interiore se ne va: si è vuoti, si giudica, si critica, si rilevano i difetti e si fa quindi una vita vuota. Le altre si arricchiscono di meriti e queste giudicano e sono povere e misere e non lo sanno, non riflettono. «Attende tibi: Guarda te stesso». Questo detto di S. Paolo corrisponde in gran parte al detto dei pagani: Age quod agis: Bada a quello che fai. Bada a quello che fai, vuol dire: Ti sei fatta religiosa? Fa’ la buona religiosa, se no potresti fare la buona secolare, avere altri pensieri, altri fastidi e compiere una qualche missione nella vita. Bada a quel che fai: come fai durante la levata, come fai durante la meditazione. Bada a quel che fai! Come fai durante l’apostolato. Bada a quel che fai: Age quod agis.
Vi sono persone che vivono nel passato con il pensiero, in quel che è successo, in quel che hanno veduto. Oppure vivono nell’avvenire: Chissà? E progettano e pensano. Santificare il momento presente che è l’unica cosa che abbiamo. Questo avere sempre pena del passato o sempre riflettere al passato, è perdita di tempo. Vi sono queste ragioni e ve ne sono altre. Ma vedete, è molto utile che un confessore dica: Qui basta per il
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passato, altrimenti è tutto tempo perduto. Se adesso, invece di stare attente vi metteste a fregarvi gli occhi, gioverebbe? Dopo bruciano. Quel riflettere sempre sul passato è così: fregarsi gli occhi.
Pensare al presente, santificare il presente. Ho fatto stampare un libro di trenta meditazioni sul pensare al presente. Allora non vivere nel futuro o nel passato. Vanno a studiare passato e futuro. Qui: far bene quello che si ha da fare, studiare, studiare adesso. Così in tutta la giornata. Bada a quello che dici; bada a come è il tuo comportamento: Age quod agis. Anche a tavola comportarsi bene; a letto star bene, come si deve. Nelle ricreazioni: Age quod agis. Ricreazione vera, lieta, serena, è tempo di far questo!
Se si è in una casa, non si pensi all’altra. Ma là c’è stato, ma là ci sarà, in quella stavo meglio, in questa sto peggio. Fai bene qui dove sei; bada a quello che adesso è il tuo dovere. Ma prima ero al cinema, adesso sono in libreria, ora sono in cucina, ora faccio gli abiti in sartoria. È tutto buono, è tutto santo. Bada a quel che fai, perché se no, cosa fai in sartoria? Forse sprechi nel tagliare la stoffa oppure cuci a rovescio. Che cosa capita? Bada a quel che fai. Anche nella salute bada a quel che fai, perché abbiamo un certo dovere per la salute. Sicuro, è vero. Se bisogna tener bene da conto le scarpe, non bisogna tener più da conto i piedi? Il Signore dice che il corpo vale più del vestito. Se si deve tener conto, supponiamo, dell’abito, non si deve tener più conto dell’occhio? Quindi si deve tener più conto del corpo che del vestito e dell’abitazione, e si deve tener più conto dell’anima che non del corpo. Tutto è proporzionato. Proporzionato!
Ora questo narrare cose strane è un male che nelle comunità fa tanti danni: questo guardare cos’è disposto, perché, com’è andato, forse quella ha fatto relazione, forse ha ingrandito, ha esagerato, quella lì era attaccata all’altra... Vedete, è tempo perduto. Tempo perduto!
Amare il Signore, volergli bene, badare a noi, fare dei meriti, essere prudenti, perché tutto il tempo che si sottrae a noi per badare alle cose che non ci spettano, è tempo perduto e qualche volta è tempo peccaminoso. Peccaminoso!
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Nelle comunità vi è questo grande pericolo. Un grande pericolo è, mentre si convive con tanti, voler osservare quello che fanno gli altri. Se guardiamo chi fa più bene per imitarlo, è altra cosa. Allora è badare a noi stessi, perché si vuole fare bene. Si vuole fare bene! I danni sono proprio questi: in primo luogo si perde la vita interiore; in secondo luogo sovente si giudica con giudizi pericolosi, magari temerari; in terzo luogo viene ad essere superficiale tutto il lavoro che si fa: la preghiera, l’apostolato, l’ufficio che si ha. In qualunque ufficio, in qualunque apostolato ci si può far santi. Non si dica che non posso farmi santa. In qualunque ufficio ci si può far santi.
Lettere che sono piene di rilievi contro gli altri. Ma nella Scrittura c’è che chi è buono giudica se stesso e in primo luogo rimprovera se stesso. Rilievi sugli altri, magari critiche e brontolii: perché questo, perché quello… e non si accorgono che sono loro che mettono il disordine, perché, con quelle parole e con quei sentimenti che nascono nel cuore, si finisce con l’essere tutti scoraggiati, tutti che vedono male e tutti che perdono i meriti.
«Attende tibi» e S. Paolo aggiunge: «et lectioni», che vuol dire: riflettere, leggere, istruirvi per progredire. Facendo così, ti salvi, dice S. Paolo al suo discepolo, salvi te stesso! La suora che attende a se stessa si fa santa. «Et alios salvos facies: e salvi anche gli altri», perché fai bene anche l’apostolato. La tua preghiera diviene un apostolato di preghiera; la tua vita interiore apostolato della vita interiore; la tua vita diviene apostolato di buon esempio; e l’apostolato delle edizioni diviene un apostolato in favore delle anime, in maniera che la persona si fa santa et alios salvos facies e fa salvi, cioè salva anche gli altri. Innumerevoli i vantaggi di questo.
Perché questa mattina ho detto in breve e in modo disordinato questo? Vorrei che la giornata fosse impiegata in questo: Io bado proprio a me stessa? Tutte le preghiere indirizzate a questo, i riflessi e poi gli esami indirizzati a questo: Non perdo molto tempo io? Esaminarsi, riflettendo su altre cose che non mi spettano: Non è questa la causa per cui tante volte sono distratta nella preghiera? Con il badare agli altri, con il parlare degli altri, non scoraggio, non giudico male, non faccio dei
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peccati, non porto il disordine? Si era tanti radunati insieme e qualcuno chiacchierava un po’ sotto voce, ma chiacchierava ed allora tutti ad alzarsi: Ssss! Fate silenzio! E hanno fatto più rumore di quello che facevano gli altri. Ecco, con il rilevare certi difetti si guasta di più di quel che si aggiusta. Poi quella è una mania, è una smania e una cosa che finisce con l’incarnarsi: non si vede più il difetto, non si pensa a noi e si perdono i meriti. E chi ha più difetti guarda di più gli altri. Allora la giornata sia impiegata in questo.
Sono certo che se fate frutto di queste poche parole, raddoppiate in generale i meriti. Raddoppiate in generale i meriti, perché si perde proprio tempo in cose che non ci spettano, cose che riguardano la vita secolare, cose che riguardano le altre, cose che riguardano i superiori, cose che riguardano gli inferiori. Guardiamo noi stessi! Gelose!
C’è poca acqua. E rubinetto aperto di qua, acqua buttata via di là. Abbiamo la vita corta e ci occupiamo tanto di quello che non riguarda la salvezza, i meriti, la santità? Quanto spreco di tempo, spreco di intelligenza, spreco di sentimenti, spreco di parole, spreco di opere e tante volte insieme anche cattivo esempio! Stamattina ho raccomandato tanto al Signore che vi dia questa grazia! Quanto spira forte questo vento! Quante volte spira un certo vento in una casa, in un’altra, che non ha ragione di esistere! E si vedono tante cose e a forza di dirle, di ripeterle, si vedono tutte le cose con quel colore. Forse perché c’è invidia, forse perché non si è buoni a farsi santi e si pensa agli altri che non lo sono, forse per scusare i nostri difetti: ne hanno anche gli altri. Come va questo? Allora è un abbassamento di calore spirituale. E allora è un togliere la pace prima all’anima, che così si distrae, e poi la pace attorno, nella casa. Badare a noi stessi! Fare bene per noi stessi! Gesù vi benedica tanto, tanto in questo.
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1 Predica tenuta a Roma il 14 marzo 1956. Trascrizione da registrazione su nastro magnetico: A6/an 25a = ac 44a.

2 Cf 1Tm 4,16: «Vigila su te stesso e sul tuo insegnamento: così facendo salverai te stesso e coloro che ti ascoltano».

3 “Fa’ bene ciò che stai facendo”. Espressione proverbiale latina.

4 Cf 1Cor 4,4.

5 Confraternita chiamata “Compagnia delle donne”, dette anche delle Umiliate che si diffuse nel basso Piemonte durante il periodo medievale.

6 Cf Lc 18,13.