Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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23. FESTA DI PASQUA1

La Chiesa quest’oggi, piena di letizia, è andata a incontrare il suo sposo Gesù Cristo risorto dal sepolcro, e lo ha accompagnato nel suo trionfo. Ugualmente questa mattina il primo canto che è risuonato nella Chiesa è stato il Regina coeli, laetare, alleluia, cioè la Chiesa intende che ci rallegriamo con Maria per la risurrezione del Figlio, dopo aver compassionato il giovedì e venerdì santo lei, fatta martire, anzi Regina dei martiri, lei che aveva ricevuto morto fra le sue braccia il suo Figlio diletto.
Il tempo pasquale è un tempo di particolari grazie e fra queste [chiedere] particolarmente la fede. Il giorno di Pasqua è il giorno che si può chiamare della fede, perché con la sua risurrezione nostro Signore Gesù Cristo ha dimostrato la verità che aveva predicato, cioè che veniva da Dio e aveva compiuto bene il suo ufficio: «Ego ad hoc veni in mundum, ut testimonium perhibeam veritati: Io sono venuto nel mondo per rendere testimonianza alla verità»2. Tempo di fede! E dalla fede deve scaturire ogni altra virtù, tutte quante le virtù cristiane. Se crediamo che veniamo da Dio, se crediamo che siamo indirizzati a Dio, se crediamo che la via è Gesù Cristo, non rimane alcun dubbio. Prendere questo Maestro per guida, accompagnarci a lui appoggiandoci alla sua grazia, e camminare decisamente per la strada che egli ha tenuto per arrivare alla città beata, dove è giunto Gesù Cristo trionfatore, e dove è giunta pure la sua santissima Madre.
Questa fede deve portarci a una riflessione molto profonda: donarci a Gesù, donare a lui tutto il nostro essere. Ecco, noi dobbiamo diventare sua proprietà, dobbiamo diventare appartenenza di Gesù Cristo. Così, le nostre facoltà, i nostri sensi interni ed esterni, siano come un mezzo, uno strumento con
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cui Gesù Cristo, nostro capo, opera in noi sue membra. Così che la mente pensi come pensa Gesù Cristo o che Gesù Cristo pensi in noi; così che il nostro cuore ami ciò che ama Gesù Cristo o che Gesù Cristo ami con il nostro cuore; e la nostra volontà voglia quello che vuole Gesù Cristo o che Gesù Cristo voglia in noi il bene, la virtù, la giustizia, la carità. E così i nostri occhi siano appartenenza di Gesù Cristo e siano adoperati come da Gesù Cristo, in ciò che Gesù Cristo vuole che li adoperiamo. E così, il nostro udito, sia l’udito di Gesù Cristo, consacrato a lui.
Mediante la sua morte, Gesù Cristo ci ha acquistato una vita nuova: egli vive in noi quando noi siamo in grazia di Dio. Questa vita sulla terra rimane nascosta in noi, ma si manifesta poi esteriormente con le opere. Poiché secondo la convinzione di S. Paolo, si opera secondo i principi della fede e secondo l’abbondanza del nostro cuore: diciamo agli altri quello che sentiamo.
Appartenere a Gesù Cristo. Gesù vuole regnare in noi, regnare in tutto il nostro essere, riempire di lui tutte le nostre facoltà. Regnare: per questo egli deve conquistare a poco a poco tutte le nostre facoltà, le nostre potenze, i nostri sensi, come si conquista un regno. Dobbiamo assoggettarci a lui. Ed egli conquisterà noi, come i soldati in guerra conquistano nella città casa per casa, città per città, provincia per provincia, fino a conquistare le ultime posizioni del nostro essere: queste sono le passioni. Là deve arrivare Gesù.
Essere di Dio: questo è per tutti i cristiani, ma per chi si è consacrato a lui, questo si ha da realizzare immensamente, in modo più perfetto. Quando si è nello stato di aspirante ci si prepara ad appartenere a Gesù Cristo poi, a poco a poco si deve permettere che Gesù Cristo domini la nostra anima, domini tutto il nostro essere.
Che nella nostra casa non si offenda Gesù. Gesù non è inperoso nel suo tabernacolo. Maria non sta inoperosa su questo trono di grazia, qui nella città della Regina3. Già ho cominciato
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a ricevere lettere con questa firma e con questa intestazione. Che qui regni la fede, che qui tutti si sia figli di Dio vivi, non morti. Non sia un camposanto questo, dove magari gli uomini sembrano vivi e invece sono morti, perché non hanno la grazia di Dio, non possiedono la vita eterna. Vivi quindi, tutti ai sacramenti. Qui si viva la vita cristiana, la vita cristiana nelle famiglie e negli individui. Il regno di Maria è il regno di Gesù Cristo, poiché Maria sempre ci porta a Gesù. Ma deve essere un regno di fede, di amore, un regno di grazia. Coloro che frequentano il Santuario si impegnino a pregare perché tutt’attorno vi sia il regno di Maria, il regno di Gesù Cristo, che tutti vivano in grazia di Dio e conducano una vita cristiana.
Il tempo pasquale è anche il tempo per rimettersi in grazia, se non si è già conquistato questo stato con la Confessione e la Comunione. Chi ha già fatto questo si faccia apostolo nelle famiglie, perché non si lasci passare inutilmente questo tempo di grazia di Dio. Preghiamo come apostoli.
Ora poi è da ricordarsi che a cominciare da domenica prossima alle ore 6 di sera, in santuario ci sarà la Messa vespertina per chi è impossibilitato di venire alla Messa al mattino. Se si può venire al mattino è meglio. In ogni modo alla sera si potrà sentire la parola di Dio, ascoltare la Messa e ricevere i Sacramenti. Approfittare di questa nuova grazia4. Fare passare la voce nelle famiglie, poiché: «Unicuique mandavit Deus de proximo suo: Il Signore ha comandato a tutti di avere cura delle anime del prossimo»5, amarle anzi, e volere la loro salvezza, come amiamo noi stessi e come noi stessi ci vogliamo salvare.
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1 Predica tenuta a [Roma] il 1° aprile 1956. Dattiloscritto, carta vergata, fogli 3 (22x28). Ci sono varie correzioni a mano. Il titolo e il luogo sono aggiunti a mano.

2 Cf Gv 18,37.

3 Per Don Alberione il complesso degli edifici comunitari e di apostolato che circondano il Santuario della Regina degli Apostoli costituiscono una vera e propria città di Maria. Nel pensiero del Fondatore questo modello poteva essere riprodotto anche in altre fondazioni all’estero.

4 Pio XII con due decreti, la costituzione Christus Dominus del 6 gennaio 1953 e il motu proprio Sacram Comunionem del 19 marzo 1957, introduce la celebrazione della Messa vespertina prefestiva per soddisfare il precetto festivo.

5 Cf Sir 17,12: «…e diede a ciascuno precetti verso il prossimo».