Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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15. SANTIFICAZIONE DELLA VOLONTÀ1

La maggiore nostra tranquillità, la maggiore nostra fortuna e la gioia della terra è questa: essere abbandonati a Dio, lasciandoci guidare da lui. Solo allora sappiamo che operiamo con sicurezza e facciamo ciò che è meglio per noi. «Se un cieco guida un altro cieco, dice il Vangelo, cadranno entrambi nella fossa»2. Se un uomo guida un altro uomo ed è illuminato e dice bene molte cose, quanto più se è Dio che ci conduce, come Padre amantissimo, sapientissimo, onnipotente, la nostra sicurezza di essere ben guidati è molto superiore. Anzi è una sicurezza che non può avere esitazioni. Allora, abbandoniamoci nelle mani di Dio: Tu solus Dominus! Confidiamo! Io sto solo al tuo comando, alla tua volontà, a quello che disponi per me ogni momento. Nell’interno e nell’esterno, nelle cose facili e nelle difficili, nelle cose dello spirito e in quelle di apostolato: abbandono in Dio.
Questo viene dopo lo stato di minor perfezione, che pure è uno stato che ci porta finalmente a questo abbandono sereno in Dio: la santificazione della volontà. Stabilire la nostra volontà in Gesù Cristo significa abbracciare i suoi comandamenti, i consigli evangelici. E, per chi tende alla perfezione, abbracciare la volontà di Dio come si manifesta nelle disposizioni che sono date e negli avvenimenti che succedono. Stabilire la nostra volontà in Dio: osservare i comandamenti, che abbiamo imparato da giovani e che hanno una parte negativa e una positiva.
Il primo comandamento ordina la preghiera e il culto a Dio e proibisce la superstizione e i falsi culti. Proibisce di credere a certe visioni o avvenimenti che si dicono straordinari e vieta
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anche di correre dietro a queste cose che possono avere un carattere straordinario. È vero che lo straordinario può manifestarsi, abbiamo ben avuto dello straordinario a Lourdes3, dello straordinario a Fatima4, a Paray le Monial nel paese di S. Margherita Alacoque5. Ma in questi casi il Signore si manifesta senza lasciare incertezze. Le cose, se devono essere credute, devono manifestarsi con fatti chiari e al Signore non mancano le vie per farlo, il Signore è onnipotente. Invece ciò che può riguardare un’anima in particolare [è rivelazione privata e] non tocca gli altri. Potrà servire a quell’anima, ma anche in questi casi l’anima se la vedrà fra lei e il confessore. Però il segno esterno chiaro che si tratta di una speciale manifestazione di Dio è sempre quello di essere umili, obbedientissimi, attaccatissimi alla vita comune, ai doveri quotidiani, ai superiori, e nello stesso tempo alla pietà, cercando di nascondere quello che può essere manifestazione di Dio.
Ecco il primo comandamento che ordina in primo luogo il culto esterno e il culto interno a Dio, e vieta ciò che non è vero culto, ciò che non onora Dio. E quanti culti strani troviamo viaggiando nel mondo, persone che pregano e, in buona fede, soffrono pene, fanno penitenze. Preghiamo che discenda su di loro la luce di Dio e che la luce della rivelazione arrivi a tutte le terre.
Il secondo comandamento proibisce la bestemmia e il nominare il nome di Dio invano, e nella parte positiva comanda di osservare i voti e il rispetto al nome di Dio. Su questo comandamento vorrei rilevare soltanto una piccola cosa: vi sono persone che hanno facilità a intromettere nei loro discorsi, nelle loro esclamazioni il nome di Dio, il nome di Maria, il nome di Gesù. Questa abitudine bisogna toglierla. Si adopera
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qualche volta, anche fuori posto, la parola Deo gratias, invece di grazie, intendendo ringraziare non Dio, ma la persona che ci ha fatto un beneficio, un favore; in questo caso bisogna dire grazie e non Deo gratias. Allora diamo il senso giusto all’espressione.
Quanto all’obbligo dei voti, ognuno di noi lo sa. Il voto ci ha messo in uno stato più elevato, per cui è avvenuto un grande cambiamento: non si è solamente cristiani, ma religiosi. Come il cristiano praticando bene le virtù del cristiano è perfetto, così il religioso è perfetto quando pratica bene le virtù religiose. Tutte le sue opere sono di religioso, e quindi guadagna più e nuovi meriti. Vi sono piante che danno un frutto che potrebbe piacere, ma vi sono altre piante che danno frutti più belli, più preziosi, di maggior valore. Ecco raffigurato lo stato del cristiano, ma nella vita religiosa vi sono frutti migliori: «Tu insertus es in bonam olivam cum olivastrum esset»6 dice S. Paolo. Prendiamo qui il paragone: Tu eri come una oliva selvatica, ma sei stata innestata con una oliva santa, buona, migliore, ed ecco che fai frutti migliori. È solo un paragone, ma in ogni modo indica che il cristiano può fare dei buoni frutti, ma il religioso fa frutti migliori ed è perfetto quando è perfetto nell’obbedienza, nella vita comune, nella povertà, nel suo apostolato.
Il terzo comandamento è la santificazione della festa: certamente si ascolta la Messa e si fanno preghiere particolari alla domenica. Ricordiamoci però anche delle opere di carità, non solo di pietà. La domenica è per riposarsi, non per stancarsi, quindi lo sforzo di partecipare alla domenica a un divertimento troppo lungo può stancare lo spirito e non essere più preparati alla preghiera. Essere moderati, il riposo è obbligatorio, ma anche le opere di carità: alla domenica essere più buoni! Il sabato è il giorno di Maria e come Maria ci ha portato Gesù, così il sabato ci porta la domenica che è il dies Domini: in quel giorno più bontà, più carità, più pazienza, più serenità, più letizia.
Il quarto comandamento ci porta veramente nello spirito cristiano dell’obbedienza, sebbene il comandamento sia stato
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dato al popolo ebreo prima dell’obbligo cristiano. Obbedire, piegare la testa, obbedire con le opere, con i giudizi interiori, obbedire amando coloro che sono messi da Dio a compiere l’ufficio di disporre e pregare con loro, perché siano illuminati e possano scegliere bene. Poi portare loro rispetto e soprattutto collaborare: cooperare con i superiori. Bisognerebbe maledire le mormorazioni, è tutto un parlare che distacca dai superiori. Questo è il segno che noi stiamo con Dio: siamo con i superiori che ce lo rappresentano. Alle volte ciò che viene disposto non è il più facile secondo il nostro sentire. Cooperare parlando in bene, incoraggiando tutti a prendere bene le disposizioni e aiutare anche perché le disposizioni siano eseguite bene, con sapienza e secondo il fine per cui furono date. Anzi, facilitare il compito a coloro che devono guidarci, mettendoli a conoscenza di quello che è loro utile. Non già facendo le spie, che questo è un mestiere pessimo da condannarsi in ogni luogo e specialmente nelle comunità: no! Portare invece ai superiori le notizie che sono utili per un loro miglior governo vuol dire contribuire al bene di tutta la comunità; non si tratta allora di colpire una persona, ma dire: in generale c’è bisogno di maggiore pietà, che si faccia meglio la meditazione, senza dire la persona che non la fa bene o che si assenta.
Il quinto comandamento dispone che viviamo in carità, e condanna tutto quello che è contrario alla carità o all’interno o all’esterno. Se ci vogliamo bene è segno che stiamo veramente vicini a Gesù, sappiamo di essere al sicuro, perché amiamo i fratelli. Dice S. Giovanni: amiamo Dio amando il prossimo7. Poi togliere ogni cosa contraria alla carità, nelle parole e nel comportamento. Vi sono alcune che si fanno idolo di loro stesse e vedono solo se stesse: tutto deve servire al loro amor proprio, non vedono le altre persone, purché siano soddisfatte loro, soddisfatte nel loro ufficio; che tutti portino loro stima e magari tutti servano loro in qualche maniera. Si fanno un piccolo nido nella comunità stessa, non vivono la Congregazione, non la sentono, non pregano per essa. Amare, sentire la Congregazione per intero: nelle persone che ha, nel governo
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che ha, nelle Costituzioni che ha, nei bisogni che hanno le persone che sono vicine, nelle persone che lottano, desiderare le vocazioni e contribuire alla loro formazione nella miglior maniera possibile, fosse anche con la pazienza e la preghiera. Sentirsi familiari di Dio. Non egoismo o amicizia in un piccolo cerchio di persone, sentirsi membri della famiglia di Dio che è la Congregazione in cui ciascuno si trova.
Il sesto comandamento possiamo dire che è la base della virtù della castità, infatti con il voto di castità noi ci obblighiamo a evitare ogni peccato interno o esterno contrario alla bella virtù. Tuttavia occorre dire che si devono temere più i peccati commessi da soli che quelli che risultano all’esterno. Custodire i sensi: la vista, l’udito, il gusto, la lingua, il tatto e anche l’odorato. Custodire poi i sensi interni: l’immaginazione, la memoria, la fantasia. E poi vigilare molto sopra le antipatie e il farsi un circolo oppure chiudersi in confidenze eccessive con qualche persona determinata. Vi è quindi da vigilare e da notare ciò che ho sentito quando ero ancora ragazzo: Benedetti gli ospedali! Ma quante volte bisogna dire che per il frutto morale non sono da benedirsi, almeno quelli civili. Volevo solamente far notare una piccola cosa per ciò che riguarda le suore e i religiosi in generale, quando sono infermi e non sono affetti da malattie gravi o da malattie dolorose. Allora vi è pericolo. Occorre quindi essere riservati da soli e con le sorelle. Vigilanza: «Vigilate et orate»8 dice il Maestro divino.
Vi è poi il settimo comandamento: non rubare che è il fondamento del voto di povertà in quanto il comandamento si riferisce al cristiano e il voto al religioso, alla religiosa. Il voto è il mezzo per praticare la povertà più perfetta. È un mezzo, ma la virtù ha maggiore estensione. La virtù ci impone di occupare bene il tempo, mentre questo non è compreso nel voto. La virtù ci impone di distaccare il cuore dalle cose della terra, poiché la povertà si potrebbe anche osservare esteriormente, ma avere interiormente un attaccamento, che può essere minimo, ma intanto tiene legato il cuore e gli impedisce di amare il Signore interamente, cioè con tutto il cuore e sopra ogni cosa.
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Avere il cuore interamente in Dio è cosa altissima e richiede molta preghiera.
Vi è poi il comandamento che dice: Non dire falsa testimonianza, non dire bugie. Qui testimonianza sembra che si rivolga specialmente nel parlare agli altri, ma si rivolge e si applica pure ad atteggiamenti che si possono avere, atteggiamenti esteriori che non rispondono a quelli interiori. Un atteggiamento di umiltà, ma che è superbia fine in quanto si vorrebbe essere stimati umili; si può avere un cuore duro e insensibile al male degli altri, mentre si è gentili, affettuosi, e si ha bel garbo. E invece ci può essere chi ha un cuore tutto carità, tutto bontà, tutto premura per chi soffre spiritualmente, psicologicamente o fisicamente.
Gli altri due comandamenti ci ordinano la santificazione dei pensieri e dei sentimenti interni, dei desideri: ciò che non è possibile avere, non è lecito neppure desiderare. Dunque l’osservanza dei santi comandamenti, che sarebbe la prima parte, mentre tramandiamo le altre due parti alla successiva meditazione. Intanto l’esame di coscienza, e sempre in primo luogo sui comandamenti e sui propositi fatti negli ultimi Esercizi.
Come avvertenza conclusiva: non scrupoli perché lo scrupolo è una malattia psicologica e possiamo dire psicologica-spirituale, è un errore, ma essere delicate sì: non scrupoli, ma delicatezza. È sempre difficile stare nella via giusta, ma quando si prega, il Signore può permetterci lunghe prove anche interne, e alfine tutto si schiarirà.
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1 Predica tenuta ad Albano, 19 febbraio 1956. Dattiloscritto, carta vergata, fogli 4 (22x28). A mano è aggiunto un altro titolo: “Santificazione e osservanza dei comandamenti”. Sr. Epifania Maraga ha notato: “Attenzione, c’è solo questa copia”. Esiste un dattiloscritto successivo dove vengono omessi alcuni particolari per rendere il pensiero più scorrevole. Le curatrici ritengono come originale il primo dattiloscritto.

2 Cf Mt 15,14.

3 Apparizioni di Maria SS.ma Immacolata avvenute a Lourdes nella grotta di Massabielle (Francia) tra l’11 febbraio e il 16 luglio 1858 a S. Bernadette Soubirous (1844-1879), contadina quattordicenne del luogo.

4 Apparizioni della Madonna, nostra Signora di Fatima, avvenute a Cova da Iria, frazione di Fatima (Portogallo), tra il 13 maggio e il 13 ottobre 1917 ai tre pastorelli: Francisco (1908-1918) e Giacinta Marto (1910-1920) e Lucia dos Santos (1907-2005). Francisco e Giacinta sono stati beatificati il 13 maggio 2000.

5 Margherita Maria Alacoque (1647-1690) monaca della Visitazione di Paray le Monial, mistica francese, grande apostola della devozione al Sacro Cuore di Gesù.

6 Cf Rm 11,24: «Dall’olivo selvatico, che era secondo la tua natura… sei stato innestato su un olivo buono».

7 Cf 1Gv 4,21.

8 Cf Mc 14,38: «Vegliate e pregate».