Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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2. OBBLIGO DI TENDERE ALLA PERFEZIONE1

È cosa molto buona tenere questo corso di Esercizi spirituali in principio dell’anno. Sempre noi abbiamo da considerare il principio della filosofia: Finis primum in intentione, ultimum in executione2. Il fine è la prima cosa che dobbiamo avere in mente quando noi ci proponiamo di fare un viaggio. Dove vado? Se usciamo di casa e ci mettiamo per strada, per poco di saggezza che abbiamo, noi sappiamo dove vogliamo andare; per esempio in una chiesa, per esempio in una città e allora prendiamo la strada che ci conduce a quella chiesa, a quella città, a quel posto dove vogliamo arrivare. Ecco, la nostra vita è un periodo di tempo che il Signore ci lascia per guadagnare il paradiso. Questo periodo di vita che ci dà il Signore può essere in bene o in male. E quanti hanno faticato, lavorato, sudato, quanti hanno cercato di accumulare ricchezze, soddisfare i loro capricci, salire agli onori e, dopo aver condotto una vita tormentata, piena di illusioni, si trovano a finire nell’inferno; e quanti, invece, avendo sempre di mira il paradiso hanno lavorato costantemente per il cielo. La persona, la suora che si è consacrata a Dio ha scelto questa parte migliore, la via stretta ma che conduce a salvezza, anzi alla santità, cioè ad una gloria, la più grande, la più alta. Altri invece prendono la via più larga, più comoda e mettono a serio pericolo la loro salvezza eterna. La via più comoda mette capo all’eterna dannazione,
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porta ad una morte tormentata e ad un giudizio di cui non sempre si sa prevedere l’esito e coloro che si sono dannati, che stanno là soffrendo nelle eterne pene è perché non hanno tenuto la strada che conduce al paradiso. Ecco.
Stasera fissar l’idea giusta, bene. Gesù il Maestro divino cosa fece? «Proposito sibi gaudio sustinuit crucem»3. Gesù si propose di arrivare a quell’eterna gloria che lo attendeva in cielo. Egli siede alla destra del Padre, egli ha portato la nostra carne in cielo poiché è risuscitato e salì al paradiso. Quale gloria! «Dedit illi nomen quod est supra omne nomen»4: il Padre celeste gli diede un nome, un potere, una gloria che è sopra tutti i santi, affinché nel suo nome s’inginocchino e tutti lo adorino, quanti sono nel mondo, quelli [che sono stati] creati e tutte le creature. Lo stesso farà la religiosa: si è proposta di conseguire il paradiso. La religiosa è la persona più sapiente, più saggia se ha scelto proprio la sua via con coscienza, dopo molto pregare, dopo molto riflettere, dopo essersi consigliata, ha scelto la via che sicuramente conduce al cielo. Veramente di lei si può dire: «Optimam partem elegit sibi Maria: Maria ha scelto la parte migliore, quae non auferetur ab ea in aeternum»5. Ha scelto Gesù e, se questa scelta si mantiene, se noi sempre in pratica teniamo per noi questo tesoro, Gesù, ecco, noi saremo sempre con Gesù. «Non auferetur ab eo in aeternum», Gesù non ci sarà tolto. Ora lo abbiamo nell’Eucaristia velato, ma un momento, voglio dire fra poco tempo, lo contempleremo svelato, lo vedremo faccia a faccia, sicut est, in cielo.
Quindi la suora ha scelto la parte migliore, la via che mette capo al paradiso. È una via che porta con sé molti sacrifici, certo, ma per me sono persuaso che non sono ancora così gravi, come i sacrifici di tante madri di famiglia, di tanta gente la quale vive stentando e in questo mondo tanto tribolato. Ecco! E tuttavia la vita religiosa ha i suoi sacrifici.
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Se noi avessimo due vie davanti, e una si presentasse un po’ brutta, forse con molti sassi, forse con molte buche, ma non tarderebbe poi a cambiare, cioè la nostra via finirebbe in una via asfaltata, cioè sicura, larga. E ci fosse davanti a noi un altro tratto di strada molto buono, molto adatto, che si percorrerebbe velocemente ma dopo fosse seguito da un tratto lunghissimo di strada sassosa, pericolosa, ecc., quale sceglierei? Un tratto di strada brutto ma che finisce presto in una strada bella, larga, spaziosa, oppure l’altra che si presenta bella in principio, ma poi conduce su una strada cattiva, una strada che conduce al male, al precipizio, al sicuro pericolo di morte? La saggezza umana qual è? Ecco: scegliere la via che è stretta, che è sassosa, magari in salita. La strada bella che poi seguirà indica il paradiso eterno, sì, il paradiso eterno. E la strada, invece, che ci appare larga, spaziosa, comoda e che poi finisce in una strada pericolosa e che conduce a morte, a precipizio, indica la vita comoda che poi finisce nell’ultima perdizione. Siamo saggi? Siete state sagge nella scelta, molto sagge. Tu hai scelto la parte migliore. Sta’ stretta a questa parte migliore, non perderti d’animo, non scoraggiarti. Presto arriverà il gaudio eterno, quella vita che non finisce più, quella vita gioiosa, quell’eternità felice che è la felicità che gode Iddio. «Intra in gaudium domini tui»6.
Ecco, se noi abbiamo otto giorni per pensare a questo bel paradiso che ci attende, usciremo da questi Esercizi riflettendo bene, pieni di gaudio e di coraggio, pieni di gaudio e di coraggio! Vedere il Maestro divino e contemplarlo. Come fa bene! La sua vita comincia con i vagiti del presepio e poi è seguita con un periodo di esilio, e poi viene il periodo più lungo nella casa di Nazaret, dove è obbediente, dove conduce giorni di preghiera, di raccoglimento, di lavoro. Poi segue il periodo di fatiche nel ministero, dove i suoi avversari gli preparano la tremenda tragedia. Sempre più contraddetto, sempre più i nemici cercano di prenderlo in parola, gli stessi apostoli alla fine, dopo tanti miracoli avuti e tante esortazioni e tante proteste di attaccamento, ecco lo abbandonano. Ma la sua vita terrena termina sul Calvario. Vicino al luogo della crocifissione sta il
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luogo della risurrezione. Gesù esce glorioso dal sepolcro per salire alla destra del Padre. Questa è la nostra vita. E beato chi è perseverante. «Proposito sibi gaudio sustinuit crucem».
Gesù, avendo di mira la gloria celeste, abbracciò la croce e sopra di essa terminò la sua vita terrena offerta al Padre in isconto dei nostri peccati e per riparazione innanzi a Dio, per glorificazione sua e glorificazione di Dio.
Oh, allora! Ecco quel che insegna il Maestro divino. Dunque: consacrarsi a Dio significa scegliere questa parte migliore, invece di uno sposo terreno uno sposo celeste, Dio, Dio, niente meno! Sponsa Christi, la suora e Dio! Ora, la sposa se è fedele, se ama davvero, segue lo sposo e lo accompagna non solo nei giorni lieti, ad esempio nel momento in cui entrava Gesù trionfalmente in Gerusalemme. Ma Sponsa Christi è in primo luogo Maria che sotto un altro aspetto è sua Madre. Lo segue ed ella è là ai piedi della croce: Stabat Mater dolorosa iusta crucem lacrimosa dum pendebat Filius7. Scelta la parte migliore, fedele allo sposo, anche la suora se è fedele, se non lo abbandona, se è sempre in sua compagnia, ancora in morte, sarà in cielo per tutta l’eternità. Oh, come hai fatto bene a scegliere questa parte migliore! Gesù è fedele nelle sue promesse. Chi lo segue non verrà abbandonato, non verrà cacciato. «Qui ambulat coram me non ambulat in tenebris, sed habebit lumen vitae»8, la vita eterna. L’eterno riposo dona loro, o Signore... eternamente con Gesù glorioso in paradiso.
Ecco, dunque, sentire di appartenere a Gesù, sentire di essere amata da Gesù, sentire che egli dà continuamente il braccio alla sua sposa perché non inciampi, per sorreggerla nei momenti difficili e magari per rialzarla quando fosse caduta e darle forza e coraggio a riprendersi. Gesù è anche caduto tre volte sotto la croce. Questa è la via della suora: fissarsi qui. Rifare il periodo del noviziato in pochi giorni vuol dire fare gli
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Esercizi: tutti quei pensieri buoni, quegli insegnamenti, quelle esortazioni, quelle meditazioni, quelle conversazioni e comunicazioni intime con Gesù dopo la Comunione, in sostanza tutto quel complesso di buoni pensieri e di santi sentimenti e di buona volontà che vi hanno condotte all’altare. Io tutta mi dono, offro, consacro9. Rinnovarli ogni otto giorni per riprendere il cammino, anche se si è un po’ affaticate, e per riprendere il cammino più saggiamente. Attaccarsi cioè di più a Gesù, e comprendere sempre ciò che vuol dire consacrarsi a Dio, consacrarsi a Gesù, legare la nostra vita alla sua, accompagnarci a Gesù nei giorni lieti, nei giorni difficili in vista del paradiso. Beatitudine eterna! Il più piccolo sacrificio, il sacrificio alle volte di un istante «…aeternum gloriae pondus operatur in nobis: Porterà un vantaggio eterno in cielo»10.
Ecco allora cosa è da farsi negli Esercizi. Già detto. Rifare il noviziato in un grado più elevato, ma sostanzialmente riprendere tutto quel coraggio e quella forza che si aveva allora. Non solo, ma sentendo che già si è percorsa parte di questa strada, che molto si è fatto, ringraziare il Signore che vi ha tanto amato e tanto voluto bene, vi ha voluto a sé, vi ha dato la parte migliore, la parte di quanto Gesù dà alle anime verso le quali ha uno speciale amore. Allora non siete più nel piano in cui eravate nel noviziato, ma siete già in un piano superiore, perché molto del cammino è già stato fatto e quindi gli Esercizi avranno ancora le stesse verità da meditare ma più perfettamente, più altamente, con maggiore fede. Negli Esercizi troveremo ancora le stesse considerazioni e troveremo l’istruzione sui medesimi doveri, ma ecco, che avendo già per tanto tempo compiuto questi doveri, proporrete di farli ancora meglio, sempre più puramente, sempre con più elevate intenzioni, sempre con maggiore amore. Si tratta di guardare a quel noviziato indietro e di rivedere la via già percorsa, prendere un momento di respiro per lanciarsi più avanti. Se prima c’era un certo grado di fortezza, adesso la fortezza dev’essere maggiore,
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se prima c’era un certo amore a Gesù, adesso un amore più intenso, se prima la speranza del paradiso ci animava, adesso deve trasportarci, non farci neppure più sentire il dolore e le pene. Perché? Perché già all’orizzonte si delinea una luce che è la luce dell’eternità: lux aeterna.
Ci avviciniamo al premio, al paradiso. E allora se quel martire in vista della catasta di legno su cui doveva essere bruciato diceva ai suoi piedi: Su, miei piedi, camminate più sveltamente, il paradiso è vicino, noi cosa faremo? Propositi più generosi. Una ripetizione tutte le mattine della professione religiosa, sentire più profondamente il … tutta mi dono, offro e consacro per venire a rinnovare la professione in una maniera più solenne, sempre per devozione, perché già la professione è fatta. Non solo confermandola, ma confermandola ora che avete l’intelligenza, il lume della fede più viva, con maggior cognizione, con maggior persuasione, con maggior convinzione, con maggior amore a Gesù. Seguire Gesù nella sua vita di lavoro là, in quella bottega di Nazaret, di sudore in quei viaggi di propaganda che egli faceva attraverso le vie della Palestina, in quei sacrifici, in mezzo a quelle contraddizioni e su, avanti, al Getsemani, sulla via del Calvario, fino alla crocifissione. Oh, se potessimo arrivare a lasciarci crocifiggere una volta con animo sereno, pur sentendo tutta la pena e il dolore! Ma sapete che cosa diventerebbe la vostra casa? La vostra casa diventerebbe una fabbrica di sante. Anime che sono spose fedeli al loro sposo senza eccezione, senza riserva. Tutta mi dono, dice quell’anima, consacro, offro, tutto. A che punto siamo su questa via? E con maggior fermezza di volontà. Siamo in un tempo in cui non c’è fermezza di carattere, di volontà. Si dice, disdice, si promette e poi quasi si nega quel che si era promesso o si lascia cadere e si dimentica. La malattia del tempo è la mancanza di fermezza. Prudenza, giustizia, fortezza che è fermezza, che è virtù cardinale e nello stesso tempo è dono dello Spirito Santo: fortitudo!
Chiedere questa fermezza. Alle volte siamo così poco forti che una parolina, una maniera di fare ci buttano giù. Fermezza: dono tutto, tutta mi dono, offro e consacro. Allora avanti. Dunque stasera bisogna ben fissare il termine della vita: «Ad
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quid venisti?»11. A lavorare per il paradiso. A che punto sei della strada? Esame di coscienza se abbiamo percorso bene la strada. Che cosa mi manca? Lanciarsi avanti umilmente, perché siamo deboli, e con gran fede nella forza che ci deve venir da Dio; e poi costanza.
Un nido di sante, una gara, diciamo così, nel santificarsi, ognuna tendendo proprio ad essere la sposa fedelissima, delicatissima con il Maestro divino, con Gesù, non lasciando mai scappare un’occasione di merito12, non perdendo un minuto di tempo, non dicendo una parola che non sia proprio indirizzata ad aumentare il merito e quindi la gloria eterna. Oh, questo vuol dire tutto: gli occhi che servano per quello, l’udito per quello, la lingua per quello, il tatto per quello, la fantasia per quello, la mente per quello, il cuore per quello. Tutta mi dono, ma sappiamo che vuol dire: tutto13? Allora gli Esercizi saranno certamente di grande consolazione e di gran frutto.
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1 Meditazione tenuta a [Grottaferrata, il 10 gennaio] 1956 durante un corso di Esercizi spirituali. Dattiloscritto, fogli 6 (22x28). È in un plico con numerazione progressiva che contiene due meditazioni. Il titolo e il luogo sono stati aggiunti a mano. È segnato solo l’anno. Le curatrici dei dattiloscritti successivi hanno sostituito il titolo “Introduzione” con “Obbligo di tendere alla perfezione”. Il corso di Esercizi spirituali, secondo il Diario curato da don Speciale, fu tenuto a Grottaferrata verso la metà del mese di gennaio, tra il 12 e il 19. Sul dattiloscritto è scritto a matita: “Registrazione-bobina-cassetta”. Il nastro non esiste più. Si deduce però che il testo è una trascrizione.

2 “Il fine è il primo nell’intenzione, l’ultimo nell’esecuzione”. Cf Summa Theologiae, I-II, 1,1 di S. Tommaso d’Aquino (1225-1274), domenicano, uno dei massimi teologi e dottori della Chiesa.

3 Cf Eb 12,2: «Egli, di fronte alla gioia che gli era posta dinanzi, si sottopose alla croce».

4 Cf Fil 2,9: «Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni altro nome».

5 Cf Lc 10,42: «…che non le sarà tolta in eterno».

6 Cf Mt 25,21: «Prendi parte alla gioia del tuo padrone».

7 Se ne stava la Madre addolorata in lacrime vicino alla croce, da cui pendeva il Figlio. Cf Sequenza Stabat Mater attribuita al francescano Jacopone da Todi (ca. 1233–ca. 1306).

8 Cf Gv 8,12: «Chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita».

9 Cf Costituzioni della Pia Società Figlie di San Paolo, ed. 1953, art. 92: formula della professione religiosa.

10 Cf 2Cor 4,17.

11 Cf Mt 26,50: «Che sei venuto a fare?» (Volgata). S. Bernardo di Chiaravalle (1090-1153) francese, abate e dottore della Chiesa, cita questa frase con scopo vocazionale nel Sermone 76,10 su “Cantico dei cantici”, in SBO, II, 260.

12 Qui il ‘merito’ è ancora concepito come ricompensa dovuta per ciò che si fa, mentre il temine ‘merito’ si riferisce ad un’azione fatta per dare gloria a Dio e crescere nell’amore verso Dio.

13 Cf AD 100.