Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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III
IL PERDONO DELLE OFFESE1

Questa domenica è dedicata a chiedere la grazia di saper perdonare le offese, cioè evitare i rancori, le invidie, gli odi, e dobbiamo domandare al Signore che regni nel mondo la pace. L’odio fomentato fra le nazioni continua a mettere in pericolo la pace del mondo. D’altra parte l’odio fra i partiti, le classi sociali, i rancori che si conservano nelle famiglie tra persona e persona, spesso tra fratelli, esempio Caino, quei rancori, sospetti che si hanno vicendevolmente per qualche causa o pretesto, non portano certamente alla pace. «Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori»2. Abbiamo tanto bisogno della misericordia di Dio e, se siamo un po’ ragionevoli, dobbiamo indurci a usare misericordia con gli uomini nostri fratelli. Poiché la stessa misura che adoperiamo per gli altri è poi adoperata per noi. Noi presso Dio vogliamo il perdono dall’inferno, il perdono dal purgatorio. Non solo, ma che il Signore aggiunga misericordia a misericordia, abbondi in grazia e ci conduca per le vie della santità e che un giorno possiamo essere vicini a lui, a Maria, a S. Paolo, in paradiso. Allora abbondare in bontà e misericordia verso coloro che in qualche modo ci avessero disgustato.
Sovente non è propriamente l’odio, ma è l’invidia e dolorosamente l’invidia è sparsa un po’ in tanti cuori, le tentazioni d’invidia si possono vedere un po’ in tutti. Dobbiamo sempre guidare il nostro cuore, penetrare i sentimenti, conoscere che cosa passa nella nostra anima. L’epistola della Messa di oggi e il Vangelo3 sono uniti nello stesso pensiero: il perdono delle offese. E in questi giorni abbiamo letto nel Breviario come Davide perdonò
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Saulle il quale invidioso tentò di ucciderlo per due volte. Leggiamo il Vangelo: «In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: Se la vostra giustizia non sarà maggiore di quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. Udiste come fu detto agli antichi: Non uccidere e chiunque avrà ucciso, sarà condannato in giudizio. Ma io vi dico: Chiunque si adira contro il suo fratello sarà condannato in giudizio. E chi avrà detto al suo fratello: ‘Raca’, sarà condannato nel sinedrio. E chi gli avrà detto: ‘Pazzo’ sarà condannato al fuoco della Geenna. Se dunque tu stai per fare la tua offerta all’altare ed ivi ricordi che il tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia la tua offerta lì dinanzi all’altare, e va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello, e poi torna a fare la tua offerta». Se il tuo fratello ha qualche cosa contro di te, cioè se vi sono state offese.
Prendete ora l’epistola: «Carissimi, siate tutti concordi nella preghiera, compassionevoli, amanti dei fratelli, misericordiosi, modesti e umili. Non rendete male per male, né maledizione per maledizione, ma anzi benedite; perché a questo siete stati chiamati per ereditare la benedizione. Chi dunque vuole amare la vita e vedere giorni felici, raffreni la sua lingua dal male e le sue labbra dal parlare fraudolento; schivi il male e faccia il bene, cerchi la pace e si sforzi di conseguirla; perché il Signore ha gli occhi sopra i giusti e le orecchie intente alle loro preghiere; ma la faccia di Dio è contro coloro che fanno il male. E chi vi potrà fare del male se sarete zelanti nel bene? Se poi aveste a soffrire per la giustizia, beati voi! Non temete le loro minacce e non vi turbate, ma santificate nei vostri cuori Cristo Signore».
Il Breviario, dicevo, ci fa considerare in questi giorni l’episodio di Davide e di Saulle. Si trovavano schierati l’esercito dei Filistei e quello d’Israele. I Filistei possedevano un uomo di statura gigantesca e fortissimo; avevano spinto costui che si chiamava Golia a sfidare Israele. Nessuno degli Israeliti osava presentarsi vedendo un uomo di tale statura, e si presentò Davide. Voi sapete la storia come Davide trionfò su Golia con un’arma così semplice, una fionda e cinque sassi. Ne lanciò uno con tutta forza contro il gigante, lo colpì sulla fronte e lo atterrò. Allora il popolo d’Israele pieno di entusiasmo diceva: Saulle ne ha ucciso mille, ma Davide ne ha uccisi diecimila. Ed
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ecco che Saulle cominciò a sospettare sul conto di Davide: noi abbiamo detto di lui diecimila e a lui soltanto mille. Dunque egli è più stimato, che cosa gli manca se non il regno? E da quel momento preso da profonda gelosia e invidia cercava di uccidere Davide. Due volte tentò, ma l’arma andò a conficcarsi nella parete e Davide la schivò. Tuttavia Davide non conservava rancore, amava ancora Saulle forse più di prima. Inseguito da Saulle, fuggendo, una sera si era ricoverato in una caverna. In quella medesima caverna entrò Saulle non sapendo di Davide e prese riposo nella notte. Davide, che era nascosto nel fondo della caverna mentre Saulle riposava, avrebbe potuto ucciderlo, ma si contentò di tagliargli un lembo del mantello e al mattino glielo mostrò da lontano: Vedi se io volevo vendicarmi...4.
Davide ebbe un’altra occasione di vendicarsi di Saulle, ma anche allora Davide mostrò di perdonare il suo avversario. Saulle si era addormentato, Davide si avvicinò, gli tolse la lancia e la portò via. Al mattino Saulle seppe quanto Davide era stato generoso con lui5. Ma la sua invidia era irragionevole!
Quando nascono certi rancori, certe invidie, certi odi, si vede tutto male, si giudica tutto male, anche i benefizi sono presi come occasioni per dire male. Le passioni fanno tante volte velo al cervello e trascinano il cuore là dove il cuore dovrebbe solo amare. Allora prendiamo il consiglio che ci dà il Vangelo e ancora di più il consiglio che ci dà l’epistola: «Siate tutti uniti, compassionevoli, amanti dell’amor fraterno, misericordiosi, non rendete male per male, né offese per offese, ma piuttosto benedizione perché a ciò siete stati chiamati affine di ereditare la benedizione».
Se uno riceve un pugno e dà un calcio non perdona. Se a uno viene detto un insulto: Sei sciocco, e l’altro risponde con un titolo ancora meno onorifico, non c’è il perdono. Ma quello che importa di più non è quell’atto di ira momentaneo, non è il fatto di una piccola vendetta, è il rancore portato nel cuore. Vi sono anime che anche quando vanno alla Comunione non depongono il rancore. Persone che si vedono con l’occhio torvo, né si salutano, né si parlano e dentro all’anima giudicano
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in male e conducono avanti il loro risentimento per mesi ed anni. Che frutto avranno dalla Comunione? Saranno perdonati nella Confessione i loro peccati? Da se stesse si condannano a non essere perdonate poiché dicono: Rimetti a me i debiti come io li rimetto agli altri. E se non li rimetti questi debiti agli altri? Esse si condannano a non ricevere alcun frutto dalla Confessione. Perciò avete udito: «Se dunque tu porti la tua offerta all’altare e ti ricordi in quel momento che il tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia la tua offerta all’altare e va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello». Aspetta a fare la Comunione, aspetta a confessarti, prima perdona, prima perdona il tuo fratello e in confessionale sarai perdonato, e poi Gesù verrà volentieri nel tuo cuore e ti porterà grazie e benedizioni. Quanto più tu sarai generoso con chi ti ha offeso, tanto più riceverai abbondanza di grazie e di benedizioni.
Forse qualcuno penserà che questa insistenza nella meditazione presente sia fuori luogo: Chi mai fra di noi ha rancori? La ragione dell’insistenza vi è purtroppo. Vi sono giovani che vengono da famiglie dove regna la discordia fra i membri. Famiglie che si portano invidia e odio, un odio alle volte ereditario fino a questo punto: che in qualche regione vi è questo esecrando vizio che il padre lascia al figlio l’incarico di vendicare l’offesa ricevuta. E allora è probabile, o almeno vi è il pericolo, che dalla famiglia si portino certi modi di giudicare, certe invidie e gelosie. Ho visto una volta una dimostrazione tale di rancore conservato dieci anni, eppure si trattava di una persona che voleva essere molto pia e giudicava male gli altri perché non frequentavano la Comunione. Vediamo se nel nostro cuore vi sono i sentimenti di Gesù: «Padre, perdona loro perché non sanno quel che fanno»6. Perdonare! Rancori che perdurano e piuttosto lasciano la Comunione, perché il sacerdote non darebbe l’assoluzione. E anche in morte non si riesce a conciliarli. Io lo perdono, ma stia lontano da me. Questo non è perdonare. Come pensiero finale ricordare: «Fate del bene a quelli che vi perseguitano»7.
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1 Predica tenuta a [Roma] il 24 giugno 1956. Dattiloscritto, unica battitura, carta vergata, fogli 3 (22x28). Autore e luogo sono aggiunti a mano.

2 Cf Mt 6,12.

3 Domenica V dopo Pentecoste: 1Pt 3,8-15; Mt 5,20-24.

4 Cf 1Sam 17-18.

5 Cf 1Sam 24.

6 Cf Lc 23,34.

7 Cf Mt 5,44.