Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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XI
CARITÀ VERSO DIO1

Fede, speranza e carità si chiamano virtù teologali, perché riguardano direttamente il Signore. Con la fede si crede a Dio, con la speranza si desidera il possesso di Dio e per la carità si ama Dio e in Dio anche il prossimo. Se l’anima è ben fondata sopra queste tre virtù, di necessità o meglio di conseguenza, praticherà le altre virtù: povertà, castità, obbedienza, umiltà, pazienza e tanto più la giustizia, la prudenza, la fortezza, la temperanza.
Quando l’anima ama sinceramente Dio, si svuota dell’egoismo, si svuota dell’egoismo! L’egoismo è amor proprio, il quale è opposto all’amor di Dio. Quando ancora si ama la propria soddisfazione, si vuole essere accontentati, quando si è ambiziosi, vanitosi, quando domina la pigrizia o la sensualità, tutto questo che si concentra e si può chiamare egoismo, amor proprio, tutto questo chiude la porta all’amore di Dio, impedisce l’amore di Dio. Ma quando l’amor di Dio entra in un’anima, ecco che quest’anima vive per il Signore. Se ha un’ambizione è di amare di più il Signore e di arrivare ad un premio più grande, a possedere Dio in paradiso. Quasi bisogna arrestarla, perché nella spinta del suo amore a Dio non ecceda nel lavoro, nelle penitenze, nella preghiera, e quindi continui ad essere regolata. «Caritas Christi urget nos: La carità di Gesù Cristo ci spinge»2. È un’anima spinta dall’amor di Dio, trascinata, trasportata in tutto.
Quindi tenere questo concetto: dobbiamo decisamente scegliere noi fra l’amor proprio e l’amor di Dio. Non possono regnare
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assieme l’amor proprio e l’amor di Dio. Quante anime si sforzano, sembra che preghino, eppure sono piene di se stesse e fanno poco profitto. Invece quante anime sembrano semplici, quasi la loro preghiera sembrerebbe inferiore alla preghiera di altre, eppure sono trasportate, sono piene di Dio. I vizi capitali, e sono sette, sono espressioni dell’amor proprio. Le virtù contrarie ai vizi capitali indicano che nel cuore c’è l’amor di Dio.
Se uno domandasse che cosa è dunque l’amor di Dio? Forse bisognerebbe rispondere così: Se nessuno me lo chiede, mi par di capirlo, ma se qualcuno me lo chiede, non so spiegarlo. Ma forse è più facile capirlo dicendo: È l’opposto dell’amor proprio. Amare il Signore significa volergli bene, volergli proprio bene con tutto il cuore. E se non c’è ancora fino a questo punto: tutto il cuore, almeno l’inizio, l’inizio di questo amore potrà esserci e poco per volta il fuoco si potrà accendere di più. Anche quando si ha da accendere un gran fuoco, dapprima si accende uno zolfanello che fa una fiammella piccola, questa fiammella piccola con il combustibile può svilupparsi in un grande incendio. Un grande incendio!
Amare il Signore significa considerare il Signore come sommo bene, considerarlo come eterna felicità. La vita nostra è breve, è brevissima, ma questo è un inizio di vita. La nostra dimora, la dimora stabile, dico, è lassù in cielo. Quindi quando un’anima pensa che lassù vi è Dio e che Dio ci riempirà di se stesso e della sua stessa beatitudine, ecco allora che l’anima pensa al futuro: vedere Dio, possedere Dio, godere Dio. Questo è l’amore di Dio, eterna felicità!
Per conoscere meglio che cosa sia amare il Signore, bisognerebbe leggere alcune vite di sante, di santi: anime amanti. Prendiamo S. Paolo, il grande amante di Dio, il cantore della carità, dell’amore a Dio e dell’amore al prossimo: «Se io parlassi tutte le lingue degli uomini e degli angeli e non avessi la carità, sarei nulla. E se io anche subissi il martirio, ma non avessi la grazia di Dio, l’amore di Dio, niente mi gioverebbe, ecc.»3. Poi descrive questo amore, questa carità come dev’essere. Dev’essere questa carità paziente, benigna, che non pensi
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male, ecc. Questo cantore della carità continua: Ora sulla terra noi abbiamo fede, speranza e carità, ma la maggiore è la carità: «Caritas manet in aeternum». La carità è la virtù che portiamo in cielo. È la virtù che ci renderà felici in cielo, perché è l’unione con Dio. E l’unione con Dio adesso l’ha ogni anima che è in grazia di Dio, ma l’unione perfetta, stabile, eterna è di là: «Caritas manet in aeternum». Quindi egli dice: «Sono certo che né la vita, né la morte mi separerà dalla carità di Cristo; neppure la fame, neppure il carcere, neppure il freddo, neppure la nudità, nessuna cosa che può tirarmi lontano dall’amore di Gesù Cristo»4.
Le anime amanti ci insegnano che cosa sia la carità: S. Francesco d’Assisi, che anima amante del Crocifisso! Meritò che Gesù imprimesse nelle sue carni le stimmate: i suoi piedi, le sue mani, il suo costato portavano i segni delle sofferenze di Gesù Cristo, erano segnate dalle sofferenze di Gesù Cristo. Mettere S. Chiara, pensare a S. Brigida5, pensare a S. Gemma Galgani, pensare a S. Margherita Alacoque, pensare a queste ultime sante canonizzate. Che anime amanti di Dio! In loro l’amor proprio era estinto, spento, perché lo avevano mortificato tante volte. E man mano che l’amor proprio è spento o si sta spegnendo, entra il fuoco dell’amor di Dio. S. Filippo Neri6 era obbligato qualche volta a dire: Signore, basta. S. Francesco Saverio7: Signore basta, il mio cuore è troppo piccolo, non può sopportare un amore più grande, mi sento morire. Non sempre questo amore può essere così sensibile, così sensibile, [pensiamo a] S. Giovanni della Croce8. Anime amanti dell’Eucaristia! Questo amore all’Eucaristia, e ci sono anime
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amanti del Cuore di Gesù, anime amanti delle sante Piaghe, del Crocifisso.
Però l’indirizzo della paolina è l’Ostia. Amanti dell’Ostia! Facciamo l’ora di adorazione. Volete accendere in tutte le paoline questo fuoco? Se non avete il cuore di S. Paolo come potreste essere paoline? Propriamente Paolo ardeva dell’amore a Gesù Cristo. Gesù Cristo si potrebbe amare specialmente in quanto è crocifisso, in quanto ci presenta il suo Cuore, ma la paolina deve ricordarsi che Gesù ci ha dato il massimo segno di amore morendo sulla croce, ed ecco la Messa, facendosi cibo nostro, ed ecco la Comunione, e dimorando fino alla fine dei secoli nei nostri tabernacoli, ecco la presenza reale, ecco la Visita.
Man mano che la paolina si affeziona alla Messa, migliora le sue Comunioni, nella Visita diviene intima con l’Ostia santa e parla con familiarità, si apre sempre con Gesù e sente Gesù. Allora l’anima si vuota dell’amor proprio e l’amore di Dio la penetra. Sente Gesù e al mattino: Gesù viene e resta con me, prima sacramentalmente e poi spiritualmente. Io porto Gesù dappertutto; dopo la Comunione lo intronizzo sul mio cuore; faccio l’esposizione del Santissimo, perché voglio che il mio cuore sia sotto di lui e la mia testa si uniformi in tutto ai pensieri, alle verità che egli ha insegnato, la mia vita esprima lui nel tratto, nel fare, ecc. E sia lui! Allora quella paolina passa di casa in casa e fa come Maria quando è andata a visitare S. Elisabetta: portava Gesù nel petto. Benedetto il frutto del tuo seno, Gesù, e dove è passata ha portato la grazia. E S. Giovanni Battista fu allora purificato dalla colpa originale, la prima grande effusione di grazia di Gesù dopo l’incarnazione nel seno di Maria. Ed Elisabetta fu ripiena di Spirito Santo e profetò. Zaccaria riebbe la parola e anch’egli uscì in quel bel cantico: «Benedictus Dominus Deus Israel: Sia benedetto il Signore Dio d’Israele»9. Carità verso Dio!
Allora bisognerà che discendiamo un poco a qualche particolare, perché la cosa non sia totalmente teorica, non è vero? È vero che non è teorica. Tra di voi vi sono anime che sono
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molto lavorate dallo Spirito Santo. Non sta ozioso questo Spirito Santo, perché trova delle anime che hanno buona volontà. La buona volontà è già amore di Dio. È già amore di Dio! Ma per discendere forse a qualche applicazione che sia per tutte più concreta, ecco: Come si acquista l’amore di Dio? Con due atti particolarmente: la purificazione dell’anima. Io non parlo della Confessione adesso, questo è già stato detto: scancellare il passato, e le Confessioni le fate fin troppo abbondanti in generale negli Esercizi. Avete tutte buona volontà. Sono tutti segni di buona volontà. Voglio dire: la purificazione dai difetti. Alle volte vengono più dalla superbia, alle volte più dall’avarizia, cioè da attaccamenti; alle volte vengono più dall’ira, dal nervoso, qualche volta più dall’invidia. Qualche volta sono un po’ di sensualità che è terribile quando si attacca a un’anima; e qualche volta più da golosità, qualche volta dalla pigrizia, qualche volta dalla curiosità. Spesso vengono da questo attaccamento alle nostre idee, ai nostri pareri, a non voler essere disturbate, dalla voglia di guardare più gli altri che noi stessi. Abbiamo tanta polvere da togliere da noi che non è il caso di toglierla agli altri. Questa è purificazione! Vedere sempre di più che nulla dispiaccia al Signore: nessuna venialità deliberata, nessuna imperfezione deliberata. Si capisce che dei difetti ne avremo fino a quando saremo sul letto di morte, ma volontari no. Questo è studium perfectionis10, questo studio, questo impegno di togliere ciò che è imperfetto, e poi mettere ciò che è perfetto: questi sono i due atti. Ogni anima lo sa un po’ e negli Esercizi la luce è entrata, non è vero?
Non abbiamo meditato cose teoriche, alte, abbiamo meditato cose pratiche, la vita nostra, non è vero? Allora avete scoperto un po’ il vostro io. Che cosa c’è in questo nostro io che non piace ancora del tutto al Signore? Purificazione costante! Per questo si capisce: esami di coscienza, Confessione, proposito. L’esame di coscienza ci fa vedere che cosa siamo. Come quando una persona si mette davanti allo specchio e vede se ha delle macchie o no. E siccome non basta vedere la macchia, bisogna
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invece ripulirci: allora il dolore che scancella. Non tanta paura del peccato, quanto avere paura dei difetti. Particolarmente non tanto paura del peccato mortale, quanto paura dei veniali deliberati. Quindi lavoro di purificazione.
Secondo: l’impegno a compiere quello che nell’Istituto c’è da fare, che è l’abbandono e l’adesione a Dio, meglio, l’adesione completa. Vedete, il peccato veniale o l’imperfezione deliberata mettono fra l’anima e Dio un foglio di carta; e un foglio di carta basta a impedire la corrente elettrica, la corrente delle grazie; se non è impedita, è diminuita un po’. Vedete che alle volte la luce fa degli sbalzi. Invece lo ‘studium perfectionis’ importa che la nostra volontà sia sempre unita con quella di Dio. Probatio dilectionis11 cioè la prova dell’amore, quando si fanno bene le cose che son da fare e che sono di volontà di Dio. Non pensate ad anime amanti le quali abbiano le visioni come S. Giuseppe da Copertino12. Pensare ad essere unite a Dio, che il foglio di carta sia tolto, che si aderisca bene a Dio, combaciare, combaciare con Dio del tutto, del tutto! La volontà proprio unita al Signore, momento per momento, tutta la giornata: Quel che vuoi tu lo voglio io, né più in là, né più in qua, tutto solo e sempre il tuo volere. Tutto, anche quando costa; solo: senza mescolanze che tolgono la verginità di mente o la verginità di volontà o la verginità di cuore. Sempre, non a sbalzi. Non solo il giorno della Confessione o i giorni degli Esercizi o al momento della Comunione, ma sempre. Combaciare del tutto con il volere di Dio. Allora c’è l’unione. Quest’unione è amore.
Vedere adesso se in questa considerazione noi abbiamo qualcosa di concreto da ricavare. Quando c’è questa unione con Dio, non esiste più il foglio di carta, la grazia passa. A quella persona bisogna fare trasfusione di sangue; ecco, si mette in comunicazione la vena del datore di sangue con la vena di colui che si deve rafforzare. Quando sono bene in comunicazione, si può far passare il sangue dall’uno all’altro, al
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malato, alla persona che è debole, che è anemica. Bisogna che ci sia comunicazione, l’unione tra il cuore di Gesù e il cuore tuo, il cuore nostro, onde passi questo sangue divino in maniera tale che di lì a poco il nostro sangue sia sostituito dal sangue di Gesù. Questa unione, il combaciare totalmente della nostra volontà con la volontà di Gesù, in poche parole è questa comunicazione, questa sostituzione dei nostri voleri con i voleri di Gesù, dei nostri sentimenti con i sentimenti di Gesù e della nostra volontà con la volontà di Gesù. Si vive di Gesù, ecco l’amore! Perdute in Gesù. Non sono più io che penso, non sono più io che sento, non sono più io che opero, è Gesù in me! «La mia vita è Cristo: Mihi vivere Christus est»13. Su questa divina strada potete fare molto progresso. Un altro anno, tornando agli Esercizi, se sarete state fedeli, forse dovrete dire: Dio sia benedetto, perché mi accorgo che è passato in me qualche cosa, non mi sembra più di essere quella di una volta: in me vive Cristo!
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1 Predica tenuta a Roma il 13 marzo 1956. Trascrizione da registrazione su nastro magnetico: A6/an 24b = ac 43a.

2 Cf 2Cor 5,14.

3 Cf 1Cor 13,1-13.

4 Cf Rm 8,35-39.

5 Brigida di Svezia (1303-1373) principessa, religiosa e mistica. Fondatrice dell’Ordine del Santissimo Salvatore. Il 1° ottobre 1999 Papa Giovanni Paolo II l’ha dichiarata compatrona d’Europa insieme a S. Caterina da Siena (1347-1380) e S. Teresa Benedetta della Croce (1891-1942).

6 Filippo Neri (1515-1595) fiorentino, sacerdote, apostolo di Roma. Fondò la Congregazione dell’Oratorio.

7 Francesco Saverio (1506-1552) gesuita spagnolo, missionario in India e Giappone. Patrono delle missioni cattoliche insieme a S. Teresa di Gesù Bambino.

8 Giovanni della Croce (1542-1591) carmelitano spagnolo, Dottore della Chiesa. Scrisse opere di teologia mistica e collaborò con S. Teresa d’Avila per la riforma del ramo maschile dell’Ordine Carmelitano.

9 Cf Lc 1,68.

10 Cf DF 15: “Studium perfectionis: cioè voler riuscire nella scienza divina, nella perfezione della volontà, nella santità della vita”.

11 Cf “Probatio dilectionis, exibitio est operis: La prova dell’amore si manifesta con le opere”. S. Gregorio Magno, Sermoni sui Vangeli, Omelia 30.

12 Giuseppe da Copertino (1603-1663) sacerdote francescano conventuale. È conosciuto come il ‘santo dei voli’ per la levitazione in stato di estasi.

13 Cf Fil 1,21.