Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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9. IL MISTERO DELLA REDENZIONE
Fede, imitazione di Gesù, pietà

Domenica di Passione, Meditazione, Castel Gandolfo, 23 marzo 19581

In questo tempo abbiamo da esercitare la fede, in primo luogo. Si chiama questo il Tempo di Passione2.
Il Tempo di Passione ci ricorda la Redenzione operata da Nostro Signore Gesù Cristo. Credere che Gesù ha patito ed è morto sulla croce per l’umanità. Egli si è addossato tutti i peccati dell’umanità e li ha scontati in se stesso, cosicché, chi spera nei meriti della sua Passione e accusa, confessa le sue mancanze e i suoi peccati, in virtù del sangue di Gesù Cristo ottiene il perdono.
L’umanità peccatrice… Dio offeso… In mezzo Gesù Cristo che considera le infermità e le mancanze e le colpe, le iniquità degli uomini; e considera il Padre offeso, la giustizia di Dio offesa, la bontà di Dio offesa.
E allora, vedendo che gli uomini non possono presentare a Dio una soddisfazione degna – non potrebbero, per sé, ottenere la remissione della colpa neppure coi sacrifici della legge antica –, allora il Figlio di Dio prende davanti al suo Padre Celeste la responsabilità: Iniquitates nostras ipse tulit, portò le nostre iniquità e offerse se stesso vittima per tutti.
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Iniquitates nostras ipse portavit3 [cf Is 53,4-5]: se le addossò là nel Getsèmani quando fece la preghiera, prima di incominciare la sua passione [Mt 26,36-46].
Gesù non ha sofferto soltanto nel corpo ma ha sofferto soprattutto nello spirito, nel cuore; là sudò sangue, alla vista di tante enormi, enormi iniquità degli uomini: egli più di tutti conosceva la malizia del peccato. Noi, qualche volta, non abbiamo abbastanza dolore perché non conosciamo che cosa voglia dire offendere Dio, non conosciamo neppure pienamente il danno che compiamo4 noi stessi, ma Gesù conosceva che cosa sia l’offesa di Dio e allora ecco il suo sudore di sangue.
Credere a questo dogma della Redenzione, credere proprio che Gesù in quella notte, in quella giornata della sua passione portò i nostri peccati, le nostre mancanze, e se le prese e le scontò una ad una; e sia le mancanze interiori e sia le mancanze esteriori: sia, cioè, le mancanze di pensiero e di sentimento come le mancanze di parole e di azioni. Mistero: «Credo la remissione dei peccati»5. Ma prima bisogna credere come vengono rimessi i peccati: vengono rimessi in virtù dei patimenti, in virtù di quanto Gesù ha sofferto nel Getsèmani, di quanto Gesù ha sofferto nell’esser giudicato, condannato, nella flagellazione, nella incoronazione di spine, nel portar la croce al Calvario, nell’essere inchiodato sulla croce, nell’anima dell’agonia6.
Noi meriteremmo quali castighi per i nostri peccati!? E però, ecco, ci vengono perdonati così facilmente, col pentimento, confessando. Perché? Perché siano cose da poco? No! Perché Gesù li ha scontati lui e le sue pene furono così grandi e di tanto valore che bastano a scancellare i peccati
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di tutta l’umanità e non esauriranno mai. Voglio dire: i suoi meriti eccedono sempre tutte le malizie degli uomini assieme, i meriti della sua passione e morte. Possiamo proprio dire: noi siamo dei peccatori, Gesù ha pagato per tutti; offro al Padre Celeste le piaghe delle sue mani, dei suoi piedi, del suo costato e, particolarmente, offro al Padre Celeste i dolori intimi, la passione intima di Gesù durante i suoi giorni di vita temporanea, ma specialmente i giorni cosiddetti di Passione e particolarmente il Giovedì Santo, il Venerdì Santo. Rinnovar bene la fede giusta: patì e morì sulla croce per noi, e noi abbiamo la remissione in virtù di quel patire7.
Poi la fede. Gesù il Giovedì Santo istituisce il sacramento dell’Eucarestia e stabilisce, ordina i sacerdoti, e comanda loro di fare ciò che egli aveva fatto, cioè di consecrare il pane e il vino… la fede nell’Eucarestia, nella Messa, considerando che la Messa è come il sacrificio del Calvario portato in mezzo a noi: rinnovazione della passione e morte di Gesù Cristo. Realmente così!, realmente così sebbene quella passione e quella morte si ripetano, si rinnovino in modo diverso. E credere, quindi, al potere dei sacerdoti di consecrare; essi sono destinati a continuare nella Chiesa la presenza eucaristica di Gesù.
Oh! Rinnovare e rafforzare la nostra fede dunque nella Redenzione, nell’Eucarestia e nell’Ordinazione sacerdotale, nel potere sacerdotale che Gesù Cristo ha voluto conferire agli uomini, a uomini che sono chiamati i sacerdoti: «Come il Padre ha mandato me, così io mando voi» [cf Gv 20,21], ecco… questo potere.
Secondo: oltre la fede, imitare Gesù Cristo nella sua passione. Occorre che soprattutto lo imitiamo nell’umiliazione, nell’umiliazione. Gesù si è umiliato fino alla morte di croce, non è vero? Ma non è che abbia ecceduto, è che noi non capiamo abbastanza quello che sono i nostri peccati. Noi non capiamo abbastanza come il nostro orgoglio tante volte è la causa di tanti mali in noi, ed è una sfida quasi a Dio: quando
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ci compiacciamo di quel che abbiamo come se fosse nostro e non di Dio; quando abbiam la voglia di essere stimati, di essere considerati. Noi abbiam bisogno di capire specialmente la malizia della superbia, onde arrivare all’imitazione di Gesù Cristo: «Humiliavit semetipsum factus oboédiens usque ad mortem»8 [Fil 2,8].
Vi sono persone che vogliono saper tutte le ragioni dell’obbedienza. E Gesù, avesse aspettato di meritare la croce?! Egli anche la meritava la croce? Eppure si è addossato le responsabilità, i peccati degli uomini: «Factus oboédiens usque ad mortem». Quando noi vogliamo sapere le ragioni dell’obbedienza, non obbediamo più, non è più obbedienza: facciamo quel che siamo persuasi che è buono fare, che si deve fare! Sì. Quando vanno a studiare solamente per farsi una posizione, e capiscono e lo fanno quindi per sé, e capiscono la ragione… e allora [di] per sé non ci sarebbe l’obbedienza: si fa quello che si è persuasi che sia a vantaggio nostro. Però si può mettere l’intenzione: lo faccio anche per obbedienza, in quanto mi han mandato, mi fanno fare questo; allora diviene obbedienza, anche se non si capiscono tutte le ragioni.
E così nell’esercizio della carità: tante volte può essere che uno abbia ragione lui e invece deve perdonare, invece deve perdonare. E se guardiamo sempre le ragioni? Noi abbiamo una ragione: prima, di guadagnarci più meriti… eh, questo c’è sempre! E, secondo, abbiamo un’altra ragione, e cioè che meritiamo ben altro, noi! Per quanto siamo umiliati e per quanto noi incontriamo di pene e di difficoltà, i nostri peccati non meritano che questo. Meglio meritarlo […]!! Dunque, specialmente praticar l’umiltà in questo tempo: «Humiliavit semetipsum factus oboédiens usque ad mortem, mortem autem crucis»9 [Fil 2,8].
Terzo: pietà. La nostra pietà e la nostra divozione si concentrano nel Crocifisso e nella sua Madre Addolorata, la Madre
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di Gesù Addolorata. Ecco la nostra pietà: eccitarci a maggiore amore a Gesù, seguire la liturgia della Settimana Santa; capirne i sensi, capirne i sensi tante volte chiari, manifesti, e tante volte meno chiari e meno manifesti. Allora ci vuole anche il dono dell’intelletto: il dono dell’intelletto ci fa legger dentro alla passione di Gesù Cristo, ci fa legger dentro alla sacra liturgia, ci fa legger dentro a quello che viene rappresentato nella Settimana Santa, le parole che sono dette nella liturgia di questo tempo. Sì. Quindi pietà rivolta al Crocifisso, pietà rivolta all’Addolorata Madre di Dio; e pietà nell’accompagnare le funzioni, nel penetrare il senso e nel dire a Gesù quelle cose che ci sono nel libro della liturgia, cioè ci sono nel Messalino. Accompagnare tutte le funzioni con sentimento di fede e di amore. Abbondare in preghiere in questo tempo, metter le intenzioni che tutti i peccatori si convertano, che facciano la Pasqua questi cristiani! …che sono per tanto tempo dell’anno un po’ più distratti in molte altre cose.
Mettere le intenzioni che, per i meriti della Passione, le vocazioni corrispondano alla voce di Dio. Mettere le intenzioni che ci sia il sentimento, proprio la convinzione, la dedizione alla nostra vocazione, alla nostra missione.
Pensare come pensava Gesù: che il mondo si redime con la croce e noi, se vogliamo redimere i sordi, in qualche maniera, qualche anima – cioè portare un po’ di bene alle anime –, bisogna che facciamo i sacrifici, bisogna che facciamo i sacrifici. Gesù Cristo non compiacque se stesso ma cercò di piacere al Padre, cercò di compiacere i desideri del Padre e fece sempre la volontà del Padre Celeste. Perciò due cose: davanti la nostra santificazione, sì, e l’apostolato in secondo luogo10 considerare in questo tempo, e raccomandare a Gesù crocifisso.
Allora tre cose durante il Tempo di Passione: fede viva, imitazione dell’umiliazione di Gesù e, terzo, pietà conforme alla liturgia di questo tempo.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro originale 19/58 (Nastro archivio 23b. Cassetta 23, lato 2. File audio AP 023b). Titolo Cassetta: “Tempo di Passione. La redenzione”.

2 Il Tempo di Passione era formato dalle due ultime settimane di Quaresima, fino al Sabato Santo incluso. Questo giorno, Domenica di Passione, era il primo.

3 Il brano è il seguente: «Languores nostros ipse tulit et dolores nostros ipse portavit […]. Ipse autem vulneratus est propter iniquitates nostras, attritus est propter scelera nostra», «Egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori [...]. Egli è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità». Cf anche Breviarium Romanum, Feria V in Cena Domini, In I Nocturno, Lectio III, Responsorium.

4 Parola incerta.

5 Dalla formula del Credo (Simbolo degli Apostoli).

6 Espressione incerta.

7 Parola incerta.

8 «Umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte».

9 «Umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce».

10 Parola incerta.