Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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7. «SIATE IMITATORI DI DIO»
Una vita di lavoro spirituale per chi si consacra a Dio

Domenica III di Quaresima, Meditazione, Castel Gandolfo, 9 marzo 19581

Questa mattina, come meditazione, leggiamo alcune espressioni della Lettera di san Paolo agli Efesini, nel tratto che ci propone la Chiesa per questa Domenica terza di Quaresima2.
Che belle espressioni sono! «Siate imitatori di Dio come figlioli diletti, e vivete nell’amore, come Cristo che ci ha amati e ha dato per noi se stesso a Dio in olocausto come ostia di soave odore». San Paolo ci dice di imitare Iddio come figlioli diletti. I figli devono assomigliare al padre, vivere così bene come il padre vive bene.
Ora, ecco quello che ci dice san Paolo: Vivete come il Padre vostro che è nei cieli; egli vi ama, voi lo amate come figli diletti. E quindi la nostra perfezione, la santità della vita deve essere tanta: «Siate perfetti come è perfetto il vostro Padre che è nei cieli» [Mt 5,48]. Oh! Ecco il punto, l’ideale a cui dobbiamo aspirare. Proprio perfetti come Dio non saremo mai – Dio è perfettissimo, santissimo –, ma imitare Dio. Imitare in che cosa Iddio? Specialmente – dice – nell’amore: «Vivete nell’amore». E quanto amore a Dio? «Come Cristo che ci ha amati e ha dato per noi se stesso in olocausto come un’ostia di soave odore»: e cioè, amare il Signore come Gesù Cristo ha amato noi, come Cristo ci ha amati e ha dato per
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noi se stesso. Questo è l’ideale di chi si consacra a Dio: Gesù Cristo che si è immolato per noi, [così] chi si consacra a Dio che s’immola per il mondo, e cioè vuole fare tutto quel che è più perfetto, ciò che più piace al Signore.
La vita di chi si consacra a Dio deve essere una vita di lavoro spirituale per perfezionarsi. Sì. Il lavoro di chi si consacra a Dio è particolarmente questo, è soprattutto questo e, cioè, perfezionarsi: «Se vuoi esser perfetto…» [Mt 19,21]. Ecco, perfezionare noi stessi, è la professione. Che professione ha colui? È un medico. Che professione ha quell’altro? È un avvocato. Che professione hai tu che ti sei consecrato a Dio? La perfezione, cioè il lavoro di perfezione. Le cose esterne, poi, cioè il lavoro di apostolato avviene dopo, perché dopo aver amato Iddio con tutto il cuore… cercare che anche altre anime amino il Signore con tutto il loro cuore, o almeno lo amino tanto da potersi salvare: amare, cioè, il prossimo come noi stessi [cf Mt 22,37–39]. Per quanto è possibile, noi cerchiamo le altre vocazioni: allora è come noi stessi, cioè come noi tendiamo alla perfezione e abbiamo scelto questo lavoro di perfezione, così desiderare vocazioni, anime che ugualmente lavorano alla perfezione, che faccian lo stesso mestiere nostro. Ecco: Come te stesso. E sebbene non tutte le anime siano, certamente, destinate alla vita religiosa, tuttavia almeno che arrivino ad amare il Signore e salvarsi… e salvarsi.
E quanto si deve amare il Signore? Quot? 3 Il paragone è molto bello: amare Gesù come egli ha amato noi. Siccome egli si è sacrificato sulla croce, così noi: sacrificarsi per lui. Egli è morto sulla croce e non tutte le anime consecrate a Dio… moltissime non andranno a morir sulla croce, non subiranno il martirio. Ma vi è un martirio quotidiano, vi è un’offerta quotidiana: quando il cuore è tutto rivolto a Dio, già offre, già offre il profumo dell’amore e della santità, cioè già il cuore vive per il Signore, vive per il Signore; quando nella4 vita quotidiana, se tutte le occupazioni si fan bene, si vive
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per Gesù; quando i pensieri sono rivolti a Dio o alle cose di Dio, al servizio di Dio, allora si pensa a Dio, si ama Iddio perché questo amore comprende la mente, comprende il cuore, comprende la volontà, comprende il corpo stesso, sì. Quando la persona si consacra a Dio e offre a Dio il suo cuore, cioè il proprio giglio e lo mantiene intatto questo giglio, ecco che è un’offerta, questa, quotidiana, perché sempre si è tentati contro; ma se sempre si cacciano le tentazioni e sempre più ci si spinge ad amare Gesù solo, allora l’offerta è continuata: come Gesù si è sacrificato per noi, così l’anima si sacrifica per Gesù, sacrifica gli affetti umani; li sente gli affetti umani, le tendenze umane – come tutte le altre persone –, l’anima consecrata a Dio, ma ne fa un sacrificio a Gesù: Non voglio questo ma il solo tuo amore; così non voglio pensieri mondani ma solo i pensieri di cose belle, sante, che piacciono a te, o Gesù; Dio oppure le cose di Dio, che sono far bene il nostro dovere ogni giorno: Non voglio fare altro, non voglio vivere in altra maniera che come viveva Gesù… povertà, castità e obbedienza, nella vita comune; come viveva Gesù, umile, docile… «Imparate da me che son mansueto ed umile di cuore» [Mt 11,29]: umile, docile, sempre pronto al volere del Padre Celeste e sempre paziente in tutte le contraddizioni, in tutte le difficoltà e tutte le pene che andavano creando i suoi nemici, andavano preparando i suoi nemici, fino al sacrificio della croce. Ecco, amare Dio in cuore, sì; vivere una vita divina che rassomiglia al Padre Celeste, che rassomiglia a Gesù… per questo scopo, però. Bello questo! Del resto dobbiam essere così: siamo stati fatti figli di Dio nel Battesimo, e noi – se ci consecriamo a Dio – dobbiamo esser i figli diletti, i prediletti di Dio, e allora rassomigliare a Dio, rassomigliare a Gesù sempre di più.
E poi san Paolo dice: allora bisogna escludere certi peccati, «l’impurità di qualsiasi sorta, l’avarizia», eccetera; e i discorsi siano belli, non sciocchi, non buffonerie, tutte cose indecenti; ma piuttosto ringraziare il Signore; e poi dopo «nessuno vi seduca con vani discorsi, perché a causa di questi vien l’ira
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di Dio sugli increduli». E capita così che alle volte si sentono certi discorsi che son contrari alla vita religiosa, che sono contrari all’amore a Dio… ma «nessun vi seduca»: non guardiamo a5 quei discorsi di mondo. Infatti chi si consacra a Dio si deve separare dal mondo; separare materialmente o almeno spiritualmente (e per qualche tempo sempre, materialmente anche), come ha detto il Papa6: almeno in certi tempi occorre raccogliersi solo in Dio e sentire solo Iddio, sentir le sue voci, le sue ispirazioni7. Sì, e allora la vita diviene sempre più bella, sempre… se noi ascoltiamo Iddio la nostra vita diviene sempre più bella e, allora, imitiamo Iddio come figli carissimi. Quanto bene viene dalla comunicazione con Gesù, con Dio, nella Comunione, nella meditazione, specialmente nella Visita al Santissimo Sacramento e nell’ascoltare bene la Messa! Dimmi con chi vai, ti dirò chi sei: se vai con un cattivo, divieni cattivo – con chi sei, con chi sarai –. E dimmi con chi vai: se vai con Gesù, divieni come Gesù. E le anime che amano di trattenersi spesso con Gesù, particolarmente in quell’intimità della Comunione, della meditazione, della Visita, della Messa, eccetera, rassomiglieranno sempre di più a Gesù, rappresenteranno sempre di più Gesù in mezzo al mondo. Sì. E perché? Perché attingono da Gesù il modo di pensare, il modo di operare di Gesù stesso. Dimmi con chi vai, ti dirò chi sei. E se uno va molto in chiesa e ha queste comunicazioni con Dio, diviene come un essere divino: partecipate sempre di più a Gesù. Diventare sempre più intimi di Gesù, entrar sempre più nello spirito della sua divinità: come
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egli ha preso la nostra natura, così noi prendere sempre di più lo spirito divino su di noi8.
«Dunque non vi associate con loro», con quelli che non sono di spirito buono. «Una volta eravate tenebre, ma ora siete luce nel Signore»: una volta non pensavate così, ma adesso avete ricevuto la grazia e cioè avete fatto la vostra consecrazione a Dio; «siete luce nel Signore», cioè avete i pensieri di Dio e dovete essere luce ed esempio agli altri. «Vivete come figli della luce», il che significa – come abbiam detto prima –: siate imitatori di Dio come figli. Egli vi dice: «Vivete come figli della luce». E la luce è siffatta: «Ora, frutto della luce è tutto ciò che è buono, giusto e vero», questa comunicazione con Dio porta a fare le cose che sono buone, che sono giuste e che sono secondo verità; e cioè si accresce la fede, la speranza e la carità, e ci si distacca sempre di9 più da ciò che è il peccato. Pensare che qui dentro il Signore ci dice cose così belle! E pensare che nelle comunicazioni con Gesù aumenterete sempre di più la grazia, vi sentirete sempre più figlie di Dio e amerete sempre di più Gesù, come Gesù ha amato voi.
Dunque, sentirsi in questi pensieri alti e belli, sentirli e avere il cuore sempre più indirizzato, rivolto a Dio: la volontà sempre più ferma. Non temer le tentazioni!, ché ne verranno sempre perché la natura nostra ci porta sempre piuttosto verso quello che non è buono, che non è santo; ma noi per la grazia di Dio ci indirizziamo sempre più al Signore, a quello che è buono, a quello che è santo. Sì.
Quante grazie prepara il Signore all’anima che vive in quella intimità con Gesù, nella luce di Gesù! Noi sappiamo che Gesù vuole comunicar le grazie più di quanto noi vogliamo le grazie, più di quanto le vogliamo noi. Siamo sempre preparati a riceverle? Egli trova tanta opposizione in noi nel volerci dare le grazie perché non ci prepariamo, non abbiamo abbastanza fede e abbastanza umiltà: ma se noi abbiamo più fede e più umiltà, egli deporrà le grazie, soddisferà – diciamo così – la
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propria misericordia che è di dare, il proprio istinto che è di dare – diciamo in questo modo per capirci –. Non è che noi dobbiamo far lo sforzo a piegare lui verso di noi: dobbiamo far lo sforzo a piegare noi verso di lui. Piegare noi verso di lui, cioè preparare noi le grazie a lui10, perché il Signore possa depositarle nel cuore, nel cuore nostro. Prepararsi alle sue grazie mediante la fede e l’umiltà. Fede nella sua misericordia, umiltà perché egli, nella sua misericordia, possa comunicarci le grazie che vuol dare all’anima nostra.
Oh, sapessimo quanto è buono il Signore! Sapessimo quanto, quanto ci vuole portare avanti nell’unione con lui nella santità! Siamo docili alla sua grazia!
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro originale 18/58 (Nastro archivio 22c. Cassetta 22bis, lato 1. File audio AP 022c). Titolo Cassetta: “Siate imitatori di Dio”.

2 Epistola: Ef 5,1–9. Nella meditazione il PM, mano a mano che legge frasi dal brano, le commenta e le cita liberamente.

3 Quanto? Il PM si ispira all’espressione correlativa: “tot … quot”, “tanti … quanti”.

4 Dice: la.

5 Dice: da.

6 Pio XII, Eugenio Pacelli (1876–1958), Papa dal 2 marzo 1939 al 9 ottobre 1958.

7 Cf Allocuzione Haud mediocri [AAS 50(1958), pp. 153-161] di Pio XII ai superiori generali degli ordini e istituti religiosi con curia generalizia in Roma (11 febbraio 1958), in Enchiridion della Vita Consacrata, Bologna 2001, 3386–3403. Questo discorso, in occasione della Conferenza dell’Unione romana dei superiori generali, richiama a vigilare sulle idee contrarie alla verità; e ribadisce in più punti la necessità del “ritiro dal mondo”, comune a tutti coloro che professano i voti, «almeno per un certo tempo», sempre però in conformità alle esigenze proprie delle diverse forme di vita consacrata. Per gli stessi concetti, cf anche la Lettera enciclica Sacra virginitas [AAS 46(1954), pp. 161-191], 25 marzo 1954, in Enchiridion delle Encicliche, (EnchEnc) 6, Bologna 1995, 986-1057, in particolare ai nn. 1038–1040.

8 Parole incerte.

9 Dice: da.

10 Frase incerta.