23. MARIA DISPENSATRICE DI GRAZIE
AGLI APOSTOLI
Meditazione, Castel Gandolfo, 8 agosto 19581
È un consiglio che si dà a tutti coloro che iniziano e devono compiere opere importanti, in cui specialmente le cose e i frutti dipendono dalla grazia, questo: assicurarsi un gruppo di anime che preghino – e accompagnino, quindi, con la loro orazione e forse anche coi loro sacrifici, e magari fino con la vita offrendosi vittime – perché il Signore intervenga con la sua grazia e faccia germogliare il seme che si getta. Lo faccia germogliare e crescere finché porterà frutti, perché né colui che pianta né colui che innaffia è qualche cosa, conta qualche cosa, ma «qui incrementum dat Deus»2 [cf 1Cor 3,7], ma colui il quale dà l’incremento, il crescere, cioè la vita interiore...
Perché se non c’è la vita, che cosa crescerà? Se uno mette nel terreno una pianticella che già è morta, seccata, non produrrà frutti: né vale l’averla piantata né vale l’innaffiarla; vale solo il dare… il crescere e il fruttificare. «Qui incrementum dat Deus», cioè bisogna che ci sia la vita in quella pianticella che si mette nel terreno. Le parole che si seminano, che si dicono, le esortazioni che si fanno, l’azione che si compie è tutto il complesso del lavoro vocazionario [e] occorre che sia accompagnato da preghiere: anime che stiano con le mani rivolte al cielo mentre quelle che esercitano l’apostolato stanno attivandosi, operando, industriandosi, mettendo le loro forze a servizio di Dio e dell’apostolato.
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Il Signore fece una volta vedere a un sacerdote che stava predicando con grande frutto, fece vedere quale era la ragione del grande frutto che egli produceva con la sua predicazione. Predicava e molti peccatori si convertivano, venivano a confessarsi, detestavano la loro vita; promettevano, invece, di migliorare, di cambiare. E già lui era tentato di invanirsi per il risultato che otteneva. Il Signore lo illuminò: in un momento in cui stava dal pulpito, vide al fondo della scala del pulpito un’anima che, mentre egli parlava, predicava, ella con le mani giunte e rivolta al Santissimo Sacramento pregava per lui. E il Signore gli fece comprendere che il frutto dipendeva assai più dalla preghiera di quell’anima – e quindi dalla misericordia stessa di lui, del Signore – che non dalla parola che andava seminando il sacerdote stesso, quel sacerdote stesso.
Sempre assicurarsi anime che preghino. Particolarmente hanno questo ufficio di accompagnare le Famiglie Paoline, con le loro preghiere, le Pie Discepole. Le Pie Discepole sono istituite per ottenere le grazie agli apostolati affinché si santifichino gli apostoli, le apostole, e il loro lavoro sia fruttuoso per le anime. Perché, senza Dio che cosa si otterrebbe? Perciò le adorazioni che fanno notte e giorno, ecco, offerte per questo: per il frutto di chi opera! E allora orazione ed azione unite insieme ottengono l’intervento di Dio, la benedizione di Dio sopra l’opera apostolica, e allora azione e grazia porteranno il frutto sperato. Sì, particolarmente quando si parte per la ricerca di vocazioni, oppure si sta lavorando in casa o per il Corso di orientamento3 o scrivendo le lettere, tenendo la corrispondenza da cui si spera frutto, le sorelle devono impegnar le loro preghiere e anche i loro sacrifici. Quante volte dipende di più, il frutto dell’apostolato, da una sorella che sta lavorando umilmente in uffici magari non molto stimati e non molto graditi, che non il lavoro stesso! «Qui incrementum dat Deus»: l’incremento, cioè il crescer della pianta e il portar la pianta a fruttificare è di Dio, è di Dio.
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Per questo volevo dire adesso di far bene la novena dell’Assunzione di Maria al cielo. Quest’anno il Papa vuole che si dia a questa novena una particolare solennità; quindi ha mandato un’Enciclica4 appositamente, la quale Enciclica insiste sopra questo pensiero: le nazioni vivono in continuo lavorìo per armarsi e la pace è sempre più in pericolo; allora, non potendo sperar dagli uomini, ricorriamo a Maria Regina della Pace, Maria Assunta al cielo. Oh! Questa è una delle grazie che il Papa intende che si chiedano nella novena della Assunzione… ma tutte le altre grazie! Maria è stata assunta al cielo e fu incoronata Regina del cielo e della terra, e fatta dispensiera delle grazie. Mediatrice di grazie già lo era per il suo ufficio stesso di Madre del Salvatore, ma allora incominciò a esercitare quest’ufficio dal cielo e continua a esercitare quest’ufficio dal cielo di mediatrice–dispensatrice delle grazie finché la Chiesa, finché il mondo durerà, finché il mondo durerà. Il Signore ha messo nelle sue mani tutte le grazie necessarie per i suoi figli, perché le dia, le distribuisca queste grazie, ella! Ella è piena di grazia, ed è piena di grazia in proporzione del suo ufficio, del suo ufficio: «Invenisti gratiam» [Lc 1,30], hai trovato la grazia; la grazia che aveva perduto Eva, l’ha trovata Maria. E allora, ecco, questa grazia prima è per la sua santificazione: immacolata e concepita non solo senza peccato originale, ma ancora ornata di molta grazia; e grazia per noi, per tutti i suoi figli.
Aveva la grazia per compiere precisamente la sua missione di cooperatrice nella Redenzione, ma la grazia anche di poter continuare in riguardo alla Chiesa, cioè in riguardo a noi, il suo ministero di distribuzione di aiuti per tutte le anime, per tutti i figli suoi, i suoi figli spirituali. La continua fino al termine dei secoli: alza le sue mani santissime verso la Trinità.
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La sua intenzione è precisamente unita alle intenzioni, ai voleri di Dio: e Dio vuole che tutti siamo salvi, e Dio vuole che il mondo sia salvato dagli uomini… gli uomini salvati dagli uomini… e cioè dalle vocazioni; ha voluto anche che il suo Figlio si facesse uomo perché fosse un uomo a salvare l’uomo, e così vuole adesso che gli uomini salvino gli uomini. E quindi la cooperazione alla salvezza, la cooperazione alle vocazioni è punto centrale, fondamentale. Sì!
Dunque, far bene la novena. In che modo? Pensieri di cielo: la Madre è lassù che ci aspetta. Ella è inabissata nella visione di Dio, nel possesso e nel gaudio di Dio, e noi siamo ancora qui sulla terra in pericolo di perderci, in pericolo di cadere in peccato. Perciò rivolgiamoci a lei che è già sicura sopra il suo seggio di gloria. E noi la invochiamo stella del mare5: stiamo attraversando un mare pieno di rischi e di pericoli, che sono le tentazioni, che sono le passioni disordinate. E allora: Tu, o Madre, che già hai raggiunto il porto dell’eterna salute, guarda noi che siamo ancora naviganti su questo mare tempestoso e burrascoso6.
Rallegriamoci con lei che è già in possesso della gloria eterna, e non solo con la sua anima ma ancor col suo corpo. Ecco.
Poi ricordiamo che è stata incoronata Regina del cielo e della terra. Quindi il vostro Istituto è sotto la protezione della Regina del cielo, la quale protezione si rivolge a tutti gli uomini, ma in modo particolare a chi si fa apostolo, agli apostoli, alle apostole.
E poi pensiamo che Maria ci attende, la Madre, nella casa del Padre Celeste ci attende. Quindi pensiamo e operiamo per il paradiso: tutto per il cielo, eh! Retta intenzione, per la gloria di Dio e per le anime e per il paradiso, sì, per il paradiso.
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Pensare a quella celeste Gerusalemme, là dove c’è la Chiesa eterna del cielo, la Chiesa santa, santa non solo in sé, ma santa ancora perché son tutte sante le anime che sono là.
Oh! Pensieri di cielo; desideri di cielo, cioè di santità; opere di cielo, cioè fatte per il paradiso; e fiducia serena in quella Madre che è in cielo, per la santificazione nostra e per l’apostolato nostro.
Non pensiamo che Maria sia tanto distante, Maria è vicino a noi, più vicina che tua madre, la madre terrena. Più vicina perché vede noi sempre, e ci vede non solamente la faccia o l’abito, vede il cuore, vede la mente. Tutta questa visione ella l’ha nella visione stessa di Dio, in cui noi ci riflettiamo come in uno specchio: ella ci conosce profondamente. Allora pensiamo che conosce tutti i nostri bisogni, e diciamole che ci dia quelle grazie che vede più necessarie per l’anima nostra e ci prevenga dai pericoli e ci faccia crescere nella santità. Diciamole: La vita passa presto, voglio utilizzare tutti i miei momenti per il Signore. Alle volte non si utilizzano tutti i momenti per Dio. Ieri sera leggevo su L’Osservatore Romano questa riflessione: che pochi credono di non essere toccati e di non avere affatto il vizio capitale della pigrizia, invece questo vizio capitale è più comune di quel che si pensa; quando c’è freddezza e tiepidezza è perché c’è noncuranza, perché si è presi dalla pigrizia7. Oh! Allora sempre in attività ingegnosa per il paradiso, per il paradiso!
I giusti ci aspettano, i santi ci aspettano in paradiso e specialmente ci aspetta la Madre. Coraggio, dunque! Compiere bene il lavoro di nostra santificazione, il lavoro di unione con Dio, le opere di pietà e, nello stesso tempo, pensare che Dio avendoci confidata questa vocazione, questo lavoro… non dobbiamo perder neppure un momento! Dobbiamo dedicarci con tutta l’attività: chissà quante cose dipenderanno da noi! Vedremo al giorno del giudizio quante cose dipendevano da
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noi: forse la salvezza di tante vocazioni, di tante anime! Ora noi siam distratti… poi anche se fossimo raccolti, non arriviamo a comprender tutto: vedremo poi al giudizio di Dio ciò che potevamo fare, ciò che abbiam fatto; e Dio non voglia che dobbiamo constatare anche quello che non è stato fatto o non fu fatto bene. Quindi stringiamoci bene ai piedi di Maria, baciamo le sue sante mani e chiediamo la grazia di lavorare per la nostra santificazione, lavorare per il cielo e lavorare per le vocazioni, le anime, lavorare per tutte le anime, perché lavorar per una vocazione vuol dire lavorar per tutte le anime alle quali farà del bene quella determinata vocazione che abbiamo aiutato. Il bene allora si allarga. Non è un frutto come: io faccio bene – supponiamo –, faccio il bene come fa bene qualunque…, un cristiano fa un’opera buona, dà qualche soldo di elemosina, supponiamo. Ma sì, nell’apostolato vostro non fate solamente un’opera buona ma piantate degli alberi – diciamo così – che faranno tanti frutti. E, alle volte, si vedono queste piante cariche di frutti, così da rompersi i rami… ecco, alle volte una vocazione che abbiamo curata produce poi tanti frutti e poi ogni frutto produce altri frutti, cioè ogni frutto diviene un seme di nuovo, che produrrà altre piante ed altri frutti.
Oh! Il bene che facciamo, il Signore, per sua misericordia, ce lo tiene nascosto! Nessuna vanità viene a guastarlo, ma lo si vedrà e se ne avrà il premio nel giorno del giudizio.
Adesso benediciamo le intenzioni della mente, i desideri del cuore, la vostra attività in ogni cosa. Camminare in una continuata delicatezza, continuata delicatezza per non disgustare mai il Signore e perché non dipenda da noi nessuna incorrispondenza alla grazia della vocazione, ma che, per parte nostra, arriviamo dove si può arrivare con quanto di mezzi ci dà il Signore.
Iesu Magister Via, Veritas et Vita.
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1 Nastro originale 27/58 (Nastro archivio 30b. Cassetta 30bis, lato 1. File audio AP 030b). Titolo Cassetta: “La Madonna”.
2 «[Né chi pianta né chi irriga vale qualcosa, ma solo] Dio, che fa crescere».
3 Si riferisce al corso vocazionale per corrispondenza, denominato Corso di orientamento per la vita (C.O.V.). Si tratta di una delle prime attività apostoliche delle Apostoline, iniziata l’8 dicembre 1957 per volere di Don Alberione.
4 PIO XII, Lettera Enciclica Meminisse iuvat [AAS 50(1958), pp. 449–459]. Pubbliche preghiere nella novena dell’Assunta, 14 luglio 1958. Invito a pregare la vergine Maria durante la novena dell’Assunta soprattutto per la chiesa provata e perseguitata nei paesi dell’Est Europa e in Cina. Esortazione ai cristiani a essere forti nella prova. Invito a tornare ai valori evangelici attraverso un profondo rinnovamento morale, in EnchEnc 6, 1585–1609.
5 Cf Ave, maris stella (Ave, stella del mare), Inno usato nella liturgia per le Feste mariane. Il 5° punto della Coroncina alla Regina degli Apostoli si introduce con questa espressione: «O Maria, stella del mare». Cf Preghiere, ed. 1985, p. 147.
6 Cf SAN BERNARDO DI CHIARAVALLE, op. cit., Sermone 2,17. In questo paragrafo il PM lascia riecheggiare i contenuti di questo bellissimo testo.
7 L’Osservatore Romano, 7 agosto 1958, p. 3. Si tratta di un trafiletto titolato I sofismi dell’accidia nella rubrica Congiunture d’oggi, a firma ni. gri., che presenta un articolo della Rivista di Ascetica e Mistica scritto dal p. Innocenzo Colosio.