Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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22. LA VESTIZIONE RELIGIOSA

Ritiro mensile, Castel Gandolfo, 28 giugno 19581

Quando si tratta del cambiamento di abito, di una vestizione religiosa2 o sacerdotale, coloro che mutano l’abito esteriore, mutino anche interiormente il loro spirito, il che significa mutare interiormente i sentimenti, i pensieri, la volontà. È un cambiamento che deve essere schietto e sincero. Vestendo l’abito, la giovane si presenta agli uomini con una divisa di religiosa; e allora, se esteriormente si mostra religiosa, la schiettezza, la sincerità vuole che ci sia la vera virtù, il vero spirito religioso, interiormente. Sì, affinché l’abito sia una manifestazione soltanto di quello che c’è nel cuore, nello spirito, nei pensieri, nelle abitudini, nella pratica della vita, nell’attività.
Allora, quando si è così schietti che l’esterno è l’espressione di quello che passa nell’interno, ecco, allora la vestizione è benedetta da Dio ed è un passo che ci lega al Signore.
La vestizione allora significa tre cose.
Primo. Un’approvazione di quel che si è già fatto nella vita: che si è vissuto in bene e si è dato prova di voler essere veramente anime di Dio, consecrate a lui; e si è dato [prova
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di voler]3 come perseverare e di esser capaci di perseverare in quella strada. Quindi è come un premio, da una parte, ma non un premio nel senso soltanto umano: è una grazia che il Signore concede per coronare le altre grazie che ha dato alla giovane, alla figliola.
E il Signore prepara le anime: e fino dalla creazione le prepara le anime, particolarmente con la infusione di grazie speciali nel Battesimo; e poi avanti, dall’uso di ragione fino all’età in cui si è finito di scegliere lo stato, si è finito di sceglier lo stato della vita. Non è possibile descrivere tutta l’azione della grazia, tutta l’azione dello Spirito Santo nell’anima, nelle vostre anime, tutta l’azione dello Spirito Santo da quando noi eravamo nella mente di Dio Creatore fino a questo momento qui. E soltanto in paradiso conosceremo tutte le finezze della bontà di Dio, tutta l’abbondanza della grazia che il Signore ha elargito giorno per giorno alle vostre anime.
Secondo. La vestizione, poi, è una vostra dichiarazione innanzi al mondo, proprio innanzi al mondo, che questa è la via scelta. Non è una dichiarazione di parole, è una dichiarazione che è di fatto. Vi presenterete innanzi al mondo come persone che hanno trovato la loro via. Si poteva vivere da buone cristiane e invece voi volete vivere da buone religiose. Potevate pensare a una famiglia e a una posizione, anche possiamo dire – in certo senso – una carriera, un ufficio nel mondo, ma voi dichiarate col vostro abito: No, quello non è per noi. Noi abbiam scelto un’altra parte, il Signore, «Dominus pars hereditatis meae et calicis mei, tu es qui restítues hereditatem meam mihi»4 [Sal 16(15),5]. Con l’abito, esteriormente dichiarate: Il Signore è la mia porzione. Gli altri si prendano le loro cose, noi ci prendiamo Gesù, il quale Gesù sarà la nostra ricchezza sulla terra, il nostro amore e la nostra eterna felicità.
Quando è mancato… è venuto a morire il santo Cottolengo, il santo della Provvidenza, i suoi l’hanno avvertito che c’era
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da dividere l’eredità in casa, se voleva venire per fare le proporzioni e le parti uguali, ed egli rispose: [A] quelle io non ci penserò, alle cose e ai vostri soldi; divideteveli in pace, io ho un’altra ricchezza. Per me c’è il Signore e ci sono i poveri da alimentare. E se portassi in Casa un soldo di mio, temerei che la Provvidenza venisse a mancare, quasi che volessi sostituirmi a Dio e fossi io colui che alimenta gli infermi, i poveri, i ricoverati di questa Casa5. Quella era una fede eroica nella Provvidenza, che si trova, oh, non solo raramente… ma raramente anche fra i santi, non solo raramente fra i cristiani ma anche raramente fra i santi. E sono pochi i santi che sono arrivati a questo; anzi, forse nella storia di quelli che leggiamo, non vi è in questo settore altro santo che abbia dimostrato tale virtù.
Ma voi dichiarerete in faccia al mondo: Il Signore è la nostra eredità, la nostra porzione... E vivremo del nostro lavoro. Oh! Perché egli [il Cottolengo] aveva solo i poveri e gli infermi, quelli che non potevano produrre e allora diceva: La Provvidenza deve provveder tutto, anche un legaccio delle scarpe6. E invece fin quando c’è [la forza], lavori – chi può7 –, finché ci sono le forze, non c’è l’infermità, allora bisogna lavorare. Bisogna fare come san Paolo: «Ministravérunt me manus istae»8, ciò che mi era necessario alla vita e necessario ai miei, ho guadagnato con le mie mani [cf At 20,34]. Lavorava a fare i cilici, e lui era pratico perché cilicio vuol dire una stoffa che si fa in Cilicia (regione dell’Oriente) e serviva ai soldati, quando andavano ad accamparsi, come stuoia per riposare nella notte quando erano accampati qua e là, durante le guerre, in campagna all’aperto; o anche quando entravano nelle case e non avevano letti, si stendevano sopra questi cilici fatti di peli duri. Oh!
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Terzo. La vestizione è ancora, in ultimo, come una protesta9, una protesta che volete rendere sensibile. Già tante volte, dopo la Comunione, dite al Signore: Voglio essere tua. Lo dite, lo protestate. E anche la vostra presenza qui dimostra che tale è la vostra volontà, e lo sforzo che fate per acquistar le virtù religiose è chiaro e lo prova. Ma ora lo esprimete anche esteriormente questo proposito a Gesù: Mi vestirò con l’abito religioso e questo è un impegno di più che prendo per vestirmi di tutte le virtù religiose e così poter vivere la vita religiosa in modo di piacere a te solo. D’ora avanti non voglio più piacere a me, non avrò più ambizioni, desideri vuoti, pensieri di mondo, né superbia, né invidia, né orgoglio, né ira, né desideri che hanno comunemente le giovani…, le quali vanno formandosi – nella loro fantasia tante volte, più che nella verità della… realtà della vita! –, un avvenire tutto roseo. Voi fate un avvenire che è fin troppo poco roseo davanti a voi! Ah, quanto è dolce amare in te10 e vivere solamente di Gesù, «gustate et videte quam bonus est Dominus»!11 [Sal 34(33),9]: quando sarete tutto interamente, fino alle unghie, sue?! Tutto l’essere, pensieri, cuore, volontà; tutto il corpo, tutto [l’]essere, tutto il tempo della vita, nell’obbedienza assoluta, nella povertà perfetta, nella castità delicatissima, nella coltura del vostro giglio sempre profumato e sempre bianco, come…!
Quello della vestizione è il proposito più forte che non il proposito di parole dopo la Comunione, perché ci entra anche l’esterno e impegna, e impegna. Dopo non si può più tergiversare! Non ho più da guardare se devo passar per la via di destra o la via di sinistra o la via centrale… la parte migliore: quella che conduce a Dio direttamente. E spenderò ogni respiro e ogni sentimento del cuore, e ogni pensiero e ogni forza dello spirito in obbedienza e in amore a Dio.
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Dopo non sarete più di voi stesse, sarete di Dio!, specialmente conchiudendo poi i giorni di Esercizi che farete, con voti che possono essere per qualcheduna perpetui e per altre possono essere temporanei12. Ma il temporaneo non vuol dire che una dopo voglia cambiare, che voglia ancora studiare se ha da seguire questa o quella via; vuol dire che questo è un modo di impegnarsi ogni anno di più perché non si è ancor formate del tutto. Si vive già bene, ma quella virtù non è ancora proprio entrata nelle ossa, nello spirito, nel cuore. Quindi bisogna che gli atti buoni divengano virtù; e virtù vuol dire già abitudine al bene, a vivere religiosamente nella povertà perfetta, nella castità perfetta, nell’obbedienza perfetta, nella vita comune e nell’esercizio del vostro apostolato. Non è più per decidere la strada da venire, anzi non bisogna mai mettere poi i pensieri di scoraggiamento e di nuovo risollevare il problema: Che via devo prendere?. Oh!, su questo punto, ditelo a Gesù… e poi si deve cacciar ogni tentennamento, ogni dubbio, come un pensiero cattivo, perché in realtà è come un pensiero di ritornare alla famiglia e quindi, in sostanza, in ultimo si risolve in mancanza di castità a cui forse non si bada, ma in realtà, infine infine è così! Quindi [il temporaneo] è per aiutare a formare le abitudini sante, le abitudini religiose, a vivere la vostra vita sempre meglio.
Dunque, la vestizione è come un premio del Signore; la vestizione è una dichiarazione davanti al mondo sulla via che avete scelto; la vestizione è un impegno nuovo e una promessa nuova e può essere confermata anche [da] alcune con voti, di voler soltanto e sempre esser di Dio. Non solo, ma di progredire in questa appartenenza a Dio, in questa unione con Dio fino a che, se arrivate, mirate allo sposalizio spirituale dell’anima con Dio. È il Cantico dei Cantici l’espressione più vera della vita religiosa, cioè le intimità di amore fra lo Sposo Gesù e la sposa, l’anima religiosa. Eh, avete da camminare!
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Questo stato lo chiamano anche matrimonio spirituale: santa Teresa, san Giovanni della Croce, come le spiegano bene queste cose! E del resto sono ben spiegate anche nel libro di ascetica che per lo più corre tra i nostri13. Diamoci da fare, diviene14 poi utile che venga poi spiegato, poco per volta, anche a voi. Sì.
Adesso celebro la Messa affinché quest’oggi sia un bel Ritiro. Nel pomeriggio ritornerò, così che vi prepariate santamente più alla vestizione interiore che alla vestizione esteriore. E la vestizione esteriore dev’essere come un richiamo alla vestizione spirituale interiore degli abiti virtuosi, cioè delle virtù.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro originale 26/58 (Nastro archivio 29b. Cassetta 29, lato 2. File audio AP 029b). Titolo Cassetta: “Sulla vestizione religiosa”.

2 Il giorno dopo questa meditazione, il 29 giugno 1958, Don Alberione presiederà la Vestizione dell’abito religioso delle prime sette ragazze.

3 L’aggiunta di queste parole, ricavate dal contesto, è dovuta al fatto che il Nastro originale risulta cancellato per circa 3 secondi.

4 «Il Signore è mia parte di eredità e mio calice: nelle tue mani è la mia vita».

5 Cf LINO PIANO, San Giuseppe Benedetto Cottolengo, Torino 1996, pp. 770, 676–677. In questo approfondito studio storico, sono riportate anche le testimonianze dei suoi parenti su tale argomento, raccolte nel Processo di canonizzazione.

6 Ricordiamo la grande stima che il PM nutriva per la figura del Cottolengo, dal quale ha recepito e assunto alcune convinzioni, quali la fiducia nella Provvidenza.

7 Espressione incerta.

8 «Hanno provveduto queste mie mani».

9 Il primo significato di questo termine, usato comunemente oggi per indicare opposizione, è «attestazione, dichiarazione aperta e vibrata (espressa cioè con fermezza) di un sentimento, di una convinzione, di un’idea» (dal dizionario Treccani online).

10 Potrebbe aver detto anche: amare in Dio.

11 «Gustate e vedete com’è buono il Signore». In latino, anche: «Gustate et videte quoniam suavis est Dominus».

12 Al termine degli Esercizi Spirituali (14-21 agosto), inizierà l’anno di noviziato. Da queste parole del PM, appare che alcune Apostoline si stiano preparando ai voti privati, temporanei o perpetui. Vedi nota 2, p. 205; nota 7, p. 213.

13 ADOLFO TANQUEREY, Compendio di teologia ascetica e mistica, nn. 1469–1479: “Unione trasformativa o matrimonio spirituale”. In questo paragrafo vengono citati e spiegati i testi di santa Teresa d’Avila e san Giovanni della Croce.

14 Parola incerta.