Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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2. I SACRAMENTI PER GUARIRE DALLE MALATTIE SPIRITUALI
La Confessione e la Comunione

Domenica III dopo l’Epifania, Meditazione, Castel Gandolfo, 26 gennaio 19581


[…] Terza dopo l’Epifania, e il Vangelo è preso da san Matteo.
«In quel tempo: Gesù sceso che fu dal monte, lo seguirono molte turbe. Ed ecco un lebbroso, accostarsi, gli si prostrò innanzi, dicendo: Signore, se vuoi, tu puoi mondarmi. E, stesa la mano, Gesù lo toccò, dicendo: Lo voglio, sii mondato. E subito sparì la sua lebbra. E Gesù gli disse: Guardati dal dirlo ad alcuno; ma va’, mostrati al sacerdote e fa’ l’offerta prescritta da Mosè in testimonianza per essi. Ed entrato che fu in Cafarnao, s’accostò a lui un centurione, e lo pregava, dicendo: Signore, il mio servo giace in casa paralizzato e soffre terribilmente. E Gesù a lui: Io verrò e lo guarirò. Ma il centurione, rispondendo, soggiunse: Signore, io non son degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Perché anch’io sono uomo sottoposto ed ho dei soldati sotto di me, e dico a quello: Va’, ed egli va; e a quell’altro: Vieni, ed egli viene; ed al mio servitore: Fa’ questo, e lo fa. Gesù, udite queste parole, ne restò ammirato, e disse a coloro che lo seguivano: In verità, vi dico: non ho trovato tanta fede in Israele. Ora vi dico che molti verranno dall’Oriente e dall’Occidente, e sederanno con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli; e i figli del regno saranno gettati nelle tenebre esteriori, ove sarà pianto e stridore di denti. E Gesù disse al centurione: Va’, e come hai creduto ti avvenga. E in quell’istante il servo fu guarito»2.
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Ecco, abbiamo due guarigioni qui. L’una è la guarigione del lebbroso dal suo male e l’altra è la guarigione del servo del centurione, il quale servo era paralizzato. Qui sono simboleggiati due sacramenti: il primo è il sacramento della Penitenza, perché la lebbra – il primo infermo era malato di lebbra –, la lebbra indica il peccato; il peccato, il quale è come la lebbra dell’anima.
La lebbra ha effetti disastrosi sulla pelle, sui muscoli stessi; cadono qualche volta le labbra, gli orecchi. Fanno proprio pena questi lebbrosi! E in questi giorni si sta facendo un congresso per l’aiuto dei lebbrosi3. Ci sono ancora città intiere che sono abitate da lebbrosi, in Oriente, in Africa. Fanno tanto pena perché vengono tutti deformati. E sono ora anche ammessi in città, li sopportano anche in città, in qualche luogo; in altri luoghi li confinano tutti in città proprie, tutti quelli che sono lebbrosi. Quelli che sono in quelle regioni dove è permesso loro di vivere in città, per lo più stanno sugli angoli delle strade invocando un po’ di soccorso. Si passa, per esempio, attraverso alle vie delle città principali dell’India ed è uno stringimento di cuore: alle volte, invece delle mani non ci son più dita, cadute, e alzano il troncone, sulle montagne, in cielo.
Ora costui era malato di lebbra, e nei tempi di Gesù i lebbrosi dovevano star lontani in campagna, in capanne, non avvicinarsi agli altri cittadini per non infettarli anch’essi. Se vuoi, puoi mondarmi, dice a Gesù. E Gesù risponde: Sì, lo voglio, sii mondato. Il peccato è simboleggiato dalla lebbra, il peccato è la lebbra dell’anima; il peccato grave specialmente si vuole indicare qui: il peccato deforma un’anima, la distacca da Dio, le toglie la vita spirituale – si capisce, sempre che si tratti di peccato mortale – e conduce alla rovina eterna. Ma se uno è pentito e ricorre a Gesù e domanda il perdono, come questo lebbroso, domanda perdono… ecco, Gesù risponde: Io ti assolvo…, per mezzo del confessore
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risponde: Io ti assolvo dal tuo peccato4. E il lebbroso fu immediatamente guarito, e Gesù gli ordinò di presentarsi al sacerdote, far l’offerta e avere il permesso di rientrare in società, quindi. Così noi, andandoci a confessare, ci presentiamo al sacerdote e diciamo il nostro male ed ecco che il sacerdote ci assolve. Qui è ricordato quindi il sacramento della Penitenza.
Secondo: possiamo dire che è ricordato poi nella guarigione del servo del centurione il sacramento della Comunione. Quando noi distribuiam la Comunione e ci accostiamo alla Comunione diciamo: «Domine, non sum dignus, ut intres sub tectum meum: sed tantum dic verbo, et sanabitur anima mea», Signore, non son degno che entri in me, ma di’ almeno una parola e sarà sanata, risanata l’anima mia5. Che cosa significa? Significa che noi abbiamo tante malattie spirituali, ma se noi preghiamo Gesù, l’anima nostra sarà risanata. La lebbra indica piuttosto il peccato grave e queste malattie varie indicano piuttosto le venialità, riguardan le malattie dell’anima: la superbia, l’avarizia, l’invidia, la gola, la pigrizia, l’invidia, eccetera. Ecco: son le malattie dell’anima. Nella Comunione, noi, se abbiamo fede, siamo curati da queste malattie, siamo curati da queste malattie. Curati dall’orgoglio, curati dall’invidia, dall’avarizia, dall’ira e da tutti gli altri peccati e difetti veniali. Se… Oh!
Questo pregò con fede, il centurione pregò con fede: Il mio servo è gravemente ammalato, soffre, è paralizzato. Io verrò – risponde Gesù – e lo guarirò. Ma il centurione, che era pagano, risponde subito: Non son degno che tu entri in casa mia; tu puoi guarirlo da lontano, voleva dire. Infatti dice: Io sono sottomesso a dei miei superiori, ma ho anche degli inferiori a cui comando, dei soldati. Dico a uno: va’, ed
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egli va, all’altro dico: vieni, ed egli viene e dico al servo: fa’ questo, ed egli lo fa, obbedisce; così voleva dire: Tu, Gesù, che sei padrone e comandi ai mali, basta che dia ordine anche di qua al male che se ne vada. Non è necessario che entri, quindi, in casa mia e imponga le tue mani sopra l’infermo. E Gesù lodò la fede di questo centurione e disse che in Israele, fino allora, non aveva trovato un uomo di così grande fede come questo pagano, e perciò, rivolto al centurione, disse: Va’, e come hai creduto ti avvenga, e cioè hai creduto che potessi guarirlo di qua… ecco, va’ e il tuo servo è guarito. E il servo fu guarito in quell’ora stessa, in quel momento stesso in cui Gesù pronuncia queste parole.
Oh! Ecco: Non son degno che entri sotto il mio tetto, non son degno che entri nell’anima mia, ma di’ una parola e l’anima mia sarà salva – nelle Comunioni –. Che Gesù ci guarisca dalle nostre malattie spirituali! Alle volte siamo malati di tiepidezza, alle volte siam portati molto dalla divagazione, dalla distrazione, alle volte il nostro cuore ha ancora dei piccoli attaccamenti, dell’amor proprio. Se riceviam bene la Comunione, Gesù curerà le nostre malattie spirituali, curerà le nostre malattie spirituali. Certo, bisogna che noi facciamo bene la Comunione; e fra le disposizioni questa: fede, fede, ci vuole fede. Occorre che abbiam molta fede, una fede simile a quella del centurione. Sì! Il centurione dimostra una fede tale che non si era ancora trovata in Israele: «Non invéni tantam fidem in Israël»6. Molte volte ci manca un po’ la fede. Si crede, ma superficialmente. Vi sono persone che stentano a credere di potersi far sante, stentano a credere di potersi emendare, acquistare l’umiltà, lo spirito di fede, la carità vera, l’obbedienza religiosa e lo spirito di povertà, eccetera. E credono poco e allora ricevono poco. Vediamo che Gesù dice al centurione: Va’, e come hai creduto ti avvenga. Tu ricevi Gesù… e come credi, riceverai: se credi poco, riceverai poco; se credi tanto, riceverai tanto. La nostra fede è la misura dell’esaudimento, sì, è la misura dell’esaudimento! Il centurione
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credeva che Gesù lo poteva guarir da lontano e come hai creduto, ti avvenga. Ecco. Invece, in altro caso, era detto diverso: Vieni… imponi le mani e… sarà guarito7.
E ora, ecco, siamo esauditi a misura della fede. Siamo noi che misuriamo la grazia a Dio: Dio è disposto a far miracoli, ma se noi non abbiamo gran fede, eh!, gli chiudiamo la mano! La mano, invece, che è ben aperta, noi gliela restringiamo, mentre che egli, Gesù, stende le sue braccia per tutti accoglierci nel suo amore. Noi invece ci arrendiamo poco, alle volte, e ce ne stiamo un po’ indifferenti perché ancora c’è l’amor proprio, ci son tante cose in noi che non vogliamo togliere! E allora, avendo poco, riceviamo poco: perché se uno va ad attingere acqua con un secchiolino, ne riceve poca e se va con un gran secchio, ne riceve molta di acqua, può prenderne molta acqua.
Siamo noi che determiniamo a Dio la misura della sua misericordia. La sua misericordia è sempre infinita, ma l’applicazione della sua misericordia, cioè l’applicazione che significa la quantità, la qualità delle grazie… Eh, quanti torti facciamo al Signore con la nostra poca fede e quante volte non lo lasciamo operare secondo la sua grande misericordia! E allora, non abbiamo da dire altro: Signore, sanate l’anima mia dalla incredulità! [cf Mc 9,24]. Non proprio che ci manchi la fede nei misteri principali della religione, ma ci manca la fede per quel che riguarda noi: di ricever questa grazia, quell’altra, la fede riguardo alla santificazione, la fede riguardo al nostro futuro, alla vocazione, alla corrispondenza, e a tutte le grazie che devono portarci alla santità. Bisogna, allora, dire: Signore, fate che creda sempre più! Credo già un po’ ma, Signore, aiuta, soccorri ancora la mia tiepidezza, la mia poca fede!. «Adáuge in nobis fidem»8 [cf Lc 17,6], accresci, o Signore, la mia fede, questa grazia!. E se Gesù viene nell’anima nostra e si dà tutto a noi, se si dà tutto a
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noi, dà tutto se stesso a noi, come non ci darebbe le grazie subito? Fede, quindi, nella convinzione di ricever tanto! E non restringiamogli la mano. E mettiamoci a sua disposizione: Signore, fate di me quel che vi piace! Conducetemi nel vostro amore, conducetemi nella via della perfezione e fate che io corrisponda a tutto. Vi apro il mio cuore, riempitelo di grazia. Io credo, o Signore, che la vostra bontà è grande. Credo al vostro amore infinito. Fate di me quel che volete; datemi la grazia di non oppormi mai alla vostra grazia, alla vostra misericordia: che io non rifiuti mai la vostra grazia, la vostra misericordia. Che non sia mai duro ai vostri inviti, che non sia mai sordo alle vostre ispirazioni. Ecco, allora, poco per volta la grazia aumenterà in noi, quasi insensibilmente, ma con un progresso vero, quotidiano; sì, progredendo così ogni giorno.
Ringraziate il Signore di aver istituito il sacramento della Confessione e il sacramento della Comunione. Poi domandate al Signore di ricevere sempre molto bene questi due sacramenti che sono per l’applicazione dei meriti di Gesù Cristo e sono come i canali di grazia per la nostra anima. Riceverli bene e poi, soprattutto, portar fede che nell’assoluzione vi è la vera remissione del peccato, se c’è il pentimento; e che nella Comunione Gesù si dà a noi e, quindi, sta solo a noi ricevere più abbondanti grazie. È come dire che vi è tanta acqua: io ne prendo poca… ne prendo molta. Non siamo di misura stretta! Grande fede: Ti avvenga come hai creduto, «fiat tibi sicut credidisti»9. E allora ci saran delle Comunioni, di quelle Comunioni di cui parlava quel grande scrittore: Basterebbe una Comunione a fare un santo10; mentre che alle volte si fan tante Comunioni e si è sempre quasi allo stesso
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punto, perché noi non abbiamo quella fede che avevano i santi. Domandiamo la fede dei santi, quella fede che piace a Gesù, che piace a Gesù, che è la virtù teologale prima. Prima virtù teologale: fede, speranza e, poi, le altre virtù11.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro originale 16/58 (Nastro archivio 20b. Cassetta 20, lato 2. File audio AP 020b). Titolo Cassetta: “Il lebbroso e il servo del centurione”.

2 Vangelo: Mt 8,1–13. Nella meditazione il brano viene citato liberamente dal PM.

3 Nel 1954 Raoul Follereau aveva fondato la Giornata mondiale dei lebbrosi, fissando la data di ricorrenza l’ultima domenica di gennaio. Per cui, la 5

a Giornata cadeva proprio in quella domenica.

4 Cf formula di Assoluzione dal Rituale Romano (Rituale Romanum de Sacramento Paenitentiae) nel testo latino: «…ego te absolvo a peccatis tuis…».

5 Missale Romanum, Ordo Missae, Canon Missae. Il PM si riferisce qui a due momenti distinti della Comunione: prima dell’assunzione della Eucarestia da parte del sacerdote e prima della distribuzione ai fedeli.

6 «In Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande!».

7 Si riferisce alla guarigione della figlia di Giairo, capo della sinagoga, in Mc 5,23: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva».

8 «Accresci in noi la fede!». Nel testo latino è il versetto 5, che recita: «Adauge nobis fidem».

9 La frase dal Vangelo è: «Sicut credidisti, fiat tibi».

10 Cf GIACOMO ALBERIONE, Alle Figlie di San Paolo, 1946–1949, (FSP46), Roma 2000, p. 114: «Il Lacordaire predicava spesso che bastava una Comunione per fare un santo, ma di quelle preparate bene!». J.B.Henri Lacordaire (1802–1861), religioso domenicano francese, fu brillante predicatore, giornalista e uomo politico.

11 Espressione incerta.