6. «LA GRAZIA DI CONOSCERE LA VOCAZIONE»
Penitenza e mortificazione in Quaresima
Domenica II di Quaresima, Ritiro alle ragazze, 2a Meditazione
Castel Gandolfo, 2 marzo 19581
Gesù parla in due modi: o per mezzo degli uomini – specialmente per mezzo del predicatore e del confessore – oppure parla direttamente alle anime.
Vi sono grazie che egli concede senza che siano domandate. Tra le grazie che Gesù concede senza che siano domandate c’è la grazia del Battesimo (il bambino non potrebbe domandarla) e vi è la grazia della vocazione, che Gesù concede senza che sia chiesta.
La prima volta, almeno, l’invito viene da lui; poi, questo invito, che Gesù fa sentire in un’anima, può esser manifestato, e quando già un’anima si sente una certa propensione per una vocazione particolare, allora può chiedere al Signore che dia lume, che faccia vedere qual è la sua volontà. E innanzi a questo problema, che è il problema più grave della vita, l’anima sentirà sempre meglio la voce di Dio e si sentirà sempre meglio inclinata a una vita o a un’altra, perché le vie di Dio riguardo alla donna possono essere tre: vi è la via del matrimonio, della famiglia; vi è la via della vita religiosa, consecrazione a Dio; e vi è anche un’altra via, che è di poche, la quale consta in un apostolato per le anime, per la Chiesa, fuori della vita religiosa e fuori anche del matrimonio stesso.
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Ora la grazia di conoscer la vocazione, di conoscer la volontà di Dio, si ha sempre da domandare. E come ho detto, la prima propensione viene da Dio, ma poi, dopo, sentita una certa inclinazione, una certa propensione per uno stato o l’altro, domandare al Signore che ci faccia vedere sempre con maggior chiarezza la sua santa volontà.
Oh! Adunque Gesù parla alle volte per mezzo degli uomini e alle volte parla direttamente all’anima. Parla all’anima direttamente nella Comunione, parla all’anima direttamente nella meditazione, parla all’anima nei Ritiri mensili, parla all’anima nelle adorazioni, nelle Visite al Santissimo Sacramento e parla anche con delle cose estranee: dei fatti, ad esempio, degli avvenimenti, o di esempi buoni o anche di esempi cattivi che succedono innanzi a noi.
Ad esempio, san Francesco Borgia2 era duca di Candia e come tale doveva stare alla corte e serviva la regina Elisabetta3. La regina Elisabetta era creduta allora la più bella donna del mondo; ma ecco che si ammalò e morì. E siccome è morta in un luogo lontano dal posto, dalla città dove stavano le tombe reali, venne trasportata e Francesco Borgia fu incaricato di accompagnare la salma. Arrivò dopo otto giorni al posto di destinazione e, però, prima di metterla nella tomba, si fece la ricognizione del cadavere per fare gli atti e le scritture testimoniali. Quando venne aperto – la cassa – il volto della regina era già disfatto e un gran fetore usciva. Allora egli pensò: Se questo mi indica che né la bellezza, né la ricchezza, né la potenza ci serve per l’altra vita… io mi decido di servire il Signore e di passare la mia vita in opere sante, perché le opere sante me le porterò all’eternità. Che cosa vale la bellezza? Ecco come è ridotta! Cosa vale la potenza? Ecco
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come è ridotta! Ha bisogno di quattro becchini che la mettano sotto terra, mentre che prima comandava, si può dire, a un popolo. E che cosa vale la ricchezza se bastano due metri quadrati di terreno per essere interrata, essere sepolta?. E allora cominciò a sentire la vocazione religiosa ed ecco che, appena fu libero, egli entrò nell’Istituto religioso: ecco che si fece santo4. È un modo di parlare di Dio: con un avvenimento, con un avvenimento.
Altre volte si vede una persona la quale è cattiva e, poi, disgrazie su disgrazie… e allora, coloro che vedono, pensano come Iddio castighi e come le cose della terra preparino tante pene e tanti fastidi nella vita, e allora si sente il bisogno di dedicarsi, di consecrarsi al Signore.
Il Signore parla per mezzo degli avvenimenti, buoni specialmente, ma anche per mezzo degli avvenimenti che sono cattivi perché dal male noi facciamo rinsavimento. Eh sì. Il Signore può parlare per mezzo di persone care e il Signore può parlare per mezzo di un esempio buono e santo.
Dunque il Signore ha due modi di parlare: parlare direttamente all’anima e parlare esteriormente, per mezzo delle persone o per mezzo degli avvenimenti che succedono.
Ora, ci troviamo in Tempo di Quaresima. Certamente che ciascheduno di noi ha pensato a quali mortificazioni debba fare, ha pensato a quali ossequi e a quali atti di penitenza possa darsi e possa compiere per potere santificare questo tempo. Il Tempo di Quaresima è il tempo che noi chiamiamo di penitenza e di mortificazione. Tempo di penitenza: penitenza per i peccati della vita passata. E tempo di mortificazione: astenersi da tutto quello che non è buono, mortificarsi.
Tempo di penitenza. Noi sappiamo di aver peccato e allora la Quaresima è il tempo di pentirsi. Quella è la penitenza fondamentale: esser pentiti del peccato. Poi dal pentimento
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nasce il bisogno di confessarsi – è vero – ma intanto bisogna che ci sia prima il pentimento, il dolore. Il dolore è la cosa più necessaria, la disposizione più necessaria per la confessione: perché è necessario dire i peccati… però se uno dimentica qualche cosa, resta assolto indirettamente il peccato; quindi è perdonato ugualmente. Se poi verrà in mente ancora, si potrà dirlo più tardi, ma intanto, se è stato dimenticato, la persona può fare la Comunione, perché il peccato è già assolto indirettamente. Ma senza il dolore, mai il peccato resta assolto. Quindi la penitenza, cioè il pentimento interiore.
Quando, poi, uno si accosta al sacramento della Confessione, allora c’è il sacramento della Penitenza. Però non sempre resta rimessa tutta la pena dovuta ai nostri peccati per mezzo dell’assoluzione e allora ci vuole ancora qualche soddisfazione che chiamiamo anche penitenza. Vi è la penitenza che dà il confessore e vi è la penitenza che possiamo scegliere noi. Per esempio: l’osservanza del silenzio nel tempo che è prescritto; oppure, mortificarsi in alcune cose che vorremmo dire, che non son necessarie, anzi che non farebbero del bene, che non farebbero del bene. E una penitenza: tacere in chiesa, prestare più attenzione nella scuola, meditando, riflettendo a quello che viene detto. Così altre penitenze che possiamo fare senza danneggiare la salute, soprattutto la penitenza della obbedienza: obbedienza in famiglia e obbedienza in casa e obbedienza di fuori: dove ci troviamo, in sostanza. Piegare la nostra volontà: questa è la mortificazione prima che dobbiamo fare, perché è il compimento del volere di Dio.
5Oh! Poi vi è nella Quaresima la mortificazione: nessuna di voi è obbligata al digiuno […].
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1 Nastro originale 18/58 (Nastro archivio 22b. Cassetta 22, lato 2. File audio AP 022b). Titolo Cassetta: “Sulla chiamata e sulla volontà di Dio”.
2 San Francesco Borgia (1510-1572). Duca di Candia (Gandia–Spagna), dopo la morte di sua moglie rinunciò al Ducato e nel 1551 fu ordinato sacerdote entrando nella Compagnia di Gesù, della quale nel 1565 fu eletto terzo Preposito generale. Fu dichiarato santo da Clemente X nel 1671.
3 Si trattava dell’imperatrice Isabella del Portogallo, moglie di Carlo V, morta nel 1539.
4 Cf Breviarium Romanum, Die 10 Octobris, S. Francisci Borgiae, In II Nocturno, Lectio IV, Lectio V.
5 Il breve testo che segue, non passato nel Nastro archivio, è ricavato dal Nastro originale, che si interrompe qui. Dopo la penitenza, quello della mortificazione era quindi il secondo degli argomenti sulla Quaresima che il PM avrebbe trattato, così come li aveva sopra introdotti.