Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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26. COME SANTIFICARE LA FESTA
Imparare a camminare nell’umiltà

Domenica XVI dopo Pentecoste, Meditazione, Castel Gandolfo, 14 settembre 19581

«In quel tempo: Essendo Gesù entrato in giorno di sabato a prendere cibo in casa di uno dei principali Farisei, questi gli tenevano gli occhi addosso. Ed ecco stargli davanti un idropico. E Gesù prese a dire ai dottori in legge ed ai Farisei: È lecito o no curare di sabato? Ma quelli tacquero. Allora egli, preso per la mano quell’uomo, lo guarì e lo rimandò. Indi soggiunse: Chi di voi, se di sabato gli cade l’asino o il bove in un pozzo, non lo tira subito fuori? E a queste sue parole non potevano rispondere. Notando poi come gli invitati sceglievano i primi posti, disse loro questa parabola: Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non ti mettere al primo posto, ché forse non sia invitato uno più degno di te, e chi ha invitato te e lui non venga a dirti: Cedigli il posto; e allora tu non cominci a stare con vergogna all’ultimo posto. Ma, quando sei invitato, vatti a mettere all’ultimo posto, affinché venendo chi ti ha invitato, ti dica: Amico, vieni più in su; e questo allora sarà per te un onore davanti a tutti i commensali. Difatti coloro che s’innalzano saranno umiliati, e coloro che si umiliano saranno esaltati»2.
Il Vangelo ha due parti e cioè: primo, riguarda il riposo festivo; e secondo, riguarda l’umiltà. La prima parte ci ricorda come il Signore ammonì i farisei circa la loro ipocrisia e circa il senso vero, l’interpretazione
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vera del comando santificare la festa, santificare il sabato. Stava a tavola nella casa di uno dei principali tra i farisei e quindi era circondato, Gesù, da altri farisei; e venne portato a Gesù un idropico, malato grave. I farisei stavano con gli occhi addosso a Gesù guardando se egli l’avesse guarito: per accusare Gesù, se mai lo guarisse, di violare il sabato, cioè di lavorare di sabato. Ma Gesù chiamò l’infermo, lo prese per mano, lo guarì e lo rimandò sano; poi per prevenire l’accusa dei farisei disse: Chi di voi, se gli cade al sabato nel pozzo un bue, un asino, non si affatica per tirarlo fuori? E se… voi, in questo caso, cerchereste di salvare l’asino, salvare il bue, pur facendo quel lavoro… non si può allora guarire un uomo, salvare un uomo infermo?. Ecco.
Allora, che cos’è che è proibito di domenica, di festa? È proibito in primo luogo il peccato. E quelli che profanano la festa in divertimenti pericolosi o perdono magari il tempo prezioso e si tengono lontani dalla Chiesa, non intervengono alla Messa, eccetera, quelli sì peccano; ma chi fa opere di carità dopo avere compiuto i doveri religiosi, chi fa opere di carità, aggiunge merito a merito. Bisogna astenersi dalle opere servili3, ma non è che alla domenica non si debba far da mangiare! Le cose necessarie si devono fare, e quelle che invece non son necessarie o che sono lavori servili si devono tralasciare, eccetto che intervenga una circostanza particolare. Se la mamma vede che il suo figlio ha solo un vestito di lavoro e all’indomani deve andare… al lunedì deve andare a lavorare, può anche provvedere per la pulizia e preparare il vestito.
Santificare la domenica, santificare il giorno festivo con opere di pietà, visitare i poveri, fare i catechismi, scriver per le vocazioni, [andare] a trovare quelle figliole da cui si aspetta qualche vocazione, o qualche aiuto anche materiale; poi se una persona abbia da scrivere lettere; se si debba fare un altro lavoro che sia un’occupazione piuttosto di vantaggio come
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l’imparare il canto, il suono, imparare il disegno, studiare: tutte queste cose sono lecite e sante. Quanto più visitare gli infermi; quanto più visitare i vecchi, i poveri, o portar loro offerte; e quanto più visitare gli orfani e fare vestiti, magari agli orfani, oppure lavorare a far una Giornata Missionaria per provvedere abiti a quei missionari che poi li distribuiscono a quei selvaggi4, a quelle persone, a quei bambini che sono ignudi, eccetera…
Sì, tutto però moderatamente e ragionevolmente – non è vero? –. E i farisei volevano spingere l’interpretazione della legge fino a vietare a Gesù di fare un miracolo?! E il medico è obbligato a visitare gli infermi e a dar le medicine e curare, in quanto la cura è necessaria proprio quel giorno; se invece è cosa che si possa tramandare al giorno seguente, allora non dovrebbe lavorare. Il dentista generalmente non lavora in domenica; ma se si tratta di uno che ha una polmonite o di un male che ha bisogno di cure immediate, è obbligato a farlo, il medico; così l’infermiera.
Sì, abbondare in opere di carità, di beneficenza, di sollievo, di aiuto. Col debito riposo – si capisce – ; e alla domenica abbondare di più in riposo perché poi si sia più pronti, per la settimana, a compiere quello che è il nostro dovere, quello che è il nostro dovere. Ci può essere uno il quale fa un mestiere con l’auto, e ci può essere uno che invece adopera l’auto per andare a celebrar la Messa o per andare a visitare persone che è necessario visitare per qualche motivo spirituale, soprannaturale e anche di amicizia.
Dunque, distinguere molto: non ipocrisia ma retta interpretazione della legge, quell’interpretazione che viene data dai manuali che spiegano il catechismo, il terzo comandamento5.
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Oh! La seconda parte del Vangelo ci insegna l’umiltà.
Gesù dice: Quando sei invitato – supponiamo a un pranzo –, recúmbe in novissimo loco, mettiti all’ultimo posto. Gesù aveva veduto che quei farisei, mettendosi a tavola, cercavano…, gareggiavano nel mettersi ai primi posti, gareggiavano fra di loro. Mettiti all’ultimo posto perché non succeda che, mettendoti tu al primo posto, poi venga il padrone che ha invitato te e ha invitato un altro che è più degno di te e ti dica: ritirati, va’ indietro, lascia il posto a questo che è più degno. Perché allora saresti svergognato davanti a tutti i commensali. Invece se ti metti all’ultimo posto, può essere che chi ti ha invitato venga e dica: Amico passa avanti! E allora avrai lode davanti a tutti i commensali, perché chi si umilia sarà esaltato e chi si esalta sarà umiliato.
Noi abbiam sempre da vivere nella nostra vita il Confiteor6 e cioè due atti. Primo: «Confiteor Deo omnipotenti», mi confesso di tutti i peccati commessi per mia colpa, mia colpa, mia massima colpa… Mi confesso a Dio, alla Vergine, ai Santi, ecco. E l’altra parte del Confiteor: «Ideo precor», perciò prego il Signore ad avere misericordia di me. Quindi l’atto di umiliazione e l’atto di fiducia: vivere il Confiteor.
Così entrando in chiesa abbiam sempre da abbassare la testa noi, davanti a Gesù Santissimo, davanti a Gesù che abbiamo offeso, considerando la incorrispondenza alle sue grazie;
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e dall’altra parte guardar le piaghe di Gesù, il Crocifisso, guardare la porta del tabernacolo: Signore abbiate misericordia di me! Io confido: primo, di avere il perdono da voi per le mie colpe; e secondo, di avere dalla vostra misericordia abbondanza di grazie. Ecco. «Orare pro me ad Dominum, Deum nostrum»: quindi si pregano i santi a pregare per noi e si pregano i fratelli, si pregano le sorelle ad intercedere per noi presso Dio. Così, atto di umiltà e atto di fiducia, che equivale a dire: Da me sono nulla ma se mi stabilisco in Dio, ecco allora vivit vero in me Christus [Gal 2,20], sì, vive in me Gesù Cristo; e il Padre Celeste guardi in me Gesù Cristo coi suoi meriti che mi comunica. Sì, perché Gesù comunica allora i meriti della sua passione e della sua morte. È «per ipsum, et cum ipso, et in ipso»7 tutto: la gloria a Dio e il bene e le grazie per noi, la pace per noi e per tutti gli uomini.
Vigiliamo sull’orgoglio, sulla superbia, sulla vanità, sull’ambizione, sull’invidia… tutti frutti di quella concupiscenza che agita tanto gli uomini, li turba, li fa deviare: l’ambizione, l’orgoglio, la vanità, la superbia. Concupiscenza: «superbia vitae» [1Gv 2,16], la superbia della vita. La superbia tante volte guasta le intenzioni: si fa il bene per essere vedute? E si ha l’ambizione di far bella figura? Si vuol soltanto evitare un rimprovero, un richiamo? Si cerca di farsi avanti, di imporre il nostro giudizio, il nostro parere? Si scuote la testa e si disapprova al comando, alle disposizioni? Non si accettano o le correzioni oppure quelle cose che dispone il Signore per nostra santificazione, quelle cose che permette il Signore per nostra santificazione? L’orgoglio… quanti mali produce l’orgoglio! E allora abbiamo sempre da vigilare.
Non paragonarsi agli altri: può essere che una porti l’abito sacro e sia meno santa di una buona donna che magari ha un abito sdrucito e tutto il giorno offra per il Signore, per il paradiso… vive unita a Dio. Non sono le cose esterne che ci fanno santi ma è il vero amor di Dio interno che ci fa santi,
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l’unione con Dio. La perfezione sta nella carità: carità verso Dio e carità verso il prossimo che è poi per noi specialmente l’apostolato, sì.
Allora tenerci all’ultimo posto. E che cosa avviene se uno si abbassa? Se uno si abbassa tutte le grazie affluiscono a lui come nella valle affluisce l’acqua, mentre che la cima del monte rimarrà asciutta. Ecco. E per quanto rimangano lavate quelle pietre, che son la cima del monte, non produrranno frutto; invece l’acqua, discendendo a valle, ecco che rende quel terreno fruttuoso e si raccoglieranno infatti buoni frutti.
Vigilare sull’orgoglio e sulla superbia. Come ce ne stiamo davanti a Dio? Può esser che uno sia sapientissimo ed essere un gran peccatore! Può esser che uno sia stimato da tutti gli uomini e intanto, davanti a Dio, essere misero e povero. Sempre considerarsi come davanti a Dio: Se Dio mi giudicasse adesso, se Dio in questo momento mi desse il posto che merito, quale posto avrei? Quale sentenza avrei?. Eh, sì, mai fare i confronti con gli altri; mai compiacerci poi del bene fatto perché allora si perde anche il merito dopo che si era faticato. Vigilare perché8 il nemico numero uno è l’orgoglio, la superbia, dalla quale superbia procedono poi tante altre cose… e per esempio, la sensualità: perché chi si inorgoglisce nello spirito è poi umiliato nella carne e subirà tentazioni, non solo, ma rischierà anche la perdita della grazia di Dio. Bisogna che noi stiamo sempre umili umili, e confidiamo in Gesù, perché l’umiltà non ci deve portare alla disperazione. Sempre due atti: Nulla sono, ma tutto spero da Dio, tutto spero da Dio. «Deus, propitius esto mihi peccatori» [Lc 18,13], Signore, siate propizio, siate misericordioso con questo peccatore che sono io. Sì. Allora questo attira la grazia… e chi si umilia sarà esaltato; e chi sarà invece orgoglioso, chi si innalza sarà umiliato. «Deposuit potentes de sede et exaltavit humiles»9 [Lc 1,52], umilia gli orgogliosi di
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cuore – di mente e di cuore – ed esalta i poveri, gli umiliati, quelli che sanno di non meritar nulla e tutto confidano nella misericordia.
Sempre come due passi… primo si muove un piede e poi si muove l’altro: l’umiliazione e la fiducia. E allora si cammina avanti.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro originale 44/58 (Nastro archivio 45b. Cassetta 45, lato 2. File audio AP 045b). Titolo Cassetta: “Ipocrisia dei farisei. L’umiltà”.

2 Vangelo: Lc 14,1-11. Il brano viene letto da una Apostolina, e citato liberamente dal PM all’interno della meditazione.

3 Erano definite servili le opere dette manuali, cioè i lavori materiali e – per estensione – ogni attività che veniva compiuta a scopo di lucro.

4 Chiaramente, la parola non è da intendersi in senso dispregiativo.

5 Cf, per esempio, C. TOMASO DRAGONE, Spiegazione del Catechismo di San Pio X, volume unico, Roma 1950, pp. 220-226: Terzo Comandamento. Questo manuale, che ebbe diverse edizioni, era tra quelli consigliati dal PM, e fu usato anche dalle Apostoline.

6 Missale Romanum, Ordo Missae, Confiteor. Questa preghiera si diceva non solo ai riti introduttivi della Messa ma anche prima della Comunione dei fedeli (almeno fino al 1960). Ne riportiamo il testo, dato che il PM lo cita e commenta, e la forma attuale si discosta un po’ da quella usata in latino prima del Concilio: «Confiteor Deo omnipotenti, beatae Mariae semper Virgini, beato Michaeli Archangelo, beato Joanni Baptistae, sanctis Apostolis Petro et Paulo, omnibus Sanctis, et vobis, fratres: quia peccavi nimis cogitatione, verbo et opere: mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa. Ideo precor beatam Mariam semper Virginem, beatum Michaelem Archangelum, beatum Joannem Baptistam, sanctos Apostolos Petrum et Paulum, omnes Sanctos, et vos, fratres, orare pro me ad Dominum, Deum nostrum», «Confesso a Dio onnipotente, alla beata Maria sempre Vergine, al beato Michele Arcangelo, al beato Giovanni Battista, ai santi Apostoli Pietro e Paolo, a tutti i Santi ed a voi, fratelli, perché ho peccato troppo in pensieri, parole ed opere, per mia colpa, per mia colpa, per mia massima colpa. Onde supplico la beata Maria sempre Vergine, il beato Michele Arcangelo, il beato Giovanni Battista, i santi Apostoli Pietro e Paolo, tutti i Santi e voi, fratelli, di pregare per me il Signore Dio nostro».

7 «Per lui, e con lui e in lui…». È l’inizio della Dossologia: Missale Romanum, Ordo Missae, Canon Missae.

8 Dice: che.

9 «Ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili».