8. LA MOLTIPLICAZIONE DEI PANI
Il lavoro e la Provvidenza
Domenica IV di Quaresima, Meditazione, Castel Gandolfo, 16 marzo 19581
Abbiamo il Vangelo della moltiplicazione dei pani. Questo miracolo è come una figura, un simbolo, un preannuncio di quello che Gesù stava per fare, cioè l’Istituzione dell’Eucarestia. L’Eucarestia è il Pane dell’anima: «La mia carne è veramente cibo» [Gv 6,55], e viene moltiplicata per tutti gli uomini, per tutti i secoli. Sempre, gli uomini che vorranno, potranno cibarsi di questo pane che dà la vita spirituale.
«In quel tempo: Gesù passò all’altra sponda del mare di Galilea, cioè di Tiberiade. Lo seguiva gran folla per i miracoli operati da lui sugli infermi. Gesù, pertanto, salì su di un monte e vi si pose a sedere insieme ai suoi discepoli. Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei. Ora Gesù, alzando gli occhi e considerando la grande moltitudine accorsa a lui, disse a Filippo: Dove compreremo il pane per sfamare tanta gente? Egli parlava così per metterlo alla prova. Già sapeva, infatti, quel che avrebbe fatto. Filippo rispose: Duecento denari di pane non basterebbero per dare a ciascheduno una piccola porzione. Uno dei discepoli, Andrea, fratello di Simone Pietro, notò: Vi è qui un fanciullo che ha cinque pani di orzo e due pesci, ma cos’è mai questo per tanta gente? Gesù ordinò: Fateli sedere! C’era molta erba in quel luogo; si sedettero in numero di circa cinquemila. Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie a Dio, li distribuì ai seduti e lo stesso
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fece dei pesci dandone quanti ne vollero. Quando furono saziati, disse ai discepoli: Raccogliete gli avanzi perché nulla si perda. Essi li raccolsero e riempirono dodici canestri di frammenti che erano avanzati a quelli che avevano mangiato dei cinque pani di orzo. La folla, visto il miracolo operato da Gesù, andava dicendo: Costui è certamente il profeta che deve sorgere sulla terra. Ma Gesù, avendo conosciuto che sarebbero venuti a rapirlo per farlo re, se ne fuggì di nuovo solo, sul monte»2.
Quindi abbiamo qui un miracolo che preannunzia e simboleggia quello che Gesù avrebbe fatto nell’Ultima Cena, quando avrebbe consecrato il pane, dicendo: «Prendete e mangiate; questo è il mio corpo» [Mt 26,26]; e dopo la consecrazione soggiunse: «Fate questo in memoria di me» [1Cor 11,24; Lc 22,19], cioè come io ho fatto, così farete anche voi, e darete a tutti quelli che vorranno riceverlo il Pane di vita. Veramente moltiplicazione delle Ostie… e dovunque si va e c’è un sacerdote, là si trova un tabernacolo, si ha una Messa, si conserva il Santissimo, si può fare la Comunione. Sì, veramente moltiplicato all’indefinito il Pane Eucaristico: «Io sarò con voi fino alla consumazione dei secoli»3 [cf Mt 28,20].
Intanto però questo miracolo della moltiplicazione dei pani ci porta a un’altra considerazione, ed è questa: «Tu mangerai il pane col sudor della fronte» [Gen 3,19]. Così disse Iddio ad Adamo dopo che aveva peccato; cioè mentre che prima il lavoro non ti costava fatica – la terra produceva –, ora il lavoro sarà come la tua penitenza: «Mangerai il pane col sudore della fronte». E quindi viene la conseguenza come l’annunzia san Paolo: Chi non lavora, non mangi4 [cf 2Ts 3,10]; perciò noi abbiamo tutti un obbligo di guadagnarci il pane nella misura che è possibile: e, cioè, se c’è sanità, se c’è salute ad esempio. E quando si dice il pane, guadagnarsi il
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pane, non s’intende solamente di guadagnarsi la pagnotta che viene messa a tavola; ma quand’è che un giovane si rende capace di guadagnarsi il pane? Si esprime così per dire5 quando uno è capace di guadagnarsi la vita: quindi il vestito, quindi l’abitazione, quindi il vitto, tutto quello che è necessario alla vita; noi dobbiamo lavorare per questo. Così un uomo, anche che non sia cristiano, deve guadagnarsi la vita in quanto gli è possibile con le sue forze; così un cristiano deve guadagnarsi la vita in quanto lo permettono le sue forze; così un religioso deve guadagnarsi la vita per quanto lo permettono le sue forze. Ecco, tutti siamo nella stessa condizione di dover lavorare onde non essere di peso agli altri e, tuttavia, noi sappiamo che il lavoro non è solamente quello di un operaio che costruisce una casa, che fa il meccanico, o il lavoro di un commerciante, il lavoro di un contadino… non è solamente questo. Ci sono altre specie di lavoro. Il lavoro intellettuale: se vogliamo, un insegnante, un avvocato, un professore; un lavoro morale: chi guida, dirige, per esempio chi ha una quantità di giovani da educare, sì – il lavoro sacerdotale in gran parte è anche qui un lavoro morale –.
Oh! Ma un lavoro o intellettuale o morale o manuale, tutti – in quanto è possibile – si deve fare. E se anche uno ha poca salute, oppure anche [è] in una condizione di non poter fare granché, farà quel che potrà. Santa Chiara d’Assisi, essendo inferma, si faceva portare il lavoro a letto per cucire e si appoggiava in quanto poteva, e poi faceva quel tanto di lavoro che le era possibile6.
Abbiamo da occupare le nostre giornate, il nostro tempo, in uno o in altro lavoro; e non c’è da dire che sia più pesante il lavoro manuale: tante volte è più difficile e consuma di più il lavoro intellettuale. Oh! Ma tutti abbiamo questa legge.
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Tuttavia, noi abbiam pure da affidarci alla7 Provvidenza di Dio.
Qui il Signore interviene con un miracolo per saziare quelle persone che l’avevano seguito, attirati dalla sua bontà, dalla santità della sua dottrina, attirati dai miracoli che venivano da lui operati.
Allora, quando l’anima si dedica a Dio e si dedica tanto al Signore che non può attendere subito, almeno provvisoriamente per quel tempo, a procurarsi il pane, il Signore pensa lui. Del resto c’è il tempo a procurarsi il pane e nello stesso tempo a fare il lavoro spirituale, il lavoro di preghiera – la preghiera è pure un lavoro, un lavoro morale –; e il Signore interviene… sì, interviene con la sua grazia o direttamente oppure indirettamente. Interviene e provvede: il Signore è il Padre di tutti. Tuttavia i miracoli non si devono pretendere: prima bisogna che esaminiamo le nostre forze, le nostre attività; poi, quando è necessario, il Signore potrà anche fare cose straordinarie, straordinarie. Prendiamo, ad esempio, la Casa del Cottolengo a Torino: ecco, là sono tante famiglie – le famiglie sono divise secondo le condizioni di età, secondo la professione che hanno, o secondo lo stato di salute, eccetera8 – ma ognuna deve fare quel che può, finché può. E quando non può: pregare; e questo si può fare. E se non si potesse anche esprimersi con la bocca le parole: pregare col cuore e, soprattutto, soffrire con la pazienza. Il sopportare e offrire le nostre sofferenze a Dio è l’apostolato più fecondo. Noi siamo stati redenti con la croce di Gesù, e facciamo la penitenza dei nostri peccati e portiamo il bene alle anime e ci santifichiamo con la pazienza e con la fiducia nei meriti di Gesù Cristo nella passione, fiducia nelle piaghe del Salvatore
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e anche fiducia nella croce, fiducia nel suo cuore aperto dalla lancia, sì. Quindi, abbiamo fiducia nella Provvidenza.
Ora, cosa avviene in riguardo – in generale – agli Istituti? Avviene questo: che il pane quotidiano, diciamo, ciò che è necessario alla vita dobbiamo in generale guadagnarcelo – parlo in generale, eh! Ci sono tante cose particolari che sarebbero da ricordarsi, ma parlo in generale –. E invece aspettare dalla9 Provvidenza: ciò che aumenta l’Istituto, ciò che è nuovo, ciò che importa un progresso, una casa nuova, un mezzo di apostolato nuovo, eccetera.
Quindi, in generale abbiamo da considerare questo: io farò quel che posso e aspetterò dal Signore quello che non posso; quello che non posso aspetterò da lui e il Signore non mancherà: il Signore provvede agli uccellini dell’aria [cf Mt 6,26] e già questa mattina tutti gli uccellini possono far la loro colazione – diciamo così. Il Signore è Padre che non dimentica nulla: «alta et humilia respicit»10; ma, intanto, vuole che già i mezzi, le forze, il tempo che ci dà l’utilizziamo noi, l’utilizziamo nel fare tutte le cose che sono in nostra possibilità secondo l’ufficio che ognuno ha, secondo l’ufficio che uno ha11. E non è che non faccia la sua parte chi studia – e qui vi è il tempo di studiare e qui vi è il tempo di applicare e utilizzare quello che si è studiato –, ma nel complesso della vita, ecco, si produce quel che è necessario per la vita.
Poi se si hanno vocazioni, eccetera, allora bisogna ricordarsi che [c’è] l’ordine della natura: il padre e la madre devono pensare ai figli; e nelle vocazioni è lo stesso: si deve pensare ai figli della Congregazione, alle figlie della Congregazione. E intanto attendere da Dio quello che è veramente il progresso,
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l’estensione, e quello che è necessario anche in ordine all’apostolato. Aver fiducia in Dio. Quindi, fa’ quel che puoi e domanda a Dio quel che non puoi.
Tenerci nella giusta via, tenerci nella giusta via. Se il contadino ha il campo e non lo semina, non raccoglierà il grano: il Signore gli ha già dato il campo, gli ha dato la salute per seminare… deve farlo! Non pretendere che andando a tavola trovi il pane caldo senza averlo guadagnato! E quando vi sono infermi che non possono lavorare affatto, la Provvidenza provvede diversamente, la Provvidenza provvede diversamente perché il Signore è sempre provvido.
Però, bisogna considerare ciò che dice il Vangelo riguardo alla Provvidenza. Dice che la Provvidenza pensa al vestito, pensa al cibo [Mt 6,25–32], ma «quaérite primum regnum Dei et iustítiam eius, et haec omnia adiciéntur vobis»12 [Mt 6,33]: cercare la volontà di Dio, far bene la volontà di Dio, utilizzar bene le nostre forze, cercare veramente di crescere in santità, crescere negli apostolati, e poi la Provvidenza penserà. Dunque, fare quel che è possibile a noi, anche materialmente, ma sopra di tutto cercar la santità e cercare la pratica dell’apostolato, e poi tutto ci verrà: una parte verrà dalle nostre forze, dalle nostre attività, dal nostro lavoro; e l’altra parte verrà dalla Provvidenza. Pensiamo sempre in maniera giusta, secondo la fede e l’insegnamento della Chiesa. Questo Vangelo va ricordato e il ricordo di questo Vangelo ci farà entrare nella giusta mentalità a questo riguardo. Dobbiamo sempre avere idee giuste, idee conformi alla Scrittura, conformi alla verità: pensare secondo Dio, secondo Dio. E così si sentono tanti spropositi nel mondo a questo riguardo, tanti errori! Noi non siamo del mondo e non seguiamo le idee del mondo; noi seguiamo il pensiero di Dio, seguiamo il Vangelo. Sì, sempre seguiamo il Vangelo. Ecco. E poi, se è possibile, anche dirizzare un po’ le idee del mondo, le idee del mondo. Sì.
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C’è nella Scrittura: «Non vidi iustum», non ho visto il giusto nella miseria e non ho visto i suoi figli a mancare di pane13 [cf Sal 37(36),25]. Certo, bisogna che si sia giusti, che si cerchi il regno di Dio, si cerchi il regno di Dio. Quante volte consumano in nulla o nel vizio quello che avrebbero potuto usare con sobrietà e conservare e utilizzare santamente! Oh, dunque idee secondo la verità e secondo il Vangelo, secondo Dio. Vedere, poi, anche di non lasciarsi impressionare da certe obiezioni contro la Provvidenza, obiezioni che si sentono qua e là: non lasciarsi impressionare. Se possiamo, confutiamole; se non possiamo, teniamo almeno per noi i pensieri giusti, i pensieri sani e regoliamoci, e regoliamoci secondo questi pensieri, secondo questi insegnamenti di Dio.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro originale 19/58 (Nastro archivio 23a. Cassetta 23, lato 1. File audio AP 023a). Titolo Cassetta: “La moltiplicazione dei pani”.
2 Vangelo: Gv 6,1-15. Il testo letto dal PM è una traduzione che non corrisponde a quella della versione del Messale usata solitamente.
3 Cf il latino: «Ego vobiscum sum omnibus diebus usque ad consummationem saeculi».
4 Più esattamente, san Paolo dice: «Chi non vuole lavorare, neppure mangi».
5 Usa la parola: dirsi.
6 Cf Leggenda di santa Chiara vergine, in Fonti Francescane, (FF), Padova 2004, XXVIII, 3: «Nella grave infermità che l’aveva inchiodata a letto, si faceva sollevare e sorreggere con cuscini; sedendo così filava delicatissimi tessuti»; cf anche Breviarium Romanum, Die 12 Augusti, S. Clarae virginis, In II Nocturno, Lectio V.
7 Dice: della.
8 Giuseppe Benedetto Cottolengo (1786-1842) a Torino nel 1832 dà inizio alla Piccola Casa della Divina Provvidenza, detta “Il Cottolengo”, in cui vengono ospitati numerosi gruppi denominati “famiglie”: l’ospedale per i malati, la casa per uomini e donne anziani, le famiglie dei sordomuti, degli epilettici, dei disabili psichici detti “Buoni Figli” e “Buone Figlie”, ecc. Per il servizio dell’Opera fonda alcune istituzioni religiose: Suore di vita apostolica e di vita contemplativa, Fratelli e Sacerdoti. Tutta la “Casa” si sostiene per il miracolo quotidiano della Provvidenza Divina.
9 Dice: aspettando la.
10 Cf Sal 137(138),6: «Quoniam excelsus Dominus et humilia respicit et alta a longe cognoscit», «Poiché il Signore eccelso sia delle cose umili si prende cura sia le alte da lontano conosce»; anche Sal 112(113),6: «Humilia respicit in caelo et in terra», «si cura delle cose umili in cielo e in terra» (testi e traduzione dalla Vulgata Sisto–Clementina).
11 I pensieri espressi in questo paragrafo rievocano la preghiera del Patto o Segreto di Riuscita.
12 «Cercate, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta».
13 Il testo è il seguente: «Iunior fui, etenim senui, et non vidi iustum derelictum, nec semen eius quaerens panem», «Sono stato fanciullo e ora sono vecchio: non ho mai visto il giusto abbandonato né i suoi figli mendicare il pane».