Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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PARTE III.
MARIA NELLA SUA VITA GLORIOSA

XXIV.
MARIA IN CIELO

Maria SS.ma ebbe una triplice vita: visse nel pensiero di Dio e sulle labbra dei Profeti, condusse la vita naturale, che si calcola dai 65 ai 75 anni, e finalmente vive in cielo e nel cuore dei suoi devoti.
Che cos'è il cielo? E' il premio di coloro che lavorano, la ricompensa, la corona di giustizia per coloro che hanno combattuto per il Signore: «corona justitiae».
Consideriamo:

I. IN CIELO SI VEDE, SI POSSIEDE, SI GODE DIO. - La vita di Maria in cielo è come quella dei beati comprensori con la differenza che Ella vede, possiede, gode Dio in modo assai più perfetto.
In cielo si vede Dio. Il nostro occhio vede quando c'è la luce, perché questo è il mezzo di visione, giacché tolto il mezzo, anche se il nostro occhio è aperto, non vede nulla. In Paradiso sarà Dio stesso la luce dell'anima nostra, la quale acquisterà il potere di vedere le cose spirituali; la potenza dell'anima diventa soprannaturalizzata: «justi fulgebunt sicut sol in Regno Patris» (Matt. XIII, 43). Allora vedremo il Signore tale e quale è: «Videbimus eum sicuti est» (I Giov. III, 2). I beati, dice
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S. Agostino, vedono Iddio senza interruzione, lo conoscono senza tema d'andar soggetti ad illusioni, l'amano senza pericolo d'offenderlo, lo lodano senza mai stancarsi: «videtur Deus sine intermissione, cognoscitur sine errore, amatur sine offensione, laudatur sine fatigatione».
E quale sarà il mezzo per vedere Iddio? Non più la luce naturale, come sulla terra, ma Dio stesso: «In lumine tuo videbimus lumen: nel tuo lume noi vedremo la luce» (Salm. XXXV, I0). - «Lucerna ejus est Agnus. Et ambulabunt gentes in lumine ejus» (Ap. XXI, 23-24). In cielo la nostra potenza diventerà altissima. Al presente, dice San Paolo, «noi vediamo come in uno specchio, in modo enimmatico, ma allora vedremo Dio faccia a faccia; ora conosco parzialmente, ma allora conoscerò come io sono conosciuto» (I Cor. XIII, 12).
Però vi è differenza tra anima e anima: la vista beatifica è in proporzione del merito. La SS. Vergine ebbe il maggior merito che si possa immaginare, perché tutta piena di grazia.
Più d'ogni Angelo e Santo Ella penetra i misteri di Dio. Oh, la luce che si svela a Maria SS.ma!
Ciò che determina la forza del nostro occhio a veder Dio, è il merito in generale. Ma qual è il merito che fa vedere di più? E' il merito della fede. Vedrà meglio Iddio chi avrà creduto di più e chi avrà cercato di conoscerlo meglio sulla terra. Il Signore si manifesterà di più alle anime che hanno avuta una fede più viva: «Ti sia fatto come hai creduto» (Matt. VIII, 13).
Come si acquista lo spirito di fede?
In parte coll'esercizio, e in parte col chiederlo a Dio per mezzo della preghiera. Chi sa meditare ed ascoltare la parola di Dio, progredisce nella fede;
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così chi fa frequenti atti di fede, recita bene il Credo, crede alla Chiesa, e si affida a Lei come un bimbo alla madre.
Nessuno certamente ebbe maggior fede di Maria SS.ma: «Beata, quae credidisti! beata te che hai creduto!» (Luc. 1, 45).
Nessuno quindi s'inabissa nella conoscenza di Dio come la Vergine SS.ma.

II. IL PARADISO E' POSSESSO DI DIO. - Sulla terra si hanno tanti beni: son tutti mezzi che il Signore ci concede per servirlo più fedelmente e acquistare meriti per il Paradiso. Ma il vero, unico, sommo Bene è Dio. In Lui sono racchiusi tutti i beni, tutte le perfezioni e in un modo infinito. «Grande è il Signore, dice il regale Profeta, e oltremodo degno di ogni lode, e la sua grandezza, non ha limiti. Magnus Dominus et laudabilis nimis; et magnitudinis ejus non est finis» (Salmo CXLIV, 3).
«Chi mai investigherà le sue meraviglie? quis investigabit magnalia ejus?» (Eccli. XVIII, 3). Chi potrà descrivere la ricchezza di un'anima che possiede Dio? Nel cielo trova il suo pieno compimento la preghiera di Gesù al Padre: «Fa' che siano tutti una sola cosa, come tu sei in me, o Padre, ed io in te; che siano anch'essi una sola cosa in noi» (Giov. XVII, 2I). Dio è tutto in tutti i suoi eletti per spiegar in essi tutta la sua potenza, affinché vi sia la vita, la salute, la virtù, l'abbondanza, la gloria, l'onore, la pace: ogni bene.
«Chi giungerà a comprendere, esclama S. Bernardo, la moltitudine e la immensità dei godimenti racchiusi in queste due parole: Dio è tutto in tutti? Egli è la pienezza della luce per l'intelligenza, il perfetto possesso di ogni bene per la volontà,
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l'eternità per la memoria. O verità! o carità! o eternità! O Trinità beata e che rendi beato, dietro di te sospira la miserabile mia trinità (intelligenza, volontà, memoria), perché è sventuratamente da te lontana. Sperate in Dio ed ogni errore svanirà dalla vostra intelligenza; la vostra volontà cesserà da ogni resistenza; ogni terrore si partirà dalla vostra memoria, ed una luce ammirabile, una serenità perfetta, una sicurezza eterna, nostra gioia e nostro voto, ne prenderanno il luogo. Dio in quanto è verità farà la prima meraviglia, in quanto è carità, opererà la seconda, in quanto è Somma Potenza produrrà la terza».
In Paradiso quindi si possiede Dio, ma non tutti allo stesso modo, benché tutti siano pienamente felici: «Stella a stella differt in claritate: Fra stella e stella v'è differenza di splendore» (I Cor. XV, 4I). Ma che cosa costituisce la capacità del possesso di Dio? I meriti!
Chi è più ricco di meriti, è anche più capace di possedere Dio. Maria dunque, che è la più ricca di meriti, possiede Dio in grado più perfetto.
E qual'è il merito più particolare che rende idonei a possedere Dio? l'uniformità alla divina volontà.
Consideriamo Dio come nostro ultimo fine: stacchiamoci dalla terra e cerchiamo di amare sempre più il Signore. Se ameremo Iddio sopra ogni cosa fin d'ora andremo certamente a goderlo in Paradiso, perché «la carità non verrà mai meno: Charitas nunquam excidit» (I Cor. XIII, 8).

III. IL PARADISO È GAUDIO IN DIO. - «Intra in gaudium Domini tui!» (Matt. XXV, 23). Iddio si darà a ciascuno degli eletti affinché lo godano: «mi dò a voi affinché godiate di me» (Sal. CXLIX).
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L'anima è invitata a partecipare alla stessa felicità di Dio, il quale come ci diede l'essere, così ci dà la sua gloria. I Beati in cielo contemplano l'incomprensibile maestà di Dio; godono delle sue delizie; l'ammirano, lo lodano, lo amano.
Il gaudio di Maria è il più pieno. Più di tutti i beati comprensori, Ella gode la pace, la gloria, la gioia, l'ebbrezza di stare con Dio.
S. Agostino descrive assai bene quanto sia grande il gaudio degli eletti. Nel cielo non si trova traccia di mali e vi abbondano tutti i beni là si inneggia a Colui che è tutto in tutti. «Fortunati coloro che abitano nella tua casa, o Signore, essi ti loderanno sempre!» (Salm. LXXXIII, 5). Gli eletti attendono a lodare Dio.
Là soltanto è la gloria vera, dove non vi è pericolo di adulazione verso chi è lodato, né di errore per parte di chi loda. Nel cielo è il vero onore che non è negato a nessuno di coloro che se lo meritano e che viene dato solo a chi ne è degno (De Civ. Dei l. 10, C. 7). «In cielo, vi è il sommo della felicità, la gloria suprema, la gioia infinita, l'affluenza di tutti i beni: Ibi est cumulus felicitatis, supereminens gloria, superabundans laetitia et omnia bona». «E come non abbevererete voi, o Signore, d'un torrente di piaceri i vostri eletti, esclama S. Bernardo, voi che avete sparso l'olio della vostra misericordia sugli stessi vostri crocifissori?».
Affrettiamoci dunque ad entrare in quella reggia, dice S. Paolo: «Festinemus ergo ingredi in illam requiem» (Ebr. IV, II).
Chi mai potrà dire la felicità dei beati? «Quali sono le vostre delizie, o amanti di Dio? domanda S. Agostino. Voi vi dilettate nell'abbondanza della pace. Il vostro oro è la pace, il vostro argento la
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pace, i vostri poderi la pace, la vostra vita la pace, il vostro Dio la pace, tutto ciò che desidererete sarà pace. Ivi il vostro Dio sarà per voi ogni cosa, ve ne ciberete per non aver fame, ve ne abbevererete per non aver sete, sarete da lui illuminati per non divenir ciechi, sarete sorretti perché non cadiate. Egli vi possederà tutti e voi possederete Lui interamente, perché voi e lui formerete una sola cosa».
Se tanto è il gaudio, già sulla terra, di alcune anime privilegiate, favorite di grazie singolarissime, che cosa si dovrà dire delle anime dei beati comprensori? Lassù vi è qualcosa di ben più grande: si sarà completamente inabissati in Dio. L'anima di un bimbo, morto subito dopo il Battesimo, supera in felicità e gaudio le gioie più grandi che provarono i Santi su questa terra. Ebbene Maria SS.ma partecipa a quella gloria in modo superiore a tutti. In Paradiso ogni anima è perfettamente felice, ma in proporzione dei meriti. E se la visione di Dio è proporzionata alla fede, il possesso all'uniformità alla volontà di Dio, il gaudio è una proporzione dello spirito di pietà.
Quanto più un'anima è devota sulla terra, tanto più parteciperà al gaudio di Dio.
Ora la pietà di Maria fu la più perfetta. Che belle adorazioni, quali suppliche, quali aspirazioni al Signore! Erano gemiti di colomba che partivano dal suo petto e si elevavano a Dio: «ut finem accipiat peccatum et deleatur iniquitas: perché abbia fine il peccato e sia cancellata l'iniquità» (Daniele IX, 24). Quali atti d'amore nel Presepio, nell'adorazione del suo Dio e Figlio! E nella casetta di Nazaret? Ben a ragione la Liturgia afferma che gli Angeli, ammirati, accorrevano a quella piccola casa, per imparare dai celesti abitatori
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di essa, come si prega e come si adora Dio: «Ad hanc frequentes convolant coelestis aulae nuntii, virtutis hoc sacrarium» (Ex officio S. Familiae).
Maria è il più sublime esempio di anima orante. E per questo ora gode Dio nel modo più perfetto.

* * *

Bisogna che abbiamo molta pietà: «Pietas ad omnia utilis est» (I Tim. IV, 8).
La nostra pietà assomiglia a quella di Maria SS.ma?
Dobbiamo dedicare alla pietà il tempo più bello. Siamo fedeli nell'adempiere le pratiche di pietà?
Le facciamo sempre con fervore?
Domandiamo a Maria il suo spirito di pietà.

PENSIERO DI S. ANSELMO. - L'amore di Maria verso di noi non è cessato né è venuto meno dopo la sua assunzione al cielo. Ivi è anzi molto cresciuto perché ora vede di più le miserie umane. Poveri noi, se Maria di lassù non ci amasse, non pregasse per noi!

ESEMPIO: S. TERESA DI GESÙ

Nell'anno in cui Lutero iniziava la falsa riforma, nasceva in Avila, gloriosa città della vecchia Castiglia, per mirabile disposizione della Provvidenza Divina, Teresa Ahumada, la santa che tanto bene doveva apportare alla chiesa di Dio, colei che doveva avere nella chiesa una parte importantissima nell'arrestare il progresso del Luteranesimo.
I genitori coi loro esempi e coi loro insegnamenti, educarono la numerosa famiglia nella pratica delle virtù cristiane. Teresa, giovanissima ancora, si affezionò assai alla lettura dei libri, che secondo l'indole del tempo, erano scritti in forma romantica e cavalleresca.
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La storia dei martiri fece così viva impressione sul suo nobile cuore e su quello di uno dei suoi fratellini, che decisero di abbandonare segretamente la casa paterna e recarsi nel paese dei mori per conquistare la palma del martirio. Si erano già posti in cammino, però appena usciti dalla città, si incontrarono con uno zio, che li ricondusse ai genitori. Una terribile sciagura venne intanto a colpire quella famiglia. Teresa non aveva ancora 11 anni, e la mamma sua se ne volò al cielo lasciando tutti nella più dolorosa angoscia. Teresa aveva stretto amicizia con una sua parente di spirito leggero e mondano, la quale la portò ben presto alla dissipazione ed alla vanità. Suo padre se ne avvide, e, secondo la consuetudine del tempo, la fece entrare come educanda nel monastero delle agostiniane di Avila. I continui esempi di pietà e di virtù di quelle religiose, fecero ben presto rinascere in lei il desiderio dei beni eterni.
Ammalatasi gravemente dovette ritornare in famiglia, ma la bellezza della vita religiosa e l'idea della vanità del mondo si erano approfondite assai nel suo cuore. E Maria maturò in lei il desiderio di consacrarsi a Dio.
Entrata nel Carmelo vestì presto l'abito religioso ed emise i Ss. Voti. Dio l'arricchì allora di grazie sempre maggiori e straordinarie ed ella avanzò rapidamente nella via della perfezione.
Illuminata dall'alto decise di riformare l'Ordine Carmelitano e con l'appoggio di S. Pietro d'Alcantara e dei Domenicani che la dirigevano, fondò nel 1562, in Avila, il primo Convento di Carmelitane Scalze che dedicò a S. Giuseppe. Nonostante le gravi opposizioni e le tremende persecuzioni, intraprese nuove fondazioni di altri monasteri, e scrisse numerosi trattati di ascetica e di mistica. Morì il 4 ottobre 1582 alle 9 di sera dopo una lunga estasi di 14 ore.
Nel 1591 s'iniziò il processo di beatificazione e nel 1622, 40 anni dopo la sua morte fu canonizzata da Gregorio XV insieme con Isidoro, Ignazio di Lojola, Francesco Saverio e Filippo Neri.
Ecco come Maria protegge e santifica le anime a Lei devote.

POESIA: GLORIA DI MARIA

«Figliol di grazia, questo esser giocondo -
cominciò egli - non ti sarà noto,
tenendo gli occhi pur quaggiù al fondo;

ma guarda i cerchi fino al più remoto
tanto che veggi seder la Regina,
cui questo regno è suddito e devoto».
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Io levai gli occhi; e come la mattina
la parte oriental dell'orizzonte
soverchia quella dove il sol declina;

così, quasi di valle andando a monte
con gli occhi, vidi parte nello stremo
vincer di lume tutta l'altra fronte.

E come quivi ove s'aspetta il temo
che mal guidò Fetonte, più s'infiamma,
e quinci e quindi il lume si fa scemo;

così quella pacifica orifiamma
nel mezzo s'avvivava, e d'ogni parte
per egual modo allentava la fiamma.

Ed a quel mezzo con le penne sparte,
vidi più di mille angeli festanti,
ciascun distinto e di fulgore e d'arte.

Vidi quivi a' loro occhi ed ai lor canti
ridere una Bellezza, che letizia,
era negli occhi a tutti gli altri Santi.

E s'io avessi in dir tanta divizia,
quanta ad immaginar, non ardirei,
lo minimo tentar di sua delizia.

DANTE ALIGHIERI
(Par. XXXI, 2-38).

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