Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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XVIII.
L'ADDOLORATA

Gli anni della vita pubblica di Gesù volgevano alla fine e s'avvicinava il tempo in cui Maria doveva compiere il più grande dei sacrifici: offrire Gesù vittima per la nostra salvezza.
Gesù era ormai diventato oggetto di odio crudele per i giudei, ed il cuore di Maria gemeva nel vedere il Figlio diletto così perseguitato. Ella viveva sotto l'incubo di un grande e sacrilego delitto, la cui vittima sarebbe stata lo stesso Figlio suo.
Ma questi timori e queste ansie parvero dileguarsi, come per incanto, per un avvenimento nuovo e meraviglioso, che fu peraltro di breve durata.
All'ingresso trionfale di Gesù in Gerusalemme, mentre Egli s'avanzava seduto su di un asinello, la folla stendeva i propri mantelli davanti a lui sulla strada e, lodandolo per i suoi prodigi, diceva: «Osanna al Figlio di David, benedetto Colui che viene nel nome del Signore!»
Questo fatto inacerbì sempre più l'ira dei farisei, che escogitarono ogni mezzo per riuscire a farlo condannare a morte. Maria conosceva tutto l'odio mal celato e si sentiva puntata nel cuore la lancia predetta da Simeone.
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Intanto Giuda, l'Apostolo che Gesù aveva amato ed istruito, s'era accordato con i Principi del Sinedrio sul modo di darlo nelle mani dei suoi nemici.
Il divin Redentore sapeva ogni cosa, sapeva pure che era giunta l'ora dei suoi nemici, l'ora della potestà delle tenebre. Possiamo dunque immaginare che si recasse da Maria per darle l'ultimo saluto.
Come descrivere il dolore della Vergine a quell'ultimo abbraccio? «Sia fatta la volontà di Dio» avrà soggiunto, e avrà consentito che Gesù andasse a morire per la salute delle anime. L'avrà seguito all'ultima cena, all'istituzione della SS. Eucaristia, al suo ultimo discorso con gli Apostoli, alla sua agonia nell'orto di Getsemani, al bacio di Giuda? Il Vangelo tace, le varie opinioni non sono concordi; possiamo tuttavia immaginare che Maria, se proprio non era presente, sapeva tutto e di tutto si interessava.
Al racconto degli orribili strazi sofferti dal figlio e della condanna a morte pronunciata contro di Lui dal Governatore Romano, Maria decise di mettersi sui passi del divin condannato. Durante la vita pubblica di Gesù vi furono momenti in cui vorremmo istintivamente vedere Maria accanto a Lui, partecipe delle sue intime effusioni, spettatrice soddisfatta dei suoi trionfi. Ma non ve la troviamo. La troviamo invece accanto a Gesù sofferente. Narra una pia tradizione, che Gesù, carico del pesante legno della croce, aveva appena varcata la soglia della porta giudiziaria, sita nell'interno della città, quando Maria, attraverso un vicolo che metteva sulla via dolorosa, poté essere presso il Figlio. Nel crudele spasimo dell'anima sua, la Madre volse gli occhi verso il Figlio e questi a Lei. L'Ab. Orsini attesta che la
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tradizione confermata dall'autorità di S. Bonifacio narra che Gesù salutò Maria con le parole: «Salve, Mater». E chi ha la fortuna di fare la «via crucis» a Gerusalemme, alla quarta stazione si trova al luogo ove avvenne questo incontro.
Ivi fu costruita una Chiesa dedicata a S. Maria dello Spasimo, chiesa che esiste tutt'ora mezza diroccata e fu di recente comperata dagli Armeni cattolici.
Chi avrà dato a Maria l'annuncio della condanna di Gesù? Pare sia stato il discepolo prediletto, il quale non si staccò più da lei, finché il corpo del Salvatore non venne posto nel sepolcro.
Sappiamo dal Vangelo che, quando fu catturato Nostro Signore, tutti gli Apostoli fuggirono. Ma Giovanni, postosi sulle tracce di Gesù, entrò nella casa di Anna ove, probabilmente, seppe della condanna.
Corse allora da Maria, si mise al suo fianco, e non la lasciò più sola nell'avvenimento terribile, nella catastrofe imminente.
Maria, forse impedita dalla turba dei soldati, che seguiva il condannato avviato al Golgota, non poté seguirlo che alla lontana e non poté essergli vicino se non quando Egli pendeva dalla croce. S. Giovarmi non dice, quando Maria giunse presso la croce del Figlio. Egli parla della crocifissione, dell'iscrizione posta sulla croce, della divisione delle vesti e del sorteggio della tunica inconsutile. Quindi scrive: «Stabant autem juxta crucem Jesu Mater ejus, et soror Matris ejus, Maria Cleophae et Maria Magdalena: Or presso la croce di Gesù stavano sua Madre e la sorella (cugina) di sua Madre, Maria di Cleofa e Maria Maddalena». (Giov. XIX, 25). Maria non era sola accanto alla croce: vicino a Lei stava un gruppo di altre donne
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dalla fede indomita in Gesù. Ma la posizione di Maria in quel momento solenne era assai diversa da quella delle altre.
La figura di Maria sul Calvario si profila grandiosa, sovrana, in un atteggiamento unico, in quel dramma che ha commosso tutto l'universo. Gesù e Maria sono i due personaggi principali che compiono una parte in cui nessun altro avrebbe potuto entrare.
Maria veniva subito dopo Gesù, sia per il ministero sublime che in quel momento compiva, sia per i dolori che le straziavano l'anima.
Maria era salita sul Calvario per porre il suggello al suo ufficio di Corredentrice; là concorreva la Donna a schiacciare il capo al serpente infernale. Presso l'albero della croce, Maria riparava ciò che Eva aveva stoltamente rovinato, un giorno, sotto le seducenti frondi di un albero ben diverso. Sul Calvario Maria veniva proclamata madre universale di tutti gli uomini, e perdendo il suo Unigenito, acquistava noi tutti suoi figli adottivi.
«Avendo Gesù veduto sua madre e là presente il Discepolo suo prediletto, disse a sua madre: Donna, ecco il tuo figlio. Poi disse al discepolo: Ecco tua madre. E da quel momento il discepolo la prese con sé» (Giov. XIX, 26).
Maria ai piedi della croce è il quadro più commovente di tutta la storia evangelica. Nessuno può ricordarlo senza sentirsi il cuore pervaso da un profondo, ineffabile sentimento di commozione.
I dolori di Maria sono in se stessi uno dei misteri più indecifrabili, e la nostra lingua è impotente a descriverli. I Ss. Padri e gli Scrittori Ecclesiastici che ne hanno parlato, hanno sentito tutta la difficoltà di esprimere nella sua integrità l'amarezza, nella quale era inabissato il cuore della
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Vergine, alla morte del Figlio e, volendo manifestare in qualche modo il concetto che s'erano formati, hanno cercato di sforzare il linguaggio.
S. Bernardo la chiama più che martire «plusquam martyr». Eadmero esprime il medesimo concetto nei seguenti termini: «Veramente trapassò l'anima vostra la spada del dolore, che fu più amaro dei dolori che sostennero tutti i martiri nel loro corpo. Infatti quanto di più crudele fu inflitto nel corpo dei martiri, fu un nulla in confronto della vostra passione, la quale, per la sua immensità, dilaniò tutte le parti della vostra anima e i più intimi affetti del vostro benignissimo cuore. - Vere pertransivit animam tuam gladius doloris, qui tibi amarior fuit doloribus cuiusvis corporeae passionis. Quidquid enim crudelitatis inflictum est corporibus martyrum, leve fuit aut potius nihil comparatione tuae passionis».
E il B. Amedeo, Vescovo di Losanna, scrisse che Maria patì più di quello che possa patire un uomo dalla tempra più robusta; che patì più di quello che naturalmente possa patire l'umanità: «Vicit sexum, vicit hominem et passa est ultra humanitatem».
La Chiesa nella sua Liturgia non solo paragona la grandezza dei dolori di Maria alla vastità del mare, ma le pone sulle labbra anche queste parole: «O vos omnes, qui transitis per viam, attendite et videte, si est dolor sicut dolor meus. - O Voi tutti, che passate per la via (del dolore), guardate e vedete se v'è un dolore come il mio» (Lament. I, 12)
Nel pensiero della Chiesa, i dolori di Maria sorpassano ogni altro termine di paragone, ed è per questo che le dà il titolo di «Regina dei Martiri».
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Ma perché Maria soffrì tanto? Maria fu la Regina dei Martiri perché fu la Corredentrice, perché volle riparare, in unione con Gesù, i nostri peccati.

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Quante volte proprio noi abbiamo trafitto il cuore di Maria con l'acuta spada dell'offesa di Dio! Proponiamo, dunque, di evitare ogni peccato e di riparare per quanto ci è possibile le offese che si recano al Cuore di Gesù e di Maria.

PENSIERO DI S. ALBERTO MAGNO. - Come noi siamo obbligati a Gesù per la sua Passione sofferta per nostro amore, così siamo anche obbligati a Maria per il martirio ch'Ella nella morte del Figlio volle spontaneamente patire per la nostra salute.

ESEMPIO: ARMANDO GODOY

Armando Godoy, nato nell'isola di Cuba, da genitori oriundi dalla Spagna, ha scritto in francese volumi che gli hanno procurato una bella rinomanza nelle nazioni latine.
E' giunto rapidamente alla fama in questi ultimi dieci anni quando stanco degli affari e della vita di mondo si ricordò di avere un'anima e per di più un'anima di poeta. Il problema religioso e il problema artistico si sono in lui risolti contemporaneamente e felicemente, tornò a Dio con umiltà e cantò con gioia la sua fede ritrovata, imitando in questo Coppée, Huisman, Jammes ed innumerevoli altri convertiti.
Ricordiamo di lui: l'lte Missa est, splendida interpretazione poetica della Messa; Du Cantique des cantiques au chemin de la Croix e Les litanies de la Vierge, libri scritti dal '33 al '34.
Esaminando soltanto quest'ultimo: «Le litanie della SS.ma Vergine» notiamo che il Godoy ha avuto la felicissima idea di spiegare in tante strofe di due quartine, i titoli che noi diamo alla Madre di Dio nelle Litanie Lauretane.
Il valore letterario di queste poesie è vario: non si può pretendere che l'ispirazione sia sempre lirica allo stesso grado, ma v'è
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in tutte una sincerità, un'umiltà, una tenerezza, uno slancio sempre aderente al tema che collocano il Godoy ben alto nel numero dei nostri poeti religiosi contemporanei.
«La Madonna - scrisse Umberto Monti, a proposito del Godoy, - non è soltanto Sedes sapientiae, ma è anche Madre della buona poesia, e i nostri poeti, se si accosteranno a lei, con riverenza e divozione, trarranno ancora dall'arpa di Davide armonie nuove, di risonanza universale. La Madonna stessa ha detto che un giorno «tutte le genti mi chiameranno beata». Non dimentichiamo che in questa beatitudine di Maria c'è posto per l'umanità tutta quanta, e chi se non un poeta, dovrà intonare, a nome dei popoli cristiani, l'inno dell'amore, del ringraziamento, della grandezza della Madonna?».

POESIA: LO STABAT MATER

Stava Maria dolente
Senza respiro e voce,
Mentre pendeva in Croce,
Del mondo il Redentor.

E nel fatal istante,
Crudo materno affetto,
Le trafiggeva il petto,
Le lacerava il cor.

Qual di quell'alma bella,
Forse lo strazio indegno;
No, che l'umano ingegno
Immaginar nol può.

Vedere un Figlio, un Dio,
Che palpita, che muore...
Si' barbaro dolore,
qual madre mai provò?

ERASIO LEONE.

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