Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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X.
LA NASCITA DI GESU'

La Vergine SS.ma si fermò ad Ebron presso la cugina per circa tre mesi servendola quale umile ancella, indi ritornò a Nazaret. Si avvicinava ormai il nono mese dal messaggio dell'Angelo e Maria SS. collo sposo S. Giuseppe in una reciproca effusione di fede, di speranza e di carità, vedevano avvicinarsi il tempo in cui sarebbe nato il Salvatore del mondo. E mentre si preparavano all'adorazione attorno ad una culla vagheggiata, ove posasse il Divin Figlio, ecco uscire un editto di Cesare Augusto ordinante il censimento di tutto l'impero
«Or avvenne che in quei giorni uscì un editto di Cesare Augusto, che ordinava il censimento di tutto l'impero. Questo primo censimento fu fatto mentre Cirino era preside nella Siria. E andavano tutti a farsi scrivere, ciascuno alla sua città. Anche Giuseppe andò da Nazaret di Galilea alla città di David, chiamata Betlem, in Giudea, essendo della casa e della famiglia di David, a dare il nome con Maria sua Sposa che era incinta» (Luc. II, I-5).
Roma giunta all'apice della potenza, voleva superbamente conoscere il numero esatto dei suoi
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sudditi. Anche la Palestina, provincia romana, doveva rispondere. Una sera Giuseppe, alquanto turbato, palesò all'amata sposa l'ordine imperiale. Era necessario che ognuno si recasse nel luogo di origine della propria tribù! Maria e Giuseppe erano discendenti di Davide, il quale era nato a Betlemme. Dovettero perciò recarsi alla città del loro antenato, nonostante il lungo e penoso viaggio.
Era la stagione delle pioggie; spirava un'aria umida e greve che rendeva triste anche il paesaggio; cadevano le foglie svelte dai venti, ma la Vergine SS.ma sorrideva a quel morire che le annunciava l'avvicinarsi della sua gioia.
Giunti a Betlemme i santi sposi si recarono in cerca di alloggio presso i parenti e presso i pubblici alberghi, ma non ne trovarono. La città era tutta in movimento per i numerosi forestieri e per quelle oscure persone di Nazaret non v'era una casa! «Venne in casa sua, ma i suoi non lo ricevettero» (Giov. I, II).
Fu quindi necessario cercare alloggio fuori della città. La Palestina possedeva molte grotte nelle campagne, le quali servivano ai pastori per riparare il loro gregge, e in una di queste si rifugiarono appunto Maria e Giuseppe. Qui a metà della notte Maria: «partorì il Figlio suo primogenito, lo fasciò e lo pose in una mangiatoia: peperit Filium suum primogenitum, et pannis eum involvit, et reclinavit eum in praesepio» (Luc. II, 7).
Così nel più completo squallore, nasceva, tra il 747 e il 749 di Roma sotto l'impero di Augusto, l'aspettato Messia, offrendo sin dalla nascita un ammirabile esempio di umiltà.
Chi spiegherà la gioia, la felicità, la tenerezza di Maria nell'accogliere per la prima tra le sue braccia
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Gesù Bambino? Quali dolci lacrime non avrà versato su di lui! che soavi baci, che teneri abbracci non gli avrà dato! Che cari e dolci sorrisi da una parte, che teneri affetti dall'altra! «O solo parto senza dolore, esclama S. Bernardo, solo puro, solo esente da corruzione, chi narrerà le tue meraviglie?».
In quei luoghi c'erano dei pastori che pernottavano all'aperto, facendo la guardia al loro gregge. Ed ecco un Angelo avvolto da gran luce apparire loro per annunciare la lieta notizia:
«Ecco vi reco l'annunzio di una grande allegrezza che sarà per tutto il popolo: Oggi nella città di David vi è nato il Salvatore, che è Cristo, il Signore. E lo riconoscerete da questo: troverete un Bambino avvolto in fasce, a giacere in una mangiatoia». E subito si raccolse attorno all'angelo una schiera della milizia celeste che lodava Dio dicendo: «Gloria a Dio nel più alto dei Cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà» (Luca II, 10-14).
Scomparsi gli Angeli, i pastori presero a dire fra di loro: «Andiamo fino a Betlemme a vedere quanto è accaduto riguardo a quello che il Signore ci ha manifestato. E in fretta andarono e trovarono Maria, Giuseppe e il Bambino giacente nella mangiatoia. E, vedendo, si persuasero di quanto era stato loro detto di quel bambino. Quanti ne sentirono parlare, si meravigliarono delle cose loro dette dai pastori, Maria poi conservava nella mente tutte queste cose, e le meditava nel suo cuore. E i pastori se ne ritornarono glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, secondo quello che era stato loro detto» (Luc. II, I5-20).
Che dolce e commovente spettacolo! Maria
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presenta sorridente il Figlio alle loro adorazioni; fatta in quel momento la prima, anzi la Regina degli Apostoli, spiega ai pastori i misteri sui quali poggia la fede cristiana, la grandezza ineffabile del Verbo di Dio, l'umiltà della sua incarnazione. Inginocchiati per terra, le mani giunte al petto, i pastori ascoltano quella parola, adorano il Signore, indi se ne ritornano con gioia alla loro greggia ed alla loro guardia.
Consideriamo:

I. PRONTEZZA DI MARIA NELL'OBBEDIRE ALL'IMPERATORE. - Il viaggio da Nazaret a Betlemme era lungo e disagevole. E Giuseppe temeva per la sua purissima Sposa: «Ma non temere, il Signore è con noi» concluse Maria, e si posero in cammino. Ecco la prontezza della Regina del cielo, nel sottostare ai comandi dei legittimi superiori. Quale esempio per noi!

II. CATTIVA ACCOGLIENZA DEI BETLEMITI. - I Betlemiti respinsero Maria e Giuseppe, ed essi umilmente se ne andarono senza dare un lamento, o una parola che mostrasse amarezza verso i Betlemiti.
Impariamo a fare del mondo il conto che si deve. E' tutto inganno e malizia: «mundus totus in maligno positus est» (I Giov. V, I9).
Non temere i giudizi degli uomini, né il disprezzo del mondo. Temiamo piuttosto colui che può mandare il corpo e l'anima nell'inferno.

III. MARIA AL PRESEPIO. - In quella notte Maria ebbe come una grande rivelazione: comprese da una parte l'infinito amore che Dio aveva per gli uomini: «Parvulus enim natus est nobis, filius datus
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est nobis, et factus est principatus super humerum ejus: et vocabitur nomen ejus, Admirabilis, Consiliarius, Deus, fortis, pater futuri saeculi, princeps pacis: Ecco ci è nato un pargolo, ci fu largito un figlio, ha sopra i suoi omeri il principato, ed ecco il suo nome: l'Ammirabile, il Consigliere, Dio, il Forte, il Padre del secolo futuro, il Principe della Pace». (Is. IX, 6). Ma dall'altra cominciò proprio allora la sua passione, conoscendo bene la missione del Figlio suo. E diede inizio alla sua vita di adorazione, di ringraziamento e di intenso amore verso Gesù, Uomo-Dio.

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Impariamo da Maria a fare bene le nostre visite, le nostre adorazioni. Nell'Eucarestia abbiamo lo stesso Gesù che formava la delizia e l'amore di Maria. Amiamolo e preghiamolo anche noi come la Madre Sua.

PENSIERO DI S. PIER CRISOLOGO. - Davanti a Dio si spaventa il cielo, tremano gli Angeli, la creatura non sa reggersi, vien meno la natura, ma una fanciulla lo prende, in sé, lo riceve in sé, lo allieta tanto dell'ospitalità che gli presta, che merita ed ottiene per l'abilitazione che gli fornisce la pace della terra, la gloria del cielo, la salvezza dei perduti, la vita ai morti, la parentela tra il cielo e la terra, l'intimità di Dio con la creatura.

Lettura: IL CONCILIO DI EFESO

Efeso ricorda spontaneamente Maria SS.ma, essa infatti è la città di Maria. Città di Maria perché fu sua dimora per alcuni anni, città di Maria perché in Essa si definì la verità che è il costitutivo metafisico della grandezza di Maria: la sua divina maternità.
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Correva l'anno 431: Nestorio, Patriarca di Costantinopoli, nonostante i ripetuti richiami, si ostinava nell'eresia che ammetteva in Gesù Cristo due persone, e negava che la SS.ma Vergine fosse madre di Dio. Il Papa S. Celestino I condannò l'eresia e convocò il grande Concilio Ecumenico presieduto da S. Cirillo. Il Concilio si apri legalmente il 22 giugno dello stesso anno e vi parteciparono oltre 200 Vescovi. Esaminate le lettere di Nestorio con la sua dottrina, venne condannata come eretica ed empia; indi si dichiarò la dottrina cattolica circa l'unità della Persona di Gesù Cristo e la maternità divina della B. Vergine; dottrina confermata e sottoscritta da tutti i Padri del Concilio. Essi uscirono sull'imbrunire ed il popolo che stava in piazza fin dall'alba per aspettare l'esito del sinodo, accolse festante i Padri e li condusse con le lampade accese alle loro case. La città fu tutta illuminata e si celebrò con la più grande letizia la vittoria della verità, la gloria di Cristo e della sua Vergine Madre, dichiarata Madre di Dio.

POESIA: LAUDA

Di', Maria dolce, con quanto disio
miravi il tuo Figliuol, Cristo mio Dio!
Quando tu 'I partoristi senza pena,
la prima cosa, credo, che facesti,
sì l'adorasti, o di grazia piena;
poi sopra il fien nel presepio il ponesti:
con pochi e pover panni lo involgesti,
meravigliando e godendo «cred'io».
Oh quanto gaudio avevi, oh quanto bene
quando tu lo tenevi nelle braccia!
Dimmi, Maria, che forse si conviene
che un poco per pietà mi sodisfaccia.
Baciavilo tu allora nella faccia?
Si ben cred'io e dicei: O Figliuol mio!
Quando figliuol, quando padre e signore,
quando Iddio, quando Gesù il chiamavi,
oh quanto dolce amor sentivi al core.

Quando tu ti sentivi chiamar mamma
come non ti morivi di dolcezza?
Come d'amor non t'ardeva una fiamma
che t'avesse scoppiata d'allegrezza?
Da ver che grande fu la tua fortezza
poiché la vita allor non ti finio.
E la Figlia del sommo eterno Padre,
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e lo Signor la sua umile ancilla
pietosamente la chiamava madre,
che sol pensando il cor mi si distilla.
Chi vuol sentir qualche dolce favilla
di quell'amore, il qual sempre disio,
ponga nel buon Gesù ogni disio.

GIOVANNI DOMINICI.

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