Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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XI.
I MAGI

Con grande giubilo del suo cuore materno, Maria aveva assistito all'adorazione ed all'omaggio reso al Figlio dai pastori dopo il soave cantico degli Angeli; ma non soltanto i pastori, gente semplice ed incolta, bensì anche uomini grandi e sapienti resero omaggio di adorazione e di doni al nato Bambino. Gesù volle chiamare intorno a sé anche i gentili perché era venuto sulla terra per tutti gli uomini senza distinzione di religioni e di nazionalità. Gesù si avvicinava ai due anni quando la Sacra Famiglia, secondo le opinioni più comuni, abitava ancora a Betlemme. E fu appunto nella casa di Betlemme che Maria gustò la celeste soddisfazione di vedere i Magi, venuti dall'Oriente, prostrarsi in atto di adorazione davanti a Gesù, riconoscendo la sua spirituale sovranità su ogni cosa. Ecco il racconto come lo troviamo in S. Matteo: «Nato Gesù in Betlem di Giuda al tempo del re Erode, ecco arrivare a Gerusalemme dei Magi dall'Oriente e dire: Dov'è il nato re dei Giudei? Vedemmo la sua stella in Oriente e siamo venuti per adorarlo. Udito questo, Erode si turbò e con lui tutta Gerusalemme. E radunati tutti i principi dei Sacerdoti e gli Scribi del popolo,
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domandò loro dove avesse a nascere il Cristo. Ed essi gli risposero: A Betlem di Giuda; così infatti è stato scritto dal profeta: E tu Betlem, terra di Giuda, non sei la minima tra i capoluoghi di Giuda ché da te uscirà il Duce che governerà Israele mio popolo.
Allora Erode, chiamati nascostamente i Magi, volle sapere da loro minutamente il tempo della stella che era loro apparsa, e, indirizzandoli a Betlem, disse: Andate e cercate con diligenza il fanciullo, e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, affinché io pure venga ad adorarlo. Essi, udito il re, partirono; ed ecco la stella, che avevano veduta in Oriente, precederli, finché, giunta sopra il luogo ove era il fanciullo, si fermò. Vedendo la stella, provarono grande gioia; ed entrati nella casa, trovarono il Bambino con Maria sua Madre e, prostratisi, lo adorarono; poi, aperti i loro tesori, gli offrirono in dono oro, incenso e mirra» (Matt. II, 1-11).
La storia, non dice chi fossero questi Magi: se re o sapienti, se furono tre o più, né come si chiamavano. La tradizione però li disse Re, ne fissò il numero, li fece provenire dall'Arabia e diede a ciascuno un nome: Melchiorre, Gaspare, Baldassarre. E' certo che essi dovevano essere molto ricchi, come lo dimostrano tra l'altro, la natura dei doni che presentarono al Salvatore, le distinte accoglienze che ebbero alla corte di Erode, nonché la generale commozione che suscitarono in tutta Gerusalemme. Così dopo gli umili, i pastori, al Presepio giungono i potenti, i grandi, ma quei grandi che si umiliano.
Raggiunta la grotta, la stella dei Magi scomparve. Là era la «stella mattutina», che usciva allora allora dalla nube apparendo in tutto il suo splendore:
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Maria. Ella esce dall'ombra, ammantata dalle sue virtù e dalla sua santità, e, additando il Bambino, dice: Questo è mio Figlio.
Nella visita dei Magi non si nomina S. Giuseppe, il quale forse era in città a procurare qualcosa a Gesù ed a Maria. E non senza disposizione divina, affinché i Magi non lo credessero padre di Gesù e non ritenessero ch'Egli fosse nato come gli altri bambini.
Riflettiamo:

I. I MAGI TROVARONO GESU' PER MEZZO DI MARIA. - L'Evangelista scrive: «ENTRATI NELLA CASA, TROVARONO IL BAMBINO CON MARIA SUA MADRE» (Matt. II, 11).
Giunti alla loro meta trovarono chi formava il sostegno della loro fede, ma chi fece loro conoscere Gesù, chi glielo porse, chi lo presentò alla loro adorazione, fu Maria. Il Vangelo non descrive le grazie che affluirono allora nell'anima dei Magi, ma non vi è dubbio che ne abbiano ricevute molte. Da Maria appresero il mistero dell'Incarnazione, della Concezione, del Natale di Gesù. Ecco perché adorarono Gesù come Dio, ricevendone molti doni spirituali, lumi, conforti, ardori celesti, sì da desiderare la fatica, il lavoro, il patimento, la morte per Gesù Cristo.

II. NELLA BREVE VISITA DI BETLEMME I RE MAGI IMPARARONO L'INTERO VANGELO E LASCIARONO LA GROTTA TRASFORMATI IN SANTI E APOSTOLI. - Presentarono alla Vergine i loro doni per Gesù: oro, incenso, mirra. E Maria riconoscente, ottenne loro, in luogo dell'oro l'aumento della sapienza e della carità; in luogo dell'incenso l'aumento della pietà e della divozione; in luogo della
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mirra l'amore alla mortificazione, alla vita pura ed incorrotta.

III. Reduci in patria i tre Magi insegnarono la fede e conquistarono tante anime a Cristo. Furono saldi nelle persecuzioni, diffusero la devozione a Maria e versarono lieti il loro sangue per Gesù Cristo. I loro corpi furono trasportati prima a Costantinopoli, quindi a Milano, donde, prima della distruzione del Barbarossa, furono trasferiti a Colonia, dove, ancor oggi, sono conservati ed onorati.
Maria è la grande Apostola che porta Gesù al mondo. Apostolo è colui che nutre un grande amore verso Dio, un amore che il suo cuore non può contenere e perciò sente il bisogno di espanderlo, di infonderlo negli altri. L'Apostolo è animato dallo spirito di Gesù Cristo e a lui vuole conquistare tutte le anime.
Maria, Madre, Maestra e Regina degli Apostoli, volle non solo presentare il suo Gesù agli Ebrei, ma anche ai gentili, perché Egli era venuto, per tutti illuminare e salvare: «illuminare his, qui in tenebris, et in umbra mortis sedent: ad dirigendos pedes nostros in viam pacis» (Luc. I, 79).

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Come Maria amiamo tanto tanto Gesù e facciamolo amare da molte anime con quell'apostolato che ci è possibile.

DALL'ENCICLICA SUMMI PONTIFICATUS DI PIO XII. - La preghiera della Chiesa al Signore della Messe, perché mandi operai nella sua vigna è stata esaudita in maniera conforme alle necessità dell'ora presente, e felicemente supplisce e completa
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le energie spesso impedite e insufficienti, dell'apostolato Sacerdotale. Una fervida falange di uomini e di donne, di giovani e di giovanette, ubbidendo alla voce del Sommo Pastore, alle direttive dei loro Vescovi, si consacrano con tutto l'ardore del loro animo alle opere dell'apostolato per ricondurre a Cristo le masse di popolo, che da Lui si erano distaccate...
Questo lavoro apostolico, compiuto secondo lo spirito della Chiesa, consacra il laico quasi a «Ministro di Cristo» in quel senso che Sant'Agostino così spiega: «O fratelli, quando udite il Signore che dice: «Dove sono io, quivi sarà pure il mio ministro», non vogliate correre col pensiero soltanto ai buoni Vescovi ed ai buoni chierici. Anche voi a modo vostro, dovete essere ministri di Cristo, vivendo bene, facendo elemosine, predicando il suo nome e la sua dottrina a chi potrete, di modo che ognuno, anche se padre di famiglia, riconosca di dovere, anche per tale titolo, alla sua famiglia un affetto paterno. Per Cristo e per la vita eterna ammonisca i suoi, li istruisca, li esorti, li rimproveri, loro dimostri benevolenza, li contenga nell'ordine; così egli eserciterà in casa sua l'ufficio di Chierico e in certo qual modo di Vescovo, servendo a Cristo, per essere con Lui in eterno».

ESEMPIO: PIO IX

Il nome di quest'augusto Pontefice non può andare disgiunto da quello della Vergine Maria della quale era divotissimo. E a prova del suo tenerissimo amore verso la Madre di Dio nel 1854 proclamava e definiva solennemente dalla rocca incrollabile del Vaticano il dogma dell'Immacolato concepimento di Maria, dogma che la Vergine stessa si degnò confermare otto anni dopo all'umile Bernardetta Soubirous nella grotta di Massabielle. Maria esercitò verso il suo dilettissimo figlio una missione particolare; lo custodì in mezzo a tutti i pericoli; lo rese forte, intrepido;
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lo formò secondo il suo cuore ed i suoi santi desideri infondendogli tutti quei sentimenti di carità, di amore, di compassione, di prodigalità, da cui dev'essere animato un padre, un apostolo, un santo.
Nato in tempi molto tristi per la Chiesa quando pareva che le porte dell'inferno dovessero prevalere e la navicella di Pietro perire tra i flutti, fin dai primi anni si affidò a Maria. E la Vergine che vegliava su di lui lo guidò al sacerdozio facendogli superare le non lievi difficoltà. Nel 1828 Leone XII lo elesse Arcivescovo di Spoleto, Gregorio XVI ammirando lo zelo e la santità di Lui lo trasferì ad Imola affinché rialzasse anche qui lo stato della Chiesa come aveva fatto a Spoleto, di modo che in breve tempo queste due diocesi risorsero a nuova vita e splendore. La sua attività pastorale spiegata in queste due diocesi fu tale che si credeva un S. Carlo Borromeo od un S. Francesco redivivo, ed alcuni vedendolo esclamavano: «Ecco il futuro Papa». E non si sbagliarono.
Doti così eccelse ed uno zelo così infaticabile colpirono l'animo di Gregorio XVI il quale lo creò Cardinale nel 1839 all'età di 48 anni. Pochi anni dopo saliva la cattedra di Pietro.
Finalmente egli può palesare a tutto il mondo il suo filiale affetto verso la Vergine SS., finalmente è giunto il tempo di dichiarare articolo di fede quello che i cristiani hanno creduto in ogni secolo: «L'Immacolato concepimento della Vergine Maria». Si accinge perciò con grande zelo a far rifiorire nei cuori la divozione verso la SS. Madre di Dio; esorta, incoraggia, invita ed incuora tutti con l'esempio a ricorrere a Maria. E questo suo ardente slancio per onorare Maria SS. gli meritò dalla Celeste Patrona una singolare protezione in tutta la vita, fu Maria che gli diede la forza ed il coraggio per resistere a tutte le persecuzioni e quando, nel 1848 la rivoluzione lo costrinse a fuggire a Gaeta l'unico suo conforto era l'Eucaristia che portava con sé e la sua piena fiducia nell'aiuto potente di Maria.
Il 7 febbraio 1878 se ne volava al cielo dopo aver esclamato: «Mater misericordiae, tu nos ab hoste protege et mortis hora suscipe».

Poesia: ALLA VERGINE

Offrian commossi al tuo Figliol, Maria,
Gl'ignoti viandanti: incenso ed oro;
Ed intanto gli occhi sommessamente
Contemplavan la stella pellegrina
Ch'era venuta ad adorar con loro,
Che sul presepe povero lucea.
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Quando, Maria, vedevi il Tuo diletto
Esercitar nel ruvido lavoro
Le benedette mani allato al padre,
Entro il pensier ti risonava il canto
Quel dolce canto: «A Dio gloria ne' cieli,
E agli uomini quaggiù pace d'affetto».

Quand'aprivi, Maria, le labbra pure
Al comando, e dicevi: «Figliol mio»,
Con gioia riverente il cuor tremava;
Gli occhi ora al cielo, or nel beato aspetto
Fisi tenevi, e nell'ora con Lui
S'ispirava di Lui la tua preghiera.

NICOLO' TOMMASEO.

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