Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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III.
I SIMBOLI DI MARIA SS.

Scrive S. Paolo che nell'Antico Testamento tutto era figura del Nuovo: Omnia in figura contingebant illis (I Cor. X, II). E i Padri della Chiesa, autorevoli interpreti della S. Scrittura, videro questa frase dell'Apostolo ripetuta e confermata in una continua serie di fatti, istituzioni, simboli, riti, che riempiono la storia e la vita del popolo di Dio.
Più d'ogni altra creatura Maria SS. merita, per l'eminente santità e per le sue prerogative straordinarie, tutti quegli elogi che la S. Scrittura rivolge o al popolo di Israele o alla Chiesa. La Madre di Dio e degli uomini simboleggia e riassume in sé stessa tutta la parte fedele dell'umanità; per conseguenza le figure e i simboli relativi alla Chiesa si riferiscono a Lei come si riferisce eminentemente alla regina tutto ciò che è detto del regno. Di Maria si può antonomasticamente ripetere quanto è scritto di Gerusalemme, patria spirituale di tutti i credenti: «Gloriosa dicta sunt de te, civitas Dei: grandi cose sono dette di te, o città di Dio» (Salm. LXXXVI, 3).
Maria è l'arco splendido, steso nel cielo dalla mano di Dio, per far ricordare all'Altissimo la sua
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misericordiosa alleanza con gli uomini; è l'Eden di delizie, l'arca di Noè, la scala misteriosa mostrata a Giacobbe i cui gradini uniscono la terra al cielo; è il roveto ardente nel quale Iddio si manifestò a Mosé; la verga di Aronne, il vello di Gedeone, il tempio di Salomone, l'Arca dell'Alleanza. Maria è quella piccola nube che, dopo i lunghi anni di siccità, il Profeta Elia dalla vetta del Carmelo vide elevarsi al disopra del mare.
Nella presente meditazione esporremo brevemente alcuni di questi bei simboli, servendoci del testo letterale dei Libri Sacri e della testimonianza della Tradizione.
Maria fu simboleggiata dalla terra di Eden, terra di grazia, della quale, prima che venisse maledetta per il peccato, così parla la S. Scrittura: «Il Signore aveva piantato fin da principio un Paradiso di delizie dove pose l'uomo che aveva formato. E il Signore Dio fece spuntare dal suolo ogni sorta di alberi belli a vedersi, dai frutti soavi al gusto, e l'albero della vita in mezzo al Paradiso e l'albero della scienza del bene e del male. E da questo luogo di delizie usciva, ad irrigare il Paradiso, un fiume che di là si divide in quattro capi» (Gen. II, 8-10). Quest'Eden così bello, così favorito dal cielo, è simbolo di Maria.
Chi l'innaffia è Dio, l'acqua di cui si serve è la grazia che fu versata a torrenti in Maria. «Maria, scrive S. Giov. Damasceno, è l'Eden spirituale, più santo e divino dell'Eden antico, perché in questo fece dimora Adamo, ma in Lei scese dal Cielo ed abitò Iddio».
Altri simboli di Maria sono l'Arca di Noè e l'Arca dell'Alleanza. L'Arca di Noè salvò dal diluvio Noè con la sua famiglia ed in essa il genere umano; Maria ha salvato il genere umano per mezzo
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di Gesù Cristo. L'arca di Noè galleggiava in quelle stesse acque nelle quali naufragava il mondo; Maria non fu mai toccata dalle acque limacciose della concupiscenza e del peccato. Quelli che si rifugiarono nell'arca di Noè furono scampati dalla morte; coloro che si rifugiano in Maria non affogano nel diluvio delle passioni; il mondo fu ripopolato dalle persone rifugiate nell'arca, il Paradiso è abitato dai fedeli servi di Maria.
S. Ambrogio esprime in questi termini i punti di somiglianza tra l'Arca dell'Alleanza e la B. Vergine: «L'arca conteneva le tavole della Legge, Maria ha dato ricetto nel suo seno all'erede del Testamento. L'Arca portava la Legge, Maria portava il Vangelo. Nell'arca si faceva intendere la voce di Dio; Maria ci ha dato la parola e il Verbo di Dio. L'arca splendeva d'oro purissimo; Maria splendeva all'interno e all'esterno dello splendore della verginità. Ma l'oro che ornava l'arca era cavato dalle viscere della terra mentre l'oro di cui splendeva Maria era tutto cavato dalle miniere del Cielo. Con ragione perciò la Chiesa invoca Maria sotto il titolo di Arca dell'Alleanza: «Foederis Arca».
Anche la scala di Giacobbe è simbolo di Maria. Giacobbe, ottenuta la benedizione del padre Isacco, s'avviò verso la Mesopotamia. Dopo aver percorso un po' di strada, si fermò per riposarsi e s'addormentò. «E vide in sogno una scala, la cui sommità toccava il cielo, e gli Angeli di Dio che salivano e scendevano per essa, mentre il Signore appoggiato alla scala gli diceva: «Io sono il Signore Dio di Abramo tuo padre, il Dio d'Isacco: io darò a te e alla tua stirpe la terra in cui riposi, e la tua stirpe sarà come la polvere della terra: ti estenderai a Occidente, a Oriente, a Settentrione,
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a Mezzogiorno; e in te e nella tua discendenza saran benedette tutte le tribù della terra. Ed io sarò il tuo protettore dovunque andrai, e ti ricondurrò in questo paese, e non ti lascerò finché non avrò adempito quanto ho detto: Ego sum Dominus Deus Abraham patris tui, et Deus Isaac: terram, in qua dormis, tibi dabo, et semini tuo. Eritque semen tuum quasi pulvis terrae: dilataberis ad occidentem, et orientem, et septentrionem et meridiem: et benedicentur in Te, et in semine tuo cunctae tribus terrae. Et ero custos tuus quocumque perrexeris, et reducam te in terram hanc: nec dimittam nisi complevero universa, quae dixi». (Gen. XXVIII, 13-15).
Maria è la scala che Iddio fece per sé e per la quale Egli discese dal cielo in terra assumendo in Lei la spoglia mortale, e, diventato vero uomo, riunì per sempre la creatura al Creatore.
La verga di Aronne fu pure felicissimo simbolo di Maria. Disse il Signore a Mosé: «Parla ai figli d'Israele e prendi da loro una verga per ciascuna tribù, dodici verghe da tutti i principi delle tribù; scriverai il nome di ciascuno di essi sopra la sua verga; ma per la tribù di Levi vi sarà il nome di Aronne: ciascuna verga conterrà separatamente tutte le famiglie. Le metterai nel Tabernacolo dell'Alleanza, davanti alla testimonianza dove ti parlerò. La verga dell'eletto fiorirà» (Num. XVII, 2-5). Questa verga che fiorì per prodigio senza radici e senza umore che la fecondasse, fu mirabile simbolo di Maria, la quale, diventata il tempio vivente dello Spirito Santo, concepì e partorì senza opera umana quel frutto benedetto che dà a tutti la vita spirituale.
Il vello di Gedeone ci presenta un altro simbolo di Maria e la rugiada, che nel silenzio della notte
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lo bagna, indica la discesa del Verbo nel seno purissimo della Vergine. «Molto a proposito, esclama S. Ambrogio, Maria è paragonata al vello di Gedeone, perché Ella concepì il Signore in un modo che lo ricevette e ne fu tutta imbevuta come di soave rugiada senza che la verginità sua ne abbia patito alcun danno».
Finalmente Maria fu simboleggiata dal glorioso Tempio di Salomone. Questo grande Re destinò il Tempio per abitazione di Dio; lo fece costruire con straordinaria magnificenza e vi profuse l'oro e l'argento adornandolo di legni rarissimi e di pietre preziose. Entro vi racchiuse l'Arca dell'Alleanza che conteneva le tavole della legge. Il tempio era decorato di quanto la ricchezza e l'arte aveva saputo unire insieme, con nobilissima gara. Tale magnificenza significò lo stupendo corredo delle virtù di Maria: Ella è il tempio che racchiudeva dentro di sé il Santo dei Santi: è il tempio del Signore.
Ma questi non sono tutti i simboli di Maria. Leggendo la S. Bibbia se ne incontrano moltissimi altri. Maria è il cedro del Libano, la palma di Cades, la rosa di Gerico, il fonte sigillato, l'orto chiuso, ecc.
La Chiesa Cattolica si è sempre compiaciuta di questi simboli e nella sua Liturgia li ha applicati a Maria.

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Studiamo anche noi tali simboli e ricordiamoli volentieri, associandovi con filiale tenerezza il nome benedetto di Maria.

PENSIERO DI S. BONAVENTURA - O Vergine delle vergini! Voi v'innalzate sino a Colui che siede
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sul trono celeste, sino alla maestà del Signore e ciò non ci meraviglia. Sono le radici della vostra umiltà che salgono su fino al più alto dei cieli. Per questa scala, sino a voi è disceso l'Angelo del gran consiglio; quando è venuto a prendere sopra di sé le infermità della nostra natura, e per questa scala salgono sino al Paradiso gli Angeli della terra, cioè quelli che vivono quaggiù da angeli. Sforziamoci a salire per mezzo di Maria sino a Colui che per mezzo di Maria è sceso sino a noi, per suo mezzo troveremo grazia presso Gesù che per Lei si è caricato delle nostre miserie.

LETTURA

Scrive S. Anselmo: «Niente è a te eguale; o Maria, niente è a te paragonabile, o Signora. Tutto ciò che esiste o è a te superiore, o è a te inferiore. Sopra di te non v'è che Dio, sotto di te è tutto ciò che non è Dio».
Ciononostante, la gran Madre di Dio fu raffigurata da molti simboli che la lumeggiano in tutto il suo splendore verginale e materno, in tutta l'iride di bontà e di misericordia che l'avvolge. Eccone alcuni: Maria è paragonata:
1. al vino, all'olio sparso, all'odore degli unguenti..... (Cantic. 1, 1-3);
2. ai tabernacoli del Cedar, alle pelli di Salomone (Cantic. 1,4);
3. al sole, alla vigna (Cantic. 1, 5);
4. al fascicolo di mirra (Cantic. 1, 12);
5. al fiore del campo, al giglio delle convalli (Cantic. II, 1);
6. alla cella vinaria, alla colomba nei fori della pietra... (Cantic. IV, 14);
7. ad una colonna di fumo che sale, agli aromi di mirra... (Cantic. III, 6);
8. agli occhi delle colombe (Cantic. IV, 1);
9. alla torre di David (Cantic. IV, 4);
10. al monte Libano (Cantic. IV, 8);
11 . al favo stillante latte e miele (Cantic. IV, 11);
12. all'orto chiuso ed alla fontana sigillata (Cantic. IV, 12);
13. ai frutti dei pomi (Cantic. V, 2);
14. alle colonne di marmo (Cantic. V, 16);
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15. all'esercito accampato (Cantic. VI, 3);
16. all'aurora sorgente, alla luna, al sole (Cantic. VI, 9);
17. alla bocca dell'Altissimo (Eccli. XXIV, 5);
18. al lume orientale, alla nebbia benefica (Eccli. XXIV, 6);
19. alla colonna di nube (Eccli. XXIV, 7);
20. al giro del cielo, al profondo dell'abisso (Eccli. XXIV, 8);
21. al cedro del Libano, al cipresso del monte Sion (Eccli. XXIV, I7);
22. alla palma di Cades, alla rosa di Gerico (Eccli. XXIV, I8);
23. all'oliva speciosa dei campi, al platano presso le acque nelle piazze (Eccli. XXIV, I9);
24. al cinnamomo ed al balsamo aromatico ed odoroso (Eccli. XXIV, 20);
25. alla mirra eletta (Eccli. XXIV 2I);
26. al terebinto (Eccli. XXIV, 22).

POESIA

Tutto che splende e olezza,
Fu della tua bellezza
Un languido baglior.

Salve o celeste Vergine,
Che nel Divin pensiero
Nell'estasi ineffabile
Del sempiterno vero
Raggiavi Immacolata,
Perché predestinata
L'Immenso a generar.
Ancor non eran gli Angeli,
Ma di beltà l'idea
Nell'increato Spirito
Perfetta sorridea,
E al divo Figlio unita
Di gloria redimita
Brillavi in quel chiaror.
E la virtù che agli uomini
Versò la Grazia in core,
In te riflesso nitido
Dell'infinito Amore,
Sfolgoreggiava intera
Pria che la nostra sfera
Girasse intorno al sol.
Onde di te fu simbolo
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Ogni più vaga cosa:
L'aurora fra le tenebre
Sorgendo luminosa,
Quell'alba precorrea
Che rischiarar dovea
Tutta una nuova età.
Il ciel coi soli igniferi
Pinse i tuoi slanci ardenti,
Che fiammeggiando accesero
Gli azzurri firmamenti,
Mentre la notte bruna
Col raggio della luna
Parlò del tuo candor.
L'arca sui flutti incolume
Fu immagin tua, che in terra,
Sull'agitato vortice
Che colpa e mal rinserra,
Sorgesti umile e pura,
Movesti il pie' secura
Inalterata in Te.
Già del perdono l'iride
Ti prometteva al mondo,
Le perle t'adombravano
Dal mare nel profondo,
Il fervido roveto,
Il vivido roseto,
Simboleggiavan Te.
Come d'Elia la nuvola
Bianca dal mar s'alzava,
E lieve su per l'etere
Repente s'allargava
Con l'acqua della vita
La terra inaridita
Bagnando in un balen;
Tu pur, dal gorgo torbido
D'una caduta gente,
Per un mistero altissimo
Levandoti innocente,
All'alme sitibonde
Larghe versasti l'onde
Del più vitale umor.
Giardino inaccessibile
Al morso del serpente,
Discese in Te la Grazia
Qual rapido torrente
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E dell'immensa vena
L'inesauribil piena
tutta profuse in Te.
Vivente Tabernacolo,
Santa di Dio cittade,
Fregiasti Tu di gloria
L'antica e nuova etade!
Tu, vindice Virago
Che del superbo drago
Fiacchi l'orgoglio alfin.
Ed in un solo palpito
Quanto creò l'Eterno
A te rivolge un cantico
Che fa tremar l'Averno;
La stella del mattino,
Il lume vespertino
Col vario corruscar.
L'Ara del sacrificio,
La gemma rutilante,
La verga dei miracoli,
La manna biancheggiante
Il vertice nevoso
Del monte maestoso
Che par s'ascenda in ciel,
Son tutte note mistiche
Dell'unica melode;
Che d'ogni parte snodasi
A intesserti una lode;
L'olivo della pace,
Del delubro la fece,
Il calice de' fior,
Al gran concento uniscono
Gli accordi armoniosi
Che dolci si diffondono
Pe' giri luminosi
Recando al sommo trono,
Quasi un sublime suono,
Il Nome tuo gentil.

VINCENZINA DE FELICE.

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