Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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XV.
MARIA A NAZARET

Fine principale ed ultimo della nostra vita è quello di arrivare al cielo, perché questa è la volontà di Dio a nostro riguardo: «Haec est voluntas Dei, sanctificatio vestra» (I Tess. IV, 3). Dobbiamo santificare la vita quotidiana come Maria, nostro sublime modello, santificò tutta la vita terrena. Più che la madre sua S. Anna e la cugina S. Elisabetta, Maria camminava nelle vie di Dio in modo irreprensibile.
Già in piedi al canto del gallo per preparare il pane e recarsi alla fontana, accudiva il desinare per la famigliola, quindi filava, tesseva, cuciva, si recava al vicino torrente a lavare la biancheria, rattoppava vestiti e coperte per i poverelli come sta scritto: Stendi al povero la tua mano affinché sia perfetta la tua propiziazione e la tua benedizione. La tua riconoscenza apparisca a tutti i viventi; e non negare la tua carità ai morti. Non mancare di porgere consolazione a chi piange e tieni compagnia agli afflitti. Non ti rincresca visitare il malato, ché in tal maniera t'affermerai nella carità (Eccl. VII, 36-39).
Penetriamo un momento nella casetta di Nazaret dove è vissuta la famiglia più santa, sforziamoci
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di sollevare il lembo che cela al nostro sguardo la vita intima di Maria a Nazaret; illuminiamo la pupilla della nostra mente con la luce della fede e col calore della nostra pietà. La vita di Maria a Nazaret? E' una vita semplice, ordinata, invidiabile agli stessi Angeli del cielo quella che la Madonna trascorse per trent'anni fra le pareti domestiche di Nazaret, le quali, trasportate sul nostro patrio suolo, sembrano ripeterci le umili, ma pur mirabili cose, compiutesi fra di esse.
La vita di Maria si può riassumere in tre parole: vita di preghiera, di lavoro, di umile carità.

I. VITA DI PREGHIERA. - Si può dire che il cuore di Maria fu come un incensiere perenne per il profumo, una lampada perpetua, per la luce della preghiera più fervida e più incessante. Chi potrà descrivere la preghiera di Maria? Ella attendeva alla preghiera mentale, alla preghiera vocale, alla preghiera vitale. Maria meditava la S. Scrittura, la leggeva spesso e ne conservava le parole nel suo cuore. Ella sentiva direttamente la parola di Dio e la comprendeva assai bene come dimostra il Magnificat, quel cantico da Lei composto nel quale sono continue le corrispondenze coi testi dell'A. Testamento. Maria aveva formato alla scuola della S. Scrittura il suo stile e vi aveva attinto l'alimento della sua fede e il pascolo della sua pietà. Era sempre assorta in Dio, assistita e illuminata da colloquii angelici, immersa nei vaticini dei Profeti, meditabonda sui misteri con un tal fervore, lucidità e compostezza di mente, che le ritornavano anche nel sonno suggerendole richiami alle Divine Scritture.
Oltre alla preghiera mentale, Maria praticò anche la preghiera vocale, preghiera tanto accetta
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a Dio e tanto meritoria. Recitava e cantava i salmi con un fervore più che serafico. Ella stessa rivelò a S. Elisabetta d'Ungheria quanto segue: «Io mi alzavo sempre nel cuore della notte ed andavo a pregare innanzi all'altare del Tempio. Là, scongiuravo con grandissimo ardore il Signore mio Dio a volermi accordare l'umiltà, la pazienza, la bontà, la dolcezza e tutte le virtù atte a rendermi degna e grata al suo cospetto. Io lo supplicavo anche di farmi giungere al tempo nel quale vivrebbe la beata Vergine che doveva partorire il Figlio di Dio. Lo pregavo di conservarmi la vista, affinché potessi contemplarla, la lingua affinché potessi lodarla, le mani affinché potessi servirla, le ginocchia affinché potessi adorare nel suo seno, il Figlio di Dio» (Presso S. Bonav., Dalla meditaz. della vita di Cristo).
Che dire poi delle preghiere che faceva nella casa di Nazaret in unione con Gesù e con Giuseppe?
Maria praticò ancora l'orazione vitale. Questa terza specie di preghiera vien definita dai Teologi: «Bonum opus Deo oblatum cum intentione aliquod beneficium a Deo obtinendi: un'opera buona offerta a Dio con l'intenzione di ottenere da Lui un qualche beneficio». Sappiamo che ogni azione ha un triplice valore: meritorio, impetratorio, soddisfatorio. Maria offriva a Dio il valore soddisfatorio delle sue buone opere, affinché avesse pietà dei poveri peccatori; il valore impetratorio per la gloria di Dio e la salvezza delle anime; il valore meritorio, invece, perché personale, non lo poteva cedere a nessuno, ma aumentava sempre più i suoi meriti.
La vita di Maria fu orazione vitale perché le sue azioni erano le più perfette che si possano immaginare:
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dalle più semplici, quali la rammendatura e le faccende domestiche, alle più nobili, quali la preghiera e la contemplazione. La casetta di Nazaret era dunque il Tempio, il Santuario più grande che mai sia stato perché là abitavano Gesù, Maria, Giuseppe; là Iddio riceveva le maggiori lodi, di là innalzavansi fino al suo trono le preghiere più belle.
La nostra preghiera assomiglia a quella di Maria? Domandiamo la grazia di acquistare l'abituale unione con Dio, di pregare sempre bene e che tutte le nostre azioni siano un inno di lode alla SS. Trinità.

II. VITA DI LAVORO. - E' condizione comune promulgata da Dio nel Paradiso terrestre: «Col sudore della tua fronte mangerai il pane» (Gen. III, }9). Queste parole suonano non solo una maledizione e una condanna, ma un obbligo strettissimo al lavoro, imposto a tutti gli uomini come opera di penitenza e di espiazione: «Chi non vuol lavorare non mangi: si quis non vult operari nec manducet» (II Tess. III, I0). Il lavoro è dunque comando naturale, non solo, ma precetto divino: Gesù Cristo stesso ce ne ha dato l'esempio: «Coepit facere et docere: Cominciò a fare e ad insegnare» (Atti, I,I). E Maria, la più perfetta imitatrice di Gesù, l'imitò anche nel lavoro. Nella casetta di Nazaret Maria condusse una vita di incessante laboriosità, di totale dedizione al proprio dovere, al sacrificio. Da sola accudiva alle faccende domestiche, da sola provvedeva all'ordine, alla pulizia della casa, da sola preparava il cibo quotidiano per Gesù e per Giuseppe. Quale esempio per noi! Santifichiamo anche noi la nostra vita col lavoro assiduo e costante, con la fedeltà quotidiana ai nostri doveri.
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Lavoriamo, lavoriamo, diceva S. Benedetto Cottolengo, ci riposeremo in Paradiso! E S. Paolo, l'Apostolo instancabile: «Dum tempus habemus operemur bonum: Mentre abbiamo il tempo, operiamo il bene» (Gal. VI, I0).

III. LA VITA DI MARIA FU VITA DI UMILE CARITÀ. - Scrive S. Anselmo: «Quanto più un cuore è puro e vuoto di sé stesso, tanto più esso sarà pieno di carità verso Dio e verso il prossimo». Chi mai fu più puro e più umile di Maria SS.ma? Ella perciò avanzò l'amore di tutti gli uomini e di tutti gli Angeli verso Dio e verso le anime, perché non è possibile amare Iddio senza amare il prossimo che ne è la viva immagine. Il cuore di Maria fu un oceano di carità e di amore. L'amore divino ferì talmente l'anima di Maria, scrive S. Bernardo, ch'Ella adempì perfettamente questo primo precetto; poteva benissimo esclamare: «Io son del mio diletto e il mio diletto è mio» (Cant. VI, 2). Iddio che è amore, venne in terra ad accendere in tutti la fiamma del divino amore, ma non ne infiammò nessuno quanto il cuore di sua madre, che, puro dagli affetti terreni, era stato disposto per ardere di questo sacro fuoco. Il cuore di Maria fu una vera fornace ardente per la carità divina, fornace che si dilata in due fiamme, una verso Dio e l'altra verso il prossimo. Chi difatti ama Dio, dice S. Tommaso, ama tutte le cose amate da Dio. Ma Iddio ama l'uomo d'amore infinito: anche Maria dunque l'amò di tenerissima carità. E tra il prossimo son da preferirsi le persone più vicine, quelle che condividono con noi le gioie e i dolori della vita quotidiana.
La carità di Maria si manifestò in primo luogo verso Gesù e verso S. Giuseppe. Non dobbiamo
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credere che la casetta di Nazaret fosse esente da ogni dolore e che le persone santissime che la componevano, non fossero mai causa di sofferenza vicendevole. Il Signore permetteva anche là delle incomprensioni, delle pene, perché i membri della S. Famiglia si santificassero sempre più e perché noi ricevessimo esempio di carità e di pazienza tanto da praticare il detto di S. Paolo: «Alter alterius onera portate, et sic adimplebitis legem Christi: portate gli uni i pesi degli altri e così adempirete la legge di Cristo» (Gal. VI, 2).
Contempliamo la pazienza, l'umiltà, la silenziosità di Maria.
Maria fu paziente. Ella soffrì tante pene, ma sempre con piena rassegnazione alla volontà di Dio. Soffrì quando non poté offrire al suo Divin Figlio, nato in luogo vile ed abbietto, che poveri pannolini; soffrì, quando, presentatolo al Tempio, sentì la terribile profezia del vecchio Simeone «Anche a te una spada trapasserà l'anima» (Luc. II, 35); soffrì quando, per sottrarlo ai furori d'una persecuzione prematura, lo portava attraverso il deserto in un paese infedele; soffrì quando asciugava i sudori della sua fronte, quando udiva le minacce dei Farisei ed i sordi rumori del popolo; soffrì quando ritta ai piedi della croce vide il suo Diletto morire tra un mare di dolori.
Maria fu anche umile.
Questa bella virtù era sconosciuta al mondo: venne Gesù dal Cielo a recarla in terra, ad insegnarla col suo esempio, e Maria ne fu la prima e perfetta imitatrice. L'umiltà è la via del cielo, è il segreto per raggiungere il trono della gloria, è quell'olezzo soave che affascina Iddio e che lo spinge a versare nell'anima di chi la possiede le acque vivificanti della grazia. Ebbene Maria fu
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la più umile «umile ed alta più che creatura». Nessuno fu più esaltato di lei, perché nessuno si è umiliato più di lei.
Maria inoltre fu amante del ritiro e della solitudine. Ella parlava poco, non si mostrava mai in pubblico, schivava il mondo e cercava Dio solo. Le sue parole erano sempre condite di molta grazia, tutte dirette alla gloria di Dio ed al bene delle anime. Quale intima unione con Dio!

* * *

Impariamo da Maria ad amare il silenzio, l'umiltà, la pazienza, la carità. Siano queste le nostre virtù quotidiane; così ad imitazione della Vergine SS.ma santificheremo anche noi le nostre giornate.

PENSIERO DI S. AMBROGIO. - Pensa quanto fu grande Maria, e ciò nonostante, quando la si cerca non la si trova altrove che nella sua camera.
Ti insegni Ella come devi comportarti.......
La solitudine insegna la verecondia e la ritiratezza è la scuola del pudore.

ESEMPIO: S. GIOVANNA D'ARCO

Questa eroina francese nacque nella Lorena nel 1412 da pii genitori ed ebbe fin dall'infanzia una tenera divozione a Maria ed una grande fiducia nel suo patrocinio. Trascorse i primi anni tra le occupazioni di una vita semplice, attendendo alla custodia del gregge ed alla preghiera assidua. La Regina del cielo che aveva su di lei grandi disegni, la consolava con frequenti visioni e la preparava alla vita guerresca per salvare la Francia che allora era quasi totalmente in potere degli inglesi.
Obbediente alle voci misteriose che le venivano dall'alto, Giovanna si presentò al Re di Francia, Carlo VII, il quale prestando fede alle divine ispirazioni della «Pulzella», le affidò il comando di un corpo di truppe. Alla testa di questi soldati ben agguerriti e preceduti da uno stendardo con l'effigie di Maria SS.ma, Giovanna riuscì a far togliere l'assedio a Orleans, sconfiggendo il nemico. Veramente ammirabile fu il coraggio che ella mostrò nelle battaglie confidando nell'aiuto di Maria.
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Ma nel 1430 cadde nelle mani dei suoi nemici, i quali la condannarono al rogo come eretica. L'eroina protestò di non aver mai fatto altro che obbedire al comando di Dio, tuttavia la sentenza ingiusta fu eseguita, ed ella fu arsa viva nel 1431 a Rouen, mentre pronunciava i santi nomi di Gesù e di Maria.
Fu beatificata il 18 aprile 1909 da Pio X e canonizzata da Benedetto XV il 16 maggio 1920.

POESIA: L'AVE MARIA

Già l'aria imbruna; e tremola
Spande la stella il suo bel raggio:
Soave e malinconica
S'ode la sacra squilla del villaggio:
E al suon dei lenti tocchi,
Coi cari figli e la consorte allor
Il colono in ginocchi,
Più che col labbro, prega Iddio col cor.

Nel felice tugurio
Eccheggia dolcemente un'armonia:
E' il più sublime cantico
E' il mistico rosario di Maria;
In quest'ora solenne
Anch'Essa nella prece si trovò,
Allor che l'Angel venne,
E il grande annuncio del Signor recò!

Io pur prostrata, o Vergine
Prego in quest'ora all'ara tua d'accanto
E spesso sento un palpito,
E bagno i marmi tuoi d'amaro pianto
Allor che chieggo aita,
Per chi pregarti nel dolor non sa;
E di serbar la vita
Di chi rifarsi nel Signor dovrà.

Tu, cui l'Eterno artefice,
Nell'estasi d'amor di Sol vestìa,
all'uom perduto e misero
un raggio almen della tua luce invia;
Poi con l'affanno acuto,
Che tu sentisti della croce a piè,
Piangendo il ravveduto
Sciolga in quest'ora la sua prece a Te!

ELOISA RUTA.

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