Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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V.
LA PRESENTAZIONE AL TEMPIO

La Provvidenza Divina, che tutto dispone con forza e soavità, vegliava su Maria Bambina e l'andava preparando all'Altissimo Ufficio di Madre di Dio. E per raggiungere i suoi fini condusse la Celeste Infante, per mezzo dei suoi genitori, al Tempio di Gerusalemme.
Consideriamo:

I. LA PRESENTAZIONE AL TEMPIO. - Narra la Tradizione che Gioacchino ed Anna, grati al Signore del beneficio d'una figlia, fecero voto di consacrarla a Lui nel Tempio, appena l'età l'avrebbe permesso. E furono fedeli alla promessa.
Maria toccava appena i tre anni, quando, accompagnata dai genitori, mise piede su la soglia del tempio. Quivi l'Augusta Bambina fu ammessa tra l'eletta schiera delle Vergini consacrate a Dio e collocata nel grandioso fabbricato che ai tempi di Giuda sorgeva presso il magnifico Tempio di Salomone dove si educavano nella pietà le più distinte fanciulle ebree. Non si sa precisamente il tempo in cui Maria fu presentata al Tempio. E' molto probabile sia avvenuto il 21 novembre:
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difatti anche la Chiesa celebra proprio in quel giorno la festa della Presentazione.
Il fine per cui Maria fu presentata al tempio fu duplice: 1°) consacrarsi al Signore; 2°) ricevere una conveniente formazione spirituale. La Tradizione dice che Maria stette al tempio dai tre ai quattordici anni, e che allora fu orfana dei genitori.
Nella Basilica di S. Pietro, in Roma, nella navata sinistra è un altare detto della Presentazione. Sopra vi è uno splendido quadro in mosaico, opera del Cristofani, che vi ritrasse una pittura del Romanelli rappresentante la Vergine nell'atto di essere presentata al Tempio. Vi si ammira Maria, tenerissima fanciulla, mentre sale i gradini del tempio in uno slancio che le traspare dalla persona, il Sacerdote che le si fa incontro lietissimo, i genitori che l'accompagnano ed altre fanciulle e persone. Le figure sono vivissime, parlanti espressioni di fede e arte insieme.
Chi ci narrerà la vita angelica di Maria nel tempio?
«La sua mente, scrive S. Ambrogio, era sempre assorta nel Sommo Bene; al suo silenzio rispondeva l'umiltà, l'obbedienza e la verecondia, che è l'ornamento più prezioso di una fanciulla. Per impiegare ad onor di Dio ogni istante del tempo concessole, univa insieme l'operosità della mente e della mano; la parsimonia del digiuno era il condimento più saporito dei suoi cibi. L'anima sua non era mai tentata di pigrizia, e la sola necessità la portava al riposo: ed allora vegliava innanzi alla Somma Bontà sognando le grandezze del Signore, e la sapienza della divina parola, che aveva letto durante il giorno».
Maria visse per la preghiera, per lo studio, per
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il lavoro. Meditava ogni giorno le verità eterne, diceva poche e sagge parole, trattava spesso con gli Angeli, e Dio le rivelava i misteri della sua misericordia.
O qual esempio diede Maria Bambina, all'ombra del Santuario, alle fanciulle di tutti i tempi! O se tutti i figliuoli si specchiassero in Lei, se imitassero le sue virtù!
Chi ad esempio di Maria lascia il mondo e si ritira nel silenzio e nel raccoglimento della vita religiosa, ne ringrazi Iddio: è questa una grazia tanto grande che merita tutta la riconoscenza nostra. Chiedere la grazia di saper vivere come Maria e seguire le sante sue orme durante la fanciullezza.

II. VOTO DI VERGINITA'. - Nella presentazione di Maria al Tempio i genitori la offrirono a Dio, ma anch'Ella vi pose la sua parte attiva nel sacrificio che fece di se stessa al Signore.
E' sentenza comune dei Teologi che Maria, prima fra tutte le donne, abbia consacrato a Dio la sua verginità con promessa incondizionata ed irrevocabile: emise cioè un voto formale ed esplicito. E provano questo fondandosi specialmente sulla risposta da Lei rivolta all'Angelo: «Come avverrà questo, se io non conosco uomo?» (Luca I, 34).
S. Agostino osserva che Maria non avrebbe mai richiesta una tale spiegazione se non si fosse consacrata già prima al Signore: «Quod profecto non diceret, si Deo Virginem se ante non vovisset».
Si può quindi dedurre che la Vergine Santissima non solo propose di osservare la perpetua verginità, ma che vi si obbligò con voto. Così afferma appunto il Petavio: «Io credo doversi affermare che la SS. Vergine non ebbe soltanto il proposito di
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osservare la perpetua verginità, ma che di più si è a ciò obbligata con voto».

III. VITA DI MARIA AL TEMPIO. - «La Beata Vergine, appena entrata al Tempio, si impose, scrive S. Girolamo, un'ammirabile regola di vita: dal mattino fino alle nove si dedicava alla preghiera; dalle nove alle tre pomeridiane attendeva ai lavori esterni; indi ritornava alla preghiera finché non le appariva l'Angelo che le recava ogni giorno un po' di nutrimento. Era sempre la prima nelle veglie notturne, studiava più delle altre la legge del Signore, sorpassava in umiltà le più umili, cantava con maggior grazia i canti di David, praticava con più fervore le opere di carità, era la più pura tra le caste e possedeva con maggior perfezione tutte le virtù. Ella era ferma ed irremovibile ed ogni giorno cresceva in grazia e dolcezza. Le sue parole erano tutte piene di grazia e vi si sentiva la presenza di Dio. Era sempre in orazione e meditava incessantemente la Legge del Signore. Non cessava mai di benedire Iddio, e quando qualcuno la salutava, invece di rispondere con le solite parole di cortesia, diceva: «Deo gratias: Siano grazie a Dio». E S. Anselmo: «Questa beata Bambina era delicatissima, amava le sante dottrine e perseverava nella completa istruzione. Non lasciava l'Altare né il tempio e serviva con gioia i Sacerdoti. Aveva l'abitudine di parlare poco e di ubbidire con sollecitudine. Era timida, seria, tranquilla, piena di dolcezza. Salutava tutti con benignità ed era ammirata la grazia della sua fronte».
Maria sorpassava tutte le vergini consacrate al servizio di dio nel tempio: ella era assidua nella lettura dei libri santi dai quali attingeva l'alimento
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della sua fede e il pascolo della sua pietà. Era sempre assorta in Dio assistita ed illuminata da colloqui angelici, meditando sui misteri con tale fervore, lucidità e compostezza di mente, che essi le ritornavano anche nel sonno, suggerendole richiami alle Divine Scritture.
Maria inoltre era abilissima nel filare, esperta nel ricamare, nel trapuntare e fregiare i drappi. In una parola Maria santificava le sue giornate nell'osservanza esatta dei suoi doveri.

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L'amore verso Dio si dimostra nell'adempimento assiduo e diligente dei nostri doveri. Maria si santificò facendo bene tutto quello che il Signore voleva da Lei: anche noi ci santificheremo se imiteremo i suoi esempi.

PENSIERO DI S. GIOVANNI DAMASCENO. - La Vergine allontanò il pensiero di tutte le cose terrene, abbracciando ogni virtù; esercitò così la perfezione, che progredì in poco tempo a tal segno da meritare d'essere fatta tempio degno di Dio.

ESEMPIO: S. EFREM

La sua vita spira la tepida fragranza dell'asceta e del Dottore mistico, unita alla più straordinaria attività dell'Apologeta e dell'impugnatore di tutte le eresie. Ben a ragione quindi fu detto: Cetra dello Spirito Santo, Canarino di Maria.
Nacque a Nisibi in Mesopotamia nel 306 sotto l'Imperatore Costantino il Grande, da genitori pagani. Il cristianesimo intanto si propagava rapidamente ovunque e guadagnava sempre nuovi seguaci. Efrem appena conosciuta la religione cristiana, l'abbracciò con slancio, ma il padre accortosi della sua conversione lo cacciò di casa. Egli allora non portando seco che l'amore per
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la religione cristiana, si ritirò presso il Vescovo della città. Quivi svelò tutta la rarità dei suoi talenti, tanto che il Sacro Pastore lo propose, appena venticinquenne, all'insegnamento nella scuola da lui fondata nella città e lo ordinò diacono di quella Chiesa. A Nisibi assisté a varie incursioni dei Persi in territorio Siriaco e la sconfitta di Sapore II avvenuta nel 338 è attribuita dai suoi biografi alle sue preghiere. Si ebbero nuovi assedi nel 346 e nel 350 come raccontano i «Carmina nisibena» di Efrem i quali terminarono col definitivo stabilimento della dominazione persiana su Nisibi. La maggior parte dei cristiani fuggirono; Efrem si ritirò ad Edessa ove trascorse gli ultimi anni di sua vita. In questo periodo scrisse la maggior parte delle opere giunte sino a noi. Egli viveva ordinariamente da anacoreta su una vicina montagna, il che gli permetteva di aver discepoli che si raccoglievano presso di lui. La loro vita privata, intrecciata di apostolato e di pietà, ebbe in tutto quel secolo un'importanza grandissima: fu là che si formarono i grandi campioni dell'ortodossia greca.
La divozione di S. Efrem verso Maria SS. non fu una divozione ordinaria e comune; ce lo attestano i suoi scritti numerosi sulla SS. Vergine, scritti che potevano essere frutto solamente di una mente sublime; tutta occupata di queste verità e di un cuore tenerissimo che, non pago di aver gustato i tratti ineffabili di un tal amore, ne volle far partecipe il più gran numero che fosse possibile. Per questo meritò il bellissimo titolo di «Canarino di Maria».
Pensiero fondamentale della dottrina mariana di S. Efrem è che le sublimi prerogative di Maria, da lui descritte con un'ampiezza e facondia straordinaria, sono spontanea conseguenza del privilegio riserbatole di essere Madre di Gesù. Stabilito il principio, Efrem, con una concatenazione di ragionamenti, giunge ad affermare che Maria SS. fu concepita senza peccato. Egli, espone la verità con chiarezza ammirabile e dice: «Maria fu Immacolata e lontanissima anche dal minimo peccato».
Fine poi che il santo si propone in tutti i suoi scritti sulla Vergine, è quello di infonderci una grande fiducia in Lei e di farcela amare di un amore simile a quello che le porta il Padre Celeste di cui è figlia, Gesù Cristo di cui è Madre, e lo Spirito Santo di cui è mistica Sposa.
E noi, compresi del bisogno che abbiamo di Lei, ripetiamo spesso con S. Efrem negli svariati eventi della nostra prova quaggiù: «Sotto le ali della tua pietà, o Vergine Immacolata, proteggici e custodiscici».
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POESIA: IL NOME DI MARIA

Tu che con l'alme sconosciute e dome
dall'affanno ti metti in compagnia,
Tu che un serto di stelle hai sulle chiome
e sei tanto amorosa, umile e pia;

sin da fanciullo il tuo celeste nome,
ch'è delizia degli Angeli, o Maria,
sin da fanciullo io l'adorai, siccome
venerai quello della madre mia.

E anche adesso in pronunciarlo, a volo
vengono nel mio cor le rimembranze
degli anni lieti e dell'antica fede.

E penso e piango il mio materno suolo;
e il fior reciso delle mie speranze,
e i morti amori e il tempo che non riede.

GIOVANNI PRATI.

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