Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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19. DOMENICA II DOPO PENTECOSTE

Meditazione alla Comunità delle Pie Discepole del Divin Maestro.
Roma, Via A. Severo 56, 16 giugno 19681

Lettura del santo Vangelo secondo Luca.
In quel tempo: Gesù disse ai farisei questa parabola: «Un uomo fece una gran cena e invitò molti. All'ora della cena mandò il suo servo a dire ai convitati: Venite che tutto è pronto. Ma tutti insieme presero a scusarsi. Il primo disse: Ho comprato un podere e bisogna che vada a vederlo; ti prego di scusarmi. E il secondo gli disse: Ho comperato cinque paia di buoi e vado a provarli; ti prego, abbimi per iscusato. E un terzo disse (...): Ho preso moglie, quindi non posso venire. Ed il servo tornò a riferire queste cose al padrone. Allora, sdegnato, il padrone di casa disse al servo: Presto, va' per le piazze e per le vie della città e conduci poveri, storpi, ciechi e zoppi. Poco dopo il servo tornò: Signore, è stato fatto come hai ordinato, e ancora c'è posto. Il padrone gli disse: Va' fuori per le strade e lungo le siepi e forza la gente a venire, affinché si riempia la mia casa. Vi assicuro che nessuno dei primi invitati assaggerà la mia cena»2.
È utile leggere l'Epistola del beato Giovanni apostolo.
Carissimi, non vi stupite se il mondo vi odia. Noi sappiamo di essere passati dalla morte alla vita, perché amiamo i nostri fratelli. Chi non ama resta nella morte. Chiunque odia il proprio fratello è un omicida; e voi sapete che la vita eterna non dimora in ogni omicida. Noi abbiamo conosciuto l'amore del Signore da questo: egli ha dato la sua vita per voi, e anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli. Se uno ha dei beni di questo mondo e, vedendo il suo fratello nel bisogno, gli chiude il proprio cuore, come potrebbe l'amore di Dio abitare in lui? Figliuolini miei, non amiamo a parole e con la lingua, ma con le opere e in verità3.
La conclusione dell'Epistola è questa: «Figliuolini miei, non amiamo a parole e con la lingua, ma con le opere e in verità». Quindi, anziché parole, facciamo le opere, le opere di carità; «le opere e in verità», sì. Quindi da considerare bene che noi dobbiamo seguire il Figlio di Dio incarnato, Gesù Cristo, sì, e allora, non solamente si dica a parola, ma le opere, le opere di carità. «Con le opere e in verità», sì.
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Quanto poi al Vangelo, la parabola: «Un uomo fece una gran cena e invitò molti». E poi: «Venite che tutto è pronto. Ma tutti insieme presero a scusarsi». E scusarsi, primo: «ho comprato un podere»; e poi il secondo: «ho comperato cinque paia di buoi»; e poi: «ho preso moglie». E quindi tutti si scusano. E allora, che cosa sarebbe del pasto, cioè della cena? Il servo tornò a riferire queste cose. «Allora, sdegnato il padrone di casa, disse al servo: Presto, va' per le piazze e per le vie della città e conduci poveri, storpi, ciechi e zoppi, ecc.». Sì, il Signore prende tutti quelli che sono buoni, sì, e allora, il pranzo. Invece, quelle che erano persone ricche, e quelle si sono allontanate. «Va' fuori per le strade e lungo le siepi e forza la gente a venire affinché si riempia la mia casa». E quindi tutta la vita.
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Ora, come applicazione, parliamo del sacramento della comunione.
Il ringraziamento consiste in atti di adorazione e di riconoscenza, e in intimi colloqui con Gesù; e si prolunga durante il giorno con la rassegnazione delle prove, la correzione dei propri difetti, la carità e comprensione fraterna, piccoli sacrifici quotidiani. Quindi, ricevendo Gesù, allora nella giornata: la correzione dei propri difetti, la carità e comprensione fraterna, i piccoli sacrifici quotidiani, nella giornata; i piccoli sacrifici quotidiani. Oh, si applica alla comunione.
La comunione conserva e accresce la grazia e la carità, rimette i peccati veniali, preserva dai mortali, dà conforto, nutre e fortifica la vita spirituale, indebolisce la concupiscenza e unisce intimamente a Gesù e al Corpo Mistico1. Tali effetti. La comunione, inoltre, fa rivivere realmente i misteri della vita di Gesù e ce ne applica le grazie proprie particolari di ogni singolo mistero. E quindi l'applicazione è per la comunione.
La comunione, attualmente, ha soltanto un ringraziamento e una preghiera, un Oremus a conclusione della Messa. Ma noi dobbiamo seguirlo ancora quello che è la comunione, e poi dopo applicarlo nella giornata, sì.
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Ora, le applicazioni sono: non seguire le cose umane. Quello che è detto sopra: tutti insieme presero a scusarsi quei tre, a scusarsi. Ma se essi si scusano, però allora, quei che sono poveri, storpi, ciechi, zoppi, ecc., sì. Molte volte ci sono persone ricche che sono nella loro (...) condizione, ma per noi il Signore chiede in particolare i poveri e storpi e ciechi e zoppi; e, questi, sono infelici, ma, nello stesso tempo, ricevono la grazia e i meriti e il nutrimento spirituale, sì. Purtroppo, nella vita attuale, nella vita sociale, sì, quelli che sono signori e ricchi, e allora pensano a accomodarsi al loro modo e quindi vivere da persone ricche. Ora, questo è, questo, di conseguenza: i ricchi poco vanno alle preghiere, alla comunione, ecc. Invece i poveri, abbondantemente vanno alla comunione, e quindi, i ricchi hanno cose di ricchezza, ma per i poveri, e allora i poveri ricevono il cibo adatto. Purtroppo i ricchi, che si allontanano dal Signore, e invece i poveri allora pregano e seguono il pranzo, cioè: «Signore, è stato fatto come hai ordinato». Sì, poveri, storpi, ciechi e zoppi. E poi il Signore ha ancora aggiunto altro, sì: «Va' fuori per le strade e lungo le siepi e forza la gente a venire».
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I signori che sono ricchi, e passano per le strade e nei piaceri; invece che sono poveri, allora hanno la grazia di seguire (...) a Gesù, sì. E alla fine della vita, che cosa c'e? C'è la sentenza. Ricchi, e come si trovano? E poveri che hanno continuato a fare la comunione, nutrirsi spiritualmente. E allora, i ricchi diventano poveri, disgraziati, e i poveri che... i poveri hanno seguito quel povero nutrimento... alla fine il ricco diviene povero e il povero diventa ricco. Quanti poveri conducono una vita di buoni cristiani, sì; e invece, quelli che, essere ricchi, e poi che cosa si rimane?. Tanto la morte, la morte ci sotterra nella tomba, sì. Sì, le cose si scambiano: i ricchi diventano poveri e i poveri, con fede, diventano ricchi presso Dio, e quindi, gloria del cielo, i beni del cielo. Il mondo non ragiona bene: quelli che sono ricchi, e allora vogliono godersela; e i poveri, operai, ecc. e questi alla fine la ricchezza dei meriti; e, anche se ci sono sofferenze, tuttavia tutto serve per la glorificazione di Dio, per la salvezza eterna, sì.
Bisogna che consideriamo sempre che ci sono due specie di uomini, di persone, e cioè: quelli che si fanno ricchi e diventano poveri; e al contrario, quelli che sono poveri divengono ricchi davanti a Dio: la gloria eterna, la felicità eterna. I poveri, così. E quanto ai ricchi? Un po' di anni che vivono a loro modo, ma poi tutto finisce con la vita. Allora, che cosa ci si trova poi dopo la morte? Ecco, dobbiamo considerare i beni soprannaturali, non i beni, invece, che sono diversi. Il mondo è diviso con coloro che sono in condizioni che loro, felici, direbbero. E, invece, i poveri, operai, contadini, e alla fine hanno le ricchezze spirituali, eterne.
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Allora, propositi nostri; e continuare la strada in cui... che abbiamo incominciata, allora, fino alla fine, fino al termine della vita. Allora, se nella povertà, allora si arriva alle ricchezze eterne. Al contrario, per i ricchi. Credono di godersela per la vita. E poi che cosa rimane dopo la morte?
Chiediamo i beni spirituali: possedere Dio, possedere Dio! Dio! Propositi, e riflettere nella giornata, specialmente durante la Adorazione.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro 157/b (= cassetta 252/a). In PM, nessun accenno cronologico. Questa meditazione è registrata sullo stesso nastro della meditazione n. 17 (cf PM in c97). - dAS, 16 giugno 1968 (domenica): «Messa e meditazione alle PD».

2 Lc 14,16-24.

3 1Gv 3,13-18.

1 Cf Catechismo di PIO X, o.c. n 345.