Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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15. LA SANTITÀ*

I. Festa di tutti i Santi

La Chiesa quest'oggi ci fa considerare in una magnifica visione il paradiso dove Gesù Cristo regna con i suoi eletti. Oggi è la festa di tutti
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i Santi, e perciò l'Introito ci invita alla letizia: «Gaudeamus omnes in Domino diem festum celebrantes sub honore Sanctorum omnium; de quorum solemnitate gaudent Angeli, et collaudant Filium Dei. Exultate, justi, in Domino...», e cioè: «Rallegriamoci tutti nel Signore celebrando questo giorno di festa...»1.
Anticamente era stato dedicato a tutti gli dèi pagani il Pantheon che poi venne trasformato in tempio cristiano e dedicato a tutti i Santi: prima a santa Maria e a tutti i Martiri, poi a santa Maria e a tutti i Santi. La festa di tutti i Santi fu fissata da
S. Gregorio VII al primo di novembre.
La visione del cielo e di tutti i Santi fu descritta da S. Giovanni nell'Apocalisse: S. Giovanni ci fa vedere i servi di Dio distinti con sigillo particolare. Prima, ricorda i segnati delle dodici tribù di Israele: «E udii il numero dei segnati da tutte le tribù dei figlioli d'Israele...»2 e poi, ricordate le tribù d'Israele, le anime del popolo d'Israele, viene a ricordare tutti i Santi del paradiso e dice: «Dopo di questo vidi una gran folla, che nessuno poteva contare, di tutte le genti e tribù e popoli e lingue, che stavano di faccia al trono e di faccia all'Agnello, rivestiti di bianche vesti e [con] palme nelle loro mani. E gridavano a gran voce dicendo: La salvezza [è dovuta] al nostro Dio, che è seduto sul trono, e all'Agnello. E tutti gli angeli stavano ritti all'intorno del trono e dei vecchi e dei quattro animali, e caddero bocconi davanti al trono e adorarono Dio dicendo: Amen! La benedizione e la gloria e la sapienza e il ringraziamento e l'onore e la potenza e la forza al nostro Dio per i secoli dei secoli. Amen!»3.
L'Agnello immacolato è Gesù Cristo,
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Sacerdote eterno. Non è diverso il sacerdozio che noi consideriamo in Gesù Cristo, nel cielo, dal sacerdozio che noi consideriamo sulla terra, sacerdozio di Gesù Cristo rappresentato dai suoi ministri. E non è diversa sostanzialmente la Messa che viene celebrata dai sacerdoti sull'altare da quella che celebra, in eterno, Gesù Cristo, sommo Sacerdote, in cielo. Tutti i santi uniti a lui, tutti gli angeli uniti a lui, e per mezzo dell'Agnello vien data a Dio in eterno una adorazione degna, un ringraziamento degno, una soddisfazione degna, una supplica degna.
E anche stamattina, considerando la solennità di questa Messa, durante la quale tutti voi circondavate l'altare, e vi accostavate per ricevere l'Agnello immacolato, pensavo alla medesima liturgia, solennissima, che viene celebrata in paradiso, oggi, con gioia speciale di tutti i santi, col trionfo di tutti gli apostoli, i martiri, i patriarchi, i profeti, i confessori, i vergini e tutti coloro che sono in cielo, anche dei nostri parenti, dei fedeli, dei comparrocchiani e dei giusti di tutta la terra. Il loro numero, dice S. Giovanni, è sterminato.
Dice infatti l'Inno dei Vespri descrivendo il maestoso corteo del cielo: «Si compone di tutti coloro che qui hanno distaccato il cuore dai beni della terra, furono miti, afflitti, giusti, misericordiosi, puri, pacifici di fronte alle persecuzioni».
E allora la Vergine e tutti i cori dei santi, noi li cantiamo «beati con una parola sola». Per questo fra i tratti del Vangelo, fu scelto per questa festa precisamente quello delle Beatitudini4.
In questo tratto di Vangelo prima vengono dichiarati «beati quelli che praticano la povertà»,
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quelli che amano questa virtù, che praticano questo voto, quelli che vivono col cuore distaccato dai beni della terra.
Poi vengono dichiarati beati i mansueti, cioè i miti «perché possederanno la terra». Con la terra qui, secondo alcuni, è indicato il cielo, la terra felice, il paradiso celeste e, secondo altri, il cuore degli uomini, perché i miti si guadagnano l'amicizia e la benevolenza degli uomini.
In terzo luogo vengono dichiarati beati quelli che piangono «perché saranno consolati», quelli cioè che piangono i loro peccati, quelli che vivono in sofferenze e offrono tutte le loro pene al Signore.
Poi vengono dichiarati beati quelli che hanno fame e sete della giustizia «perché saranno saziati». E sono già saziati costoro in paradiso perché là è il regno della giustizia, ed essi che hanno amato la giustizia, cioè hanno fatto la volontà di Dio, hanno rispettato Dio, il prossimo e se stessi, hanno ora il premio. La loro fame è saziata, la loro sete è saziata. Beati coloro che vogliono davvero farsi santi: questi hanno fame della giustizia.
«Beati i misericordiosi perché troveranno misericordia». Come il Signore perdona a noi i nostri peccati così noi dobbiamo perdonare al nostro prossimo e, come perdoniamo noi al nostro prossimo, così ci perdonerà il Signore. E tutti abbiamo bisogno di tanta misericordia. L'orgoglio ci fa considerare i nostri meriti, ma l'orgoglio è ignoranza; il sapiente è sempre umile.
«Beati i puri di cuore perché vedranno Iddio». Il loro occhio è stato puro, il loro cuore è stato puro, la loro mente è stata pura e perciò il loro cuore ora gode Iddio, i loro occhi si affissano in Dio.
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>«Beati i pacifici perché saranno chiamati figli di Dio». Iddio è l'autore e il datore della pace; Gesù Cristo stesso è chiamato il Re pacifico perché dove regna Gesù Cristo regna la sua giustizia e ivi regna la pace. E quando un'anima ama Gesù Cristo, vive in pace: in pace con Dio, in pace con se stessa, in pace col prossimo.
«Beati i perseguitati per amore della giustizia, perché di questi è il regno dei cieli». Non che qualunque perseguitato sia beato, se no i ladri che sono ricercati dal poliziotto sarebbero tali. Sono contraddetti, ma sono beati coloro che sono perseguitati per amore della giustizia. Beati quelli che oggi soffrono persecuzioni in tante parti del mondo, sopportano le loro catene, prigionieri, esuli. Questi sopportano tante pene per amore della giustizia; questi sono beati e una grande gloria li attende in cielo.
«Beati siete voi, dice Gesù, quando vi malediranno e vi perseguiteranno e, mentendo, diranno male di voi per causa mia, rallegratevi ed esultate, sarà grande la vostra ricompensa nel cielo». Sì, ogni volta che noi facciamo bene, ancorché ci fossero male interpretazioni, dobbiamo ritenerci veramente fortunati, felici. In paradiso fra le schiere dei santi, dei martiri, i perseguitati mostrano le loro vesti insanguinate e le loro palme vittoriose.
Oh, non abbiamo forse sofferenze grandi, ma le piccole sofferenze, la pazienza abituale: ecco come ci si può fare santi!
Allora noi ci rivolgiamo a tutti quelli che sono in paradiso e li supplichiamo con la Chiesa, dicendo: «Concedi, o Signore, te ne preghiamo, ai popoli fedeli di venerare sempre con gioia tutti i santi e di esser protetti dalla loro intercessione»5.
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Che tutti preghino per noi: gli apostoli ci ottengano lo zelo, preghino per noi i martiri e ci ottengano la pazienza, preghino per noi i confessori e ci ottengano le virtù cristiane e le virtù religiose. Preghino per noi i vergini e ci ottengano l'orrore al peccato, la delicatezza nel parlare, la delicatezza del cuore, preghino per noi tutti i santi perché non sbagliamo la strada sulla terra e camminiamo diritti verso la celeste beatitudine, la celeste Gerusalemme, la città dei santi.
Esaminiamoci: ci teniamo veramente sulla via che hanno tenuto i santi? Pratichiamo lo zelo degli apostoli, la pazienza dei martiri? Pratichiamo le virtù religiose, le virtù dei santi religiosi? Pratichiamo le virtù cristiane di quegli uomini che hanno osservato bene la legge di Dio, hanno fuggito il peccato, hanno frequentato bene i sacramenti e hanno raccolto tesori di meriti nei loro giorni?
Proposito: Segreto di riuscita6.
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II. Chi vuole si fa santo

Da ogni ritiro mensile un frutto particolare: ogni anima ha le sue intenzioni, i suoi propositi particolari, tuttavia vi è sempre qualche cosa in comune, un fine comune per ogni ritiro, un frutto che può andare bene per ogni anima.
Il fine comune del presente ritiro è questo: stabilire bene nella nostra mente, nella nostra anima questa massima: Chi vuole si fa santo e chi non vuole, fosse pure nel collegio apostolico, non si fa santo, come non si fece santo Giuda.
Chi vuole si fa santo, fissare nella nostra mente questa massima e chiedere alla Madonna questa grazia: Vergine Maria, Madre di Gesù, fateci santi7.
Questa mattina abbiamo fatto la meditazione che era già parte del ritiro. Abbiamo considerato i santi in cielo, tutti i santi. La santità può essere ordinaria, straordinaria e può essere anche taumaturga. Aspiriamo alla santità ordinaria, però parliamo anche di una santità distinta che da una parte esclude ogni peccato e dall'altra importa l'esercizio delle virtù, di tutte le virtù in un grado più elevato.
Vi è una santità straordinaria, quella dei santi che fecero penitenze straordinarie, che vissero nei deserti, che compirono opere grandiose, che esercitarono le virtù in un grado eroico. Vi sono santi i quali ebbero anche questo privilegio: una potenza taumaturga, fecero dei miracoli.
Il Signore ama gli uomini e provvede loro certi esempi di virtù, perché gli uomini si rivolgano ad essi e apprezzino e stimino le persone che li praticarono. Iddio esalta anche sulla terra queste anime, queste persone, dando loro la potestà di compiere dei miracoli. Pio X dovette compiere una grande opera nella Chiesa e quindi trovò contraddizioni e critiche, ma siccome operò sempre per la gloria di Dio, per il bene della Chiesa e delle anime, Dio confermò l'opera di lui compiendo dei miracoli per sua intercessione. Fu così premiata la sua santità e anche
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confermate le opere da lui stabilite, l'indirizzo da lui dato alla pietà, fu confermata l'opera sua contro l'eresia.
Può darsi che una persona occupi un posto umilissimo su questa terra, ma che andando in cielo occupi un posto altissimo, forse superiore a quello occupato da santi canonizzati. Vi sono santi in cielo che in terra sempre compirono la volontà di Dio nel silenzio: solo e sempre ciò che piace al Signore, ecco
S. Giuseppe! Vi sono santi in tutte le categorie di persone, dai sommi Pontefici ai contadini. Non vi è dinastia che abbia una elencazione così numerosa di santi come la dinastia, chiamiamola così, dei santi Pontefici. Ben novanta tra beati e santi su duecentosessanta Papi. Vi sono santi tra le persone dotte, quindi professori, insegnanti e vi sono santi i quali erano semplici operai, contadini. Vi sono santi in tutte le classi sociali, che cosa significa? Chi vuole si fa santo. Non è il posto, non è il grande ingegno, non è la molta scienza che conta per farsi santi, è la volontà di corrispondere alle grazie di Dio: chi vuole si fa santo. Entrate nella famiglia di S. Luigi [Gonzaga] e là trovate un giovane mondano e un altro che dice: Non sono fatto per le cose della terra, queste mi sono più d'inciampo che altro. Da uno stesso collegio, da uno stesso Istituto escono santi ed escono anche persone le quali si abbandonano alle proprie passioni e conducono una vita che li fa stare in continua agitazione e soprattutto li farà stare in agitazione in punto di morte. Chi vuole si fa santo, ma chi non vuole può stare anche a lungo in ginocchio davanti al Tabernacolo, e tuttavia essere distratto e avere la mente rivolta a tutt'altre cose.
Vi sono giovani nel mondo che si trovano in mezzo a mille difficoltà, eppure si fanno santi. Sono fiori tra le spine: la virtù per loro è più difficile, ma essi col diffidare di sé, con il ricorrere alla preghiera, con la fiducia in Dio e la buona volontà si formano un carattere, sanno che la vita è ordinata all'eternità e lavorano per questa, e si fanno santi. Quante madri di famiglia sono sante! Quanti bravi contadini non hanno altro in mente che compiere il loro dovere e fare la volontà di Dio e si fanno santi! Non è il posto che conta, non [sono] i doni ricevuti.
Adamo ed Eva erano forniti di molte grazie, avevano frequenti conversazioni con Dio, molta scienza, eppure perdettero
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la grazia con il peccato. Che cosa ci vuole adunque per farsi santi? Accenniamo a tre cose:

1) Odio al peccato, il timore del peccato. Se non si incomincia la scala della santità passando per questo gradino non si arriva alla santità. Se non si arriva a questo punto da poter dire: Quell'anima non teme che il peccato, non si arriva alla santità. Il timore del peccato, però, è dono di Dio, bisogna chiederlo a Dio. [Recitare il] quinto mistero gaudioso.
Considerare che il peccato è il più grande male del mondo.È facile la sapienza dei santi; se noi la consideriamo un po' intimamente, pensiamo alla massima del beato Domenico Savio: La morte, ma non peccati; [ricordiamo] che Maria Goretti seppe tradurla in pratica morendo piuttosto che commettere il peccato. Occorre vigilanza sui pensieri, sentimenti, parole, azioni e anche omissioni.

2) Cosa necessaria per raggiungere la santità è una grande volontà. Chi vuole si fa santo. Ma occorre che sia una volontà forte, energica, non solo una velleità come ebbe il giovane ricco. Il Signore rispetta la volontà: «Si vis...: se vuoi»8. E quel giovane sembrava volere, ma la sua non era una volontà forte. Così non hanno una volontà sufficientemente buona quelli che vorrebbero farsi santi, ma... purché non ci siano dei distacchi, purché non ci sia da soffrire.
Vi sono invece gli esempi dei santi i quali, ancorché in qualche momento avessero avuto debolezze e sentissero tutto il fremito delle passioni, pure seppero lottare e vincere. Chi vuole si fa santo.

3) E non ci vogliono cose straordinarie per farsi santi: basta far bene le cose comuni, basta una volontà un poco distinta, un po' energica. Ognuno può farsi santo nel compiere bene le cose comuni. Come fece S. Giovanni Berchmans9 che aveva per massima: Fare le cose comuni in modo non comune. Fare le cose comuni, usando in esse speciale attenzione, speciale diligenza,
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per amore di Gesù, per il paradiso. E chi non può farsi santo allora?
Tre cose dunque ho ricordato, tre cose necessarie per farsi santi: un fortissimo odio al peccato. Vigilanza con chi si sta, con chi si parla, cosa si dice, vigilanza sui pensieri, sui sentimenti, sulle parole, sulle azioni.
Un buon grado di volontà e allora anche nelle cose comuni potremo raggiungere la santità.
Vi è poi la preghiera, la quale deve ottenerci la forza necessaria. Chiediamo alla Madonna la grazia della santità: Vergine Maria, Madre di Gesù, fateci santi!

III. [Mezzi per farsi santi]

Fine di questo ritiro è fissare bene in mente la massima: Chi vuole si fa santo. E chiediamo al Signore la grazia che questa massima sia sempre fissa nella nostra mente e nel nostro cuore.
La ragione fondamentale per cui si dice: Chi vuole si fa santo, è che a tutti noi è offerta la grazia. Questa grazia comprende l'istruzione religiosa, la buona educazione, la vocazione religiosa [con] quelle nozioni, ispirazioni, aiuti attuali per fare il bene. Comprende l'uso dei sacramenti, particolarmente la Confessione e la Comunione, comprende tutto ciò che vi è nell'Istituto. Chi fa bene tutto ciò che vi è nell'Istituto, dalla pietà allo studio, all'apostolato, alla povertà, si può far santo. Tutto ciò che vi è nell'Istituto è vostro. A vostra disposizione sono i superiori, i confessori. È vostro ciò che riguarda lo studio, l'apostolato, la povertà, le cose dell'Istituto. Approfittare di tutto.
Compiere bene le cose comuni, ma in un modo non ordinario, cioè non trascurato, dalle cose più semplici alle più alte, come il sacramento della Confessione e Comunione ben ricevuti.
Ora, dobbiamo notare che questa forza per far bene, quest'aiuto proviene dalla preghiera. La grazia di pregare Dio la dà a tutti, e quando si prega la mente viene illuminata, la volontà fortificata. Chi prega si salva, chi prega molto si fa santo10,
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pregando la mente si orienta sempre più verso Dio, l'anima cammina sempre più verso il cielo e si fa santa.
Tuttavia questa grazia di pregare, che sostanzialmente abbiamo, dobbiamo chiederla ancora. Talvolta si fa fatica a chiudere bene la meditazione, la Visita, la giornata, perciò dobbiamo sempre chiedere la grazia di pregare bene, perché ogni anno si noti un progresso nel far bene la Comunione, bene la Visita, l'esame di coscienza. Di anno in anno migliorare la nostra unione con Dio, finché questa si perfezionerà e si stabilirà in cielo.
Per ottenere la grazia di saper pregare bene, ricorriamo alpensiero dei defunti. Chi sono i defunti? È sempre bene visitare il cimitero, particolarmente in questi giorni. Quest'anno la commemorazione dei defunti si compie il tre [novembre]11, ma tutto il mese è consacrato alla memoria dei defunti. Ecco, la città può essere rumorosa, possono compiersi tanti contratti e tanti affari, ma intanto a poco a poco la città va svuotandosi dei suoi abitanti e altri subentrano nella loro attività. Spesso si vedono le vetture che passano per le vie della città e vanno a raccogliere i defunti nelle varie case per portarli al camposanto. Quella vettura un giorno verrà anche a prendere la nostra salma per portarla al cimitero. Visitare il camposanto, ma non fermarsi a contemplare le lapidi, le iscrizioni, guardiamo più profondamente. Ognuno non sfugga a questo pensiero, lo tenga presente, perché la morte verrà, verrà «in qua hora non putatis: quando meno ve lo aspetterete»12.
Che cosa ci insegnano quei defunti? Ci insegnano che la vita è breve, che sono prudenti e saggi coloro che non guardano né a destra né a sinistra, ma guardano il cielo, al loro dovere e si fanno santi. Ci insegnano che al di là vi sono tre posti o tre stati: paradiso, purgatorio, inferno. Queste parole non si sentono pronunziare solo dal pulpito, ma indicano tre stati in cui le anime dei defunti si trovano già realmente. Che disperazione per quelli che sono all'inferno, dove il loro «verme non muore e la loro sete è inestinguibile»13. Fra poco tempo anche noi saremo o
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salvi per sempre o dannati per sempre. E allora scegliamo, svegliamoci dal sonno14, come ci dice S. Paolo.
Quattro cose occorrono per farci santi: una grande buona volontà, preghiera e far bene le cose comuni, ma a base di tutto, come fondamento, l'odio, il timore del peccato: peccato di pensiero, di sentimenti, di parole, di azioni, di omissioni. Odio al peccato. Questa volontà, ricordiamola, riconfermiamola bene qui, stamattina, ricordando i defunti.
Vergine Maria, Madre di Gesù, fateci santi. Mese consacrato al ricordo dei defunti: suffragare i defunti e liberare noi dal pericolo di cadere in quelle fiamme. Tenere presente la massima: Chi vuole si fa santo!
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* Ritiro mensile, tre prediche: la prima è stata stampata nel volume Prediche del Rev. Primo Maestro, Agosto - Novembre 1952, Edizioni Paoline, Roma 1953, pp. 178-183. Per questo è stata inserita in Alberione G., Per un rinnovamento spirituale, o. c., p. 288-291. La seconda e la terza sono pervenute in dattiloscritto, carta vergata, copia, sembra di battitura recente, fogli 5 (22x28). Sul dattiloscritto, a mano, è scritto “Primo Maestro”. All'inizio della seconda meditazione, si fa cenno alla predica tenuta dal Primo Maestro al mattino, come detto sopra; questo riferimento fa supporre che anche le altre due prediche siano state tenute da lui, a [Roma], l'1.11.1952. Per la prima meditazione l'originale è lo stampato, per la seconda e la terza è il dattiloscritto.

1 «… in onore di tutti i Santi; della loro festa gioiscono gli angeli, e insieme lodano il Figlio di Dio. Esultate, giusti, nel Signore…».

2 Cf Ap 7, 4.

3 Cf Ap 7, 9-12.

4 Cf Mt 5, 1-12.

5 Cf Orazione dopo la Comunione, propria del giorno.

6 Cf Le preghiere della Famiglia Paolina, ed. 1996, pp. 193-194.

7 La coroncina Vergine Maria, Madre di Gesù, fateci santi, risale a S. Giuseppe Benedetto Cottolengo (1786-1842) e fu da Don Alberione introdotta e raccomandata alla Famiglia Paolina (cf Le preghiere della Famiglia Paolina, ed. 1996, p. 31).

8 Cf Mt 19, 21.

9 Giovanni Berchmans (1599-1621) belga, giovane chierico gesuita, si distinse per l'osservanza, la carità e un tenero amore verso la Madonna.

10 Cf S. Alfonso M. de' Liguori, Del gran mezzo della preghiera, PSSP, Roma-Alba 1937. Cap. 1, 1.

11 Nel 1952 il 2 novembre era domenica (cf Calendario perpetuo).

12 Cf Mt 24, 44.

13 Cf Is 66, 24.

14 Cf Rm 13, 11.