Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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43. LA MORTE *

Facciamo l'ora di adorazione per ottenere di non morire di morte improvvisa o senza preparazione. Il rosario di ottobre mira a chiedere tale grazia per l'intercessione di Maria santissima. Il Maestro Gesù ci ha raccomandato tante volte di stare preparati, perché la morte viene come un ladro di notte. In ossequio alla sua raccomandazione noi gli chiediamo la grazia di essere santamente preparati alla morte: in ogni ora, in ogni luogo e con le migliori disposizioni. Deve temere di morir male chi non è in ogni momento preparato a morire, e deve essere pieno di fiducia di morir bene chi ogni mattina si propone di passare la giornata come [fosse] l'ultima della vita, e ogni sera, raccogliendosi per l'esame di coscienza, può dire: Se in questa notte venisse la morte mi presenterei fiducioso al tribunale di Dio.

[1.] Leggiamo prima la sacra Scrittura: «Ora il Signore Dio aveva piantato fin da principio un paradiso di delizie, dove pose l'uomo che aveva formato. E il Signore Dio fece spuntare dal suolo ogni sorta di alberi belli a vedersi, dai frutti soavi al gusto, e l'albero della vita, in mezzo al paradiso, e l'albero della scienza del bene e del male. E da questo luogo di delizie usciva, ad irrigare il paradiso, un fiume che di là si divide in quattro capi.
Il Signore Dio prese dunque l'uomo e lo pose nel paradiso di delizie, affinché lo coltivasse e lo custodisse. E gli diede questo comandamento: Mangia pure di ogni albero del paradiso, ma dell'albero della scienza del bene e del male non ne mangiare, perché nel giorno in cui ne mangerai, tu morrai.
Poi disse il Signore Dio: Non è bene che l'uomo sia solo: facciamogli un aiuto simile a lui. Avendo dunque il Signore Dio formato dalla terra tutti gli animali dei campi e tutti gli uccelli del cielo, li menò ad Adamo, perché vedesse il nome da darsi ad essi, e ogni nome che Adamo diede agli animali è il vero nome.
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Or Adamo pose nomi appropriati a tutti gli animali, e a tutti i volatili dell'aria, e a tutte le bestie della terra, ma per Adamo non si trovava un aiuto che gli somigliasse. Allora il Signore Dio mandò ad Adamo un profondo sonno, e, mentre era addormentato, gli tolse una costola che sostituì con la carne. E con la costola che aveva tolta ad Adamo, il Signore Dio formò la donna e la condusse ad Adamo. E Adamo disse: Ecco finalmente l'osso delle mie ossa, la carne della mia carne. Questa sarà chiamata Virago, perché è stata tratta dall'uomo. Perciò l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua moglie e i due saranno una sola carne. Or l'uno e l'altra, Adamo cioè e la sua moglie, erano nudi, e non ne avevano vergogna.
Ora il serpente era il più astuto di tutti gli animali della terra che il Signore Dio aveva fatti. Ed esso disse alla donna: Perché Dio vi ha comandato di non mangiare del frutto di tutte le piante del paradiso? E la donna gli rispose: Del frutto delle piante che sono nel paradiso ne mangiamo; ma del frutto dell'albero che è nel mezzo del paradiso Dio ci ordinò di non mangiarne, e di non toccarlo, ché forse non s'abbia a morire. Ma il serpente disse alla donna: No, voi non morrete. Anzi Dio sa bene che, in qualunque giorno ne mangerete, si apriranno i vostri occhi, e sarete come dei, avendo la conoscenza del bene e del male. Or la donna, vedendo che il frutto dell'albero era buono a mangiarsi e bello all'occhio e gradevole all'aspetto, lo colse e ne mangiò e ne diede al suo marito, che ne mangiò. Allora si apersero gli occhi ad ambedue, ed essendosi accorti d'essere nudi, cucirono delle foglie di fico e se ne fecero delle cinture. Ed avendo udito la voce del Signore Dio che passeggiava nel paradiso al fresco della sera, Adamo con la sua moglie si nascose dal cospetto del Signore Dio in mezzo agli alberi del paradiso. E il Signore Dio chiamò Adamo e gli disse: Dove sei? Ed egli rispose: Ho sentito nel paradiso la tua voce, ed avendo paura, perché nudo, mi sono nascosto. E Dio gli disse: Chi ti ha fatto conoscer d'esser nudo, se non l'aver mangiato il frutto del quale io ti avevo comandato di non mangiare? Adamo rispose: La donna che mi desti per compagna mi ha dato il frutto ed io ne ho mangiato. E il Signore Dio disse alla donna: Perché hai fatto questo? Ed essa rispose: Il serpente mi ha sedotta, ed io ne ho mangiato.
Allora il Signore Dio disse al serpente: Perché hai fatto questo, sei maledetto fra tutti gli animali e le bestie della terra, tu
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striscerai sul tuo ventre e mangerai terra tutti i giorni della tua vita. Ed io porrò inimicizia fra te e la donna, fra la tua progenie e la progenie di lei; essa ti schiaccerà la testa e tu la insidierai al calcagno. E alla donna disse: Io moltiplicherò i tuoi affanni e le tue gravidanze: con dolore partorirai i tuoi figliuoli, sarai sotto la potestà del marito, ed egli ti dominerà.
Ad Adamo poi disse: Perché hai dato ascolto alla voce della tua moglie, ed hai mangiato del frutto del quale io t'avevo comandato di non mangiare, la terra è maledetta per causa tua, con fatiche ne trarrai il nutrimento per tutti i giorni della tua vita. Essa ti produrrà triboli e spine, e tu mangerai l'erba dei campi. Col sudore della tua fronte mangerai il pane, finché non ritornerai nella terra dalla quale fosti tratto; perché tu sei polvere, ed in polvere ritornerai. Allora Adamo pose alla sua moglie il nome di Eva, essendo essa la madre di tutti i viventi»1.
La morte è dunque la pena del peccato, perché Adamo ed Eva non tennero conto della minaccia di Dio, ma si cibarono del frutto vietato ed allora la sentenza non tardò a venire: Tu morrai.

La morte è incerta. È incerta e cioè può venire in ogni momento, in ogni luogo, quando meno ce l'aspettiamo. È incerta, perché? Per tre motivi: per ragione della nostra natura; per ragione della misericordia di Dio; e ancora per giustizia [divina].
1) Per la nostra natura. Per parte del corpo noi siamo formati di materia corruttibile; basta un nonnulla, esprimiamoci così, perché avvenga una rottura nelle nostre vene, per essere colpiti da una polmonite o sorpresi in una disgrazia, in una caduta, in uno scontro. Sentiamo continuamente parlare di morti improvvise: chi a causa di una caduta, chi per apoplessia, chi per un urto improvviso, chi per un fulmine, chi per via, chi per mare, chi per strada. Ogni giorno i giornali danno notizia di morti avvenute o per disgrazia esterna o anche per malattia che proviene dallo stesso organismo. Il vaso è molto fragile, e può rompersi per cause esterne e per cause interne: basta un microbo impercettibile ad occhio nudo, e da un momento all'altro noi possiamo passare all'eternità.
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2) Per ragione della misericordia di Dio. Iddio tante volte chiama un'anima all'eternità improvvisamente, perché è misericordioso. Il Signore vede che un giovane se diventasse adulto, uomo [maturo], vecchio cadrebbe in peccato e metterebbe in serio pericolo la salvezza, e allora capita che mentre è ancora innocente: «Raptus est, ne malitia mutaret intellectum eius»2, il Signore l'ha chiamato perché la malizia non avesse da far breccia sul suo cuore: infatti muore giovane chi al cielo è caro! Altre volte invece il Signore concede lunga vita per misericordia: quando un'anima fa bene, quando vi sono apostoli zelanti, anime tutte di Dio, il Signore per la sua gloria e per il bene maggiore di quest'anima, concede molti giorni, pieni di grazie. È detto di S. Tito che morì «Plenus dierum et meritorum»3.
3) La morte arriva all'insaputa, anche per giustizia di Dio. È il peccato che l'attira: «Per peccatum mors»4. «Stimulus autem mortis peccatum est»5, ciò che sollecita la morte è il peccato o le ingratitudini usate alla divina misericordia. Quante volte non si sanno spiegare morti immature, improvvise, ma Iddio lo sa e lo vedremo poi al giudizio, lo vedremo poi nell'eternità. [Dio] perdonerà a chi dieci, a chi venti, e c'è invece chi viene colpito al primo peccato, al secondo, al terzo, non è per tutti uguale, quando è compiuto il numero determinato da Dio viene il castigo. È infinita la misericordia di Dio, ma gli atti di questa misericordia per ognuno sono numerati. Dunque vigiliamo: «Quia nescitis diem, neque horam»6. Abbiamo [quindi] sempre come un sacro timore, diffidando perché il nostro corpo è corruttibile, e abbiamo fiducia nella divina misericordia, nel santo pensiero della sua giustizia.
Recitiamo spesso il Padre nostro per essere liberati dalla morte improvvisa. Cantiamo il salmo: Beatus vir qui timet Dominum7, perché l'uomo che teme di offendere il Signore, disponga i suoi giorni nella saggezza mirando sempre all'eternità, in ogni sua opera. A mala morte, libera nos, Domine8, per tre volte.
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[2.] Leggiamo un tratto degli Atti degli Apostoli: «Un tale chiamato Anania, con Saffira sua moglie, vendette un podere e, lei connivente, ritenne parte del prezzo e, portandone una porzione, la pose ai piedi degli Apostoli. Or Pietro disse: Anania, come mai Satana tentò il tuo cuore da mentire allo Spirito Santo e ritenere parte del prezzo del podere? Se non lo vendevi non era forse tuo? E vendutolo non rimaneva a tua disposizione? Per qual motivo ti sei messo in cuore tale cosa? Tu non hai mentito agli uomini, ma a Dio. Anania, all'udire queste parole, cadde e spirò. Allora, mossisi dei giovani, lo tolsero e lo portarono a seppellire.
Circa tre ore dopo, ecco entrare la moglie di lui che nulla sapeva di quanto era accaduto, e Pietro le disse: Dimmi, donna, avete venduto per tal prezzo il podere? Quella rispose: Precisamente. E Pietro a lei: Perché vi siete accordati a tentare lo Spirito del Signore? Ecco i piedi di coloro che hanno seppellito il tuo consorte sono all'uscio e ora porteranno via anche te. In quell'istante ella cadde ai piedi di Pietro, e spirò. Ed entrati quei giovani, la trovarono morta, e la portarono a seppellire accanto a suo marito. Allora grande paura ne venne a tutta la Chiesa e a tutti quelli che udirono tali cose»9.
La morte è incerta: in riguardo al luogo; in riguardo al tempo; in riguardo al modo.
1) In riguardo al luogo, si può morire in qualunque posto: in strada, a letto, in chiesa, in cortile, a studio, durante l'apostolato, ecc.
Ricordo di un uomo, morto appena si alzò dal confessionale a cui si era accostato; di una donna che cadde davanti alla balaustra appena ricevuta l'Ostia santa; di un tale che nel giorno dell'Assunta, dopo aver ascoltato la Messa grande10, nell'uscire di chiesa cadde e nel cadere improvviso venne con il suo capo proprio a battere sopra i miei piedi.
2) La morte ci può sorprendere in qualunque tempo. È facile che i giovani quando sentono parlare di morte, guardino a quelli che sono più vecchi, pensando: Andiamo per ordine, prima a te. E già, se andassimo sempre per ordine potremmo aspettare il
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nostro turno con precisione! Ma non si va sempre per ordine: dei vecchi nessuno sopravanza, ma ne muoiono a tutte le età. E sì, a tutte le età! La media dell'età è trentadue anni circa, perché muoiono tanti giovanetti, fanciulli, bambini. E non si può dire, che la morte risparmi coloro che sono robusti o nel fiore delle forze! Non si è sicuri dal mattino alla sera: levandoci al mattino non sappiamo se alla sera ritorneremo a riposarci sani in quel letto, alla sera non sappiamo se al mattino saremo ancora vivi. Quanti furono sorpresi dalla morte durante il riposo! Ogni anno ognuno può fare questo calcolo: Non sono sicuro di arrivare al 31 dicembre; e questo si può dire anche al principio del mese, in principio della settimana: Non sono sicuro di terminare il mese, non sono sicuro di terminare la settimana.
Un fanciullo dei nostri, andato in vacanza qualche tempo fa, mentre prima era sano, si ammalò, e morì in quei giorni di vacanza. Non siamo sicuri in nessuna età.
3) Riguardo al modo non siamo sicuri, e questa è la cosa più terribile, né di morir bene né di morir male. Tutti si deve morire, ma il timore della morte deve essere moderato: è la morte cattiva che si deve temere. Ebbene, noi sappiamo questo: tutti i giorni possiamo essere tentati a peccare, possiamo cadere, e la morte ci può sorprendere in quello stato. Chi è che non temerà, dunque? Chi è che non deve temere?
Inoltre, anche se la morte venisse preceduta da malattia, non siamo sicuri se chi ci assisterà, ci avvertirà per tempo, né se avremo a disposizione un bravo sacerdote o se avremo la calma di fare un buon esame di coscienza e accusarci come si deve, se avremo il dolore dei peccati per ottenere sicuramente il perdono. Chi è sicuro di questo? Il Signore non lo assicura, neppure ai più buoni. Quindi la grazia di una buona morte è una delle più belle grazie da chiedersi e da chiedersi non solo ogni giorno, ma più volte al giorno, perché la perseveranza finale è un dono speciale di Dio. Nell'Ave Maria, rivolgiamo sempre la stessa domanda alla Madonna che preghi per noi adesso e nell'ora della nostra morte.
Cantiamo il De profundis11. Prima recitiamo sette Ave Maria ai sette dolori della Madonna per essere liberati da una cattiva
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morte, da una cattiva fine, perché la morte non ci sorprenda in cattivo stato. Ci avverte Gesù Cristo: «Come i pesci sono presi nelle acque torbide…»12 così i peccatori sono presi nelle ore brutte. A mala morte, libera nos, Domine13, per tre volte.

[3.] Tratto del libro della Sapienza. «Le anime dei giusti sono in mano di Dio. E il tormento della morte non li potrà toccare; agli occhi degli stolti parve che essi morissero e la loro partenza fu stimata una sciagura e la loro separazione da noi una distruzione; ma essi sono nella pace, e se nel cospetto degli uomini hanno sofferto dei tormenti, la loro speranza è piena di immortalità. Dopo breve afflizione, saranno messi a parte dei grandi beni, perché Dio li ha provati e li ha trovati degni di sé. Li ha provati come oro nel crogiolo, li ha graditi come vittime d'olocausto, e a suo tempo saranno consolati. I giusti brilleranno, correranno qua e là come scintille in un canneto, giudicheranno le nazioni, domineranno i popoli, e il Signore dominerà in essi eternamente. Quelli che confidano nel Signore comprenderanno la verità; i fedeli vivranno uniti a lui nell'amore, perché grazia e pace è riserbata agli eletti di Dio.
Ma gli empi avranno il castigo secondo i loro pensieri, perché disprezzarono il giusto e si allontanarono dal Signore; perché chi rigetta la sapienza e la disciplina è infelice: le loro speranze sono vane, le loro fatiche sono senza frutto, le loro opere sono inutili, le loro mogli sono insensate, i loro figli sono pessimi, la loro stirpe è maledetta»14.
Diversa dunque è la sorte che attende i giusti e la sorte invece che attende i cattivi. Per essere pronti a ben morire occorrono almeno cinque cose:
a) Essere esenti dal peccato mortale. Guai a chi ha il peccato mortale! Che cosa sarebbe di lui se improvvisamente il Signore lo richiamasse? Senza contare poi che il peccato è come una calamita che continuamente richiama la morte. Egli manda come una invocazione con il suo stato di coscienza alle creature perché
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vengano a vendicare il Creatore offeso: come l'albero infruttuoso richiama la scure.
b) Non avere peccati veniali. Il peccato veniale è la tiepidezza. Per essa si dovrebbe cadere in purgatorio. Bisogna detestarlo il peccato veniale, almeno non commetterne degli avvertiti. Vi sono imperfezioni che sono debolezze di natura, ma quello che dobbiamo evitare è il peccato veniale acconsentito, [fatto] ad occhi aperti.
c) Soddisfare per tempo a tutte le pene. Non sempre con le confessioni scancelliamo tutta la pena temporale. Forse dopo [che è stato] rimesso il peccato è rimasta ancora qualche pena da scontarsi in questa vita o nell'altra. Facciamo perciò penitenza e usiamo del tesoro delle indulgenze. S. Agostino dice: Nessuno, anche quando la vita non fu cattiva, dovrebbe avvicinarsi alla morte senza aver passato un certo tempo in penitenza e mortificazione. Da tutti si deve ricordare che Dio vede le cose dell'anima nostra assai meglio di noi: quante volte [c'è stata] un po' di vanità, quante volte un'imperfezione, quante volte meno zelo, meno energia nel servizio di Dio.
d) Arricchirci di meriti per tempo. La morte è il tempo della raccolta, non potremo trovare né di più né di meglio di quanto avremo fatto. Le mani dei giusti saranno piene: «Venient cum exultatione portantes manipulos suos»15; ma le mani del trascurato si troveranno vuote. I pigri dovranno dire: Il tempo è passato, ma la nostra lampada è senza olio.
e) Anzi farci santi! Questo è il programma che ci siamo scelti, questa è la grazia che chiediamo nella coroncina: Vergine Maria, madre di Gesù, fateci santi. Questo è il fine, tutto il fine, il solo fine per cui si vive. Di poco o molto ingegno, di poca o molta salute, stimati o no, ricchi o poveri, poco importa, il tutto è qui: farci santi: «Hoc est enim omnis homo»16.
Recitiamo la coroncina: Vergine Maria, Madre di Gesù, ecc.; canto delle Litanie della Madonna che attendiamo al letto di nostra morte.
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* Ora di adorazione, alla Famiglia Paolina, in ciclostilato, fogli 4 (22,6x34), tenuta ad Alba l'8.10.1933. Anche se nell'originale non è indicato l'autore, è da attribuirsi a Don Alberione perchè è stata stampata in I Novissimi..., o. c., pp. 7-21, con il titolo Che cosa sia la morte.

1 Cf Gen 2,8-10.15-25; 3,1-20.

2 Cf Sap 4,11: «Fu rapito, perché la malizia non ne mutasse i sentimenti».

3 Cf Gen 25,8: «Sazio di giorni e di meriti».

4 Cf Rm 5,12: «Con il peccato, la morte».

5 Cf 1Cor 15,56: «Il pungiglione della morte è il peccato».

6 Cf Mt 25,13: «Perché non sapete né il giorno né l'ora».

7 Cf Sal 112,1: «Beato l'uomo che teme il Signore».

8 «Dalla morte improvvisa, liberaci, o Signore».

9 Cf At 5,1-11.

10 Espressione popolare per indicare la messa solenne cantata della domenica.

11 Cf Sal 130,1: «Dal profondo».

12 Non è chiaro a quale avviso di Gesù si riferisca Don Alberione. Probabilmente si tratta dell'invito che Gesù, pur conoscendo la prassi dei pescatori di pescare di notte ossia quando c'è buio, fa agli apostoli di calare le reti in pieno giorno e l'abbondante pesca miracolosa che ne seguì (cf Lc 5, 5-6).

13 «Dalla morte improvvisa, liberaci, o Signore».

14 Cf Sap 3,1-12.

15 Cf Sal 126,6: «Verranno con giubilo, portando i loro covoni».

16 Cf Qo 12,13: «Questo per l'uomo è tutto».