Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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28. S. PAOLO MODELLO DI VITA PAOLINA *

Celebriamo quest'oggi l'onomastico del nostro padre. Ed è perciò che in questo giorno gli presentiamo i nostri ossequi più devoti, e presentiamo più fidenti le nostre suppliche.
Oh, noi gli vogliamo bene! Noi aspettiamo quest'oggi da lui, da S. Paolo, ogni sorta di grazie: grazie e benedizioni sopra lo spirito, perché possiamo raggiungere quel grado di meriti e di gloria a cui ci ha destinati il Signore.
Mentre io comincio a parlarvi, mi vedo innanzi, nella vetrata di fondo, la figura di S. Paolo circondato dai suoi discepoli1. È Gesù Cristo che incorona di gloria, mette in capo a S. Paolo la «corona iustitiae»2, mentre applaudono, ammirano, condividono la sua felicità i discepoli suoi: S. Luca, S. Marco, S. Tito, S. Timoteo, S. Tecla3 e tanti altri, che hanno amato questo loro padre. E quei discepoli ne rappresentano altri ed altri che sono succeduti lungo i secoli e che seguiranno nel tempo avvenire.
Prima cosa quindi, domandare a S. Paolo la grazia di poter raggiungere il grado di gloria, quell'unica cosa che vale, quell'unica cosa che rimane, quel grado a cui ci ha destinati il Signore.
In secondo luogo offriamo a S. Paolo l'omaggio dei nostri esami e invochiamo da lui la benedizione sopra gli studi affinché questi vadano sempre migliorando.
S. Paolo per predicare a tutto il mondo ha dovuto conoscere bene prima di tutto la dottrina sacra che imparò per rivelazione di Gesù Cristo stesso, come egli confessa, e inoltre con l'applicazione che fin dalla gioventù ebbe negli studi sacri della sacra
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Bibbia. Egli per portare il Vangelo a tutte le nazioni, dovette pure attendere a impararne le lingue, e sebbene lo Spirito Santo a quei tempi moltiplicasse le lingue per virtù miracolosa, tuttavia l'apostolo Paolo dovette conoscere assai bene e l'ebraico e il latino e il greco e anche tutti i dialetti derivanti dalle lingue orientali di quei popoli a cui egli si era diretto. Benedica S. Paolo gli studi letterari, gli studi filosofici e gli studi teologici. Gliene facciamo un omaggio e chiediamo a lui la grazia e la sua benedizione paterna.
Terzo: quest'oggi nella processione facciamo un omaggio di tutto ciò che appartiene all'apostolato, omaggio specialmente dei libri che sono usciti in questo periodo dai sacerdoti scrittori della Pia Società San Paolo, perché questo è il gran frutto degli studi ed è il grande frutto dello zelo e della virtù. Rendete omaggio della penna, l'omaggio degli strumenti e l'omaggio delle materie, ma più di tutto presentiamogli l'omaggio degli abbonati, dei lettori e di quelli che partecipano in ispirito: Io, mi diceva un ottimo signore, non sono paolino e neppure alla mia età potrei farmi, ma sono paolino di cuore. E i paolini che appartengono a S. Paolo con il cuore siano tutti presentati in omaggio dinanzi a lui, egli entri nei loro cuori, e da lui siano benedetti.
Quarto: facciamo l'omaggio della nostra povertà. Man mano che andiamo avanti, ci accorgiamo sempre di più che la mortificazione forma la base del vero spirito religioso e sacerdotale: la mortificazione della lingua, fuori i mormoratori; la mortificazione della gola perché la gola impedisce di acquistare il vero equilibrio, il vero spirito, la divozione. La mortificazione, quindi, la offriamo tutta a S. Paolo affinché egli consacri la lingua, consacri la mano, consacri il cuore. Quanto meno si vive della carne, tanto più si vive dello spirito, e tanto più uno domina la carne, tanto più egli infervora il suo spirito e si riempie di zelo largo e di zelo prudente.
Noi ammiriamo quest'oggi S. Paolo e ci ritornano alla mente tutte le sue grandi imprese. Noi ripetiamo i suoi viaggi apostolici con i quali egli attraversò il mondo portando dappertutto Gesù Cristo e Gesù Cristo crocifisso. Andò a cercare le anime: dai montanari dell'oriente, dell'Asia minore, fino agli ateniesi i quali radunati4 nell'areopago disputavano di altissima filosofia, fino

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ai romani dominatori, i grandi dominatori del mondo di allora. Egli non è mancato a nessuno, dice S. Anselmo5, piuttosto i popoli sono mancati a lui6. La profondità della sua dottrina, le sue virtù eroiche, le sue doti di scrittore, i carismi di cui era ornata la sua anima, la costanza, la fortezza, il suo zelo e la dolcezza del suo tratto gli attirarono tante anime, e [gli permisero] di fondare tutte quelle Chiese di cui leggiamo nella storia ecclesiastica e negli Atti degli Apostoli.
Ma torniamo al terzo punto: perché S. Paolo è così grande? Perché compì tante opere meravigliose? Perché anno per anno la sua dottrina, il suo apostolato, la sua missione nella Chiesa di Gesù Cristo vengono sempre più conosciuti, ammirati e celebrati? Egli è uno di quei santi che giorno per giorno ringiovaniscono, dominano e conquistano. Perché? Il perché va ricercato nella sua vita interiore. È qui il segreto. I palloni pieni di aria, gonfi, un giorno svaniscono, si vuotano, ma quando vi è la ricchezza, quando vi è la vera dottrina, quando vi sono i veri meriti, quando vi è la vera vita interiore, si diventa germe. La pianta rimane qualche tempo come nascosta sotto terra, perché tutta chiusa in un embrione, ma quando l'embrione si sviluppa, il germe si manifesta prima in una piccola pianta, poi cresce in un arboscello, poi in una grande e magnifica pianta. Ebbene l'apostolo Paolo era di grande vita interiore. Egli meditava. Anche solo vedendo come egli cita la Scrittura, come si serve di quegli scorci, dimostra la grande conoscenza che aveva della Bibbia. Egli pregava e si ritirava nel deserto. Nel segreto del tempio e anche là, ad Antiochia, quando avvenne la chiamata solenne di S. Paolo ad entrare nell'apostolato, occupava [l'ultimo posto] ed è nominato negli Atti degli Apostoli come ultimo. C'era anche lui, quasi per indicare che, sebbene primo per scienza e per vocazione di Dio, cioè per l'apostolato a cui era chiamato da Dio, se ne stava quasi occulto, in silenzio come se attendesse sempre alla preghiera e al divino servizio, non facendo mai sfoggio della sua dottrina e non avendo un posto più distinto fra il clero di quella
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Chiesa. Attendeva a sé, quello che diceva più tardi, al suo discepolo: «Attende tibi et lectioni»7. Grande spirito interiore!
E poi lo studio. La scienza viene infusa quando è necessario e quanta è necessaria, ma sempre più in colui che ha già fatto quello che egli doveva fare, perché è inutile chiedere quando si hanno già in mano i mezzi. Come il contadino che ha un campo e un campo fertile da seminare e già prevede [con i mezzi che] ha nelle sue mani che quel campo produca e produca il pane guadagnato col sudore, così è dello studio. È molto importante quindi che consideriamo questa parte della vita di S. Paolo, la sua vita interiore.
Noi siamo soliti al mattino, venire in chiesa quando la chiesa è tutta illuminata, e non pensiamo a quella sorgente, a quella centrale elettrica, alimentata da canali di acqua, la quale è costata tanto, ma è quella la sorgente vera [della luce]. La predicazione, monumento che S. Paolo si è innalzato con le sue lettere, ci fa meraviglia, ma bisogna vedere quanto egli abbia studiato e pregato per l'aumento della scienza.
È necessario conoscere bene la sua vita interiore che genera il vero zelo, il quale non è una simpatia, ma è vero amore alle anime, vero amore a Gesù Cristo. Il vero amore è «usque ad vincula»8, diceva parlando del Vangelo, non per gloria umana, non per sostentamento della vita, ma per amore a Gesù Cristo e di quelle anime che erano costate il prezzo altissimo del sangue di Gesù Cristo.
Ma quando si ha il vero zelo? Quando si ama nostro Signore, quando si ama l'anima nostra, cioè siamo santi. Tutto il resto è verniciatura, è un po' di carta con cui si copre qualche deficienza, qualche muro screpolato, qualche cosa che stenta a stare su, e che tuttavia non si vuole faccia brutta figura in mezzo a tutto il resto. È un artificio, non è arte; è un'esteriorità, non è una costanza; è una costruzione fatta di malta, non è un edificio solido, non è fondato sopra Gesù Cristo, unica pietra fondamentale, capo anzi, pietra angolare.
Bisogna che si ami davvero nostro Signore, che si ami l'anima nostra, cioè che abbiamo voglia di farci santi.
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[Riguardo al] quarto [punto], S. Paolo aveva spirito di mortificazione, spirito di povertà. Sebbene discendesse da famiglia discretamente agiata e venisse da Tarso di Cilicia, che per la sua posizione rendeva gli abitanti in condizione abbastanza agiata per la possibilità di commercio e di scambi di prodotti, S. Paolo costantemente lavorò. E noi lo troviamo alla fine, esausto di forze: aveva bisogno, quasi continuamente, di avere un medico con sé tanto era debole la sua salute. E S. Luca gli fu fedelissimo come medico, amico e coapostolo e anche segretario fedelissimo. Egli amava la povertà, si vantava di essersi guadagnato il pane con il sudore della fronte e delle mani incallite, qualche volta accettò l'offerta dei fedeli, qualche volta soltanto, quand'era proprio costretto da vera necessità. L'amore alla povertà è un gran segreto; con l'esteriorità si può forse fare qualche bene esteriore, ma Gesù Cristo, discendendo dal cielo, incominciò da una capanna, dalla capanna di Betlemme, e il suo mistero continuò nello stesso spirito: egli ci ha tracciato la strada.
Dunque, tutto il segreto della grandezza di S. Paolo è nella [vita] interiore. Egli, possiamo dire, ha vinto dall'interno, con quel grande spirito di povertà, con lo studio, con quella scienza profondissima, con quello zelo, cioè con l'amore a Gesù Cristo, con lo spirito di mortificazione. Invano chiederemmo a S. Paolo delle grazie che ci rendono eroi davanti agli uomini, bisogna che chiediamo in primo luogo le grazie che ci rendono cari a Dio e in secondo luogo le grazie che ci rendono apostoli in mezzo al mondo. Ma prima le grazie che ci rendono cari a Dio: la vita interiore.
I figli devono rassomigliare al padre. Tutti gli amici di S. Paolo devono guardare a lui e conoscere il suo spirito. Quanto più si leggono e si penetrano le Epistole di S. Paolo e la sua vita, tanto più si ama e si entra nella vera via della santità e nel vero spirito dell'apostolato.
Attendiamo noi abbastanza alla vita interiore?
Quest'oggi si fa la corte9 all'apostolo Paolo, anzi voi avete già preceduto con il vostro amore in gran parte stanotte, altri seguiranno. Ebbene, durante questa corte e nella Messa solenne
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in cui avremo l'assistenza del vescovo, che è ben lieto di onorare questa mattina S. Paolo di cui anch'egli è figlio, e poi nella funzione vespertina, in tutte le preghiere chiediamo la vera fortezza, e con le grazie, con le virtù e con l'apostolato lo spirito interiore. Quando si dissecca la sorgente, non è più possibile innaffiare i campi con [la grazia] del Signore, non è più possibile spargere il seme vero di Gesù Cristo: tutto disseccherebbe. Bisogna che la sorgente sia sempre viva, sia sempre fresca, sia sempre abbondante: [cioè] lo spirito interiore. Ora chiudiamo recitando la Coroncina a S. Paolo, e nella prima parte chiediamo la conversione dal difetto principale, la lotta interiore; poi chiediamo le tre virtù religiose: castità, obbedienza, povertà, e allora verrà come frutto la quinta grazia: lo zelo per la salvezza delle anime.
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* Meditazione, alla Famiglia Paolina, in ciclostilato, fogli 3 (23x34,3), tenuta ad Alba il 30.6.1933 dal Primo Maestro. Nell'originale il titolo è: “Festa di San Paolo”. Copia del medesimo ciclostilato si trova anche nell'Archivio della SSP.

1 Don Alberione allude alla vetrata “a conchiglia” posta sul portale d'ingresso del tempio di S. Paolo di Alba. Complessivamente le vetrate sono ventidue e furono ispirate e seguite personalmente dal Primo Maestro, cf UCAS agosto, p. 2-4; settembre, pp. 2-3; ottobre 1928. Dal pulpito collocato allora accanto al presbiterio era ben visibile la vetrata ricordata.

2 Cf 2Tm 4,8: «La corona di giustizia».

3 Tecla (sec. I), è presentata nell'apocrifo Acta Pauli et Theclae come convertita da S. Paolo. È considerata protomartire cristiana femminile.

4 Originale: erano là seduti.

51 Anselmo di Aosta (1033-1109) Dopo una giovinezza inquieta entrò nell'abbazia benedettina di Bec in Normandia. Fu abate, arcivescovo di Canterbury, filosofo, Dottore della Chiesa.

6 “I popoli mancarono a Paolo” è un'espressione attribuita a S. Giovanni Crisostomo.

7 Cf 1Tm 4,13: «Dedicati alla lettura, all'esortazione e all'insegnamento».

8 Cf 2Tm 2,9: «Fino a portare le catene».

9 Espressione di devozione popolare. Generalmente consiste in preghiere, canti, invocazioni spontanee in onore di Dio o dei santi.