Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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1. S. GIUSEPPE NOSTRO MODELLO *

Oggi ci mettiamo davanti a Gesù in compagnia di S. Giuseppe.
S. Giuseppe è il modello degli adoratori, è l'uomo di fede e si mostrò tale davanti alla culla del Bambino. Al presepio si mostra con tanta umiltà che diviene per noi il modello di adorazione, di fede e di umiltà di cuore.

1. S. Giuseppe è il modello degli adoratori, delle anime eucaristiche.
Qualcuno penserà: Come, non era ancora istituita l'Eucarestia ed egli era già modello delle anime eucaristiche? Per farcene un'idea giusta, dobbiamo portarci davanti al presepio, ove era raccolta la corte più eletta: gli angeli osannanti, da un lato Maria santissima, dall'altra S. Giuseppe che copre col suo mantello, coi suoi poveri panni il Bambino deposto sulla paglia e tutti prostrati adorano quel Pargoletto e passano la notte in altissima contemplazione. Quanti giorni stettero in quella contemplazione? Non sappiamo precisamente quanti, ma molti certamente. Per il tempo che il Bambino fu presentato al Tempio, fu trasportato in Egitto per sfuggire alle insidie di Erode, e durante il pericoloso viaggio e poi nell'umile casetta, S. Giuseppe continuò ad amare, contemplare, adorare. Egli da una parte era superiore a Gesù perché era suo padre putativo e Gesù, come figlio, gli doveva obbedienza, ma dall'altra non era che una sua creatura, suo servo. Era come noi sacerdoti che sembriamo quasi i padroni di Gesù perché lo prendiamo, lo facciamo discendere sulla terra, lo esponiamo, lo chiudiamo, lo dispensiamo alle anime, ma cosa siamo poi? Niente altro che strumenti della misericordia di Dio che si serve di noi per arrivare alle anime; il padrone rimane sempre lui.
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L'adorazione di S. Giuseppe continuò a Nazaret, in quella casetta che fu il tempio più alto che abbia avuto l'umanità perché vi abitavano Gesù, Maria e Giuseppe, tre santissime persone e sebbene chi comandava fosse il capo di famiglia, pure era sempre in adorazione. Così fa il sacerdote che espone l'Ostia santa all'adorazione dei fedeli, ma lui per primo si prostra ad adorare, prega, si offre in riparazione dei peccati, prende quel sangue divino e lo fa scendere sulle anime a purificarle: è la sentinella vigile del santo Tabernacolo.

2. S. Giuseppe è modello di fede. Quale prova ebbe nel Natale la fede di Giuseppe! Eppure non venne mai meno. I betlemiti non lo vollero ricevere, ma la sua fede non vacillò; vide il Bambino in poveri panni, senza ricovero, sconosciuto al mondo, pure lo adorò come Dio, credette in lui. Il Bambino venne cercato a morte e Giuseppe lo sottrasse alle insidie e lo difese senza dubitare, eppure avrebbe anche potuto pensare: Perché il Padre non manda gli angeli a difenderlo? Egli non dubitò un istante. L'angelo lo esortò a fuggire ed egli pronto eseguì l'ordine. Se era Dio non poteva difendersi da sé? Ma Giuseppe non venne meno nella fede e fuggì. L'angelo gli manifestava la volontà di Dio momento per momento ed egli, sempre pronto a piegare il capo, sempre obbediente, senza pensare né ai disagi, né ai pericoli: è volontà di Dio, basta! Oh, divino esecutore della legge santa di Dio, fa' che ti sappiamo imitare!

3. S. Giuseppe al presepio è modello di umiltà. Egli non si fa mai innanzi; quando dicono cose meravigliose del Bambino, egli non si loda come padre, se ne resta nell'ombra, anche quando vengono i Magi, anche quando Gesù è condotto al Tempio e si dicono cose mirabili di lui. Egli accompagna Maria, vigila sul Bambino, ma in silenzio, nel nascondimento. Divenuto padre putativo di Gesù Cristo non prende atteggiamenti alti, distinti, non cambia il parlare, non muta d'abiti, ma rimane sempre il mite e semplice operaio che vive del suo lavoro silenziosamente, operosamente.
In questo mese dedicato al divin Maestro prendiamoci S. Giuseppe come esempio, ravviviamo la nostra fede nella santissima Eucarestia. Chi vi è nel Tabernacolo? È lo stesso Bambino che Giuseppe adorava nel presepio.
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Ci stiamo con fede in chiesa? Quante volte non si fanno bene le genuflessioni, non si rivolgono spesso gli occhi al Tabernacolo, non si fa bene il segno di croce! Quello che abbiamo nel Tabernacolo è un tesoro che ci ha dato il Signore: amiamolo, amiamolo! Fate bene il segno di croce, dite adagio le preghiere. Quando vedete la chiesa salutatelo anche da lontano; avete la fortuna di poter sempre vedere almeno i muri della chiesa: lo mandate il vostro pensiero oltre quei muri? E in cortile si dicono le giaculatorie? Non ci pensate mai che Gesù è vicino, là nel santo Tabernacolo? Vorreste che si ripetesse per voi lo stesso lamento che dice il Vangelo? «In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete»1. «Et habitavit in nobis»2, Gesù è con noi e non bisogna lasciarlo solo o trattarlo come un estraneo! In questo mese dunque preghiamo S. Giuseppe che ci faccia veri adoratori, e lui ce lo insegni. In questo mese dobbiamo ottenere la grazia di far bene la Visita e la Comunione e noi domanderemo questa grazia per intercessione di S. Giuseppe: che la nostra fede nell'Eucarestia sia viva sempre, ma specialmente nei momenti più importanti come l'elevazione nella Messa, la Comunione e la Visita. Si dicano bene le parole delle preghiere che si recitano, fosse anche una sola giaculatoria; ciò che si fa in chiesa non è mai cosa piccola, è sempre cosa importante, perché si tratta di parlare con Dio.
Impariamo inoltre l'umiltà di cuore di S. Giuseppe, quell'umiltà che ha rapito Dio, che l'ha mosso a farlo padre putativo del figlio suo. La nostra superbia ci fa stare lontani da Gesù e, a volte vicini di corpo, siamo lontani col cuore, lasciamo che questo se ne vada a cose vane e non curiamo l'invito di Gesù che ce lo chiede. Diciamo a S. Giuseppe che ci dia l'amore a ciò che è più povero, più nascosto, più umiliante, più abbietto agli occhi del mondo, chiediamo di essere disprezzati, di non essere conosciuti, di non essere appagati.
Ho detto adesso delle cose difficili a capirsi e più difficili a praticarsi, perché nel nostro cuore si agitano tutte le passioni contrarie a quanto ho detto e la lotta è di ogni giorno, di ogni momento; è un combattimento da mattina a sera col proprio cuore,
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coi propri sentimenti, con la nostra superbia: quante difficoltà! Sono lotte queste che io ho provato più di tutti voi. Lo so che in questi casi è cosa inutile dire: Fatti coraggio, lotta! Sì, se non vi è la grazia, la lotta diviene impossibile e questi consigli finiscono per alienare l'animo e inasprirlo. Prega bisogna dire, perché se il cuore è inclinato alla preghiera, la grazia di Dio trionfa e si resta vincitori, ma senza la grazia è impossibile resistere, si rimane sconfitti. Tutta la nostra speranza è in quel Tabernacolo, lì comprenderemo le cose che ora ci sembrano oscure, quasi impraticabili, lì troveremo la forza per combattere e vincere noi stessi: è la lotta più aspra e più difficile. Con la grazia di Dio diventiamo potenti, senza la grazia siamo un niente.
Le passioni sono forti, le nostre virtù sono deboli, ma abbiamo con noi non uno che non conosciamo, ma la nostra salvezza, la nostra forza, la grazia: il cuore eucaristico di Gesù.
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* Meditazione, in ciclostilato, fogli 2 (22,5x35), tenuta ad Alba - Gennaio - Primo mercoledì - 1933. Nell'originale il titolo è: “Meditazione del Primo Maestro”. Dal confronto con il Calendario perpetuo risulta che il primo mercoledì di gennaio era il 4.1.1933.

1 Cf Gv 1,26.

2 Cf Gv 1,14: «Venne ad abitare in mezzo a noi».