Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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34. LA BEATA ETERNITÀ *

[Recitiamo]: Gesù Maestro..., Regina Apostolorum..., Sancte Paule Apostole..., Atto di speranza, Atto di carità.
In quest'ora di adorazione chiediamo a Gesù tre grazie: lo zelo degli apostoli, la fortezza dei martiri, la virtù dei confessori.
Sono questi i beati cittadini di quella celeste Gerusalemme a cui tutti siamo chiamati: «Fratres, iam non estis hospites, et advenae; sed estis cives sanctorum et domestici Dei, superaedificati super fundamentum apostolorum, et prophetarum ipso summo angulari lapide Christo Jesu»1. Ecco, dobbiamo considerare quei cittadini in paradiso come anime che ci hanno preceduto. In quella città però vi sono ancora molti alloggi vuoti, vi sono ancora tanti palazzi da occupare, preparati per noi: «Vado parare vobis locum»2; vi sono molte mansioni: «In domo Patris mei mansiones multae sunt»3, dove noi dovremo rimanere e stare in eterno. Ebbene, consideriamo coloro che ci hanno preceduto: preceduto nel lavoro e nei meriti, e preceduto nella gloria. Mirando la gloria che essi già godono in paradiso, noi ci incoraggiamo nelle fatiche quotidiane: «Si isti et illi, cur et non ego?»4 esclamava S. Agostino! E di più, noi li preghiamo che ci sostengano nelle nostre fatiche, che ci salvino nei pericoli, che ci conducano a quella loro stessa gloria: «Solemnitates enim martyrum exortationes sunt martyriorum ut imitari non pigeat quod celebrare delectat»5.
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«Ma i giusti vivranno in eterno: la loro ricompensa è nelle mani del Signore e di essi si prende cura l'Altissimo. Per questo otterranno nel regno della gloria, una bella corona dalla mano del Signore che li proteggerà con la sua destra e li difenderà con il suo santo braccio. Il suo zelo prenderà le armi ed armerà le creature per far vendetta contro i nemici. Vestirà qual corazza la giustizia, prenderà come elmo il giudizio infallibile, prenderà come scudo invincibile l'equità. Aguzzerà la sua inflessibile ira come lancia e con lui combatterà l'universo contro gli insensati. I fulmini scagliati andranno dritti a colpire, scoccheranno dal ben curvato arco delle nubi, e voleranno al bersaglio prefisso. E dall'ira dura come pietra sarà scagliata grossa grandine, contro di essi infurieranno le onde del mare e si precipiteranno con violenza i fiumi. Contro di essi si leverà un vento impetuoso, come turbine li porterà via. La loro iniquità ridurrà la terra a un deserto, e la malvagità rovescerà i troni dei potenti»6.
«Beato l'uomo che è trovato senza macchia, che non è andato dietro all'oro, e non ha sperato nel denaro e nei tesori. Chi è costui e gli daremo lode? Certo ha fatto meraviglie nella sua vita. Colui che, provato con l'oro, è trovato perfetto, avrà gloria eterna: poteva peccare e non peccò, fare del male e non lo fece; per questo i suoi beni sono resi stabili nel Signore, e le sue elemosine saranno celebrate nell'assemblea dei santi»7.

1. Lo zelo degli apostoli. Ecco la gloria che spetta all'uomo retto: nel gran giorno ognuno riceverà dal giusto giudice la lode che gli spetta. È inutile che ci lodiamo tra di noi, la lode di Dio soltanto è vera, eterna.
Quali sono le virtù degli apostoli? Gli apostoli devono possedere la scienza, devono possedere la santità, ma la loro virtù caratteristica è lo zelo: lo zelo, diviso dalla scienza e dalla santità, non può salvare le anime.
Colui che sulla terra, oltre ad essere virtuoso, oltre a possedere la dottrina, zela la salute delle anime e cioè diventa luce del mondo e sale della terra, costui avrà un doppio premio, quindi nel Breviario l'ufficio degli Apostoli è il primo fra tutti gli uffici.
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E perché? Perché doppio è il loro premio: «Qui bene fecerit et docuerit, hic magnus vocabitur in regno caelorum»8. Un premio perché hanno fatto il bene, un altro perché l'hanno insegnato; un premio perché sono sapienti e hanno la scienza di Dio, un altro perché hanno comunicato la scienza di Dio. Essi sono la luce che non solo arde, ma anche splende e mostra agli uomini la via del cielo. Doppia corona avranno dunque in cielo le anime apostoliche, doppio onore sarà loro riservato: e la gloria che riceveranno da Dio: «unicuique a Deo»9, e la gloria che riceveranno dagli uomini salvati che sono «corona mea»10. Voi, o anime, salvate da noi, siete la mia corona e la mia gloria, diceva S. Paolo. Levino gli occhi al cielo tutti coloro che sentono ardore di anime, tutti quei buoni che hanno fede grande, cuore generoso, che vogliono muovere alla conquista del mondo, non come Alessandro Magno11 per mezzo della spada, ma vogliono conquistare le anime per mezzo della croce, della carità, spandendo luce ed amore. Queste anime si facciano coraggio perché grande è il loro ideale sulla terra, e difatti esse dicono: «Da mihi animas, cetera tolle»12. Ma grandissimo è il premio che le aspetta perché colui il quale avrà fatto e insegnato sarà grande nel regno dei cieli. Tanti sono gli apostolati, ma importantissimo è quello che Iddio vi ha posto fra le mani e che avete come strumento di meriti e di gloria: l'apostolato della stampa. E S. Paolo fra gli apostoli è modello anche in questo apostolato.
Quest'oggi, dinanzi a Gesù, al Maestro degli apostoli, esaminiamo lo zelo avuto finora nel nostro apostolato, qual è l'amore che ci ha spinti, se è l'amore dell'io o la carità di Cristo. S. Paolo non temeva di dire: «Caritas Christi urget nos»13. È l'amore a Gesù Cristo che vi spinge a tante fatiche, che vi spinge a operare nel mondo e andare in cerca di ludibrio e di pene più che di soddisfazioni. Quale intenzione abbiamo avuto nell'apostolato?
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Reciteremo la Coroncina a S. Paolo14 e poi canteremo l'Inno degli Apostoli15, elevando il nostro cuore al cielo.
Gli apostoli, nostri modelli, regnano; ci proteggano, ci infiammino con il loro esempio.

2. «Allora i giusti staranno con grande baldanza contro coloro che li oppressero e rapirono le loro fatiche. E quelli a tal vista saranno agitati da orribile spavento e resteranno meravigliati dell'inaspettata e repentina salvezza. E diranno tra sé, tocchi da pentimento, e gementi per l'affanno del loro spirito: Ecco quelli che una volta erano l'oggetto delle nostre derisioni, l'esempio dell'ignominia! Noi, insensati, stimavamo la loro vita una pazzia e senza onore la loro fine: ecco che essi sono annoverati tra i figli di Dio ed hanno il loro posto fra i santi. Dunque siamo noi che abbiamo sbagliato, lungi dalla via della verità, per noi non brillò la luce della giustizia, per noi non sorse il sole della intelligenza! Ci stancammo nella via dell'iniquità e della perdizione, camminammo per le vie difficili, e non arrivammo a conoscere la via del Signore. A che ci ha servito la superbia? Qual utile ci ha apportato la boria delle ricchezze? Tutte queste cose sono passate come un'ombra, come rapido messaggero, come nave che attraversa l'onda agitata, della quale, passata che sia, non si trova più la traccia, né il solco della sua carena tra i flutti; come uccello che vola per l'aria senza lasciare traccia alcuna del suo passaggio, eccetto il frullo delle ali attraverso l'aura leggera, rotta dallo slancio del volo: battendo le ali passò e non è possibile trovare alcun segno del suo passaggio; come freccia scagliata al bersaglio: l'aria da lei divisa ritorna subito al suo posto, in modo che è impossibile sapere per dove è passata. Così noi appena nati cessammo d'essere e, senza riuscire a mostrare alcun segno di virtù, restammo consumati dalla nostra malvagità. Così dicono nell'inferno i peccatori. Perché la speranza dell'empio è come pula al vento, è come lieve spuma dissipata dalla tempesta, è come fumo disperso dal vento, è come il ricordo di un pellegrino che si è fermato un giorno solo»16.

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Consideriamo in secondo luogo: la gloria dei martiri. La Chiesa ebbe migliaia e migliaia di martiri. Molti li fanno ascendere a sedici milioni, ma non sono soltanto martiri coloro che hanno dato la vita per la fede, ma sono anche martiri coloro che hanno dato la vita per la castità, hanno dato la vita per la carità, hanno dato la vita per l'obbedienza e per altre virtù. Ogni virtù ha i propri martiri.
La virtù che distingue, la virtù caratteristica dei martiri, è la fortezza nel sopportare. Per questa fortezza essi occupano il secondo posto nell'ufficiatura comune dei santi, vengono subito dopo gli apostoli nella estimazione della Chiesa. Infatti è la pazienza che fa i santi: «Patientia vobis necessaria est ut reportetis promissionem: vi è necessaria la pazienza se volete conseguire la promessa del cielo»17. «Hi... et fructum afferunt in patientia»18. «Patientia opus perfectum habet»19. Chi sono quelli che fanno molto cammino nella virtù? Sono i pazienti. «Omnes sancti per multas passiones et tentationes transierunt et proficierunt: Tutti i santi, non solo molti, sono passati in mezzo a molte tentazioni e a molti patimenti e dei patimenti e delle tentazioni molti hanno fatto profitto»20.
Ecco, la via stretta ma sicura per il cielo: è quella «quae ducit ad vitam»21, è quella che ci invita a tenere il nostro divin Maestro: «Qui vult venire post me, abneget semetipsum, et tollat crucem suam et sequatur me: chi vuole venire dietro di me, prenda la sua croce, rinneghi se stesso e mi segua»22. I veri amanti di Gesù gli danno la prova del sangue, come Gesù ha dato la prova del sangue a noi; gli amanti di Gesù lo seguono sul Calvario: questi sono gli amanti forti, le anime privilegiate. Quanti riducono la pietà ad un meccanismo esteriore! Ma quelli che davvero amano il Signore hanno una predilezione per la mortificazione, per la penitenza e per la croce. Il programma di tutti i pigri e tiepidi spirituali è di evitare il maggior numero di fatiche e di mortificazioni; il programma di tutti i fervorosi e delle anime veramente sante è di abbracciare il maggior numero di fatiche e
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di mortificazioni. Scegliete il vostro programma, ma insieme scegliete l'essere amici di Gesù o il non esserlo, essergli vicino nella gloria o non essere vicino a lui nella gloria, metterci nel numero dei santi o non metterci nel numero dei santi. La via comoda non è la via stretta, ma bisogna che guardiamo il termine a cui giungono le due vie.
E adesso rivolgiamoci a S. Paolo e chiediamo a lui lo spirito di mortificazione e di pazienza e poi allietiamoci con il pensiero dei martiri che già sono nella gloria, al premio delle loro fatiche, e cantiamo l'Inno dei martiri23, e [preghiamo]: O glorioso S. Paolo che da persecutore del nome cristiano, ecc. 24

3. La sacra Scrittura: «Le anime dei giusti sono in mano di Dio, e il tormento della morte non li potrà toccare; agli occhi degli stolti parve che essi morissero e la loro partenza fu stimata una sciagura e la loro separazione da noi una distruzione; ma essi sono nella pace, e se nel cospetto degli uomini hanno sofferto dei tormenti, la loro speranza è piena d'immortalità. Dopo breve afflizione, saranno messi a parte di grandi beni, perché Dio li ha provati e li ha trovati degni di sé. Li ha provati come oro nel crogiolo, li ha graditi come vittime di olocausto, e a suo tempo saranno consolati. I giusti brilleranno, correranno qua e là come scintille in un canneto, giudicheranno le nazioni, domineranno i popoli, e il Signore regnerà in essi eternamente. Quelli che confidano nel Signore comprenderanno la verità; i fedeli vivranno uniti a lui nell'amore, perché grazia e pace è riservata agli eletti di Dio»25.
«O quanto è bella la gloriosa generazione casta! La memoria di lei è immortale, essendo conosciuta da Dio e dagli uomini. Presente la imitano, assente la bramano, e nell'eternità trionfa coronata, vinto il premio nei casti combattimenti. Ma la numerosa turba degli empi non sarà buona a nulla: le piante bastarde non getteranno profonde radici, né potranno poggiare su solida base, e se per un po' di tempo lussureggeranno in fronde, non essendo ben piantate nel terreno, saranno scosse dal vento e dalla violenza dei venti saranno sradicate. I loro rami saranno schiantati
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ancor teneri, i loro frutti saranno inutili, acerbi al gusto, buoni a nulla. Infatti i figli nati da illegittime unioni attestano la malvagità dei genitori, se interrogati.
Il giusto anche se muore avanti tempo, godrà riposo. La vecchiezza è veneranda, non quella che viene dalla lunga vita, né quella misurata a numero d'anni: la canizie sta nella prudenza dell'uomo, età senile è una vita senza macchia. Perché egli piacque a Dio e ne divenne il diletto e viveva in mezzo ai peccatori, fu trasportato altrove. Fu rapito affinché la malizia non alterasse il suo spirito e la seduzione non ingannasse la sua anima; ché l'incanto della vanità oscura il bene, e la vertigine della passione perverte un'anima ingenua. Giunto in poco tempo alla perfezione, compì una lunga carriera, essendo l'anima sua cara a Dio; per questo fu tolto in fretta di mezzo all'iniquità. Ma la gente che ciò vede, non ci comprende nulla, non medita nel suo cuore che questa è grazia di Dio e misericordia verso i suoi Santi, è un riguardo verso i suoi eletti. Ma il giusto morto condanna gli empi che vivono, e una gioventù sì presto giunta alla perfezione condanna la lunga vita dell'empio. Or (gli empi) vedendo la fine del savio non capiranno quali siano stati i disegni di Dio sopra di lui, né perché il Signore l'abbia messo in sicuro. Vedendo ciò se ne faranno beffe, ma il Signore si burlerà di loro. E dopo questo essi moriranno senza onore, e saranno in eterno obbrobrio fra i morti; perché Dio li ridurrà al silenzio, li scaglierà a capo fitto, dopo averli scossi dai fondamenti; ed avranno l'ultima rovina. Saranno nei gemiti, e la loro memoria perirà. Verranno tutti paurosi per il pensiero dei loro peccati e le loro iniquità, drizzandosi dinanzi ad essi li accuseranno»26.

Consideriamo le virtù dei confessori pontefici e dei confessori non pontefici.
Qual è la caratteristica di questi santi? L'eroismo delle virtù e delle virtù più svariate. Alcuni si distinsero per la fede, altri per la carità; alcuni per lo spirito di povertà, altri per lo spirito di obbedienza, altri per la delicatissima loro castità, ecc. Ogni volta che la Chiesa canonizza un santo, in primo luogo richiede delle prove che attestino l'eroismo delle sue virtù, specialmente delle virtù teologali e delle virtù che ci chiede il Signore.
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Una volta Massimo D'Azeglio27 interrogava suo padre: Non siamo nobili noi?. Suo padre gli rispondeva: Sarai nobile se sarai virtuoso. Molti giovani vorrebbero fare la domanda: Mi farò santo? Dice lei che mi farò santo? Sarai santo se sarai virtuoso [esercitando] le virtù comuni, quotidiane. Quando la virtù è esercitata nei momenti di fervore e allorché non vi sono difficoltà, non è gran virtù, è piuttosto principio di virtù, che non è da disprezzarsi, anzi è da lodarsi, ed è un primo passo, ma la virtù vera, forte, è l'abitudine a fare il bene. L'atto buono diviene virtù quando a forza di ripetersi crea l'abitudine buona. Dunque, la vera virtù sta nell'abitudine a fare continuamente bene.
Diamo gloria ai santi, diamo lode specialmente ai santi di cui portiamo il nome, ai santi nostri protettori. Leggiamo la loro vita, studiamo i loro esempi, raccomandiamoci alle loro preghiere, camminiamo dietro i loro passi: i loro passi ci hanno segnato la via del cielo.
La santa Madonna ci attiri a sé, attiri i nostri cuori; ci attirerà là dove la madre aspetta i figli. S. Stanislao Kostka in principio di agosto aveva fatto bene il ritiro mensile. Il direttore aveva parlato del paradiso ed egli si era acceso del desiderio di andare a fare la festa dell'Assunta in paradiso il quindici del mese. Cominciò a chiedere risolutamente questa grazia alla Madonna. E come sapete ha scritto una lettera alla Madonna, l'ha affidata al diacono S. Lorenzo che si festeggia al dieci, e la Madonna l'esaudì. Il giorno dell'Assunta egli, angelo di costumi, è comparso in cielo in mezzo agli angeli a cantare eternamente la gloria di Maria.
Cantiamo le Litanie dei santi. I santi ci diano la grazia di imitarli [e seguirli] sulla strada del paradiso. La vita è breve, fu breve anche per essi. Beato chi è fedele: «Beatus vir qui inventus est sine macula: Beato l'uomo che alla fine sarà trovato senza macchia»28. «Beatus vir qui suffert tentationem, quoniam cum probatus fuerit accipiet coronam vitae: La vita è prova, ma beato chi, avendo dato buona prova, sarà coronato, coronato nella vita eterna»29.

Dai Moralia di S. Gregorio Magno:30
«Vi sono alcuni che trascurano la riforma della propria vita, e
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desiderano le cose transitorie, mentre non capiscono e ignorano le eterne, e conoscendole le disprezzano, sono insensibili del loro stato e incapaci di un buon disegno; e senza dispiacere dei beni superni che hanno perduto, si stimano, ahi miseri!, essere felici nel possedere quelli di quaggiù. Fortunati per la luce della verità, non vi sollevano mai gli occhi dall'animo, mai un desiderio, uno slancio verso la contemplazione della patria celeste eterna; ma abbandonandosi ai godimenti in cui si sono gettati, amano come loro patria, un triste luogo di esilio, ed in mezzo alle tenebre che impediscono loro di vedere, sono lieti come se fossero illuminati da splendida luce.
Gli eletti, al contrario, agli occhi dei quali i beni passeggeri non hanno alcun valore, cercano quelli per cui le anime loro sono state create; e siccome fuori di Dio nulla può soddisfarli [e] il loro pensiero [è] stanco del lavoro di questa ricerca, si riposano nella speranza e la contemplazione del loro creatore, e il desiderio di essere riuniti ai cittadini del cielo, li infiamma e ciascuno di loro, sebbene trattenuto ancora nel mondo dai legami del corpo, pure con la mente, si trasporta al di là di questo mondo: deplora le miserie del suo esilio e non cessa di tendere alla sua sublime patria eccitandovisi con gli stimoli dell'amore. E al vedere con dolore che ciò che ha perduto è eterno, egli prende la salutare risoluzione di disprezzare ciò che passa col tempo: e quanto più si rafforza il suo disegno di romperla con le cose che spariscono, tanto più aumenta in lui la tristezza di non godere ancora delle cose che durano.
È da osservare inoltre che nessuna pena di spirito si mescola nelle azioni inconsiderate. Di fatti coloro che vivono senza riflessione, che si abbandonano alla cieca alla sorte degli eventi, non sono mai in preda al tormento delle preoccupazioni. Ma chi, più avveduto applica il suo spirito a regolare la sua condotta, va cauto e riflette su ogni azione; ed affinché la cosa che tratta non sortisca un esito imprevisto e spiacevole, egli tasta prima il terreno e, posandovi dolcemente il piede del suo pensiero, pesa questa azione; e così evita che il timore lo trattenga quando deve agire; che la precipitazione lo spinga quando deve differire, che la concupiscenza lo trascini al male e lo soverchi in guerra aperta o che, sotto la vista del bene, la vanagloria lo faccia cadere nelle sue insidie».
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* Ora di adorazione, alla Famiglia Paolina, in ciclostilato, fogli 4 (22,6x34), tenuta ad Alba il 6.8.1933. Nell'archivio della SSP esiste una copia del ciclostilato. Nell'originale non è indicato l'autore, ma poiché è stata stampata con il titolo La beata eternità in I Novissimi, o. c., pp. 294-306, si ritiene sia di Don Alberione.

1 Cf Ef 2,19-20: «Voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, e avendo come pietra angolare lo stesso Cristo Gesù».

2 Cf Gv 14,2: «Io vado a prepararvi un posto».

3 Cf Gv 14,2: «Nella casa del Padre mio vi sono molti posti».

4 «Non potrai tu fare quello che hanno fatto questi e quelle?» Cf Le Confessioni, VIII, 11.

5 «Le solennità dei martiri, infatti, sono esortazione ad affrontare ogni genere di martirio affinché non ci rincresca di imitare ciò che celebriamo [nella liturgia] con gioia», cf Breviarium Romanum dal Comune dei martiri, II Notturno, Sermone 47 di S. Agostino.

6 Cf Sap 5,16-24 (Volgata).

7 Cf Sir 31,8-11.

8 Mt 5,19: «Chi li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli».

9 «Ciascuno da Dio», cf 1Cor 4,5.

10 Cf Fil 4,1.

11 Grande re macedone, IV sec. a. C.

12 Cf Gen 14,21: «Dammi le persone; i beni prendili per te».

13 Cf 2Cor 5,14: «L'amore del Cristo ci spinge».

14 Cf Le Preghiere della Famiglia Paolina, ed. 1996, p. 122.

15 Exultet orbis gaudiis, dal Comune degli Apostoli: inno delle Lodi e Vespri, cf Breviarium Romanum.

16 Cf Sap 5,1-15.

17 Cf Eb 10,36.

18 Cf Lc 8,15: «Sono coloro che... producono frutto con la loro perseveranza».

19 Cf Gc 1,4: «E la pazienza completi l'opera sua in voi».

20 Cf Imitazione di Cristo, I, XIII, 1.

21 Cf Mt 7,14: «È la via che conduce alla vita».

22 Cf Mt 16,24.

23 Sanctorum meritis inclyta gaudia, dal Comune dei Martiri: inno dei Vespri, cf Breviarium Romanum.

24 In Le Preghiere della Famiglia Paolina, ed. 1996, p. 213.

25 Cf Sap 3,1-9.

26 Cf Sap 4,1-20.

27 Massimo d'Azeglio (1798-1866), nato a Torino. Uomo politico e scrittore.

28 Cf Sir 31,8.

29 Cf Gc 1,12.

30 Cf S. Gregorio Magno, Moralia, I, 34-36. Questo testo è riportato alla fine dell'originale in ciclostilato con proprio titolo. Nel volume I Novissimi, o. c., è omesso.