Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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26. IL PARADISO *

O Gesù Maestro..., Regina Apostolorum..., Sancte Paule Apostole..., Cuore Divino di Gesù...
Le intenzioni particolari per quest'ora di adorazione sono di ottenere dal Signore: la grazia di pensare assai più al paradiso, la grazia di sentire i nostri cuori attratti verso il paradiso, di accendere il desiderio del paradiso così da aspirare continuamente ad esso, di andare aumentando nel fervore fino a compiere tutti i maggiori sacrifici richiesti dalla vita quotidiana per quel grande gaudio che ci aspetta: Tanto è il bene che mi aspetto che ogni pena mi riesce diletto1.
I chiamati alla vita religiosa hanno già nel cuore un grande desiderio del paradiso, e per quei beni eterni di lassù hanno rinunziato ai beni caduchi e miserabili di quaggiù, infatti il paradiso più lo consideriamo e più ci attrae e ci rende fervorosi.
Del resto noi in queste adorazioni capiremo anche meglio queste intenzioni e questi fini. Cantiamo la Salve Regina: è il canto dell'esule che aspira alla patria, [dell'esule che] da questa valle di lacrime pensa a quel gaudio supremo e dice alla Vergine: E mostraci dopo quest'esilio, Gesù, il frutto benedetto del tuo seno. E l'adorazione di oggi e di qualche altra domenica siano quindi sotto la protezione di Maria santissima, nostra madre; la Salve Regina serva come d'introduzione.

1. Consideriamo nel primo punto come il paradiso debba essere il nostro massimo pensiero.
Lettura della Bibbia: «Ed essendo insieme a mensa comandò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di aspettare la promessa del Padre, la quale avete udita (disse) dalla mia bocca, perché Giovanni battezzò con l'acqua; ma voi sarete battezzati
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con lo Spirito Santo, di qui a non molti giorni. Ma i convenuti gli domandavano: Signore, lo ricostituirai ora il regno d'Israele? Rispose loro: Non sta a voi sapere i tempi e i momenti che il Padre si è riservati in suo potere; ma voi riceverete la virtù dello Spirito Santo che verrà sopra di voi e mi sarete testimoni in Gerusalemme ed in tutta la Giudea e nella Samaria e fino all'estremità della terra. E detto questo, mentre essi lo guardavano, si levò in alto; e una nube lo tolse ai loro occhi. E mentre stavano a mirarlo ascendere al cielo, ecco due personaggi in bianche vesti presentarsi loro e dire ad essi: Uomini di Galilea, perché state a guardare in cielo? Questo Gesù, che, tolto a voi, è salito in cielo, così tornerà come lo avete visto andare in cielo»2.
Gli Apostoli, nel vedere Gesù salire al cielo, avevano ricevuto un'impressione simile a quella che subiamo noi. Qualche volta quando consideriamo il bel paradiso che ci aspetta e la brutta terra su cui camminiamo, ci verrebbe la voglia di seguire subito subito Gesù nella via del cielo e di ascendere con lui alle sfere celesti: «Cupio dissolvi et esse cum Christo»3, se non che gli angeli ci risvegliano da queste dolci contemplazioni e ci dicono: Il cielo bisogna però prima meritarlo.
O paradiso, tu sei nostro, [sei] l'unico bene stabile!
Ecco le due cose: il paradiso è nostro. Tutte le altre cose della terra: queste case, questi vestiti, questa chiesa, le medesime cose buone sono imprestate per un po' di tempo, come di passaggio. Noi dobbiamo servirci di esse come di mezzi per guadagnare il paradiso: quello è il bene che non ci verrà più tolto. Iddio l'ha creato per noi, e ha creato noi per esso. Per il cielo ci ha fatti: «Fecisti nos, Domine, ad te»4. Dio ci ha creati per conoscerlo, servirlo, amarlo e possederlo finalmente in cielo. Qui siamo in breve viaggio. Quando viaggiamo in ferrovia, nessuno si fa l'illusione che sia nostro il treno, nostra la vettura, e che dobbiamo dare molta importanza ai campi, ai vigneti, alle città che oltrepassiamo. «Peregrinamur a Domino»5, siamo in viaggio su questa terra. Ognuno miri a quella casa paterna dove deve arrivare. Miriamo lassù! Tutto passa, giorno per giorno, e le cose che sono
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intorno le abbiamo in prestito. Là, là, la nostra patria! Là, la casa paterna! Là, la dimora nostra! Esuli che aspiriamo alla patria, figli che aspettiamo di contemplare il Padre celeste.
In viaggio, pregustiamo soltanto nel desiderio quei beni che troveremo quando saremo finalmente giunti al termine: «Io mi sono rallegrato delle cose che mi furono dette: Laetatus sum in his quae dicta sunt mihi: in domum Domini ibimus»6. Questa misera vita, oh, quante volte ci fa passare delle giornate ben amare! Ma sarà sempre così? No, lassù vi è un posto preparato per ciascuno di noi. Voglio accentuarlo questo: per ciascuno di noi un seggio; per me, per tutti quanti in questa vita lavorano, soffrono ed aspettano: «Donec veniat immutatio mea»7.
Il paradiso è bene eterno, cioè stabile. È breve questa vita, volano i giorni, passano gli anni velocissimi, e sembrano più brevi man mano che andiamo più innanzi. Il paradiso non finirà più, mai più. L'eternità! La patria nostra, il paradiso, là vi sarà un giorno che non avrà tramonto, vi sarà una gioventù senza vecchiaia, vi sarà una gioia mai turbata dalla paura del dolore. Gran torto ci faremmo non pensando al cielo che è il nostro bene, il bene eterno, il bene unico. Se noi pensiamo al cielo, quante volte prenderemmo più coraggio, ci rallegreremmo assai e cammineremmo con slancio; la virtù che pratichiamo a stento, ci sembrerà la cosa più bella e più cara.
Oh, in quale posto io vi ho invitati, a nome di Dio, questa sera! Al cielo, al cielo! Si è rallegrato il vostro cuore. Cantate volentieri il: Laetatus sum in his quae dicta sunt mihi e domandiamo al Signore la grazia di sollevare spesso il nostro cuore dalle miserie della terra al cielo, dove pensiamo di andare tutti assieme. [Recitiamo] Laetatus sum, e Atto di speranza.

2. Il paradiso è il nostro massimo desiderio.
Ripetiamo le parole di Gesù: «È simile il regno dei cieli ad un tesoro nascosto in un campo, che un uomo, trovatolo, rinasconde, e tutto giulivo dell'accaduto, va a vendere quel che ha e compra quel campo»8 affine di possedere il tesoro. [E ancora] le altre parole di Gesù: «Cercate prima il regno di Dio»9, cercare prima
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il regno di Dio significa avere in cima a tutti e sopra tutti i nostri desideri questo: il paradiso. «Quaerite primum regnum Dei», esso è il sommo bene. Sulla terra vi sono tante sorte di beni, ma nessuna sorta di beni è veramente da desiderarsi, solo da usarsi: «Sic transeamus per bona temporalia ut non amittamus aeterna»10. È naturale che colui il quale vuole stampare il libro ami i caratteri, ami le macchine, ecc., ma tutto questo ama per ottenere il suo fine: quello di avere il libro ben composto, ben stampato. Passano le ricchezze della terra, e chi ne ha il cuore distaccato e chi ne ha usato santamente avrà il tesoro del cielo. Passa la stima degli uomini, che daranno come supremo attestato l'accompagnamento al campo santo, ma colui il quale non ha cercato la stima e che della stima degli uomini si è servito soltanto per fare il bene, avrà lode e stima presso Dio. Passano gli studi, passano le piccole soddisfazioni, muore lo stesso corpo: cercate quei beni che con la morte non finiscono.
«Fatevi dei tesori che la tignola non corrode, né la ruggine consuma»11, se volete essere ricchi cercate le vere ricchezze. Ecco perché i martiri hanno subìto con coraggio i più crudeli supplizi guardando il cielo. Il protomartire S. Stefano, sotto la grandine delle pietre, diceva: «Vedo il cielo aperto ed il Figlio di Dio sedere alla destra del Padre»12. E in queste visioni di cielo non sentivano quasi i tormenti della terra. Ecco perché i vergini hanno dato l'addio a tutti i piaceri del mondo, ecco perché hanno consacrato al Signore il giglio intemerato: per il cielo, per assicurarselo bello: «Cinque vergini erano prudenti»13. Ecco perché i Confessori hanno praticato tanta virtù, ecco perché tanti uomini lasciano ogni bene e comodità della patria per andare a cercare un'anima, attirati dal sublime ideale: guadagnare un'anima e poi morire. Oh, il cielo, il cielo! Quanto più si guarda, tanto più appare brutta la terra. S. Filippo [Neri] esclamava: Paradiso, paradiso!
Ma perché noi siamo ancora tanto attaccati alla terra e quasi ci vuole sforzo per ricordare il paradiso? E quasi ci vuole violenza per desiderarlo? Perché quando si tratta di farsi dei meriti,
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siamo così pigri? Perché non comprendiamo o meglio non ci lasciamo penetrare dal desiderio del cielo. Perciò adesso fissiamolo in mente cantando: Paradiso, Paradiso! E cerchiamo di eccitare questo desiderio ardentissimo pregando gli angeli e i santi del cielo, essi che già lo gustano, facciano sentire anche a noi qualche cosa di quella gioia che inonda già il loro spirito.
Canto della lode: Paradiso, Paradiso! [Recitiamo] nove Angelo di Dio ai nove cori angelici perché ci ottengano di sentire attrattiva verso il paradiso.

3. Il paradiso è la massima grazia da chiedere.
Il Signore ci dice nel Vangelo: «Il regno dei cieli è simile ad un mercante che va in cerca di belle perle; e trovatane una di gran pregio, va a vendere quanto ha e la compera»14 dando tutto quanto ha.
Ecco, il paradiso merita che noi vendiamo tutto e cediamo tutto, per il tutto. Ma il tutto che abbiamo è piccola cosa, il gran bene che noi acquistiamo è la massima cosa, la massima felicità. Noi dobbiamo domandare tante grazie, dobbiamo chiedere al Signore: e di approfittare nello studio, e di approfittare nelle virtù, e di vincere la passione predominante; dobbiamo domandare al Signore lo spirito di orazione e di raccoglimento, chiedere l'amore ai voti religiosi, dobbiamo chiedere anche, in quella proporzione che è giusta, i beni della terra. Bisogna chiedere grazie per noi, grazie per gli altri, ma sopra tutte queste grazie la perseveranza finale, la salvezza, il paradiso.
Fissiamocelo bene in mente, tutte le nostre orazioni devono conchiudersi: In hora mortis meae voca me, et iube me venire ad te; ut cum sanctis tuis laudem te15, affinché possiamo raggiungere la felicità eterna e cantare con gli angeli le lodi del Signore.
«Che c'è per me in cielo? E che desidero da te sopra la terra? La mia carne vien meno, e così il mio cuore: il Dio del mio cuore, la mia parte è Dio in eterno... Per me è la mia felicità stare unito con Dio e porre nel Signore Dio la mia speranza, per annunziare tutte le tue lodi dentro le porte della figlia di Sion»16.
I salmi sono tanti, ma tutti devono mirare là, a ottenerci la grazia
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di cantare eternamente il Gloria Patri, et Filio, et Spiritui Sancto in paradiso. Ancora, noi abbiamo tante preghiere: la Comunione, il rosario, la Messa, i vari sacramenti; vi sono tante devozioni particolari, vi sono tante chiese, vi sono tante cerimonie, vi sono tanti uffici sacri, ma tutto questo, quale grazia mira ad ottenere? Tutto questo mira ad ottenere la salvezza eterna: tutte queste funzioni, tutti questi sacramenti, tutte le Messe, tutti i rosari che diciamo, per salvarci.
Vi sono di quelli che non pregano e ci fanno pena: «Chi non prega si danna». Vi sono di quelli che pregano: «Chi prega si salva»17. Vi sono di quelli che pregano, ma compiono la loro parte ancora imperfettamente, chiedono tante cose della terra. In primo luogo chiedere il paradiso, il resto verrà per aggiunta. O Signore, io non vi chiedo nulla della terra, una cosa sola io cerco, una cosa sola vi richiedo: «Unam petii a Domino, hanc requiram; ut inhabitem in domo Domini omnibus diebus vitae meae»18. Che io abbia la grazia di abitare eternamente in quella casa paterna di Dio. E così tutti i figli di Dio: «Si filii, et heredes; heredes quidem Dei, coheredes autem Christi»19.
E perché chiedete terra? Chiedete cielo! E paradiso, paradiso sempre! E quando ci svegliamo al mattino, andiamo volentieri ai nostri doveri, pronti al servizio di Dio. Il paradiso è sempre a buon prezzo, per quanto costi. Le nostre giornate tanto valgono quanto guadagnano per l'eternità. Diciamo alla sera: Sia benedetto Iddio che mi ha permesso di lavorare un'altra giornata per lui, e così la mia mercede è andata aumentando in queste ore. Il paradiso, la perseveranza finale, entri in tutte le preghiere.
Per fissare sempre meglio nella mente la grazia che principalmente dobbiamo domandare, cantiamo le Beatitudini. Beatitudini, cioè quelle virtù che ci devono rendere contenti sulla terra e che ci devono rendere felici eternamente in paradiso. E poi recitiamo il quinto mistero glorioso per contemplare la gloria di Maria e dei santi, santamente invidiando e sospirando quella gloria che è anche fatta per noi e che ci aspetta e che noi vogliamo conseguire.
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* Ora di adorazione, alla Famiglia Paolina, in ciclostilato, fogli 3 (22,7x34), tenuta ad Alba il 18.6.1933, dal Primo Maestro. Il ciclostilato porta come titolo: “Ora di adorazione del Primo Maestro (sul Paradiso)”. È stata stampata con il titolo Che cosa sia il Paradiso in G.D.P.H., I novissimi considerati davanti al SS. Sacramento, Pia Società Figlie di S. Paolo, Alba-Roma 1937, pp. 167-177. Con probabilità ci fu una prima edizione nel 1933 o 1934 (cf CVV 34; Damino A., o .c., pp. 41-42).

1 Cf S. Francesco d'Assisi in Diario spirituale, o. c, p. 271.

2 Cf At 1,4-11.

3 Cf Fil 1,23: «Desidero essere sciolto dal corpo per essere con Cristo».

4 Cf S. Agostino, Le Confessioni I, 1: «Ci hai fatti per te, o Signore».

5 Cf 2Cor 5,6: «Siamo in esilio lontano dal Signore».

6 Cf Sal 122,1: «Andremo nella casa del Signore».

7 Cf Gb 14,14:» Finché arrivi per me l'ora del cambio».

8 Cf Mt 13,44.

9 Cf Mt 6,33.

10 «Passiamo attraverso i beni temporali in modo da non perdere di vista i beni eterni», cf 2Cor 4,18.

11 Cf Mt 6,20.

12 Cf At 7,56.

13 Cf Mt 25,2.

14 Cf Mt 13,45-46.

15 Versetto della preghiera Anima Christi, del sec. XI, attribuita a S. Ignazio di Loyola: «Nell'ora della mia morte chiamami e comanda che io venga a te, affinché ti lodi con i tuoi santi». Cf Le Preghiere della Famiglia Paolina, ed. 1996, p. 78.

16 Cf Sal 73, 25-26.28.

17 Cf S. Alfonso M. de' Liguori, Del gran mezzo della preghiera, I, 1
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18 Cf Sal 27,4: «Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita».

19 Cf Rm 8,17: «E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo».