Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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60. LA CONFESSIONE60
1. La confessione si faccia almeno una volta la settimana secondo il diritto canonico. Eccezionalmente ci può essere una che ha bisogno di andare anche durante la settimana; è meglio tenersi al comune. Tuttavia può essere che la pastorella trovandosi fuori casa per ragioni giuste non possa trovare il confessore come vorrebbe, allora può aspettare anche nove o dieci giorni. Che nell'anno ci siano cinquantadue confessioni. Può essere che una difficoltà sia questa: una si abitua con un confessore e non vorrebbe più cambiare.
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2. Non è necessario che in ogni confessione si faccia la direzione spirituale. Questa può essere una volta al mese, per un mese ce n'è da mettere in pratica di consigli, settimana per settimana. Una volta alla settimana basta l'assoluzione, poi una volta al mese, secondo i tempi, può esserci la direzione spirituale.
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3. In ogni casa, ci sia un confessore ordinario, se il numero delle suore lo richiede possono essere anche due. Non è bene cambiare troppo spesso confessore, ma qualche volta cambiare giova. E' meglio dire tutto ad uno, così non ci sarà bisogno di tornare su certe circostanze perché sa già tutto. Se si va sempre da un medico ci dà le cure più adatte perché ci conosce. Abitualmente avere un confessore, e se il diritto canonico stabilisce che non sia uno qualunque ma colui che nomina il vescovo, ci sono delle ragioni. Nella diocesi di Roma, il confessore delle religiose deve avere l'età di quarant'anni.
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4. La Chiesa ha molta cura delle suore, le vuole sante, quindi propone dei confessori esperti. Occorre in sostanza che abitualmente si faccia la confessione ordinaria dal confessore stabilito dal vescovo. Da qualunque confessore una suora si presenti in una Chiesa pubblica, la sua confessione è lecita e valida, ancorché il confessore non sia per la confessione delle suore. L'uso di un confessore fuori dell'ordinario non può diventare abituale se non si ha il permesso del vescovo. Il frutto della confessione non dipende dal confessore, ma dai penitenti, se hanno il dolore e il fermo proposito.
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5. Penitenza non vuol dire piacere. Non parliamo delle confessioni e del confessore delle sorelle. La confessione è un mezzo per santificarci e deve essere solo per questo, non deve essere un mezzo di pettegolezzo. E' il più gran mezzo per evitare il peccato.
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6. Prima della confessione ci sia sempre la preghiera, poi verrà l'esame e il proposito.
Vi può essere un'anima che cade nello scrupolo, che ha paura di non confessarsi bene e vuole sempre confessare il passato. In questi casi fare un omaggio di fede nel sacramento, non tornare sul passato troppo spesso, sono cose straordinarie che si fanno solo in certe circostanze. Il ricordo del passato deve farci procedere con più prudenza e farci amare di più Gesù.

Albano Laziale (Roma)
20 novembre 1953

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60 Albano Laziale (Roma), 20 novembre 1953