Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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61. IL NATALE È LA FESTA DELL’AMORE
Umiltà e fede nelle nostre azioni
Vigilia della Natività del Signore, Meditazione, Castel Gandolfo, 24 dicembre 19611

La lode che avete cantato adesso termina con le parole Amamus Te, dulcissime, o Jesu!2. Domandare precisamente questa grazia nella notte del Natale e poi in tutti i giorni natalizi, cioè nell’ottava del Natale. Amare teneramente Gesù, amarlo, come si dice nell’Atto di carità, con tutto il cuore sopra ogni cosa3… sopra ogni cosa che il mondo può offrire, che la famiglia può offrire, che le soddisfazioni e l’amor proprio possono desiderare, e che hanno sempre delle attrattive. Come avvenne ad Eva che, istigata dal demonio, guardò il frutto che era proibito, le piacque a vederlo, ché era veramente bello e pensò che fosse anche dilettevole al gusto, e allora lasciò da parte Dio e la sua grazia e tutti i beni che aveva, per mangiarlo; e appena mangiato sentì il rimorso nella sua anima e andò a nascondersi, come pure Adamo. Cosicché, quando il Signore arrivò nel paradiso terrestre, li chiamò: E perché vi siete nascosti?. E perché abbiamo avuto vergogna di presentarci a te come eravamo. E questo è perché avete peccato…, rispose il Signore [cf Gen 3,1-11].
Allora domandare proprio di amarlo con tutto il cuore, non con una parte… con tutto il cuore e sopra ogni cosa.
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Quella è la perfezione, però, neh! Lì sta la perfezione: quando si ama direttamente Gesù senza intermezzi di persone o di altre cose, proprio quando si ama davvero Gesù con tutto il cuore e sopra ogni cosa.
E questo Bambinello non attira il nostro cuore? Preparargli il presepio, sì - e quello serve per rappresentare la scena che è avvenuta a Betlemme -, ma Gesù vuole specialmente che gli prepariamo un bel presepio nel cuore, e lui vuole stare lì! Ha amato di stare sulla paglia e nella greppia, ma vuole stare nei cuori, adesso: se ha amato di stare così là, paglia e greppia, è perché vuole guadagnarsi il cuore nostro. Fino a che punto ci ha amato Gesù?! Ecco, così sofferse, così si umiliò per guadagnare il nostro amore.
Leggere allora di nuovo il Vangelo, come avete già letto adesso nella Messa:
«Maria, madre di Gesù, essendo sposata a Giuseppe si trovò incinta per opera dello Spirito Santo prima della coabitazione. Giuseppe, suo sposo, che era un uomo giusto e non voleva disonorarla, decise di rimandarla segretamente.
Mentre egli stava sopra a questo pensiero, per queste cose, un angelo del Signore gli apparve in sogno dicendogli: Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché ciò che è nato in lei è opera dello Spirito Santo. Darà alla luce un figlio che chiamerai Gesù, poiché salverà il suo popolo dai loro peccati»4.

Ecco il frutto della Incarnazione, e cioè l’assoluzione dei nostri peccati, il perdono per i suoi meriti, per i meriti che [Gesù] ha cominciato a fare nel presepio, alla vista degli uomini.
Perciò la Chiesa ci fa leggere degli inviti: Sappiate che l’arrivo del Salvatore del mondo è imminente: domattina vedrete la sua gloria!. Belle espressioni, insieme alle altre che seguono: Sappiate che l’arrivo del Salvatore del mondo è vi-
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cino: domattina vedrete la sua gloria5. E domani sarà cancellata l’iniquità della terra e sopra noi regnerà il Salvatore6. E così il Communio: Apparirà la gloria del Signore e tutti gli uomini vedranno il Salvatore nostro Dio7.
Ecco, è venuto a portarci ogni grazia, così come dice san Paolo nella Epistola. Egli comincia la sua Lettera ai Romani presentandosi, e dicendo:
«Paolo, servo di Gesù Cristo e apostolo, ebbe la missione di predicare il Vangelo che Dio aveva già promesso per mezzo dei profeti nelle Sacre Scritture, riguardo al suo Figlio, nato [dal seme] di Davide secondo la carne, ma proclamato solennemente Figlio di Dio mediante la risurrezione dei morti, Gesù Cristo nostro Signore»8.

E aggiunge san Paolo che da Gesù abbiamo ricevuto la vocazione, la grazia e l’apostolato: «Per quem accepimus gratiam et apostolatum».
Ecco, per Gesù Cristo è venuto a noi questo invito a vivere nella santità e a praticare l’apostolato: grande dono di Dio! Allora che siamo riconoscenti a lui, a Gesù, e che quindi, in questa riconoscenza, cresca il nostro amore.
Occorre però che noi pensiamo più profondamente. E cioè: se noi facciamo qualche cosa di bene, per esempio l’obbedienza, far bene un lavoro affidato e dire anche delle preghiere, eccetera… tutto questo sarebbe vuoto se non ci fosse la grazia, e cioè se Gesù non aggiungesse i suoi meriti!
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Come dice san Paolo, nel senso che dice san Paolo: Se io parlassi anche tutte le lingue degli angeli e degli uomini e non amassi Gesù Cristo, non fossi unito a lui, non possedessi la sua grazia, mi gioverebbe niente! E anche se subissi il martirio, il fuoco, ma non avessi questa fiducia, questa unione con Gesù Cristo, non mi servirebbe. E così se anche distribuissi tutti i beni ai poveri, facessi tante opere di carità ma non ci fosse l’amore a Gesù Cristo, la sua grazia… non guadagneremmo niente [cf 1Cor 13]. Ci vuole sempre che facciamo il bene, ecco: obbedienza, carità, pazienza, povertà, castità, eccetera… ma perché siano meritorie, anche le opere migliori, bisogna che siano fatte nello spirito di fede. E cioè, questo varrebbe niente: «Sine me nihil potestis facere»9 [Gv 15,5], senza la mia grazia non servirebbe per l’eternità. Sarà anche allietare i bambini nel Natale perché si fa un’offerta, si distribuiscono i doni… ma perché valga presso Dio e per l’eternità bisogna che ci sia la carità, che vuol dire la grazia, l’amore a Gesù, l’unione con Gesù.
Quindi ogni nostra azione, perché valga davanti a Dio, [deve] essere accompagnata da due condizioni.
L’umiltà: Da me non farei nulla… come da me non potrei ottenere il perdono dei peccati, non darei soddisfazione a Dio, non farei nulla: «Sine me nihil potestis facere». Notate bene che è di fede: senza la grazia di Dio, senza l’unione con Dio, senza l’amore a Gesù…
E l’altra parte è l’atto di fede. Non solo di umiltà: Non posso far niente…: ci sarebbe da disperarsi! Anche, ognuno direbbe: Ma lascio tutto il bene… perché sembra inutile10. No! Bisogna aggiungere: fede nei meriti di Gesù Cristo che lui aggiunge alla nostra opera buona. Per esempio, a un atto di obbedienza aggiunge la sua grazia, perché in noi c’è l’amore e in noi c’è il desiderio della sua grazia, e si vuol vivere uniti a lui e si vuol operare per lui: intenzione retta per lui, per il paradiso.
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Quindi sempre due condizioni: l’umiltà e, secondo, la fede. Fede che Gesù ci dia i suoi meriti: quando stiamo buoni, che aggiunga i suoi meriti; quando facciam qualcosa di bene, anche fosse una piccola obbedienza, aggiunge i suoi meriti. E in questi giorni abbiamo fede che aggiunga i meriti suoi il Bambino, là nella grotta. Che umiliazione! Rifiutato dai betlemiti… dover nascere in una grotta che era per animali, e vestito con poveri pannilini, messo sulla paglia, nella greppia! Quali sono i bambini che nascono così poveramente! Ed egli invece ha creato il tutto, e per sé ha preso quel che era più povero, più misero, più umiliante!
Allora eccitarsi alla fede: Tu soffri per me… dammi i meriti del tuo presepio, i meriti dei primi giorni della tua vita terrena, l’umiliazione di dover poi anche fuggire in Egitto per salvarsi dall’ira di Erode. L’umiliazione di dovere stare poi sottomesso a Giuseppe, di essere educato da Maria. Perché Giuseppe e Maria erano santi, ma egli era il santo, il santissimo, egli era il sapientissimo che sa governare il mondo, eppure ha voluto sottomettersi all’obbedienza in tutto. Allora noi diciamo a Gesù che ci dia quei meriti lì, perché le nostre azioni siano buone, valgano per l’eternità. Ma con Dio posso tutto!11, ecco. Con Dio [ci] si può fare non solo santi, ma molto santi!, come del resto avete il desiderio: Voglio farmi santo, presto santo e grande santo12.
Ecco cosa dobbiamo noi pensare… così: l’umiltà e la fede. E da lui abbiamo ricevuto la grazia e l’apostolato, come dice [san Paolo]: «Per quem accepimus gratiam et apostolatum», sì. Amarlo e crescere in questi giorni nell’amore: se si arriva sino ad amarlo sopra ogni cosa, ecco, siamo sulla via della santità! Soprattutto quel che ci offre il mondo e quel che piace a noi stessi… amarlo più di noi stessi! Sopra ogni cosa è compreso anche noi stessi, cioè amarlo sopra l’amor proprio, nostro. Sì, amarlo con tutto il cuore sopra ogni cosa: lì sta la perfezione, che è poi il primo comandamento osservato
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bene, perfettamente… con tutta la mente, amarlo, con tutto il cuore, con tutte le forze.
È la festa dell’amore la solennità del Natale: l’amore verso Dio, l’amore verso gli uomini. Si fan tanti auguri, si desiderano tante grazie alle persone care. E dobbiam pregare anche per tutti gli uomini, per la pace e per la diffusione del Vangelo. Cuore largo! Amare tanto il Signore, amare tanto gli uomini, le anime. «Accepimus gratiam et apostolatum»: così san Paolo diceva di sé, così deve dir di sé ogni anima, ognuno di noi.
Allora i migliori auguri che riceviate proprio questa grazia con l’apostolato… e che si arrivi ad amarlo con tutto il cuore sopra ogni cosa… e poi amare quell’apostolato che il Signore desidera da noi.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro originale 115/61 (Nastro archivio 104c. Cassetta 104bis, lato 1. File audio AP 104c). Titolo Cassetta: “Preparare un presepio nel cuore”.
2 “Amiamo te, dolcissimo Gesù!”. Si tratta dell’inno cantato fin dagli albori della Famiglia Paolina: O Via, Vita, Veritas! Cf DFst 6.
3 Vedi p. 130, nota 4.

4 Vangelo: Mt 1,18-21.

5 Il PM legge i versetti tradotti dell’Introito e del Graduale, che sono identici e si rifanno ad Es 16,6-7, e per questo ripete due volte la stessa frase. Cf Missale Romanum, In Vigilia Nativitatis Domini, Introitus et Graduale: «Hodie scietis, qui veniet Dominus et salvabit nos: et mane videbitis gloriam eius».
Da notare che qui e in seguito, il PM legge le traduzioni italiane dal Messale Romano Quotidiano delle Edizioni Paoline.
6 ID., Alleluia: «Crastina die delebitur iniquitas terrae: et regnabit super nos Salvator mundi».
? 7 ID., Communio: «Revelabitur gloria Domini: et videbit omnis caro salutare Dei nostri».
8 Epistola: Rm 1,1-6. Il PM omette l’ultimo versetto, e dopo cita in latino il versetto 5: «Per mezzo di lui abbiamo ricevuto la grazia di essere apostoli».

9 «Senza di me non potete far nulla.»
? 10 Frase incerta.

11 Invocazione cara a Don Alberione attribuita a san Francesco di Sales. Cf Preghiere, ed. 1960, p. 191; ed. 1985, p. 24. Cf anche Fil 4,13.
? 12 Vedi AP 1958/2, p. 30, nota 5.