Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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52. CRISTO, RE DI MENTI, CUORI E VOLONTÀ
Il ricordo dei santi e dei defunti
Festa di N.S. Gesù Cristo Re, Meditazione, Castel Gandolfo, 29 ottobre 19611

Quest’oggi tre pensieri per la settimana, perché alla domenica si prendono i pensieri più utili per la settimana. Ora, il primo pensiero riguarda la festa di oggi, Cristo Re; secondo pensiero, la festa dei Santi; terzo pensiero, i defunti… due novembre.
Quanto alla festa di Gesù Cristo Re, bisogna guardare subito al principio che non è un re come i re della terra, ma è un Re universale, divino e dominatore di tutto. Egli ha fatto il tutto, nessun altro re fece le stelle… ad esempio! Oh! Ma egli è specialmente il Re dei cuori, delle menti, delle volontà… vuol dire dell’interno in primo luogo, dell’interno: e cioè della mente, perché crediamo; e dei cuori, perché amiamo lui, amiamo Dio con tutto il cuore e amiamo il prossimo come noi stessi; e delle volontà, perché compiamo la volontà di Dio.
Ma egli guarda dentro. Se uno andasse in macchina per strada, ecco, sta attento di non aver multe, di osservar le leggi stradali… ma questo è per evitare che la polizia poi faccia le multe. Ma il Signore non si contenta che uno osservi le leggi stradali perché si vogliono evitare le multe, ma perché si vuole obbedire al Signore: il Signore guarda l’interno, sì!
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E leggiamo adesso il tratto.
«In quel tempo, Pilato domandò a Gesù: Sei tu il re dei Giudei? - voleva dire se era un re comune che fa delle leggi, il codice, che fa giustizia e che si circonda di soldati e di armi; Pilato intendeva pensare se Gesù fosse il re in questo modo, ma Gesù era un re molto più grande -. Gesù rispose: Questa domanda è tua oppure ripeti ciò che altri ti hanno detto? Disse Pilato: Sono forse Giudeo io? Il tuo popolo e i grandi sacerdoti ti hanno consegnato nelle mie mani. Che hai fatto? Rispose Gesù: Il mio regno non è di questo mondo - ecco, perché egli è il Re nato, cioè il Re in quanto in eterno egli il Figliolo di Dio, seconda Persona della Santissima Trinità, e in quanto ha fatto poi il mondo… e i poteri che hanno le autorità sulla terra vengono da Dio… del resto Gesù aveva risposto: Tu non potresti avere sopra di me alcun alcun potere se non ti fosse stato dato dall’alto [cf Gv 19,11] -.
Rispose Gesù: Il mio regno non è di questo mondo. Se fosse di questo mondo, i miei ministri avrebbero certamente combattuto perché non fossi dato nelle mani dei Giudei; ma il mio regno non è di questo mondo. Dunque tu sei Re?, gli chiese Pilato. Gesù rispose: Tu lo dici, io sono Re. Sono nato per questo, sono venuto nel mondo per rendere testimonianza alla verità. Chi sta dalla verità, ascolta la mia voce»2.

E subito Gesù richiama Pilato a pensieri più alti, e cioè Gesù dice [che] è venuto nel mondo per insegnare le verità e quindi vuole la sottomissione della mente: Rex mentium, Rex cordium, Rex voluntatum3. Il Re della mente: bisogna credere a lui, perché chi non si sottomette a credere è già condannato, si condanna da sé. Re dei cuori: veramente la persona che si consacra a Dio, dà a Dio tutto il cuore, dà a Gesù tutto il cuore, non ne riserva niente per sé e per le crea-
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creature. La persona che vive veramente la vita di consecrazione, fa Gesù Re del suo cuore, di tutti gli affetti. E così Gesù è Re delle volontà quando non solo si fa l’obbedienza, ma si fa il voto di obbedienza, e - terzo - si perfeziona questa obbedienza, questa sottomissione, vedendo in chi comanda non una persona perché è più sapiente, perché è più anziana e perché è stata stabilita lì, ma… non per questo, ma perché [ci] si sottomette alla volontà di Dio, si fa il volere di Dio, manifestato nei comandamenti - per esempio: non rubare - e manifestato anche da chi guida: Oggi dobbiam fare la tal cosa… Per esempio: Oggi dobbiam raccogliere le olive. Oh, viene anche da Dio? Certo, attraverso i superiori che determinano momento per momento quello che è da farsi. Sì, ecco…
Ma Gesù vuole che ci sia l’interno sottomesso a lui, cioè il pensiero, sì: Questo è piaciuto a Dio, piace anche a me!, eh, pensieri! Che ci sia il cuore sottomesso: non solamente obbedienza perché non ci siano osservazioni, ma perché si ama il Signore, si sa che il Signore tutto ciò che dispone o permette, lo fa per nostro bene; e allora si ama qualunque cosa che egli permetta o voglia o disponga; e poi che da noi vogliamo non solamente far la sua volontà, ma dargliela tutta la volontà. Quando è che finiremo di dargli tutto noi stessi e che Gesù veramente domini tutto il nostro interno? Spirito di fede ci vuole! Perché voi sapete bene [che] uno può fare un peccato interno: gli uomini non lo vedono, perché ha avuto quel desiderio cattivo, brutto, e davanti a Dio è già peccato, [mentre] davanti agli uomini nessuno ha rilevato che ci fosse una mancanza.
Quale Re è egli? Dei cuori, delle menti, delle volontà. Oh!, allora chi vuol darsi tutto al Signore bisogna che gli dia tutta la mente: e che creda in tutto al Vangelo; e [gli dia] tutto il cuore: i due comandamenti dell’amor di Dio e dell’amor del prossimo; e che gli dia tutta la volontà: sia fatta la volontà di Dio… Come? Come la fanno gli angeli in cielo: «Fiat voluntas tua sicut in caelo et in terra» [Mt 6,10], come la fanno gli angeli al cielo, così facciamo noi! Quindi, come la fanno bene la volontà di Dio gli angeli!
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Può essere che chi deve comandare sia minore di età e anche minore, diciamo, di sapienza, perché nella casetta di Nazaret chi comandava era san Giuseppe, il quale non aveva scienza particolare, non aveva neppur tutta la scienza di Maria… quanto, quindi, meno di Gesù! Solo perché il Signore lo vuole… sempre pronta: Eccomi! Ecco l’ancella del Signore: sia fatto di me come hai detto! [cf Lc 1,38].
Secondo pensiero: i santi. Siamo chiamati alla santità. Quelli sono arrivati ad essere santi: confessori o vergini, patriarchi o apostoli o martiri, o la grande turba di tutti i santi, ecco. Volete farvi sante? Domandiamocelo in questi giorni.
Primo, eccitiamoci al volere. Secondo, pensare che veramente quei santi son già lassù e occupano il posto che Gesù aveva preparato per loro. E terzo, pregare i santi, invocare tutti i santi ché noi arriviamo alla santità: santo è già colui che è in grazia di Dio, ma [siamo chiamati] a una santità distinta, cioè santità religiosa.
Eh, ma è difficile!. E fu difficile anche per tutti i santi. Ma adesso ho questa pena, ho quel dolore!. Eh, tutti i santi son passati attraverso tante tentazioni, calunnie, difficoltà, pene, eccetera… «profecerunt». Attraverso queste difficoltà, tentazioni, han guadagnato più meriti, quindi si sono arricchiti di meriti: «Profecerunt», son progrediti!
E questa settimana dire più di cuore il fateci santi, la coroncina4: si può dire anche così da soli in chiesa e si può dire anche per strada, quando uno ha da viaggiare, supponiamo; può dirlo anche quando uno esercita il suo apostolato in casa…
Terzo pensiero: i defunti. È di fede che c’è il purgatorio, è di fede che i nostri suffragi giovano alle anime purganti, specialmente il sacrificio della Messa; e quindi, la Chiesa che
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vuole che preghiamo molto per i defunti, permette che il giorno dei morti si celebrino tre Messe.
Allora, a chi pensare? Pensare ai defunti che hanno più ragione di aspettarsi i nostri suffragi: ci possono essere i genitori, ci possono essere parenti prossimi e ci possono essere persone a cui dobbiamo riconoscenza, come chi ci ha istruito nel catechismo, eccetera… Tutto quello che abbiamo ricevuto di bene, se questo bene ti è venuto attraverso gli uomini, riconoscenza; suffragi, se già son passati all’eternità. Ed è tanto bello visitare il sepolcro delle persone care, e poi visitare il sepolcro in generale di tutti quei che son passati all’eternità! I quali defunti parlano un loro linguaggio muto ma espressivo, perché mica è solamente la parola che indica un pensiero… No!, ci possono essere dei fatti, ci può essere lo stato [in cui ci si trova] che parla da sé, e cioè: Oggi a me… sono qui sotto terra, oggi a me, domani a te. La stessa condizione, la via è uguale per tutti e la fine è uguale per tutti: si vive, si muore, si è sepolti… e beato chi ha fatto il bene! E infelice chi non ha fatto il bene nella sua vita.
Allora, da una parte suffragare i defunti che avessero ancora dei debiti con Dio, facilitare loro l’ingresso alla visione di Dio, ma ricavare anche profitto per noi: per noi stessi, che acquistiamo poi le indulgenze e che soddisfacciamo per i nostri peccati; e per loro che mandiamo gli aiuti, affinché siano sollevate quelle anime del purgatorio e, quando piace a Dio, siano liberate dal purgatorio stesso.
Allora tre pensieri.
Gesù Cristo Re, specialmente della parte spirituale, Re degli uomini e Re di tutto il creato, della terra e dei cieli, ma specialmente delle creature intelligenti che gli devono prestare un ossequio intelligente. Re che guarda in primo luogo l’interno nostro: ci sia la fede, ci sia l’amore, ci sia la docilità.
Secondo: incoraggiarci, incoraggiarci! E quei santi ci dicono: Oggi è a noi la gioia, la gloria - ci dicono questi santi in paradiso -, domani a voi: coraggio… se fate la nostra via.
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E il pensiero dei defunti. Aiutare in carità quelle anime e riflettere che anche noi tra non molto - anche se la vita fosse lunga, è sempre breve rispetto all’eternità -, tra non molto passeremo da questa all’altra vita… ecco.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro originale 113/61 (Nastro archivio 102c. Cassetta 102bis, lato 1. File audio AP 102c). Titolo Cassetta: “Gesù è re. I santi e i defunti”.
Ricordiamo che, prima del Concilio Vaticano II, la festa di Cristo Re si celebrava sempre l’ultima domenica di ottobre.

2 Vangelo: Gv 18,33-37.
3 Re delle menti, Re dei cuori, Re delle volontà.
L’espressione ha una certa assonanza con la prima strofa dell’Inno della Festa di Cristo Re: «Te saeculorum principem, te, Christe, regem gentium, te mentium, te cordium unum fatemur arbitrum», «Te, principe dei secoli, te, o Cristo, re delle genti, te riconosciamo unico arbitro delle menti e dei cuori» (Breviarium Romanum, In Festo D. N. Iesu Christi Regis, Hymnus in I et II Vesperis).

4 L’invocazione “per ottenere la buona volontà”: Vergine Maria, Madre di Gesù, fateci santi. Veniva detta coroncina perché si pregava come giaculatoria almeno per 50 volte. Era raccomandata in particolare prima del riposo notturno. Preghiere, ed. 1957, p. 22. Vedi p. 161, nota 12.