Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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25. UMILTÀ E FIDUCIA IN DIO
L’orgoglio è il maggior nemico della santità
Domenica X dopo Pentecoste, Meditazione, Castel Gandolfo, 30 luglio 19611

Il Vangelo di oggi è tutto per insegnare l’umiltà e la fiducia in Dio insieme. È preso da san Luca, capo XVIII.
«Gesù propose questa parabola a certuni, i quali si compiacevano delle proprie virtù e disprezzavano gli altri: Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo, l’altro pubblicano. Il fariseo stava a testa alta e così pregava dentro di sé: O Dio, ti ringrazio di non essere io come tutti gli altri: ladri, ingiusti, adulteri, o come questo pubblicano; io digiuno due volte la settimana e ti offro la decima parte dei miei beni. Il pubblicano invece non osava andare avanti e neanche alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore! Vi assicuro che quando questi tornò a casa sua, davanti a Dio era più giusto dell’altro - cioè del fariseo -. Infatti chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato»2.

Vedete che, come commento, nel Messalino3 è proprio l’umiltà: «L’umiltà è la virtù soprannaturale che, facendoci conoscere noi stessi, ci inclina a stimarci secondo il giusto
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valore e a cercare il nascondimento e il disprezzo. È la chiave di tutte le grazie, il fondamento di tutta la perfezione e di tutte le virtù». Quindi, [il commento] insegna l’umiltà verso Dio, l’umiltà verso il prossimo e l’umiltà verso noi stessi.
Già l’Epistola4 che si è letta nella Messa ispira, insegna l’umiltà, e dice in sostanza: Ricordate quando eravate pagani? - scrive san Paolo a dei pagani che si erano poi convertiti -. Vi lasciavate trascinare da chiunque dietro gli idoli muti. Sappiate però che nessuno, sotto l’influenza dello Spirito di Dio, maledice Gesù, e che nessuno può dire: Gesù è il Signore, se lo Spirito Santo non lo ispira. Tra di voi perciò vi sono doni differenti, ma tutti vengono dal Signore. Quindi riconoscere che tutto ciò che abbiamo di buono è dal Signore: anche se siamo cristiani è per grazia di Dio, anche se esistiamo è Dio che ci ha creati e ci ha dato l’intelligenza, la salute, e anche se c’è una vocazione viene da Dio… tutto è di Dio. L’umiltà quindi porta a conoscere e a riconoscere che tutto ciò che abbiamo è di Dio, è di Dio!
E secondo: l’umiltà ci porta a confidare in Dio! E vedete nella parabola: non osava alzare gli occhi quel pubblicano, che era stimato come un peccatore pubblico - come i pubblicani, in generale -, ma si batteva il petto e aveva fiducia in Dio: Abbi pietà, che son peccatore!. E ritornò a casa santo, giustificato; quindi si umiliava e confidava in Dio ed ebbe la grazia di rivolgersi al Signore e di confidare nel Signore e di tornare a casa giustificato, che vuol dire santo, ecco.
Invece il fariseo, eh, si vantava delle sue virtù e disprezzava gli altri. E disprezzava gli altri e ne parlava con il Signore, e dice [il Vangelo]: Il fariseo stava a testa alta nel tempio e così pregava dentro di sé: Ti ringrazio di non essere come tutti gli altri che sono ladri, ingiusti, adulteri - e disprezzava anche il pubblicano che stava in fondo al tempio - o come questo pubblicano.
L’umiltà è la verità: cioè considerarci per quel che siamo, e d’altra parte confidare nel Signore. E come abbiamo ricevuto
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tante grazie per il passato, poi ne riceveremo di più nell’avvenire, perché chi si umilia sarà esaltato. Esaltato in che modo? Avrà più grazie, sarà più santo e sarà nei primi posti in paradiso. Tanto ci umiliamo sulla terra e tanto saremo glorificati in paradiso: E Gesù si umiliò alla morte di croce e per questo Dio lo esaltò, il Padre lo esaltò [cf Fil 2,8-11], e Gesù sta alla destra del Padre celeste in cielo.
Noi dobbiamo sempre temere dell’orgoglio. Sì, ci sono tante specie di peccati, di mancanze, di imperfezioni, ma la superbia è messa a capo dei vizi capitali, perché la superbia va direttamente contro Dio. Gli altri vizi capitali sono sempre vizi, sono sempre peccati quando vengono assecondati, sì, però sono più fragilità, debolezze, miserie e sono però peccati perché si acconsentono, tentazioni. Ma siccome il Signore può solo dare i suoi doni e può solo creare per la sua gloria, solo per la sua gloria, non può far diverso… allora, se uno va contro di lui - cioè si inorgoglisce lui e si vanta, si compiace di quello che ha, si compiace vanamente -, allora va direttamente contro il fine di Dio, contro il fine per cui Dio dà una grazia. Egli dà una grazia perché lo ringraziamo e corrispondiamo umilmente, e quindi lo glorifichiamo. Aver grande paura dell’orgoglio, della superbia, che distrugge in radice ogni pianta, anche la più robusta e quella che magari prima era carica di frutti. Sempre aver timore del nostro orgoglio, della nostra superbia e della compiacenza vana di ciò che abbiamo.
C’è un riconoscere il bene di Dio, come Maria: Il Signore mi ha fatto grandi cose, sì, perché ha guardato che io sono niente, «quia respexit humilitatem ancillae suae» [cf Lc 1,49.48]. Sapessimo quale nemico è l’orgoglio e la superbia, lo combatteremmo con tutte le forze! Sì. Chiuderemmo tutto il cuore, perché la superbia nasce dal cuore, dalla vanità, dal compiacersi di quel che uno ha e quindi dal volerne far mostra anche davanti agli altri, sì. Quante grazie allora si impediscono! Possono distruggere tutta una vita, una vita che fu già buona… e uno può pervertirsi anche in tarda età. È certissimo che noi, per quanto siamo già stati buoni, tuttavia è certis-
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simo che potremmo anche diventar cattivi e molto cattivi, se non ci assistesse sempre la grazia. Perciò l’umiltà ci porta: [a] conoscere se c’è qualche cosa di bene, ringraziarne solo lui e non compiacersi e non invanirsi davanti agli altri.
Secondo: pensare che noi dovremmo sempre dire il Confiteor, cioè: Mi confesso a Dio Onnipotente, eccetera… per mia colpa, mia colpa, mia massima colpa. Ecco cosa sono: quel che c’è di male viene da me, quel che c’è di bene è di Dio. E poi la seconda parte del Confiteor: Perciò prego la Beata Vergine Maria, tutti i santi, eccetera…
Oh! Allora cosa bisogna dire? Il nemico numero uno della santità e delle benedizioni di Dio sulle nostre cose, sulle nostre imprese, sull’Istituto stesso, il nemico numero uno è l’orgoglio. Perciò questa riflessione, che c’è qui nel commento della Messa di oggi, va letta bene. All’umiltà che cos’è che si oppone? «La superbia, cioè: orgoglio, egoismo, presunzione, ambizione, vanagloria, millanteria, ostentazione, ipocrisia, disobbedienza»5, eccetera… e quindi descrive come l’umiltà si esercita verso Dio, e si esercita verso il prossimo, e si esercita verso noi stessi diffidando sempre di noi, sottomettendoci ai superiori, amando il nascondimento e la modestia. L’umile trova grazia davanti a Dio, come il pubblicano; l’umile gode la pace del cuore; si attira anche la simpatia degli uomini… l’orgoglioso finisce sempre con l’essere poco stimato e poco frequentato; l’umile ottiene il perdono dei peccati e la perseveranza finale, cioè la salvezza eterna.
Imparate da me, che sono mansueto ed umile di cuore [Mt 11,29]. Gesù poteva dire: Imparate da me che sono povero, imparate da me che sono obbediente…, ma proprio questa espressione di imparare da lui, l’ha voluta riservare a questa grande virtù: mite, mansueto ed umile di cuore; la mansuetudine è poi figlia della umiltà, anche.
Oh! Allora una buona preparazione agli Esercizi sta in questo umiliarci; e, in secondo luogo, fiducia: e se uno fosse anche un peccatore - anche pubblico come era questo pub-
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blicano -, finirà gli Esercizi, con la grazia di Dio, giustificato, cioè santo. [Il pubblicano viene giustificato] a differenza di quello che è restato a mani vuote: eh, si era esaltato lui, si credeva già così buono [il fariseo]! Così buono da digiunare due volte alla settimana. Vedete, erano tutti e due nel tempio: uno può entrare nel tempio umile, in chiesa umile, e l’altro orgoglioso; sono entrati per pregare: uno può pregare da superbo e l’altro da umile, e uno può finire la preghiera con i doni di Dio, specialmente la sua grazia che è poi la santità, e l’altro tornerà a casa… è uscito più peccatore di prima, ecco.
E ci può essere uno che accusa le sue mancanze e sente il bisogno di Dio, della sua grazia per fare qualche cosa di bene, e un altro può dire: Ti ringrazio perché non sono io come tutti gli altri… - degli altri diceva che erano ladri, ingiusti, adulteri - o come questo pubblicano, perché si paragonava anche con lui: e qualche volta avviene che uno si paragona con l’altro. Il nemico numero uno è proprio nella nostra testa, nel nostro cuore, e cioè, nella testa: umiltà di mente, umiltà di cuore; di mente, cioè stai nella verità: Se ho qualche cosa, è di Dio… e se ci sono dei peccati, ci sono stati i peccati, sono miei; se voglio fare un po’ di bene, è solo Dio che mi dà la grazia, non che abbia la forza io, che possa far riuscire le cose, no! Dio, Dio, sempre Dio, solo Dio!.
Oh! Allora queste due disposizioni nell’avvicinarsi degli Esercizi: umiltà e fiducia. Sempre con l’espressione: Da me nulla posso, con Dio posso tutto6 . Ecco la vera sapienza.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro originale 92/61 (Nastro archivio 90c. Cassetta 90bis, lato 1. File audio AP 090c). Titolo Cassetta: “Il fariseo e il pubblicano”.
2 Vangelo: Lc 18,9-14. Il brano viene citato liberamente dal PM all’interno della meditazione.
3 Si tratta del Messale “tascabile” in latino e italiano, pubblicato dalle Edizioni Paoline in più edizioni e ristampe. Cf per esempio: Messale Romano Quotidiano, III edizione ampliata, Alba 1953, p. 704. Di questo commento, il PM legge qui la parte iniziale; più avanti nella meditazione lo riprende più volte e lo cita di nuovo.

4 Epistola: 1Cor 12,2-11. Il PM legge i versetti 2-4.

5 Il PM continua a citare il commento sull’umiltà del Messale Romano Quotidiano.

6 Vedi AP 1959, p. 86, nota 3.