Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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48. GESÙ È IL MEDICO CHE RIDONA LA VITA
Accostarci a lui con umiltà e fede

Domenica XXIII dopo Pentecoste, Meditazione, Castel Gandolfo, 13 novembre 19601


Il Vangelo di oggi, Domenica XXIII dopo Pentecoste, è ricavato da san Matteo, capo IX.

«In quel tempo, mentre Gesù parlava alle turbe, uno dei capi si accostò e inchinandosi gli disse: Signore, mia figlia è morta or ora: ma vieni, posa la tua mano su di lei e rivivrà. Gesù, alzatosi, lo seguì con i suoi discepoli. Ed ecco una donna, la quale da dodici anni pativa perdite di sangue, gli corse dietro e gli toccò il lembo della veste. Ella pensava dentro di sé: Basta che io tocchi la sua veste e sarò guarita. Gesù si voltò, la vide e disse: Confida, figliola, la tua fede ti ha salvato. Sull’istante la donna si sentì guarita. Quando poi Gesù arrivò alla casa del capo, avendo visto i suonatori e la turba a far strepito, disse: Andate via, la fanciulla non è morta ma dorme. Ma quelli lo deridevano. Infine, quando tutta la gente fu uscita, egli entrò nella camera, prese la fanciulla per mano ed ella si alzò. La notizia si divulgò rapidamente per tutta la regione»2.

E dal Vangelo possono ricavarsi molte considerazioni, particolarmente però imparare la fiducia in Gesù, la fede. La fiducia che da una parte si appoggia alla fede e dall’altra parte è una speranza, una confidenza di ricevere le grazie per
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i meriti di Gesù Cristo, di potersi salvare per i meriti di Gesù Cristo... le grazie necessarie per salvarsi e la salvezza stessa. Gesù compì qui due miracoli.
Da ricordarsi che vi sono anime le quali sono morte con il peccato, per il peccato. Sono morte perché son prive della grazia soprannaturale, della vita soprannaturale che è l’amicizia con Dio: vivono in peccato grave. Quelli hanno bisogno di essere risuscitati: che nella loro anima rientri la vita soprannaturale, la quale è anche la vita eterna, ché se uno è privo della grazia non può entrare in cielo. Allora c’è bisogno di una vera risurrezione.
Poi si tratta qui di una donna la quale era inferma da dodici anni e aveva speso tanto - come dice un altro evangelista - in medici e medicine, senza frutto, così che era ormai scoraggiata, aveva perso la fiducia nei medici e nelle medicine [cf Mc 5,25-26; Lc 8,43]. Si ravvivò in lei la fiducia quando seppe di Gesù, conobbe Gesù e le sue grazie e i suoi prodigi, e diceva: Se riesco a toccare almeno il lembo del vestito sarò salva, sarò guarita. Questa donna rappresenta le anime che non sono morte, perché non hanno il peccato mortale, ma sono travagliate da difetti, da miserie, da peccati veniali, per esempio dall’orgoglio, dall’invidia, dalla pigrizia e da altra passione come gli attaccamenti, l’ira, eccetera... Ora, ecco, Gesù è il medico che guarisce gli infermi ed è la vita che ridona la grazia: Io sono la vita [cf Gv 11,25; 14,6], la vita, cioè soprannaturale, la vita che rende l’anima amica di Dio e salva l’anima perché, se l’anima passa all’eternità in grazia, è salva.
Quindi, in un caso e nell’altro, sia che un’anima si trovi morta, cioè priva della grazia, della vita soprannaturale, e sia che un’anima si trovi travagliata da difetti e magari scoraggiata, eccetera, Gesù è il medico che può guarire l’anima nostra da qualunque infermità, anche un’infermità inveterata, vecchia. E una persona può dire: E io da tanto tempo sono orgoglioso, da tanto tempo sono tiepido, eccetera... Gesù non solamente è la vita, ma è anche il medico che cura le malattie; però bisogna ricorrere a lui, ricorrere a lui. Quel capo pensava proprio [questo] e chiedeva tanto a Gesù: La
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mia figlia è morta, ma vieni, imponi la tua mano sopra di lei e risusciterà, rivivrà ...e aveva fede, quindi: domandava nientemeno che la risurrezione da morte di sua figlia...un miracolo grande! E quella donna aveva fiducia pure: Se toccherò il lembo del vestito sarò [guarita].
Ora, ecco le due condizioni: prima, sentire il bisogno di Dio, che è l’umiltà... riconoscere le nostre necessità, le nostre debolezze, le nostre infermità; e secondo, aver fiducia, fiducia, ma la vera fiducia... non perché facciamo delle preghiere ma perché noi preghiamo bene, non qualunque preghiera ma quella preghiera che è accompagnata dalla fede, e cioè noi speriamo nella grazia per i meriti di Gesù Cristo, «per Christum Dominum nostrum»3. Sì, noi dobbiamo pregare, dobbiamo dire tante orazioni, dobbiamo fare cioè le pratiche nostre quotidiane, settimanali, mensili, annuali... ma [dobbiamo anche] portar le disposizioni. L’Atto di speranza: speriamo la salvezza eterna, speriamo la santificazione, l’emendazione, perché Dio è buono, perché Gesù Cristo ha sofferto ed è morto per noi sulla croce, perché noi abbiamo anche le preghiere e l’aiuto della Madonna che intercede per noi, l’aiuto dei santi che intercedono per noi, ma nello stesso tempo la speranza vera vuole che ci sia lo sforzo di voler emendarci, lo sforzo di fare una vita santa, mediante le opere buone che io debbo e voglio fare4, ecco: con la grazia noi faremo le opere buone e ci salveremo, e ci salveremo.
Allora, chi è orgoglioso non speri di ricevere, ma chi è umile e ha fiducia nel Signore, sia certo, stia sicuro: La tua fede ti ha fatto salva, ecco, dice Gesù. E così la fede di quel capo ha ottenuto la risurrezione. La figlia non è veramente morta... Gesù adopera l’espressione: dorme, ma è sonno di morte; e quelli lo deridevano perché l’avevano veduta la figlia sul suo letto di morte, defunta, freddo cadavere, lo deridevano pensando che non sapesse distinguere se una bambina era viva ancora o era morta. Ma Gesù voleva compiere un
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miracolo nel silenzio: fece allontanare quella gente che faceva il lutto al loro modo, al modo di quei tempi, e prese la bambina, quando fu solo, per la mano, e la bambina si alzò ed egli la consegnò ai genitori - allora, quando c’era un lutto, venivano i piangenti: persone che mostravano il loro dolore magari stracciandosi gli abiti e mandando delle grida di dolore, gemiti, eccetera... e poi suonavano certi strumenti e cose che erano conformi a quella circostanza5 -.
Oh! Due cose dunque. L’umiltà: bisogno di Dio abbiamo, bisogno tanto di Dio! Che ci conduca per le sue vie: le sue vie son tutte vie di amore, di sapienza; che ci conduca alla santità [di] sicuro; che possiamo guarire dalle nostre infermità che son tante, sono tante le nostre infermità, ma noi non diciamo solamente come quella donna: Se tocco il lembo del vestito..., ma Gesù lo si riceve sulla lingua nella Comunione ed egli diviene cibo dell’anima nostra, oh! Molta fiducia, specialmente nella Comunione, di ricevere quelle grazie di cui abbiamo bisogno. Tante volte noi non conosciamo noi stessi perché non facciamo bene l’esame di coscienza; ma più che far bene l’esame di coscienza, [la persona] vede in sé un’infinità di bisogni e sente il bisogno di Dio. Se poi [il bisogno] si aggiunge alla fiducia in Dio, ecco, ti puoi fare santa, la via è aperta, la vocazione alla santità ce l’hai, i mezzi ce li hai... son le pratiche quotidiane, le pratiche tutte di pietà e sono gli aiuti esterni, perché vieni ammaestrata, vieni istruita, vieni aiutata, eccetera. Oh! I mezzi ci sono.
Allora invocare la grazia di Dio con tanta umiltà e insieme con certezza, non solamente, ma una certezza sicura che possiam giungere alla santità! Non è sicuro che riceviam tutte le grazie materiali, no: perché alle volte queste grazie non
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sono utili alla nostra anima, eppure noi crediamo di doverle chiedere; non sono utili alla nostra vita, alla nostra santificazione. Ma Gesù, che ascolta le preghiere, ci darà quello che noi domandiamo e ci dà quel che non domandiamo ma che ci è necessario, se preghiamo. E quindi avanti in fiducia, serena, tranquilla: Io posso, io debbo farmi santo, da me nulla posso, ma con Dio tutto6... e basta allora, e basta allora: andiamo avanti in fede.
Sì, e pensiamo a quali bisogni abbiamo. I più dei bisogni non li conosciamo, ma diciamo a Gesù: Tu che li vedi, tu che conosci le mie malattie, come buon medico, curami! Sei medico e medicina insieme!. Noi possiamo andare alle volte dal medico e diciamo che abbiamo un male, ma lui, il medico, magari ne trova degli altri... quante volte non conosciamo i nostri difetti, ma con la grazia di Dio, Gesù è luce: ce li farà conoscere, ed è medico: ci guarirà.

Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro originale 84/60 (Nastro archivio 80b. Cassetta 80, lato 2. File audio AP 080b). Titolo Cassetta: “La figlia di Giairo e l’emorroissa”.

2 Vangelo: Mt 9,18-26. Il brano viene citato liberamente dal PM all’interno della meditazione.

3 «Per Cristo Signore nostro». Formula liturgica che chiude le orazioni.

4 Cf Le Preghiere del Cristiano, Atto di speranza. Vedi Preghiere, ed. 1957, p. 17; ed. 1985, pp. 22-23. Tutta la frase è un commento a questa preghiera.

5 Si legge in un Dizionario storico-ecclesiastico alla voce Lutto: «Il tempo del lutto presso gli ebrei, per la morte dei loro parenti od amici, era di sette giorni, nei quali piangevano, e stracciatisi i loro abiti, vestivansi di sacco o di cilicio, battevansi il petto, digiunavano, coricavansi sulla nuda terra, andavano a piedi nudi [...]. In occasione di pubblico lutto, salivano sul tetto o sia sul terrazzo della casa, per deplorarvi le loro disgrazie» (GAETANO MORONI ROMANO, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica da S. Pietro sino ai nostri giorni..., XXXIX, Venezia 1846).

6 Vedi AP 1959, p. 86, nota 3.