Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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34. I PROPOSITI PER L’ANNO
Piccoli passi ma continui negli atti di virtù

Esercizi Spirituali, 6° giorno, I Istruzione, Castel Gandolfo, 13 agosto 19601


Nell’ultimo giorno degli Esercizi si preparano i propositi e si prega per l’osservanza dei propositi.
Propositi che possono essere di due specie. Propositi che riguardano la santificazione propria, quindi l’acquisto della pietà, l’acquisto delle virtù, l’aumento di fede, eccetera. E poi i propositi possono essere [quelli] che riguardano l’ufficio o la missione che ognuno ha: come farò la mia missione, come compirò il mio ufficio, come mi comporterò rispetto agli altri.
Vi sono due giudizi, alla fine, dopo la nostra vita: uno subito dopo la nostra vita e l’altro, più tardi, alla fine del mondo. Il primo giudizio si riferisce specialmente ai doveri nostri individuali, la santità interiore, che consiste in una profonda pietà, in una ferma speranza e in un amore vivo al Signore. E il secondo giudizio riguarda specialmente le relazioni che abbiamo con gli altri, e l’ufficio che abbiamo rispetto agli altri, la missione che abbiamo ricevuto da Dio: l’apostolato, in sostanza.
Propositi. E pregare: per l’osservanza, per l’aumento di grazia.
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Allora, ecco: i propositi che siano ragionevoli... cioè che siano propositi un po’ possibili. Se uno fa il proposito di volare, fa un proposito che non è ragionevole; se si pretende di essere in un giorno santi, non è ragionevole. È vero che se uno era peccatore e riceve il Battesimo, è santificata la sua anima: ma è la prima grazia; la santità, quella di cui parliamo, è quell’aumento di grazia, quel cumulo di grazia che noi aspettiamo dal Signore, e cioè con la nostra vita santa, virtuosa, generosa, religiosa. Oh!, propositi ragionevoli quindi. Ché nel lavoro di quest’anno si possa andare avanti nella virtù - di quest’anno, dico, cioè questo anno che passa fra il corso attuale degli Esercizi e un altro corso, se piacerà al Signore, l’anno prossimo -. La virtù non si acquista in un giorno, la virtù; la virtù si acquista poco a poco, con sforzo, con preghiera, con esercizio. Virtù vuol dire abitudine: ora, un atto virtuoso non è ancora abitudine, è un atto virtuoso. La virtù, poi, è quando noi abbiamo raggiunto una certa perfezione, cioè compiamo facilmente quegli atti virtuosi: per esempio, facciamo facilmente atti di fede, oppure ci comportiamo in carità, con carità verso tutti, lietamente, prontamente, quando si presenta l’occasione. Ci vuole quindi l’esercizio: bisogna formare la buona abitudine.
Oh! Propositi, sì, che comprendano tutto l’anno. Ma noi abbiamo da pensare che si metteranno in pratica un po’ per giorno. Si vuole la santità, e questa è sempre in cima ai nostri desideri... arrivare alla santità. Sì. Però si va alla santità mediante le piccole virtù, i piccoli atti; come si diventa cattivi, cominciando da piccoli difetti e piccoli atti viziosi o peccaminosi. Occorre allora pensare alle cose piccole, ecco: se si vuole diventare grandi santi, si proceda nella cura delle piccole cose. Chi vuole diventare un gran santo parta e proceda sempre con piccoli passi, quasi alle volte impercettibili passi. Chi vuole - nessuno lo vuole, però - mettersi sulla strada cattiva e perdersi, sempre comincia da piccoli mancamenti: Giuda cominciò ad affezionarsi al denaro, gli faceva piacere il denaro... e prima cominciò a metter da parte qualche soldo che pur non era suo, ma apparteneva al collegio apostolico,
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e poi avanti avanti finché arrivò al suo delitto di vendere il Salvatore Gesù per trenta monete [Gv 6,70-71; 12,4-6; Mt 26,14-16]. Qualunque nostro peccato ci può portare a dei disordini, a degli abissi: l’orgoglio, per esempio, se non lo combattessimo...; per esempio l’ira, può portare a degli eccessi; così la troppa libertà negli occhi, nei sentimenti, nella fantasia... queste libertà possono portare a degli eccessi; così si può dir della pigrizia, della tiepidezza; così si può dire dell’invidia. E ecco, per invidia, Caino uccise Abele [cf Gen 4, 3-8; 1Gv 3,12]; ecco, l’orgoglio trascinò Lutero2 nell’eresia, nella ribellione alla Chiesa; e una persona che facilmente si adirava, ecco, stava con il martello rompendo il carbone per la stufa... passò di lì uno che, magari per inavvertenza, le diede uno spintone... gli tirò dietro il martello, lo colpì nella testa e morì: si vede che non si moderava nei suoi scatti interni, nei suoi atti di ira, di irascibilità. Così può avvenir della gola, così può avvenire anche riguardo all’invidia, alla mormorazione: si può andare ad un certo punto ad accuse, calunnie, calunnie anche nere. Così abbandonarsi alla mestizia, alla tristezza: si può arrivare a certi stati di disperazione, se non si combattono questi sentimenti così scuri. Quindi, dare importanza ai piccoli falli, ai piccoli falli. Non cederla alla pigrizia in niente, neppure un minuto!
Mi raccontava qualche giorno fa un padre benedettino lì di San Paolo a Roma, parlando del cardinal Schuster3, che egli al mattino si levava sempre il primo da letto, e poi era il superiore, era l’Abate; se il religioso destinato a suonare la campana non era puntualissimo, immediatamente egli dava il segno: la levata era alle quattro, ma quando l’orologio aveva già dato tre colpi - uno, due e tre - e stava per scoccare il quarto, se si arrivava lì che l’altro non avesse ancora cominciato
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a suonar la sveglia, la suonava lui. Voleva che dopo il secondo colpo di orologio, quando l’orologio aveva battuto una volta, poi la seconda volta...ecco, [fino] a quel punto lì arrivava la sua diligenza: non lasciava finire il quarto colpo, ma dopo il secondo bisognava che la sveglia cominciasse a suonare, altrimenti cominciava lui in luogo del religioso destinato a svegliare la comunità. Oh! Le piccole diligenze, andar per tempo alle occupazioni comuni. Quando il segnale è dato, non farsi aspettare, non far ritardare magari a cominciare o la tavola o la conferenza o il lavoro... Ecco: comunità che fan veramente la vita comune, partono, vanno in fila tutti insieme, arrivano in chiesa nel loro posto, sono pronti a cominciar le orazioni, la Messa può incominciare. Comunità che sì, arrivano, ma fan delle code... e se son cinquanta in una comunità, ecco, bisogna aspettare quando la maggior parte sia arrivata in chiesa, e poi ancora ne giungono e la Messa vien cominciata, e qualcheduna arriva che la Messa è già al Vangelo: code...
Abituarsi a questa ginnastica, formarsi questo carattere di prontezza: non c’è virtù senza la prontezza, eh! Perché la santità e la virtù si hanno quando si fa prompte, faciliter et delectabiliter4: prontamente, con facilità perché si è già fatto un abito, e con diletto, con letizia. Attenzione quindi alle piccole obbedienze, alle piccole mancanze di obbedienza come alle piccole obbedienze fatte, attenzione alle piccole obbedienze e attenzione alle piccole disobbedienze; attenzione ad aver sempre riguardo quando si parla, pensare prima di dire, pensare ciò che si sta per dire e non precipitare, ma dare anche risposta quando c’è tempo, così. Oh! Allora occorre che noi ci abituiamo alle piccole attenzioni, sì.
Così chi si abitua a raccogliersi durante la preghiera, a poco a poco acquista quell’abitudine di raccoglimento e magari arriva che fa anche un’ora senza essere distratta, un’ora di preghiera... ah!, l’esercizio sarà bello lungo, sì, ma ci arriverà; in ogni modo la sua preghiera va sempre bene quando ci
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si è messa con buona volontà, per la preghiera. Così nel fare il proprio ufficio: vi son quelle che fanno le cose alla carlona e vi sono quelle che fan le cose diligenti. Un giorno ho sentito, a tavola, sono cinque-sei anni fa... Portavano a tavola appunto una pietanza, ma da una settimana all’altra il modo di presentarla era così cambiato, perché si era cambiata la persona che era in cucina: un cattivo modo di presentar le cose, un buon modo di presentar le cose. Così un po’ in tutto... e può essere che si parta dalle cose minime: quando fai il bucato, e quando invece tieni bene il piattello della Comunione, lo tieni bene in modo che se cadesse l’ostia, la particola sia raccolta sul piattello. E così in tutte le cose: attente ai piccoli atti di virtù, ai piccoli atti di virtù. Se il proposito è, supponiamo, sopra l’umiltà, si comincerà dal trattare con riguardo la sorella; il comportamento, diciamo, umile tenendosi quasi davanti all’immagine di Dio, all’immagine di Gesù, perché la sorella ci rappresenta Gesù: in essa tu vedrai Gesù! Sì, e tutto quello che fai alla tua sorella, Gesù lo ritiene per fatto a sé [cf Mt 25,40]. Si comincia da piccole cose, e magari saranno delle cose trascurabili che si diranno solo per galateo, si faranno solo per galateo: e dàlle la destra, il posto di preferenza! Lascia che parli lei, che dica prima lei la sua ragione... poi intervieni, dici la tua: così dare importanza [all’altra].
E come diceva il Papa l’altro giorno: Se vuoi vivere in pace, guarda di fare piuttosto il volere degli altri, l’adattarti agli altri che non pretendere di far valere troppo la tua ragione5 - cose che ho già detto qualche giorno fa -. Piccoli atti di modestia, piccole attenzioni in riguardo al trattamento con gli altri, ciò che dà noia, ciò che disturba la comunità, le parole fuori dei tempi, cioè le parole dette nel tempo di silenzio - eh, saranno solo piccole parole... ma quando sono necessarie, sono necessarie; ma quando non sono necessarie, la piccola mortificazione -. Abituarsi a comandare alla lingua, a comandare agli occhi, a comandare alla fantasia, a comandare anche alle mani, il modo stesso di camminare! Abituarsi
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agli atti di fede, a fare atti di speranza, a cacciare via la tristezza, a tenere il cuore più unito a Dio: abituarsi! Anche se ha da cucire, preparare la tavola, scrivere una lettera... far le cose bene! Piccoli atti di virtù.
E se il proposito è, supponiamo, sopra l’obbedienza: piccoli atti di obbedienza; e se il proposito è sulla povertà: attenzione nell’osservanza della povertà; e se il proposito riguarda un’altra virtù, come sarebbe la pazienza: piccoli atti di pazienza... anzi imporsi delle mortificazioni.
Se il proposito è sull’accudire il tempo, eh, attenzione a non perdere dei minuti nella giornata. Sì, che ci sia sempre qualche cosa che ci occupa, e che quel che ci occupa sia ciò che piace a Dio. Piace a Dio la letizia in ricreazione, ma moderata; e piace a Dio il raccoglierti subito appena entrata in chiesa per poter incominciare subito la preghiera. Sì, il primo segnale ci faccia scattare perché è tempo, perché c’è un’abitudine di mettersi a noi6... mettersi una disciplina, una disciplina. Persone trasandate, persone grossolane, persone che sembrano urtare con tutti, persone che non misurano le parole: parlano in qualunque tempo e in qualunque modo, e nel bene [dicono] del male, e giudicano e condannano o approvano senza avere riflettuto. Eh! Un giorno mi è capitato di sentir proprio una parola buttata là, ma così!, così sgangherata... e bisognava dire che uno o è tanto orgoglioso che non ci vede più - eppure era solo una parola! - oppure che in quel momento era un insipiente a parlare in quel modo, e cioè uno che non controlla se stesso. E quand’è che formerà una personalità? Quando è che avrà un carattere questa persona?
Le piccole virtù, i piccoli difetti. Le piccole virtù per quel proposito fatto: esercitare il proposito in cose piccole... poi gradatamente gradatamente si va avanti. E si saliva là sul monte, e c’erano circa duecento gradini divisi in reparti... e vengono7 [i pellegrini]... alla fine, alla sommità ci stava la
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Madonna: e un gradino e un gradino e un gradino... e si va avanti nella virtù, si va avanti nella virtù. Così si fa anche più facilmente a discendere nel vizio e nel male: perché a salire si va con fatica e a discendere basta abbandonarsi alla propria passione e seguire i cattivi esempi del mondo.
Oh! Ad esempio l’invidia: è così alle volte fine... si nasconde così nelle pieghe dello spirito e dell’anima che, se uno non è abituato all’esame di coscienza, non lo scopre. E invece persone che sono piene di bontà, di carità: ma quante cose buone pensano nel loro animo, quante cose buone... Perché? Perché il loro cuore è tutto conformato alla bontà, alla misericordia, alla benevolenza.
Piccole disattenzioni. Quando noi trattiamo un po’ male una persona, si dice sgarbatezza; ma quando noi trattiamo un po’ male Gesù è una sgarbatezza verso Gesù: si viene in chiesa e si pensa ancora ad altro. Si sente un’ispirazione interna: fa’ questo atto di virtù... perdona... fa’ un sorriso di benevolenza a quella persona... eccetera; e se noi facciamo i sordi, siamo sgarbati con Gesù. Quando invece siamo pronti a fare un atto di garbatezza e di bontà, allora, se lo facciamo alla sorella, al fratello, lo facciamo a Gesù quell’atto buono, quell’atto di buona educazione con Gesù: usiamo quella garbatezza a Gesù, sì. Genuflessione mal fatta... segno di croce che si va bene a far scappare le mosche... e l’andamento cascante o così... e voce alta, voce bassa: senza senso alla voce [al]le volte nel pregare...! Oh! Qualcheduno potrà dire: Ma scrupoli!, No, delicatezza!. Lo scrupolo è un’altra cosa, lo scrupolo è credere male ciò che invece non lo è, oppure credere peccato grave quel che è solamente veniale: allora c’è lo scrupolo, due forme di scrupoli.
Invece la delicatezza è tutt’altra cosa: far piacere a Gesù. Vanno in chiesa e gli mettono bene i fiori, con garbo; fanno la genuflessione prima e dopo, quando sono andate in chiesa a mettere i fiori; ci facevano sempre dire l’Ave Maria quando andavamo in chiesa per portare i fiori oppure scopare la chiesa, oppure portare le paramenta e preparare per la Messa, per le funzioni: sì, arrivati in chiesa, una piccola adorazione,
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qualche volta un’Ave Maria... ma quando si era soliti andarci spesso e quando si era soli anche tre giaculatorie si dicevano, che erano un po’ diverse da quelle che diciamo noi, ma erano tre giaculatorie... e così prima di ripartire dalla chiesa - si capisce, se uno va e viene, entrando e uscendo per prendere altri fiori e poi ritornando... allora è sempre la stessa azione, la stessa occupazione -.
Voglio dire: attenti alle piccole cose! Persone che sono attente han sempre l’abito più pulito, in ordine; persone che non sono attente e delicate, e di lì a un po’ quell’abito è macchiato di qua, macchiato di là.
In molte cose manchiamo a volte, sì, che non ci avvediamo... stiamo attenti a prendere quelle correzioni che ci fanno: ringraziamo... ringraziamo! È una carità che ci hanno usata e vale più che se avessero dato dei soldi tante volte, perché in sostanza contribuiscono a farci acquistare una bella virtù che... è necessaria! Sì, modi grossolani: toglierli! Non avere un trattamento che sia solamente di un galateo esterno, no: deve partire dall’interno, dal rispetto e dalla carità; ma intanto ci vogliono questi riguardi, sì.

Oh! Pensando sempre che le cose belle partono dal poco. In principio era un granellino, un piccolo seme, il quale si sviluppò e divenne una gran pianta: ecco, così la virtù. La pianta che crebbe tutti i giorni un pochettino, possiam dire, un pochettino tutti gli anni, e alla fine contemplate là una maestosa quercia, un platano imponente, eccetera... un bel cedro del Libano: così va la virtù. Quella pianta, per mezzo delle radici, ha succhiato gli alimenti del terreno e vedete come spande i suoi rami, quanti frutti produce.
Così a rovescio, negli abissi si cammina, verso gli abissi si cammina: come incominciano le valanghe nelle montagne? Cade molta neve, si stacca un piccolo sasso oppure qualche pezzo di legno che c’era lassù, rotolando: la neve che al contatto si ingrossa si ingrossa, finché viene un certo volume, e alla fine una grossa valanga che può seppellire anche parecchie persone che si trovassero a valle. Come è avvenuto in
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questi giorni, la valanga è cascata sulla macchina che passava nella valle e i quattro che erano nella macchina sono stati sepolti8. Ma la valanga è cominciata da picco e da poco: rotolando, ecco la furia che sconvolge tutto.
Dunque va bene... va bene. Arrivate al fin della vita si avrà quella virtù.
Volevano che andassi a benedire una persona che era grave e sono andato alcune volte, durante quella sua malattia, ma era tutta un’ammirazione da parte di quelli che la vedevano: con quanta pazienza, serenità... eppure soffriva dolori atroci, [...] ossia, le sue carni si consumavano come fossero, non so, morsicate da cani... come si consumavano, come andavano in cancrena. Sempre paziente e sorridente9: Sono ancora con il sorriso, eh, sì. Uh... soffri?. Un poco... ma Gesù ha sofferto di più: son contenta di soffrire, son contenta, e non ho fretta di morire. Posso soffrire quanto vuole Gesù, quanto vuole Gesù. Ma per arrivare così ci è stato in precedenza un lungo esercizio di pazienza, di pazienza, di pazienza... e con quella pazienza si arriva a dominarsi e a dominare. E come ha fatto san Francesco di Sales che era tutto nervoso, aveva un carattere sanguigno e collerico subito pronto, eh!, agli scatti, quando era giovane? Venti anni a lavorare lì attorno, diciannove anni, ed è arrivato ad essere l’uomo più mansueto; e si dice di lui che rappresentava la mansuetudine di Gesù al massimo: che non si era veduto altro uomo che mostrasse tanta mansuetudine e una mansuetudine simile a quella di Gesù, come quell’uomo, san Francesco di Sales. E quando un giorno uno lo assalì con degli insulti, delle villanie, e lui era già Vescovo, lo lasciò finire - egli era irascibile, iracondo
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quell’uomo -... ebbene, quando ebbe finito, san Francesco gli disse: Eh, quando mi aveste anche cavato un occhio, io vi guarderei con più affetto con l’altro10. Ecco tutto... la risposta. Quale mansuetudine! Chissà come noi ci sarem comportati in quei casi.
La virtù... costa, eh! Si sappia adesso che costa! Ma ieri vi ho detto che bisogna acquistarla con la preghiera, però, quanto vi ho detto con lo sforzo, lo sforzo in piccoli passi ma continui! E sarete sante. Tanto adesso avete una sola volontà voi tutte insieme: di farvi tutte sante, e lasciare che il Signore vi guidi e vi porti ad essere un bel gruppo e un giardinetto lassù in paradiso un giorno, no? Tutte assieme... Datevi la mano, aiutatevi, correggetevi a vicenda... non pretendere passi grossi, ma ogni giorno il voler di Dio [...]; e ogni giorno le piccole vittorie su di noi, piccoli atti di virtù: e si arriverà a grande santità.

Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro originale 78/60 (Nastro archivio 75a. Cassetta 75, lati 1/2. File audio AP 075a). Titolo Cassetta: “Propositi e preghiera per osservarli”. Questa e la successiva sono le istruzioni del pomeriggio. La mattina c’erano state due meditazioni dell’Abate Domenico Turco, una sulla mortificazione e una sulla speranza.

2 Martin Luther (1483-1546), monaco agostiniano tedesco, iniziatore della Riforma detta protestante o luterana.

3 Alfredo Ildefonso Schuster (Roma, 18 gennaio 1880 – Venegono Inferiore, 30 agosto 1954), monaco benedettino nell’abbazia di San Paolo fuori le mura, nel 1918 divenne Abate del medesimo monastero, e Arcivescovo di Milano dal 1929 al 1954. È stato proclamato beato da Giovanni Paolo II nel 1996.

4 Vedi p. 217, nota 10.

5 Vedi p. 209, nota 4.

6 Con questa espressione, non è chiaro se il PM intenda dire che l’abitudine c’è già o sia da acquistare, cioè se si indugi con se stessi piuttosto che essere disciplinati.

7 Parola incerta.

8 L’Osservatore Romano, (OR), in data 8-9 agosto 1960, riporta la seguente notizia: «Sciagura stradale in Svizzera. Lucerna 8 [agosto]. Una frana di massi si è abbattuta con fragore di tuono su una automobile che transitava la scorsa notte sul passo di Susten, nella Svizzera centrale, provocando la morte di cinque persone che erano a bordo. La vettura [...] è stata investita in pieno dalla frana di oltre 400 metri cubi [...]» (p. 3). Nei giorni precedenti si erano verificate a causa della neve almeno due sciagure alpine sulle Dolomiti, che avevano causato la morte di diverse persone (cf OR, 29 luglio 1960, p. 6; 7 agosto 1960, p. 7: Segnalata una nuova sciagura alpinistica).

9 Non termina la parola. Le parole che seguono sono un po’ incerte.

10 Riportiamo il testo ricavato da una biografia in italiano su san Francesco di Sales (1567-1622) scritta nel 1712: «Niuno arrivò a far peggio al buon Prelato, che un Avvocato d’Annisì. Odiava questi il Santo a più non posso, senza che se ne sapeste il motivo, né cessava di sparlare di lui; anzi non contento di questo, in ogni occasione lo danneggiava, e perseguitava, essendo arrivato a strapazzare un monitorio, e lettera di scomunica affisso alla porta della chiesa, ed a formare col carbone mille figure indecenti al suo Confessionale. Sapeva Francesco tutte queste cose; onde incontrandolo un giorno in tal posto, che non poteva l’Avvocato sfuggire il riscontro, lo salutò amichevolmente, e presolo per la mano gli disse tutto ciò, che giudicò più spediente a farlo ritornar in sé. Vedendo poi, che le sue parole non giovavano, soggiunse: Io m’avveggo, che voi m’odiate, senza che io ne sappia il perché, ma quando anche mi cavaste un occhio, vi rimirerò amorevolmente coll’altro» (PIER GIACINTO GALLIZIA, La vita di S. Francesco di Sales, Vescovo e Principe di Geneva, fondatore dell’Ordine della Visitazione di Santa Maria, libro terzo, capitolo XXXIV: Della mansuetudine di san Francesco di Sales nel sopportare le ingiurie, e calunnie, V edizione, Venezia 1762).