Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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27. IL VOTO DI POVERTÀ
Lavoro, beneficenza, amministrazione retta

Esercizi Spirituali, 2° giorno, II Istruzione, Castel Gandolfo, 9 agosto 19601


Preghiamo in questi giorni che siate suore perfette, quanto l’umana fragilità permette; sì, suore intieramente di Dio, suore che quando si presentano, si facciano sentire che sono di Dio, che la sola presenza edifichi. Vi sono suore semplici, dignitose, che non stanno mica con gli occhi per terra!, e sanno dire le loro ragioni in semplicità e fermezza, sanno trattare con una certa disinvoltura... ma chi le avvicina sente che si trova davanti ad un essere che è di Dio, e non si permettono né scherzi ma neppure scherzi, diciamo, che non sono proprio cattivi in sé, sono scherzi indifferenti, se sentono che c’è un’anima che rappresenta Maria. E invece qualche volta avviene che fan comunella, le suore. Ho visto una lettera in cui la suora si firmava scrivendo poco riverentemente la tua monella, e a una persona a cui prima di tutto doveva dar del lei; e in secondo luogo non deve permettersi certe confidenze: neppure abbassarsi così con la mamma né con la sorella... È di Dio! Deve sentirsi che è di Dio e che porta Dio nel cuore. Suore abbastanza disinvolte, semplici e svelte, sempre dignitose, portando ovunque il Gesù che hanno nell’animo, come se fossero delle pissidi ambulanti.
Perciò in questi giorni leggete bene, dopo la meditazione sulla obbedienza, leggete tutto il capitolo dell’obbedienza e
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virtù dell’obbedienza, e leggete il capitolo della povertà e virtù della povertà e voto sulla povertà.
Oh, riguardo la povertà, primo: produrre, produrre per l’Istituto. Produrre in due maniere, come dicono le Costituzioni: con il lavoro e con la beneficenza2. La Chiesa non approva quegli Istituti che non possono vivere; anche perché la questua casa per casa, che era permessa una volta, non è più lecita in generale, almeno... se la Chiesa permette ancora che quei che avevano questo, diciamo, privilegio come sono i Cappuccini - non ha chiuso loro questa via di entrate -, ma oggi le suore e i religiosi occorre che lavorino. E poi vi è la beneficenza specialmente per aumentare: aumentare le persone, stabilire corsi di studio, fare un apostolato, accrescere nella costruzione per raccogliere aspiranti, eccetera... eh, la beneficenza. Ma non tanto porta a porta, quanto una beneficenza chiesta in modo dignitoso, per esempio come le Salesiane oppure altre istituzioni moderne. Sì, produrre.
Quindi, l’uso del tempo. Occorre usare bene il tempo, non perderlo; e quando [a] passar da una cosa all’altra si perdono due minuti, cinque minuti... usar bene il tempo, sveltezza in quello che si è già imparato; quando si fan le prime prove, si capisce, non ci può essere una grande sveltezza ma, man mano che si è imparato il lavoro, si fa con una maggiore sveltezza, con applicazione. Produrre, sì: l’uso del tempo per l’anima e per le cose che riguardano il servizio di Dio e il vantaggio della Congregazione e il vantaggio di tutte. Persone che non san neppure coltivarsi due fiori, o non sanno cucire due panni, oppure non hanno ancora imparato ad essere buone cuoche, a far bene la spesa con precauzione: sono tutte cose che si richiedono per una madre di famiglia... quanto più per una suora! Usar bene del tempo. Quando c’è bisogno del riposo, come uno che ha faticato molto - ha corso un anno3 - , il riposo ci vuole; quando una giornata è piena, ecco, bisogna che il riposo sia sufficiente: ma sufficiente secondo il
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giudizio degli esperti, cioè dei medici e di quelli che trattano di queste cose. Ma poi, utilizzarlo il tempo, eh! Non che si riposi di più di quel che è necessario, non che si prendano più ferie di quel che è necessario, non che si perda il tempo a passar da una cosa all’altra, eccetera... oh, sì.
Ma in questo occorre dire un’altra cosa, e cioè, rendersi utili all’Istituto, rendersi utili anche con niente: questo è vero amor di Dio. Se si può imparare un lavoro, si impari! E chi va a studiare, studi davvero! E chi può guadagnare tempo prendendo la strada che è più corta, prenda la strada qui che è più corta! E se vi sono dei modi [per] ricordare di più con dei segni nel libro, con delle frasi messe magari in calce al libro, con sottolineare - inchiostro rosso, inchiostro verde, eccetera - per fissare di più nella mente, perché lo studio resta più profittevole e quindi la giornata renda di più, ecco, sempre, impegno, farlo! Eh sì. Non perdiamo i mesi, non perdiamo le ore e non perdiamo neppure dei minuti: rendersi al massimo! Quando una madre in famiglia è carica di figlioli, quanto è industriosa per provvedere e pensare a tutti, sì, e come modera il suo tempo libero - diciamo -, il tempo di sollievo e il tempo di riposo... non dico che se ne privi, ma modera; quanto più la suora che, se è fervorosa, usa santamente del tempo!
Credere che il fervore sia un po’ di dolcezza dopo la Comunione, o qualche lacrima perché si è letta una bella frase in un libro: quello è sentimento! Il fervore è una dedizione di tutto l’essere a quello che piace a Dio, e a Dio e al servizio di Dio. Vi sono persone che imparano presto, persone che non imparano. Oh, non voglio mica adesso far cadere in errore! Vi è chi ha cinque di memoria e chi ha sette: ognuno rende quello che può rendere secondo i talenti che ha ricevuto da Dio.
E se si sa già una cosa che si sa abbastanza bene, perché non passarla ad un’altra? E così elevarsi sempre di più. In Congregazione i membri devono fare tra di loro come una santa emulazione per fare cose sempre migliori, più alte, più difficili, e industriarsi a farsi insegnare dall’una e dall’altra,
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perché e la cucina riesca bene e il vestito sia ben fatto e il lavoro, che può essere lavoro o di ricamo o di pittura o di cucito o di canto o suono o di un’altra materia, che riescano questi lavori. Rendersi al massimo utili alla Congregazione.
Quando si fanno le ammissioni alla vestizione, le ammissioni alla professione, sono obbligatorie le relazioni al Consiglio, e cioè si deve dire come sta di pietà e di virtù; secondo, come sta di sapere, di impegno ad imparare; e terzo, come sta di apostolato, quel che deve far; e quarto, il suo carattere e la sua socievolezza, la sua diligenza nel rendersi utile all’Istituto, e se è normale psicologicamente, eccetera. Oh! Questo, che indica veramente se c’è un fervore vivo! Farsi suore per dire: Sto due ore seduta in chiesa guardando il tabernacolo... In qualche Istituto ci sarà l’adorazione due ore, come sono le Pie Discepole, ma mica per stare sedute indifferentemente! Si deve fare un apostolato eucaristico in quanto che tutta l’adorazione si orienti verso l’apostolato nel modo che è stato spiegato più volte - parlo delle Pie Discepole e che questo non tocca a voi -, ma voglio dire che la preghiera è lavoro, è fatica! La principale occupazione della Piccola Casa del Cottolengo... qui è il lavoro più grande, il primo principale lavoro è la preghiera4.
Quindi, rendersi utili. Ma questo non lo so fare... quello non so.... E impara, oh! Oh, ci metti l’energia, le forze! Come fai domani ad andar alla Comunione e dire che sei fervorosa, se non metti a servizio di Dio l’intelligenza, la salute, il tempo che hai: di che cosa ti esaminerai allora? Vi è stato per un
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certo periodo di tempo un’idea falsa degli Istituti Religiosi e della vita religiosa, ma la vita religiosa è quella che imita maggiormente Gesù: quindi produrre per l’Istituto nell’attività propria, nell’attività. Quando c’è una che [dice]: E devo lavare i piatti e l’altra sta a giocare: ma perché non presta la sua mano?. Ma devo far ricreazione. La ricreazione si fa muovendo le braccia, e si digerisce meglio mentre che lavo i piatti: dico una cosa molto elementare, eh!, ma bisognerà ben discendere alle cose pratiche! Quindi produrre.
Quanto poi alla beneficenza, sì, vi sono persone le quali sono zelanti. Oh! Mi diceva una certa superiora: Tanti anni fa, quando si facevano le professioni, i parenti portavano tali doni alla nuova professa, tali doni all’Istituto che c’era da vivere per un mese: e grano, e pasta, riso, vino, carne, salami, eccetera... Han perso l’amore all’Istituto adesso: quando vengono per la professione, bisogna mantenerli due giorni perché non vanno a casa... bisogna proprio che l’Istituto spenda adesso, perché hanno perso il fervore. Vedere un po’ che gli Istituti non decadano da quel fervore primitivo... che se non c’è il fervore, il cuore acceso dei primi tempi, pensate che dopo sarà sempre meno! Dolorosamente è così. E quindi santa Teresa si è poi impegnata a rimettere le suore nel fervore primitivo: ma quanto le è costato, quante persecuzioni ha avuto5!... e così altri santi e altre sante.
Secondo, quindi: produrre anche nella beneficenza. Ho conosciuto quella persona... e ha parlato della beneficenza, del fine dell’Istituto, del bene che si vuol fare, di ciò che c’è necessario..., ecco. Allora a poco a poco, eh!, quante cose con santa industria vengono ad essere utili e qualche volta anche necessarie per l’Istituto stesso. Ottenere la sapienza che produce, l’amore di Dio che produce.
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Secondo, saper conservare le cose che si hanno, cioè custodirle: si custodisce la frutta perché non marcisca, se ne ha cura e si compra quella che bisogna comperare perché duri qualche giorno; si ha cura del vestito, perché a una può durare un tempo, a un’altra forse durerà quasi il doppio di tempo - e due sorelle avevano la macchina da cucire, e l’una dopo tre anni aveva conservato quella macchina in buono stato e l’altra... dopo un anno e mezzo la macchina aveva sempre bisogno di riparazione -. Cura della povertà. Lo studio della povertà.
Così tutto quel che riguarda la salute. Certe cose che guastano la salute non bisogna poi permettersele, perché bisogna mantenersi in salute per lavorare per l’Istituto, quanto è possibile; si capisce che le malattie vengono e tutti si muore, ma è volontà di Dio che una curi la sua salute...
Non può neppure, una persona, fare penitenze straordinarie che guastino la sua salute, per cui dopo non possa attendere ai doveri della comunità; e neppure può ridursi così di cibo o di riposo da trovarsi poi inabile ai doveri dello stato, ai doveri della comunità.
Osservare la povertà, sì. Così un po’ nella casa: e i mobili da conservarli bene, e i vetri non bisogna romperli, e il tetto bisogna che sia custodito e che sia tenuto in maniera che la casa non si rovini per la pioggia, e che tutto attorno la casa si presenti bene; e così i quaderni devono essere tutti bene e i libri bene... e quella mamma che aveva cinque figli, aveva poi passato i libri dal primo al secondo, dal secondo al terzo, fino al quinto, perché ognuno li aveva tenuti bene. Oh, sì! E questo può essere in tutto: nel vestito, nella casa, nelle macchine, nelle automobili e nei quaderni... e la persona si conosce subito quanto sa mantenere la povertà, la povertà. Famiglia ordinata che tiene bene in conto tutto: era una famiglia povera, ma i figli andavano a scuola, andavano al lavoro, andavano in chiesa sempre con [un] certo garbo, una certa dignità, una certa pulizia, un certo modo di..., eppure erano ben poveri. Da quella famiglia sono usciti dei religiosi, dei sacerdoti, delle suore; famiglia ordinata: tutto sull’esempio della madre.
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Poi, oltre che tenere il conto di tutto, bisogna saper spendere bene: saper comprare bene è cosa utile, saper comprare a tempo è cosa utile, saper provvedere le cose migliori e pure nel loro giusto prezzo è cosa utile; e tutte queste cose sono conformi allo spirito di povertà, al voto di povertà. Il voto di povertà non è una cosa aerea, non è un aeroplano che passa sopra e fa un po’ di rumore: tocca la vita! E siccome noi abbiamo dei beni esterni, e i beni esterni sono quelli del corpo e sono quelle cose che ci servono per il vitto, per l’abitazione, per il vestito, eccetera... siccome abbiamo anche il corpo, non abbiamo solo lo spirito, occorre che il nostro corpo venga esercitato proprio nell’uso del tempo, esercitato nelle fatiche, esercitato a conservare, produrre quelle cose che sono necessarie, che servono al progresso della famiglia o dell’Istituto, secondo il caso: saper conservare! Persone che strappano di qua... rompono di là... [...] e persone che conservano i loro mobili bene, non hanno molto corredo ma lo tengono; vi sono anche quelli che lo fanno per ambizione o per avarizia, ma la suora lo fa per amore della povertà, deve farlo per amor di povertà!
Sapere spendere... e poi occorre anche che, oltre a saper produrre e saper conservare e sapere spendere, occorre anche insegnare queste virtù agli altri e, per voi, alle suore. Quando si ha da esigere del denaro, lo si esiga: è dovere; e quando si ha da pagare, lo si paghi: è dovere. L’Istituto, come la suora, non possono mai farsi criticare sopra questi punti: bisogna sempre che si mostrino persone le più diligenti in quello che riguarda la giustizia. Ma oggi non li ho, e lo si dice: Non li ho, abbiate pazienza; oppure si fa il contratto: Pagheremo poco per volta.
E poi, esigere per tempo. Riguardo all’Istituto si esiga per tempo e si paghino le cose per tempo... si pagano le cose per tempo. È vero che si possono fare dei debiti, ma si contraggono con quel lasso di tempo, con quella misura, con quelle scadenze che vengono fissate fin dall’inizio, sì, fin dall’inizio.
Oh! Perciò insegnare questo spirito di povertà e di ordine, povertà e ordine. Come crescono gli Istituti umanamente?
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Crescono così: con il lavoro, con la beneficenza, con l’amministrazione retta, sì, con un’amministrazione retta. Perché la suora, quando è già professa, deve pensare: Sarò vecchia... eh, devo lavorare adesso che ho salute, perché allora avrò bisogno di riposo e bisogno forse di medicine e di tanti riguardi; deve pensare la suora per sé: che deve vivere; terzo: deve pensare per le aspiranti, le quali sono certamente passive per l’Istituto, ma sono come i bambini che in una famiglia sono passivi; quando una entra in una famiglia religiosa è come un bambino, perché è il bambino della vita religiosa - non che sia un bambino di età, ma il bambino della vita religiosa! - e deve essere formato, cresciuto, portato fino alla professione, e a imparare: e ci vogliono anche gli studi e altre cose.
Oh! E poi la suora deve ancora pensare che se fosse una madre di famiglia, quanto dovrebbe6 impegnarsi! E si impegnano le buone madri per i loro figli: genitori diligenti. Da quali famiglie escono le vocazioni? In generale dalle famiglie laboriose, morigerate e numerose... e numerose, perché lì si impara a lavorare, i capricci se ne vanno. Famiglie che hanno un figlio, che hanno una figlia, difficilmente danno il figlio o la figlia al Signore; poi non hanno quell’ispirazione.
Oh! Allora vedere bene se stiamo in riguardo alla povertà-virtù, alla povertà-voto e allo spirito di povertà, se stiamo bene. In questi Esercizi c’è certamente da correggere e da migliorare, certamente: quella fanciulla viene a scuola, non sta attenta; all’indomani porta un compito tutto malfatto; bisogna che la maestra di nuovo spieghi, e perdono tempo tutte le altre bambine e non si sa poi se stavolta sia talmente attenta da capire bene, eccetera... Il tempo è il gran tesoro che tutti hanno, eh!, che tutti hanno.
Ricorre spesso nel Salmo: «Non vidi iustum derelictum, nec semen eius quaerens panem» [Sal 37(36),25], non ho visto un giusto - colui che è buono, proprio, seriamente buono, non una bontà di vernice, ma sostanzialmente buono - ... difficile che vada a chiedere l’elemosina, è difficile che i suoi
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figli non crescano bene e abituati a vivere e a vivere con il loro lavoro; e in certi luoghi l’elemosinare diviene un mestiere: e quante volte ci sta disoccupazione, perché? Perché nessuno li vuole a lavorare perché non lavorano. Proprio oggi l’assistente di certi lavori che abbiamo avviato, mi diceva: Ma come fan pena dal mattino alla sera, non si sa cosa fare...7. Certo, e quello è rubare il denaro - non è vero? -, è furto, si dovrebbe restituirlo: ma come restituisce questa gente?

Dunque... d’altra parte, se sarete attive, tutte impegnate, non ci sarà tempo per guardar le altre né per far mormorazioni, né il demonio troverà il momento per tentare, perché vi trova sempre occupate. E una ha più tempo e una ha più salute... e impieghi quello che ha!; un’altra né avrà in meno di salute, e impieghi quel tanto che ha! Il Signore chiede soltanto che diamo a lui quello che egli ci ha dato: quello che ci ha dato e di tempo e di salute e di ingegno e di volontà, eccetera... Spirito di povertà.

Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro originale 74/60 (Nastro archivio 71a. Cassetta 71, lati 1/2. File audio AP 071a). Titolo Cassetta: “La povertà - 2a meditazione”.

2 Cf C ’58, artt. 6, 169, 173.

3 L’espressione è incerta. Potrebbe aver detto anche: nel corso di un anno.

4 Nella Opera di san Giuseppe Benedetto Cottolengo (1786–1842), fondatore della Piccola Casa della Divina Provvidenza, detta appunto “il Cottolengo”, è nota l’importanza data alla vita di preghiera, a cui tutti coloro che vivono nella Casa, e in particolare gli infermi e gli inabili al lavoro, sono tenuti ad attendere; inoltre, nella stessa Piccola Casa egli fonda Istituti Religiosi sia di vita attiva sia di vita contemplativa. Il testo Fiori e profumi raccolti dai detti del Ven. P. Giuseppe Cottololengo, pubblicato la prima volta a Torino nel 1892, a 50 anni dalla sua morte, e rieditato nel 1928 con il titolo di Diario Cottolenghino, fu un volumetto molto letto e conosciuto che conteneva le frasi più importanti attribuite al Cottolengo, tra cui la seguente: “La preghiera è il primo e più importante lavoro della Piccola Casa” (n. 24). Cf la nuova edizione del testo: GIUSEPPE COTTOLENGO, Detti e pensieri, Milano 2005, pp. 41-42.

5 Teresa di Gesù (Avila, 1515 - Alba de Tormes,1582), fondatrice dell’Ordine Carmelitano delle Scalze e degli Scalzi, in seguito alla riforma monastica che attuò insieme a Giovanni della Croce. È soprattutto nel Libro della Vita e nel Libro delle fondazioni che ella scrive delle lunghe persecuzioni e delle grandi sofferenze subite da lei stessa e da coloro che l’hanno accompagnata e seguita nella sua opera di riforma.

6 Il PM dice: deve.

7 Espressione incerta.