Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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39. SIGNORE, AUMENTA IN NOI LA FEDE,
LA SPERANZA E LA CARITÀ

Ritiro Mensile, 2a Meditazione, Torino (SAIE), 4 settembre 19601


Siete ancora tutte2 sotto l’impressione delle belle cose, sante cose che avete meditato, e avete ancora il cuore caldo dei propositi fatti. Vi è di grande aiuto, per conservare il frutto degli Esercizi, la meditazione del mattino, perché la meditazione del mattino alimenta continuamente, è un alimento della volontà specialmente; come la Comunione è specialmente alimento dell’amore: il cuore; e la Messa alimenta insieme la nostra intelligenza e ci fa conoscere fino a che punto dobbiamo amare il Signore, come egli ha amato gli uomini fino ad immolarsi per noi.

Ora, avete sentito l’Oremus stamattina alla Messa, e adesso al termine nel Vespro l’Oremus che dice: «Da nobis augmentum fidei, spei et caritatis»3. Quest’oggi, si è domandato nella recita del breviario come nella Messa: Signore, aumenta la nostra fede, aumenta la nostra speranza, aumenta la nostra
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carità. Questo significa vivere la vita teologale, perché sono le virtù teologali: la fede, la speranza e la carità.

Aumentare la fede. Si può aumentare la fede? Eh, bisogna che lo chiediamo sempre l’aumento di fede! Che crediamo sempre più profondamente le verità che sono registrate nel Credo, i dodici articoli del Credo. Poi le altre verità che sono di contorno a quelle che sono esplicite nel Credo: Credo in Dio Padre onnipotente e creatore; e allora, pensiamo che veniamo da Dio, e in ultimo la vita eterna: Credo vitam aeternam, il paradiso, dobbiam tornare a Dio. E in mezzo ci sta la via per andare a Dio sicuramente, per andare al Padre: la via è Gesù Cristo, la via è la Chiesa; e quindi ci sono gli altri articoli, gli altri dieci articoli del Credo. Il primo, che siamo creati; l’ultimo, che il Padre Celeste ci aspetta: il primo ci ricorda che l’anima nostra è uscita dalle mani creatrici di Dio; l’ultimo articolo quando il Signore, Padre buono, accoglie i suoi figli lassù: ut sedeatis et bibatis in regno Patris mei4 [cf Lc 22,29-30; Ap 3,21]: Gesù ha preparato il posto ad ognuno, eh! Scherzate5!? Ha creato una sedia fatta apposta! E l’ha fatta Gesù Cristo! E l’ha fatta diversa da quelle sedie che faceva quando era falegname. In paradiso ha fatto delle altre sedie, eh! Sedili eterni e cioè: «Vado parare vobis locum» [Gv 14,2], il bel posto proporzionato ai meriti che si fanno. Ci pensate a quel posto? Eh, ci pensate? Perché fate mica conto di stare sempre sulla terra, eh! I giovani, loro pensano: Eh, la morte... è per i vecchi soltanto!, e quando sentono parlare di morte, guardano chi ha i capelli bianchi. E muoiono tutti i vecchi o si muore anche da giovani? Io vi auguro una vita lunga, una vita lunga e proficua, piena di meriti, ma intanto si muore a tutte le età - di vecchi non ne rimane nessuno... certamente -.
Ma la vita breve o la vita lunga non è tanto quello che conta alfine, essa come durata, ma conta come intensità: se
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uno ama molto il Signore, e se un altro lo ama niente, o se l’altro lo ama poco e se vive tiepidamente. Ci sono molti gradi di amore verso Dio. Se prendete il termometro, in questi giorni si arriva alto, neh? Ed è andato fino a quaranta [gradi] qui? Sarà andato a trentotto, trentanove. Oh, è venuto un fratello da Allahabad, India... E che grado avevate là di calore?. Quarantasei gradi, il calore. Oh! E vi sono delle anime a cui6 il termometro cresce un grado, altre due, altre tre, altre quattro, eccetera... Avete trovato un termometro che misuri il grado di carità, di amor di Dio che c’è dentro? Avete trovato un termometro così? Non l’avete trovato! Però il Signore ce ne ha dato uno, sì, e lascia che lo applichiamo a noi; e questo termometro ce lo ha dato per mezzo di san Giovanni, e cioè: Noi sappiamo se amiamo Iddio da questo, se amiamo il prossimo. Se amiamo il prossimo, siamo più facili a rilevarlo; se uno odiasse il prossimo, è più facile a rilevarlo che non l’amore interno [...] o la mancanza di amore interno. Quindi dall’esterno misuriamo l’amore [cf 1Gv 2,3-10; 4,20-21].
Voglio dire, intanto, fede. Partiti da Dio, imitare Gesù Cristo che è via e che vive nella Chiesa, e seguire la Chiesa, e finalmente il cielo, il paradiso eterno, il paradiso eterno, sì. Quindi, l’aumento di fede è da chiedere tutti i giorni: Fate che io creda sempre più7. Quando si ha fede profonda, si parla anche un po’ più spiritualmente, si ragiona anche un po’ più secondo la fede. Quando invece la fede è languida e per la testa passano tante cose che non piacciono a Dio, quando poi la fede si spegnesse, allora non alimenterebbe più la no[stra vita]... non ispirerebbe più i nostri pensieri, i nostri sentimenti, le nostre parole. Sì. Vivere di fede: «Iustus ex fide vivit»8 [Ab 2,4; Rm 1,17; Gal 3,11; Eb 10,38].
Domandare quindi: fede, e poi molta fede, e lo spirito di fede... bisogna arrivare fino lì, che è la perfezione della
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fede, lo spirito di fede; il quale spirito di fede consiste in una profonda convinzione delle verità soprannaturali e in un grande amore a queste verità, così da sentirle, queste verità, nel cuore. Vi sono persone che ad avvicinarle ti lasciano un’impressione buona, un sentimento ti ispirano di soprannaturalità, sì, e persone che ad avvicinarle invece tutt’altro, tutt’altra impressione lasciano. Signore, «da nobis augmentum fidei».

Secondo: spem. Per arrivare a questo paradiso bisogna che ci siano due cose: le opere buone e la grazia. Fare le cose buone, le cose belle, le cose sante, i comandamenti di Dio, i consigli evangelici, vita di consecrazione al Signore, ecco, mediante «le buone opere, che io debbo e voglio fare»9, ma con la grazia che Gesù Cristo unisce all’opera buona, unisce all’opera buona.
Figuratevi che abbiate un candeliere di legno, oppure un candeliere appena fuso: ecco, se voi lo indorate è molto più prezioso, è molto più bello. L’opera nostra può essere buona e non meritare il paradiso. Vi sono di quelli che, per esempio, si astengono dal rubare perché sarebbero presi prigionieri forse, per paura del carcere, oppure possono anche fare delle opere, magari donare qualche cosa ai poveri per filantropia e magari lavorare perché c’è la paga al sabato... Ma se uno è in grazia di Dio... è in grazia di Dio e fa quelle cose con buono spirito, le opere sono indorate, hanno valore per il paradiso. Non hanno solo un valore: Ho lavorato e dunque mi guadagno il pane. Hai lavorato, ma se lavori con buono spirito e in grazia di Dio, guadagni anche il paradiso, guadagni anche il paradiso!
C’era uno spaccalegna che lavorava là in Roma ed era tutto sudato. Ci passa san Filippo, era lì vicino, passa con il suo buon umore san Filippo, il santo dell’allegria: Cosa fate brav’uomo?. E non vede, padre? Sto sudando per guadagnarmi
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un po’ di pane. Solo?. Anche per la mia famiglia. Solo?. E cosa dovrei fare?. Paradiso! Due cose: pane e paradiso! Ci mettete l’intenzione? Eh, vi contentate del piccolo guadagno della settimana? Guadagnatevi anche il paradiso, perché è un guadagno molto più grande ed è eterno10. Quindi fare le cose bene e buone ma sperare, mediante i meriti di Gesù Cristo, per l’onnipotenza e la bontà di Dio, che queste nostre opere buone siano rese belle per il paradiso, abbiano valore per il paradiso. E così pane e paradiso, pane e paradiso. Attenzione a mettere l’intenzione buona, come attenzione a vivere sempre in grazia di Dio, in maniera che ciò che si fa guadagni il cielo, serva per l’eternità, non solo per la vita presente. Quindi aumento di speranza, speranza in un bel paradiso, speranza dell’aiuto del Signore per fare il bene, ecco.

Poi c’è «augmentum caritatis». Come diciamo: Che io speri sempre di più, che io speri e non sia confuso alla fine, così aumento di carità: carità verso Dio, carità verso il prossimo. Alimentare la fiamma, eh! «Alere flammam»11. Si ha cura che al tabernacolo sempre stia accesa la lampada, si ha cura... e il cuore? Il cuore è una lampada di carne, il cuore. E se questo cuore è rivolto a Dio, è una lampada che Gesù gradisce molto di più. Ci sono anime che si preparano bene alla Comunione, hanno tanto ossequio, tanto amore di Gesù. Han donato a Gesù tutte se stesse: la vita di consecrazione. Hanno solo Gesù: hanno escluso gli egoismi, gli interessi temporali, vogliono Gesù, sì.
Allora questo amore viene alimentato alla fiamma del Cuore di Gesù, ecco, quel Cuore che tanto ha amato gli
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uomini. Quel Cuore di Gesù si è manifestato circondato da una corona di spine ma sormontato da un globo di fiamme e dalla croce12. Perché poi la carità verso Dio si alimenta nella mortificazione, piccole mortificazioni adattate alle forze: alzarsi all’orario, per esempio, - ho detto - osservare la carità anche con le persone che non ci garbano, che hanno un altro carattere... piccole cose, piccole mortificazioni che dico sempre: prima, grande carità verso tutti; secondo, il bene dell’apostolato; terzo, il bene nella vita comune; e poi, quarto, adattarsi, adattarsi a compiere gli uffici, il dovere quotidiano, quotidiano... sempre. Così cresce l’amore di Dio.
E quanto puoi lavorare per il prossimo? Tutto quel [che è] fatto bene, è carità verso il prossimo; dal mattino alla sera carità sul prossimo. Sono opere che piacciono al Signore. Vedete che si fa l’apostolato della stampa, e si lavora uno nello scrivere, l’altro nello stampare, l’altro nel diffondere, l’altro nel tenere i conti, l’altro nel fare la cucina per chi lavora nella stampa, eccetera...
Oh! Il Papa ha concesso quattrocento giorni d’indulgenza per ogni poco di lavoro che si faccia in quel senso per la buona stampa. Quattrocento giorni di indulgenza13 per ogni lavoro che si compie, purché nel tempo che [la persona] lo compie, si dica anche qualche giaculatoria, per esempio un’Ave Maria14. Qui non avete ancora introdotto l’uso delle giaculatorie mentre lavorate, ma a poco a poco si stabilirà
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un fervore... dev’essere una Casa di anime che aspirano alla perfezione. Mi edificate quando vengo qui, vedendovi tutte applicate così al bene. Oh, Gesù vi guarda con compiacenza! Dunque il Papa che ha approvato questo e che ha annesso quattrocento giorni d’indulgenza per esso, è segno che stima il vostro lavoro, tutto quel che fate. Non solo, lo apprezza e merita di essere anche un modo di pagare poi i nostri debiti con Dio con le indulgenze, e di pagare anche per le anime del purgatorio che si trovassero di là, per esempio pagare per quelli che han letto delle cose cattive.
Nel ricordo della Messa io prego sempre per i defunti che si trovano in purgatorio perché o hanno letto del male - e non han pagato il debito con Dio - o sono state a qualche cinema non buono - che han mancato con Dio e poi non hanno pagato il loro male -, oppure hanno sentito alla radio delle trasmissioni che non si dovevano sentire - in Italia meno, ma altrove le radio sono un po’ più libere in certe nazioni -; e così per quelli che vedono delle televisioni che non vanno vedute, che non vanno guardate, e particolarmente quando le televisioni risultano da una società industriale o commerciale, sì.
Sempre [per] questo preghiamo; applichiamo pure le nostre preghiere per coloro che si trovano in purgatorio per causa di queste mancanze. Ecco...

Perché amare tanto Gesù15 e mostrare tanto amore al prossimo? Ma andate a predicare dappertutto, in tutte le lingue, in tutte le direzioni [cf Mt 28,19]! Si va... si arriva alle anime. Se potessimo arrivare a tutti, se potessimo arrivare a tutto! Ma siamo ancora piccoli, arriviamo ad un certo numero. Pregare che aumenti, aumenti la nostra produzione, specialmente la propaganda che è quella che manca di più. Perché è facile più stampare... ma è la diffusione, la diffusione che occorre, e voi particolarmente avete questo.
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Dunque ricordare questa domenica XIII dopo Pentecoste: Signore, dammi l’aumento di fede e di speranza e di carità. Sì, del resto lo diciamo già: Che io creda sempre più... Che io non resti confuso e che aumenti la mia speranza... Che io vi ami sempre di più16.
Aumento di fede, speranza e carità.

Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro originale 80/60 (Nastro archivio 76b. Cassetta 76, lato 2. File audio AP 076b). Titolo Cassetta: “Gesù Cristo, via al Padre. La carità”.

2 Le prime parole sono ricavate dal Nastro originale.

3 Il testo completo dell’Oremus del giorno, Domenica XIII dopo Pentecoste, recitava così: «Omnipotens sempiterne Deus, da nobis fidei, spei et caritatis augmentum: et, ut mereamur assequi quod promittis, fac nos amare quod praecipis», «Onnipotente, eterno Dio, aumenta in noi la fede, la speranza e la carità; e perché meritiamo di conseguire ciò che prometti, fa’ che amiamo ciò che comandi» (Missale Romanum, Dominica Decima tertia post Pentecosten, Oratio). Dalle parole del PM sembra che la meditazione venga dettata di pomeriggio, all’interno o dopo il canto del Vespro domenicale.

4 Perché sediate e beviate nel regno del Padre mio. Vedi p. 81, nota 5.

5 Parola incerta.

6 Il PM dice: anime che.

7 Cf Le Preghiere del Cristiano, Atto di fede. Vedi Preghiere, ed. 1957, pp. 16-17; ed. 1985, p. 22. Cf anche l’inno eucaristico Adoro te devote, quando dice: «Fac me tibi semper magis credere», «fammi credere sempre più in te».

8 «Il giusto per fede vivrà».

9 Cf Le Preghiere del Cristiano, Atto di speranza. Vedi Preghiere, ed. 1957, p. 17; ed. 1985, pp. 22-23.

10 L’episodio è raccontato in ORESTE CERRI, S. Filippo Neri, Aneddotico (1939), Roma 1986

2 , pp. 93-94.

11 Questa massima latina attribuita a Quintiliano fu usata come motto ammonitore su alcuni frontespizi di opere patriottiche del Risorgimento italiano (prima metà dell’Ottocento); essa è anche il motto della scuola di guerra dell’esercito italiano, di gruppi scout e di altre associazioni. Questa espressione, utilizzata nel linguaggio religioso soprattutto in riferimento alla preghiera e all’Eucarestia, si usa anche nelle estensioni “Alere flammam, lucem afferre” (alimentare la fiamma, afferrare la luce) e Alere flammam veritatis (alimentare la fiamma della verità).

12 Si riferisce alla nota vicenda della monaca visitandina francese Margherita Maria Alacoque (1647-1690), che ricevette particolari doni mistici e rivelazioni dal Signore che la invitò a propagare la conoscenza e l’amore del suo divin Cuore; da tutto il movimento nato attorno a questi avvenimenti, si sviluppò nella Chiesa la devozione al Sacro Cuore di Gesù. L’episodio richiamato dal PM si riferisce all’apparizione (per alcuni considerata la prima, per altri la seconda) che la santa stessa racconterà in una lettera del 3 novembre 1689 al giovane gesuita padre Giovanni Croiset: «Il divin Cuore mi fu presentato come in un trono di fiamme, più sfolgorante di un sole, trasparente come un cristallo e con la piaga adorabile. Era circondato da una corona di spine, che significano le trafitture che gli infliggono i nostri peccati e sormontato da una croce...» (Lettera 133, in Scritti autobiografici, Roma 2003

4 , p. 176). Vedi anche p. 51, nota 5.

13 Il PM dice: lavoro.

14 Cf San Paolo, Giugno 1956, Indulgenze per l’apostolato, p. 9 (CISP, pp. 468-469), che traduce il Breve apostolico di Pio XII del 4 febbraio 1948.

15 Parola incerta.

16 Cf Le Preghiere del Cristiano, Atto di fede, Atto di speranza, Atto di carità. Vedi Preghiere, ed. 1957, pp. 16-17; ed. 1985, pp. 22-23