Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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22. ESERCIZI SPRITUALI E LAVORO INTERIORE
L’amministratore astuto: ricavare il bene dai peccati e dalle esperienze passate

Domenica VIII dopo Pentecoste, Meditazione, Castel Gandolfo, 31 luglio 19601


Il mese di agosto, che è vicino, è il mese dell’Assunta, il mese in cui ricordiamo la Trasfigurazione di Gesù sul monte Tabor. È quindi un mese in cui abbiamo da pensare maggiormente al paradiso. D’altra parte, questo mese è adatto per fare gli Esercizi Spirituali; gli Esercizi Spirituali che sono il tempo più adatto per parlare a Dio e per sentir Dio, il tempo più adatto per entrare in noi stessi, e il tempo più adatto per la preghiera, per i santi propositi, i santi desideri, sì.
Allora la preparazione agli Esercizi Spirituali. Ogni anno ci si ferma un po’, ci si ferma alcuni giorni per guardare la strada passata e come abbiam percorso l’anno; e per guardare alla strada che ci sta davanti, se il Signore vorrà ancora darci un po’ di tempo, di vita; e soprattutto stabilire bene il lavoro spirituale e [vivere] bene l’unione con Dio: il tempo degli Esercizi è soprattutto per questa vita spirituale, la vita interiore.
Vi è una vita esteriore che conoscete... e la vita esteriore è quella delle occupazioni2 che ci son nella giornata: l’orario, cominciando dal mattino fino alla sera, e poi l’orario stesso che ci dà il riposo, assegna il tempo del riposo alla notte; e poi le occupazioni varie: e c’è la cucina e c’è la pulizia e c’è l’apostolato e c’è la ricreazione e c’è lo studio, c’è l’istruzione religiosa, c’è la preghiera... queste sono le occupazioni esteriori,
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questa è la vita esteriore della religiosa, che deve osservare il silenzio, deve occuparsi delle cose della giornata, deve osservare l’obbedienza, deve comportarsi veramente come dice l’abito, come indica l’abito, con pensieri veramente di un’anima che è consecrata a Dio, con sentimenti di un’anima che è consecrata a Dio: la vita esteriore.
Ma c’è una vita interiore, c’è un lavorio interiore che noi abbiam da fare. Va bene che attorno alla casa, se c’è ordine, se c’è pulizia, se si vede tutto a posto, niente erbaccia ad esempio, niente di ciò che può dispiacere allo sguardo, all’occhio, eccetera... questo è una cosa conveniente, è cosa adatta specialmente alla donna che è più inclinata all’ordine, alla pulizia, eccetera. Ma vi è tutto un lavoro interiore, in cui dobbiamo noi badare alla pulizia interiore e dobbiamo guardare a mettere i fiori nell’interno e poi portare i frutti nell’interno: la pulizia dai difetti, dalle distrazioni e da quello che può essere o la superbia o l’invidia o la gelosia o l’ira o il nervoso o la pigrizia e tutto ciò che è il complesso dei difetti e dei vizi capitali, la pulizia... Pulizia della mente! Pensieri estranei no: sporcano la mente, anche quando non sono volontari e, sebbene non siano offesa di Dio, cercar sempre più di allontanarli; così i sentimenti del cuore, così le azioni, la parola e l’uso dei sensi e la fantasia, la memoria, sì... la pulizia e poi i fiori, che sono quelli che rappresentano i buoni desideri e l’amore al Signore: il cuore che tende a Dio, che è occupato di Dio; e la mente, sì e il cuore, sì: santi... ma anche poi la volontà, cioè quell’abbandono filiale nelle mani di Dio, non un’esecuzione esteriore soltanto, ma proprio l’interiore disposizione della volontà perché si unisca al volere di Dio: «Quae placita sunt ei facio semper» [Gv 8,29], faccio sempre quel che piace al Signore. Questa trasformazione di buone figliuole, come si era prima, in buone religiose, come si vuol diventare!
È tutto un altro programma di vita. Ma non è solamente un programma di esteriorità perché si vive in casa separata dai parenti e ci si ritira dal mondo e si hanno altre occupazioni, eccetera, ma particolarmente perché l’animo interno è di Dio! Tante volte si correggono i difetti esterni, la parola
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che non era giusta, un’osservazione che non procedeva da spirito di Dio, o una trascuranza dell’orario, una mancanza di riguardo alle persone con cui si vive, eccetera... tutto questo è buono, però quello che costituisce la religiosa è altro, è l’interno: il sentirsi di Dio, il pensare come ha insegnato Gesù, cioè secondo Gesù, è il volere e tutto il ragionamento, tutta la vita interiore di pensieri, di sentimenti, di desideri, di affetti... è tutto trasformato per la religiosa santa.
È ben diverso quello che descrive santa Teresa, la monaca santa, da quello che è la vita semplicemente umana o la vita pure di una famiglia buona - che eravate in famiglia buona, è certo! E la famiglia buona è stata una pianta buona che ha portato i suoi frutti, che siete voi. C’è un libro che descrive come santa Teresina è il risultato di genitori e di nonni e di tutta una ascendenza di persone che erano state buone, virtuose, ed ecco che han dato questo eccellente frutto: santa Teresina di Gesù3. Ma quello che non aveva in famiglia, lo ha poi preso, lo ha perfezionato: è diventata così la monaca santa -. È tutt’altra cosa la vita interiore dalla semplice vita esteriore. Concepire la vita di una suora soltanto perché abita in casa diversa, perché si vive in comunità, perché ci sono occupazioni speciali, perché tutto è regolato come è regolato l’orologio - se possiamo dire così - nella giornata... ma quello che forma la suora è l’interno. Allora poi, se c’è l’interno che è di Dio, il cuore che è di Dio, le parole che si dicono sono diverse da quelle che si dicevano in famiglia; i giudizi, le aspirazioni son diverse da quelle che si avevano e si sentivano... e i genitori, secondo il loro stato, facevano bene ad avere. Ma bisogna uscire dalla famiglia! Ma mica solamente perché si lascia la casa dove si abitava per venire in un’altra! Ma proprio dai sentimenti: è un’altra la vita che si ha da fare! Tante cose che per loro erano santissime, per voi non sono più fatte, perché avete scelto Dio, un altro modo
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di vivere, un’altra vocazione. E la vocazione è la tendenza, il voler abbracciare un’altra vita interiore: cioè altri pensieri, altri desideri, altri voleri, sì. È l’interiore che fa la suora, non l’esteriore, non l’abito. L’interno, sì. E l’esteriore, l’abito lo fa la sarta, ma l’interiore lo fa ognuna per sé: l’abito, diciamo, celestiale, l’abito della sposa di Cristo. Quel signore avendo veduto i commensali che erano venuti, trovò uno che non aveva la veste nuziale, e allora [lo] mandò fuori dal convito [cf Mt 22,11-13]... eh, sì: non aveva la veste nuziale. La veste nuziale è una veste tutta dipinta di bianco e di rosso: innocenza e amore. Innocenza di mente, pulizia di cuore, di sentimenti, eccetera. E il cuore, il cuore è di Dio, cuore che ama Gesù! Questa veste nuziale bianca con strisce rosse: candore e amore che nasce dalla fede, da una fede profonda... la conoscenza migliore di Gesù.
Lo spirito del mondo può arrivare anche qui. Se chiudete il cancello non entrano i cani, ma entra lo stesso lo spirito del mondo se uno non chiude il cuore al mondo, se non chiude la mente al mondo, se non chiude la sua volontà a quello che erano le occupazioni, le tendenze e il programma di vita... Proprio distaccarsi dai pensieri dei genitori anche! Distaccarsi dai sentimenti dei genitori: che avevano loro e che sono santi per loro, ma che per la suora non sono più appunto perché o si sceglie una via o se ne sceglie un’altra, sì. E ognuno deve far bene: il papà si fa santo facendo bene il papà, la suora si fa santa facendo bene la suora. Quanti sono canonizzati padri e madri di famiglia! Perché han fatto bene la loro parte. E quante suore sono canonizzate perché han fatto bene la loro parte! Hanno vissuto per il Signore: un’altra vita. Allora questo lavoro che si deve compiere tutto l’anno, particolarmente ha il suo centro e il suo tempo più adatto negli Esercizi Spirituali. Allora [in] questi giorni che precedono, tutto quello che si fa, tutte le intenzioni, le preghiere ordinate agli Esercizi.
Ma che cosa sono gli Esercizi? Gli Esercizi son giorni di preghiera anzitutto. Chi è che non sa pregare? Sappiamo pregare un po’ di più o un po’ di meno, un po’ meglio o
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meno bene, ma sono giorni in cui ci sforzeremo a pregare quanto possiamo.
Ma non basta poi la preghiera: la riflessione su di noi. Io seguo la mia vocazione interiormente? Che cosa mi manca? Appartengo totalmente a Dio? La suora deve essere suora, come si è espresso il Papa una volta, dalla punta dei piedi al vertice del capo! Pio XII. Tutto l’essere, tutto l’essere nostro.

Ora ricordiamo un po’ il Vangelo4:

«Gesù disse ai discepoli una parabola - una parabola è un fatto immaginario per lo più, oppure un paragone per spiegare qualche cosa; e tuttavia questo fatto immaginario, questo paragone ha un senso e serve a chiarire un’idea, chiarire un pensiero, un insegnamento, una verità. Dunque, una parabola -. Un signore venne a sapere che il suo fattore dissipava i suoi beni - cattivo fattore -. Lo mandò a chiamare e gli disse: Che cosa è mai quel che sento dire? Rendi i conti della tua amministrazione, perché d’ora avanti non potrai più tenerla. Il fattore pensò tra sé: Cosa faccio ora che il padrone mi toglie la fattoria? Zappare non ho forza, mendicare mi vergogno. Ecco, farò in modo che qualcuno mi dia ospitalità in casa sua, quando sarò senza lavoro. Mandò a chiamare i debitori del padrone e domandò al primo: Tu quanto devi al mio padrone? Colui rispose: Cento barili d’olio - e corrispondevano a quattromila litri -. Ed egli: Prendi la fattura, siedi e scrivi cinquanta - che sarebbero solo duemila; così rubava altri duemila litri al padrone -. Poi domandò ad un altro: E tu quanto devi? Rispose: Cento misure di grano - che equivalgono a quattrocento quintali di grano -. Su, prendi la ricevuta e scrivi ottanta - veniva a rubare una bella somma, una grossa somma -. Il padrone lodò l’accortezza del fattore, perché aveva agito con astuzia - lodò l’astuzia, non mica la santità o la bontà -. Poiché i figli di questo mondo nei loro affari sono più avveduti dei figli della luce, ed io vi dico: Fatevi degli amici con le ricchezze che sono occasione di peccato, affinché quando veniate a morire essi vi accolgano in cielo».
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E vuol dire: se anche si è fatto male, ora si adopera il male per il bene. C’è un libro intiero che apporta il titolo: Come trarre profitto dalle proprie colpe5.
E che cosa può essere questo trarre profitto dalle proprie colpe? Primo: se siamo stati cattivi, difettosi, umiliarsi e camminare in umiltà. Io sono colpevole, io meritavo l’inferno, dovrei stare là (se uno avesse fatto i peccati gravi): il Signore mi ha usato misericordia. Dunque io camminerò nella fiducia: il Signore mi ha perdonato... ma sempre umiliato, perché meritavo ben altro che queste nuove misericordie. E così l’umiltà si ricava dalle proprie colpe, il ricordo delle proprie colpe; non lo scrupolo di pensare che non si è perdonati, no: se si è confessati bene, si è perdonati; ma tenerci sempre umili: sono stato cattivo. Secondo, ricavare prudenza: evitare le occasioni che ci han portato al male, evitare le occasioni; e se le occasioni sono state queste o quelle persone, questo o quell’atteggiamento, questa pigrizia nel pregare o questa testardaggine della mia volontà, eccetera... allora, ecco, prudenza: Non farò più; eviterò le occasioni cattive; e non voglio più vivere in tiepidezza, perché la tiepidezza porta poi al male; e non voglio più star con quella persona, non voglio più abbandonarmi a quei pensieri, a quelle fantasie, perché mi portano al male. Prudenza, allora... si impara la prudenza. Per i peccati passati ecco, sì, ricavare del bene.
E terzo: dagli inconvenienti e dalle esperienze che abbiamo fatto noi, sapere poi istruire gli altri. Se abbiamo fatto esperienza che certe cose ci hanno portati al male, indicare agli altri perché non si finisca là, dirlo allora... anche altri non commettano quelle mancanze che noi abbiamo commesso, sì, ma istruire e assistere e governare e aiutare, dirigere, perché
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non si commetta il peccato. Il diavolo è furbo, e sta attento e si infiltra e non guarda mica se il cancello è chiuso! Entra anche a porte chiuse, ma bisogna che chiudiamo il cuore, chiudiamo la mente a lui. Quella è la porta: chiudere il cuore, chiudere la mente al male, specialmente all’orgoglio, eccetera... Istruire, istruire. Quanti figlioli, quante figliole giovani, per mancanza di esperienza, sono andate male! Istruire perché vadano bene, non facciano altre esperienze pericolose. Dall’esame di noi stessi impariamo a guidare gli altri, perché tutti siam fatti dello stesso: chi ha qualche cosa più da una parte, chi qualcosa più dall’altra... ma tutti siam fatti lo stesso: carne ed ossa, sette vizi capitali, e di più qualche altro vizio che non sembra compreso nei vizi capitali ma che pure, almeno indirettamente, è compreso. Tutti siamo inclinati così. E allora la conoscenza di noi stessi porta a conoscere gli altri, a scoprire... ricordando come eravamo noi. E, secondo, istruire come ci siamo corretti, come abbiamo rimediato ai nostri mali, ai nostri difetti, come li abbiamo corretti: così istruire, aiutare gli altri, aiutare gli altri...

E allora il Signore ci benedica; e il mese di agosto - che pure è tanto caldo - sia un mese in cui ricordiamo di più il paradiso. Vi sono persone che proprio dedicano tutto il mese alla meditazione, a questo pensiero: la ricompensa eterna.

Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro originale 71/60 (Nastro archivio 68b. Cassetta 68, lato 2. File audio AP 068b). Titolo Cassetta: “Esercizi Spirituali e lavoro spirituale”.

2 Il PM dice: dell’occupazione.

3 Potrebbe trattarsi del testo di Stéphane Joseph Piat, Storia di una famiglia, una scuola di santità: la famiglia dove è sbocciata Santa Teresa di Gesù Bambino. Pubblicato in Francia nel 1944, il libro ha avuto diverse edizioni e traduzioni. L’ultima edizione italiana è del 2004, a cura delle Edizioni OCD.

4 Vangelo: Lc 16,1-9. Mentre legge il brano, il PM dà qualche rapida spiegazione del testo.

5 Piccolo classico della spiritualità, scritto alla fine del XIX secolo da Joseph Tissot (1840-1894), missionario francese della Congregazione di san Francesco di Sales. Fu pubblicato in Italia da alcuni editori, e anche dalla Pia Società San Paolo con il titolo: L’arte di utilizzare le proprie colpe secondo s. Francesco di Sales, Alba 1944 (Pescara 1965

2 ). Era tra i “Libri consigliabili a tutte le nostre Case Estere per traduzione” (San Paolo, Ottobre 1951, p. 4).
Cf la recente edizione: JOSEPH TISSOT, L’arte di trarre profitto dai nostri peccati, Napoli 2005

3 , pp. 160.