Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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6. I CARATTERI DELLA CARITA'6
1. Dicono che la madre dei Gracchi un giorno, trovandosi con parecchie matrone che andavano a gara nel far mostra dei loro gioielli, richiesta di mostrare i suoi, abbia presentato come gioielli i propri figli.
Qual è il gioiello più grande, più prezioso di questa casa? E' la carità che vi regna. Stamattina si leggeva nella messa che la più grande virtù è la carità.
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2. Vi volete bene? Questo gioiello non è mai offuscato? Certamente volete farlo risplendere sempre più. Quando ci si vuol bene ci si stima e ci si aiuta.
Io posso dire davanti a Gesù buon Pastore che vi volete bene. L'anima dell'istituto è il capitolo delle costituzioni intitolato Carità fraterna. La carità viene dallo Spirito Santo. Ecco perché ho fede che lo Spirito Santo lavori in questa casa: perché vi volete bene. Tuttavia ci può essere qualcosa da perfezionare.
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3. Nell'articolo 187 si dice: «Le suore ricordino l'insegnamento di san Paolo "La carità è paziente, è benigna, non è invidiosa, non è insolente, non si gonfia, non è ambiziosa, non cerca il proprio interesse, non si irrita, non pensa male, non gode dell'ingiustizia, ma si rallegra della verità, tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta» (1Cor 13,4-7).
Con questi quindici caratteri potete giudicare se la carità è piena, completa, perfetta. Se praticaste la carità perfetta, sareste già alla più alta santità.
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4. Voi vedete la vetta ancora lontana. Ci si deve scoraggiare? No! Scolpitevi bene nella mente questi caratteri, scriveteli nel cuore col sangue di Gesù; dite nella comunione «Scrivi profondamente nel mio cuore o Signore, il tuo comandamento d'amore».
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5. Ed ora esaminiamo i vari punti.
- La carità è paziente. C'è pazienza? Un po' sì, ma se ne può aggiungere.
- E' benigna. Nonostante tutto, vuole sempre il bene.
- Non è invidiosa. Se l'invidia fosse pane ce ne sarebbe per tutti.
- Non è insolente. Non dà risposte sgarbate. Sopporta la diversità di carattere e di mentalità. Sapersi modellare e moderare. Non vieta che si dica la propria ragione, ma quando c'è in gioco l'amor proprio lasciar stare: Gesù ha sopportato tanto a questo riguardo!
- Non si gonfia. Non fare come la rana che voleva diventare grande come il bue. Ci si gonfia quando ci si paragona alle altre e si dice: io sono migliore.
- Non è ambiziosa. Non è più il gonfiarsi, il giudicarsi buona; è il voler apparire davanti agli altri. Tagliare un po' di cresta, avere l'ambizione di essere sante e di andare ai primi posti in paradiso.
- Non cerca il proprio interesse. Dice il Signore: «Se uno ti chiede di accompagnarlo per cento passi, accompagnalo per mille» (Mt 5,41). Non guardate mai al vostro interesse, mettete avanti sempre quello della congregazione affinché riescano bene gli studi, l'apostolato, l'esercizio della virtù.
- Non si irrita. Come si fa certe volte a non irritarsi? Bisogna sopportare anche quando ci si sente ribollire tutte.
- Non pensa male. Non fare sospetti né giudizi temerari.
- Non gode dell'ingiustizia. Un ladro che rubava dappertutto è stato imprigionato, finalmente! Questo non è male perché è godere della giustizia.
- Si rallegra della verità. Ci si rallegra che i bambini siano istruiti, che si progredisca nel catechismo, nello studio, nel ritenere le costituzioni e tutte le cose che ci insegnano, anche le più comuni. Godere della verità: che tutti imparino.
- Tutto scusa. Tutto scusa nella giustizia: non ha ancora imparato, ma ha messo buona volontà; ha sbagliato, ma senza volere.
- Tutto crede. Vuol dire essere creduloni? No! Non essere facili a sostenere che ci vogliono ingannare. Vuol dire amare la verità, credere al catechismo, a ciò che dicono le maestre, a ciò che viene insegnato: allora ci si forma secondo lo spirito della congregazione. Quando, dopo gli anni di postulato e di noviziato, si dice «Non sapevo» vuol dire che non si è creduto o non si è voluto imparare.
- Tutto spera. Essere sempre fiduciose. Sperare che le persone facciano meglio, che chi è tiepido si faccia fervente cristiano, che i peccatori si convertano. Ci dice san Francesco di Sales: «Sperate anche per quelli che sono morti disperati. Fra la morte e l'eternità c'è un abisso».
- Tutto sopporta. Mentre la pazienza si riferisce agli altri, il sopportare si riferisce a noi stessi: sopportare le tentazioni, le prove, le proprie deficienze. Sopportare noi stessi è più difficile che sopportare gli altri. Sopportare le nostre passioni. Attente, non vuol dire non combattere! Il nostro io è sempre con noi: è il più difficile da sopportare. Con l'amore, però, si fanno e si vincono innumerevoli cose.
Amatevi sempre!

Albano Laziale (Roma)
12 febbraio 1956

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6 Albano Laziale (Roma), 12 febbraio 1956