Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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49. LA PICCOLEZZA49
1. Chiediamo al Signore la piccolezza, non di statura, ma di senso, di concetto. Sono le figliole che si faranno piccole che compiranno tanto bene. L'umiltà, infatti, oltre che attirare le grazie di Dio, ci fa forti e saggi.
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2. La santa piccolezza ce la insegna Gesù stesso dal presepio: la Sua non consiste solo nella piccolezza fisica, ma nello spirito di povertà, nell'umiltà, nell'annientamento di Se stesso «Egli che splendeva in cielo, si è fatto Figlio di Maria» (San Paolo).
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3. Gli uomini del popolo ebreo si aspettavano un Messia che venisse con grandiosità, ricchezza, imponenza e liberasse il popolo dal governo di Roma, invece il Figlio di Dio per fare cose grandi si fa piccolo piccolo, nasce in una grotta, la più misera abitazione in cui possa trovarsi un bambino appena nato. E questo perché deve salvare gli uomini, aprire a tutti il paradiso.
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4. Se si vuole costruire una grande casa si mettono delle buone fondamenta in proporzione dell'altezza che si vuole raggiungere. Vogliamo raggiungere una grande santità? «Pensa a fondarti nell'umiltà» dice san Agostino. Gesù predica: «Se non vi farete simili a questo bambino non entrerete nel regno, nel paradiso» (Mt 18,3).
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5. Occorre dire che l'umiltà è tanto necessaria per salvarsi. Che significa farsi umili? «Recumbe in novissimo loco» (Lc 14,10), mettiti all'ultimo posto. Tutto ciò che abbiamo (bella voce, intelligenza, abilità, salute, presenza...) è dono di Dio, noi siamo niente; la nostra stessa esistenza è dono divino.
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6. Riconoscere i propri difetti. Vi sono alle volte belle virtù, ma sono in mezzo ad una quantità di imperfezioni interne ed esterne. Non passa giorno in cui non cadiamo in esse. Istintivamente siamo portati a riconoscere le belle qualità, ma l'esame di coscienza ci fa vedere i difetti. Perciò chi si esamina bene non è mai superbo e dice: «Se vedessero dentro al mio cuore, se leggessero nella mia mente, avrei spavento, paura, vergogna».
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7. Considerare le innumerevoli cose che ci mancano. Una potrebbe saper parlare bene la lingua italiana, ma pensi che le lingue che si parlano sono più di cinquecento, quindi non ha proprio da gloriarsi. Le scienze sono tante che non arriveremo mai a conoscerne neppure tutti i nomi E' immensamente più quello che ci manca di quello che abbiamo. Sappiamo fare qualcosa, ma quante più cose non sappiamo! Occorre pensare di più a quello che ci manca.
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8. Pensare ai peccati commessi. Dopo che il Signore è stato tanto buono con noi, l'abbiamo trattato con nera ingratitudine. Non alzare la testa, ma abbassarla, picchiarci il petto e dire: «Signore, pietà di me che sono peccatore». Le nostre mancanze sono tante e anche commesse ad occhi aperti. Se il Signore non avesse usato misericordia, dove saremmo ora?
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9. In ogni istante abbiamo bisogno della sua grazia: ci tenga sempre la sua santa mano sul capo ed abbia misericordia di noi. Possiamo sbagliare tanto nella vita! Il Signore sia la luce che ci guida, la forza che ci dà perseveranza. Ecco la santa piccolezza: non crediamoci già piene di virtù. Non saremo mai sicuri finché non avremo varcato la porta del paradiso.
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10. Vigilare sempre, fuggire le occasioni, domandare consiglio, rispettare le sorelle: le uguali, le inferiori che possono essere più virtuose di noi, le superiore che ci rappresentano Dio. Mai trattare dall'alto al basso, mai preferirsi; consigliarsi coi superiori, col confessore, come si farebbe col medico. Domandare volentieri, obbedire umilmente.
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11. Davanti a Dio la preghiera più consueta, con sincerità, con dipendenza sia:
«Abbi pietà di me, non permettere che sbagli strada, difendimi da me stessa, dal diavolo, dai nemici interni ed esterni». Ed allora come frutti otterremo la santità e un apostolato fecondo. Iddio benedice abbondantemente dove c'è umiltà.
Guardiamo al Bambino e diciamogli «Tu che hai iniziato e amato la santa piccolezza, concedi anche a me di praticarla ed amarla costantemente».

fine ritiro
Albano Laziale (Roma)
31 dicembre 1956

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49 Albano Laziale (Roma), 31 dicembre 1956