Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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ISTRUZIONE XVIII
I PERICOLI DEL PECCATO

[104] È bene fermarsi spesso a considerare l'infinito amore di Gesù per noi: «Tradidit semetipsum pro nobis»1. Egli ci amò e ci ama. E se ci ama, perché non aver fiducia che ci dia tutte le grazie che gli chiediamo? Accostiamoci con fiducia al Crocifisso; chiediamogli queste grazie per i patimenti di Cristo, per le piaghe del suo costato. Fiducia di poter scoprire tutte le miserie della nostra vita.
Vediamo ora quali sono i pericoli di cadere nel peccato. «Chi ama il pericolo, perirà in esso»2: sentiamo ripetere sovente.
Pericolo è ogni cosa che ci avvicina al peccato.
Se, andando nella strada, camminiamo nel mezzo di essa, c'è il pericolo che una macchina c'investa. Se si va sull'orlo di un precipizio c'è il pericolo di cadere nel precipizio.
I pericoli del peccato sono specialmente di | [105] tre sorta: tentazioni; occasioni; abitudini.
1) La tentazione può venire dal demonio: tentazione, supponiamo, di odio, di collera, di passione, di vendetta, di superbia.
Può venire dal mondo: si viaggia spesso sui treni, sulle vetture, si è a contatto con tante persone, si vedono immagini...
Può venire più spesso, da noi stessi: tentazioni di gola, di superbia, di pigrizia: dappertutto portiamo il nostro corpo. «Unusquisque tentatur a concupiscentia sua»3, dice S. Giacomo.
II primo pericolo del peccato è dunque la tentazione.
2) Secondo pericolo del peccato è Y occasione. Occasione dicesi qualunque persona o cosa che a noi presenti una probabilità di peccare.
Se una persona, colla sua maniera di parlare e di comportarsi, ci conduce alla tiepidezza, al rilassamento, questa per noi è un'occasione di peccato: tanto più se ci conducesse a peccati più gravi della tiepidezza.
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Occasione può essere una lettura, delle immagini che divaghino e facciano perdere tempo.
Occasioni di peccato se ne trovano dappertutto: quando si va nel mondo e anche nella comunità. Se ne incontrano anche nelle cose che abbiamo. Se per es. una immagine, una fotografia ci disturba, ciò costituisce per noi occasione di peccato.
3) Terzo pericolo di peccato è l'abitudine | [106] cattiva. Quando si è fatta l'abitudine, è facile peccare. Quelli che hanno l'abitudine a bestemmiare, bestemmiano quasi senza accorgersi di farlo.
Quando uno ha preso la cattiva abitudine di far discorsi leggeri, di dire bugie, deve fare una grande violenza a se stesso per evitare il peccato. Così per qualsiasi peccato. Se si è fatta l'abitudine, dopo occorre una vigilanza, una violenza e una preghiera speciale per vincersi. Sono come i difetti profondamente radicati che, per svellerli ci vuole una grande violenza, come una pianta adulta che ha messo profonde radici.
È necessario schivare tutti i pericoli? Ci sono dei pericoli volontari e dei pericoli involontari. Se uno trova pericolo nell'accompagnarsi con una persona e pur tuttavia cerca sempre d'andare con essa, allora il pericolo è volontario.
Ve ne sono altri invece, che non dipendono da noi. S. Paolo dice: «Se vi fosse l'obbligo di evitare tutti i pericoli, bisognerebbe uscire dal mondo»4. Non si potrebbe più compiere l'apostolato, non bisognerebbe più portare con noi il nostro corpo.
Ma mettersi in pericolo volontario, pericolo in cui si sa per esperienza che si manca, è peccato. Mettersi nell'occasione volontaria è peccato. Se si sa che i superiori han detto che un libro non si deve leggere perché mette pensieri cattivi, è peccato leggerlo. Colui che si mette in pericolo volontario, pecca. Supponete che uno | [107] guardi un ritratto pericoloso: E, ma io non acconsentirò. Vedete, si compie doppio peccato: contro la carità verso la propria anima e contro la castità. Bisogna assolutamente evitare i pericoli di peccato. Ma mi sono messa nel pericolo e non sono caduta!.... Di' meglio: non è seguito l'atto, ma il peccato c'è ugualmente. Bisogna confessare: Mi sono messa in pericolo, per es. contro la castità. Se hai acconsentito a metterti nell'occasione è lo stesso che se avessi acconsentito al peccato.
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Se tu ti abitui ad avere dubbi su la vocazione: Ma forse io non ero chiamata; forse il Signore non mi ha dato le grazie per lo stato religioso, ecc., ti metti nel pericolo di non perseverare. Specialmente quando si sono fatti i voti perpetui, bisogna evitare tali pensieri. Chi li coltiva, pecca per l'occasione in cui si mette di scoraggiamento e abbandono della vita religiosa.
Alcune persone molte volte non vogliono cadere, ma vogliono gustare l'affetto di una persona, il piacere, la dilettazione.
Se uno va in un luogo col desiderio di rubare e poi non gli riesce, commette ugualmente peccato come se avesse rubato.
Il mettersi invece in un pericolo involontario, non è peccato.
Quella suora dice: Quando vado in propaganda mi vengono tanti pensieri cattivi: devo andare lo stesso?. Sì, perché quel pericolo non è volontario, sebbene si abbiano da sentire | [108] parole tutt'altro che piacevoli e vedere cose che ripugna vedere. Questo mettersi nell'occasione per obbedienza, per dovere di stato, rende remoto il pericolo di peccare.
Quello che si deve evitare sotto pena di colpa, è il pericolo prossimo e volontario. Quando tu, pensando a quella persona, sai che ti vengono pensieri cattivi, fai male a metterti nell'occasione. È certo che alle volte, andando per es. da una signora per motivi di apostolato, di beneficenza, sentirete tante parole, vedrete tante mondanità; ma si va per ufficio: il pericolo c'è, ma non è volontario.
Tuttavia si deve pregare, vigilare, bisogna cercare di abbreviare queste visite. E poi, da certe persone non bisogna andare troppo spesso. Vi sono persone, anche del mondo, che edificano; ma ve ne sono altre così piene di mondanità e leggerezza, che presentano veri pericoli. Si cerchi perciò di mettere a questo ufficio persone anziane che sono più preparate.
Alle volte il demonio tenta sotto aspetti buoni: Se fossi in clausura, non sentirei... non vedrei... Vedete: non è da preferirsi né l'uno né l'altro. Bisogna preferire quello stato a cui il Signore ci ha chiamati. Se non aveste certi pericoli, ne avreste degli altri. Il più delle volte anzi, quelle che si lamentano dei pericoli, sono le persone di clausura!... Del resto, state tranquille che, rimanendo nello stato in cui siete state chiamate, avrete le grazie necessarie. La buona | [109] suora, quella che ha vocazione, non sarebbe una buona madre di famiglia. E una buona madre di famiglia non ha le grazie per essere una buona suora.
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Confidate molto nelle grazie di stato! Se io non avessi quest'ufficio, potrei attendere di più a me stessa e non sarei così distratta a pensare alle altre. Ma certo, che quando si ha la responsabilità delle altre, bisogna avere più tempo per pensare a se stessi, perché la carità verso gli altri dev'essere simile all'amore che abbiamo per la nostra anima. Ma non devi temere. E se ti accorgi che nel tuo ufficio hai motivo di distrazione, prega di più perché il Signore ti dia più abbondanza di grazie.
E riguardo alle tentazioni che vengono, cosa pensare?
Pensare che la tentazione per sé non è né bene né male. Può essere occasione di merito se si vince o di peccato se si asseconda.
La tentazione, in sé non rende né buoni né cattivi. È il modo di comportarsi in essa, che cambia l'uomo. Non c'è da illudersi: tutti andiamo soggetti alle tentazioni.
Nel Pater noster diciamo: «Non c'indurre in tentazione»5 e con ciò preghiamo per ottenere la grazia di non metterci volontariamente nella tentazione, specialmente con l'ozio.
Tutti però hanno delle tentazioni. Le ebbe pure Gesù; ma ben sappiamo, come si conclusero: «Vade retro, satana!»6 e il Padre mandò gli angeli a servire Gesù vittorioso.
[110] Se un'anima fosse anche ostinatamente tentata, non si scoraggi, si raccomandi invece a Dio colla preghiera. Ché, se quelle immaginazioni, quelle fantasie, rimanessero anche molto in mente, non c'è da spaventarsi. Non è il pensiero, non è la fantasia e neppure l'atto che costituisce il peccato: è il consenso. Se hai guardato improvvisamente quella figura, senza accorgerti, è un atto, ma non è peccato. Ci vuole il consenso, e per dare il consenso ci vuole la volontà. E quando ci fosse la volontà, anche se non si compie l'atto cattivo, si fa peccato.
Delle cose brutte attorno a noi, dei mali, ce ne saranno sempre. Preghiamo che il Signore ci liberi dal vero male: il peccato. E non solo dal peccato mortale, ma anche da quello veniale, e dal pericolo di cadervi. Chi commette frequentemente peccati veniali certamente, poco per volta, arriva al mortale. Le forze s'indeboliscono, gli aiuti diminuiscono e si cade. E «chi ama il pericolo, perirà in esso»7 .
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1 Cf Gal 2,20: «Mi ha amato e ha dato se stesso per me».

2 Sir 3,25.

3 Gc 1,14: «Ciascuno è tentato dalla propria concupiscenza».

4 Cf 1Cor 5,10.

5 Mt 6,13.

6 Cf Mt 4,10: «Vattene, satana!».

7 Sir 3,25.